Insediamenti pastorali nel contesto urbano. Il caso dei “Mànnari” di Caltavuturo, sulle Madonie

1. Gli insediamenti pastorali sulle Madonie

 

Gli ovili in pietra di Caltavuturo

Per secoli la pastorizia ha rappresentato una delle principali attività economiche delle Madonie1. Qui le particolari caratteristiche ambientali hanno consentito lo sfruttamento delle risorse della terra secondo precisi cicli annuali, scanditi dagli spostamenti verticali della transumanza. L'attività pastorale ha lasciato tracce importanti sul paesaggio, ma oggi, purtroppo, rimane ben poco, per diverse ragioni, la principale delle quali è da individuare nella "modernità", che ha determinato l'obliterazione della cultura e delle pratiche tradizionali.

Rimangono solo i resti di un’attività una volta fiorente: chi voglia fruirne (per ragioni "turistiche" o  "etnografiche") non può che operare come l’archeologo, attraverso, cioè, una attenta e intelligente lettura stratigrafica.

Fin dal tempo degli Aragonesi, che intorno al XV secolo operarono una profonda riorganizzazione delle attività pastorali nel Meridione d’Italia, i rilievi della Sicilia sono stati testimoni di periodici spostamenti di greggi e pastori dalla montagna alla marina e viceversa. «Le Madonie si possono considerare i rilievi maggiormente interessati alla transumanza: prati pianeggianti o in lieve pendio, ricchi sin dalla tarda primavera di erba fresca e abbondante, si alternano a balze scoscese e rocciose dove il pascolo, quando c’è, è costituito da arbusti residui della macchia mediterranea, piante di sottobosco» (Giacomarra 2000, 81).

Tradizionalmente, nel corso dell’anno, i pastori praticavano quella che con termine dialettale è detta muta (--> Glossario), lo spostamento, cioè, delle greggi dalle aree di montagna alle aree di marina nel periodo tardo-autunnale e ritorno in montagna nel mese di aprile o nel mese di maggio:

[Trascrizione etnotesto raccolto a Petralia Soprana: sì, a muta si facìa, per diri, ora ri| si partiva nô misi di novìembri, primu, camora anu statu nâ muntagna. Sì. dicìemu, a sSavucheḍḍa, nê Madoniji, â Madonna ô l'atu, ora si nni scìnninu nâ marina; nâ marina dunni si scìnninë? si nni ponu scìnniri per e| secunnu dunni unu evìa, eviva u turrenë; comu si ni putìssiru scìnniri ô Munti di Cartavuturu, ch'era| comu si ni ponë scìnniri a gGranza (contrada nei pressi di Cerda), si nni ponu scìnniri â Petra, si ni ponë scìnniri, per diri, ê Vrignoli (= contrade nei pressi di Caltavuturo). Ho capito. E ssi dici::: mutari, quindi? ê ffari a muta.]

Tale condizione è ben testimoniata anche in un componimento di un poeta locale, Zefiro viene a maggio (1989), che descrive in versi il ritorno, il 24 maggio, di mandriani e mandrie nelle campagne di Geraci Sìculo:

Questa notte senti passare mucche, / campane mosse da passi. / Musica antica, penetra, prende. / C'è pure l'abbaio del cane / d'appresso. / Si sgavita la montagna il 24 maggio / non si sa da quanti secoli. / Transumanano mandrie / dalla marina, / vanno ad usare il civico pascolo / del monte, dopo quello invernale / del bosco basso. /Erba nuova. (Pietro Attinasi).

Gli spostamenti ciclici, tipici della piccola transumanza, hanno finito per determinare una specifica gestione dello spazio pastorale che, a sua volta, ha determinato la presenza in tutto il territorio delle Madonie di costruzioni provvisorie che rappresentano la testimonianza della presenza-permanenza dei pastori in certi luoghi in un dato periodo dell’anno.

I luoghi di ricovero e di caseificazione costituiscono l’unico segno della presenza dei pastori al di là del limitato periodo del loro sfruttamento. «Lo spostamento continuo di uomini e animali, alla ricerca a volte drammatica di erba fresca (tale essendo anche il nomadismo addomesticato in cui si identifica la transumanza meridionale), non rende conveniente approntare ovili in muratura in tutte le aree in cui si fa tappa durante i trasferimenti, anche perché questi avvengono per lo più su terreni presi in affitto. Allora si utilizzano locali e ricoveri preesistenti (come nel caso delle masserie di collina), oppure ci si limita a risistemare capanne di paglia e altri ripari effimeri: essi vengono annualmente riadattati al sopraggiungere degli animali, ed è raro che si costruiscano ripari ex novo. [...] I luoghi di ricovero degli animali che si incontrano in prevalenza nell’area sommitale delle Madonie sono articolati in due parti: il complesso dei recinti entro cui stanno rinchiusi gli animali nelle ore notturne [...]; una capanna di paglia [...] che, quasi addossata ai recinti, funge da riparo per i pastori e presenta una zona attigua dove si caseifica; una tettoia sopraelevata di frasche o lamiera, usata come deposito delle forme di cacio appena lavorate» (Giacomarra 2000, 81).

Il complesso delle strutture comprendenti il luogo di abitazione dei pastori, i recinti di ricovero per le greggi e gli ambienti nei quali avvengono le operazioni di caseificazione è detto màrcatu (--> Glossario):

[Trascrizione etnotesto raccolto a Petralia Soprana: u màrcatu jenu a casa dunnu abbitàvanu, o puru u pagghiarë, ca tannu casi cci nn'èranu piccareḍḍa, allura cc'èranu i pagghiara; allura, nô pagghiarë u::: l'ovili, a mànnera; si dici màrcatu. Ho capito. Quindi è u mar| u màrcatu comprendi, unni stanu i pastori... dunni stannu i pìecuri, dunni stanu i pucurara e ddunni si fa u formàggiu.]

[Trascrizione etnotesto raccolto a Isnello: Quindi, u màrcatu, in generale, chi ccomprende u màrcatu? u màrcatu comprendi tutti cosi; eni u postu, u postu di rradunu i tutti cosi, a pprimu sa| aunni s'arrùnchiunu ârmali, aunni veni a muncitura e ddopu a ffiancu cci sunnu casi, pagliari, quello che| chiḍḍu chi cc'eni, le varie comodità dâ źźona chi cci sunnu [...] normali, i màrcati di stu tempu passatu, prima chi cc'èrunnu sti casi, picchì ora i màrcati quasi ca| quasi ca sunnu tutti moderni; [...] i màrcati antichi cc'era u pagliaru cu i jazza aunni si durmeva, e nn'àvuṭṛu pagliaru fora, n'àvuṭṛa speci di pagliaru che era fatto in forma quaḍṛatu soprattutto chi cc'era a  źźammatarìa di sotto, aunni| e a  źźammatarìa è aunni cc'èrunnu tutti i tini, quadari, tutto: tutto l'occorrente pi ffari a ṭṛasformazione dô latti, che cc'èrannu i tini, tauleri, fasceḍḍi, tutti cosi, e ddopu fora cc'èrannu i quadari pi ffari a rricotta, chi vvinèvunu murati:::]

I recinti di ricovero delle greggi (mànnari, --> Glossario) rappresentano, dunque, una delle “parti” in cui si articola il luogo delle attività pastorali diverse da quelle della custodia delle greggi, come la mungitura e la caseificazione, e il luogo di riposo notturno di uomini e animali. Ma il màrcatu in quanto tale, rappresentando una “costruzione” rurale, riconducibile alla campagna, o a quelle aree di sosta o tappa momentanea, prerogativa della pastorizia transumante, non ha ragione di esistere quando la pastorizia non è connessa a spostamenti ciclici entro distanze di diverse decine di chilometri.

I consistenti spostamenti di uomini e animali di cui, soprattutto in passato, sono stati testimoni i territori madoniti, valevano per la pastorizia che utilizzava pascoli di montagna situati tra i 1.200 e i 1.700 metri e che venivano sfruttati nei mesi più caldi dell’anno. In questo periodo, infatti, la disponibilità di foraggio fresco nelle zone più alte determinava il trasferimento delle greggi dalla marina verso la montagna. «In poche parole, gli animali avevano erba fresca disponibile (necessaria per produrre latte in abbondanza) da dicembre a luglio, inseguendola, è il caso di dire, alle varie altitudini» (Giacomarra/Sottile 1997, 36).

I pascoli di collina, invece, situati a un’altitudine che si aggira intorno ai 600 metri consentivano brevi trasferimenti, trovandosi i pascoli estivi e quelli autunno-primaverili a poca distanza gli uni dagli altri.

2. Le attività pastorali nel territorio di Caltavuturo

Se non coltivate, le campagne di Caltavuturo2, centro situato a un’altitudine di poco più di 600 metri sul livello del mare, presentano le caratteristiche di pascoli di collina. La posizione altimetrica di Caltavuturo ha finito, dunque, per determinare uno sviluppo particolare dell’attività pastorale: essa non ha richiesto la necessità di lunghi spostamenti in direzione della marina e viceversa.

A Caltavuturo è esistita (e continua residualmente a esistere) un’attività pastorale dalle proporzioni modeste e con rare soluzioni associative le cui piccole imprese, in genere, non contano più di un paio di centinaia di capi. Gli animali di alcune di queste imprese pastorali trovavano ricovero, fino a una ventina d'anni fa, negli ovili in pietra a secco, costruiti alla periferia nord del paese in Contrada Portella. Da qui i pastori di Caltavuturo partivano ogni mattina verso nord (marina) nei mesi freddi, fino ad aprile, e verso sud (montagna) nei mesi caldi (maggio, giugno). Essi pascolavano, cioè a un’altitudine compresa tra i 700 e i 900 metri, nel periodo tardo-­primaverile, mentre nel periodo invernale si spostavano verso Cerda o Scillato (a un’altitudine che varia tra i 300 e i 500 metri) ma “rientrando”, a sera, sempre nei recinti di Contrada Portella. Da metà luglio sino alla fine di ottobre, invece, i pastori erano soliti pascolare in terreni di proprietà situati nelle zone di maggiore altitudine.

A ben vedere, a differenza di quanto avveniva o avviene in altre aree delle Madonie, il trasferimento da Portella alla volta della montagna si verificava solo in piena estate, in coincidenza, per altro, col periodo dei ristucci (--> Glossario), i terreni di stoppie dove, nel periodo estivo, dopo il raccolto, vengono condotte le greggi per il pascolo. Gli animali rimanevano in montagna sino alla fine del mese di ottobre, quando venivano trasferiti nuovamente nei recinti di Portella.

Poiché tali recinti erano abbastanza vicini al centro abitato, non troviamo qui, quale segno dell’attività dei pastori, il màrcatu (--> Glossario) tradizionalmente inteso. Manca, infatti, il pagghiaru (--> Glossario)3 o comunque l’ambiente adibito a ricovero notturno del pastore, sostituito dalla propria dimora urbana, e il luogo di caseificazione, la zzammatarìa (--> Glossario), ambiente altrimenti ricavato all’interno della stessa dimora del pastore o in un’altra casa poco distante.

Per la complessa terminologia inerente ai processi di caseificazione e riguardante diversi punti delle Madonie, ivi compreso Caltavuturo, è possibile confrontare la Carta raggiungibile tramite il link riportato sotto. In essa le parole della caseificazione sono restituite secondo un modello cartografico che riprende quello elaborato e utilizzato nell'ambito del Progetto VerbaAlpina:

https://www.als-online.gwi.uni-muenchen.de/carta/

I recinti di Caltavuturo, che erano utilizzati per quasi tutto l’anno, appaiono singolari per almeno tre ragioni:

  1. si presentano inseriti nel contesto urbano;
  2. il loro uso non era limitato al tradizionale “periodo di marina”;
  3. presentano modalità costruttive uguali a quelle della pastorizia transumante, pur non essendo "figli" della pastorizia transumante4.

Se riandiamo alla collocazione spaziale dei recinti e allo sviluppo urbanistico del centro abitato, si comprende come l’intero quartiere denominato Mandrie, sviluppatosi a partire dall’inizio del 1800, dovesse rappresentare il “prolungamento” delle strutture di ricovero degli animali; si potrebbe dire tale quartiere e i recinti di ricovero costituissero un vero e proprio “màrcatu urbano”. Gli ovili in pietra, che qui sono effettivamente addossati alle case, dovevano assicurare ai pastori la possibilità di “controllare” gli animali rinchiusi, nonostante essi passassero la notte nella dimora di famiglia. Del resto, la necessità che gli ovili fossero posti al riparo dai venti di tramontana non poteva non far ricadere la scelta del luogo in cui costruirli proprio dove oggi li vediamo: verso levante, al riparo del terrazzo roccioso di Terravecchia.

Non è un caso che tutte le famiglie di pastori abbiano abitato il quartiere Mandrie. Evidenti ragioni funzionali ne offrono la spiegazione: se la caseificazione avveniva nella casa del pastore, la collocazione ideale era quella vicina ai recinti. È qui, infatti, che avveniva la mungitura ed è da qui che il latte veniva trasportato verso il luogo di lavorazione dei prodotti caseari. Il tragitto da compiere non poteva che essere breve e agevole. La triplice componente del màrcatu rurale (mànnari, pagghiaru, zzammatarìa) qui appare "ristrutturata" nel binomio ‘recinti di ricovero di Contrada Portella - case del quartiere Mandrie’ .

All'interno degli ovili "addossati" alle case del paese, il pastore, oltre a radunarvi le pecore per la mungitura e il ricovero notturno, vi svolgeva alcune attività stagionali come la tosatura. Tale attività dentro i mànnari è documentata nel video proposto di seguito e che è stato realizzato nella seconda metà degli anni Novanta con l'intento di documentare una pratica che già a quella altezza cronologica cominciava ad apparire come un'attività marginale e piuttosto residuale (attendere 10 secondi dopo l'avvio):


L’utilizzo dei recinti di pietre a secco per nove mesi l’anno appare spiegabile sia attraverso la già accennata posizione di collina del territorio caltavuturese, sia tenendo presente la caratteristica di punto strategico del luogo in cui si trovano le costruzioni. Proprio dal luogo denominato Portella si poteva, a seconda delle stagioni, “scendere” verso Scillato e Cerda (in direzione di Contrada Gurgo o percorrendo via Mandrie) ovvero “salire” verso le campagne di Pagliuzza, GangitaniCirasa. L’osservazione della distribuzione degli abbeveratoi nel territorio periurbano permette di individuare i tragitti di andata e ritorno compiuti quotidianamente dai pastori.

3. Struttura e articolazione degli ovili

Quanto alle modalità e alle tecniche costruttive impiegate dai pastori caltavuturesi per la realizzazione di queste strutture, i recinti di Portella hanno le stesse caratteristiche di quelli sparsi sul territorio rurale delle Madonie: sono costruiti con pietre a secco, quasi fossero strutture provvisorie, nonostante, come abbiamo già notato, venissero utilizzati per un arco di tempo che abbracciava gran parte dell’anno pastorale.

Vediamo ora da vicino le caratteristiche dei recinti dell'intero territorio delle Madonie. Ci accorgeremo ben presto come queste siano rilevabili anche nelle costruzioni poste alla periferia di Caltavuturo.

[Trascrizione etnotesto raccolto a Geraci Sìculo: ai tempi si facinu sti mànnari, i mura, dicìemu nuaṭṛi, i mura. quasi in forma rotonda, va, tunna, dicìemu nuaṭṛi, u zzàccanu (= recinto), u zzàccanu tunnu, no a lluna! a lluna:::: china però, a lluna china, chisti jè; e ssi facìa di petri cchiossà, picchì ai tempi i ggenti cci cummattìanu a ffari sti mànnari. e ssi facìanu di peṭṛi gati e ddi ncrapu si cci mittìanu âlastri ppi ffari stravìentə; nâ mànnera, ggiustamenti, picchì l'armali si mittìanu darrè u muru e ss'arriparàvanu dû friddu].

[Trascrizione etnotesto raccolto a Petralia Soprana: a mànnera sempri di circari u stravìentu, e ccircari u::: u pìezzi di terra dunn'è cchiù fforti (= stabile); di mmìernë circari a pinnenza, circari a cunzarra, circà| puji, secunnu il punto conni c'è| dunni cc'era a cur| a cunzarra, cc'era u stravìentu, e allura, lesta lesta, palacciuna, na cosa provisòriu, ruvuetta, un filu di cordaspina, si cci mittìanu e ssi cci mittìanu i macchiteḍḍi di| di cosi âppuiari âppuiari: alastri, trignola, lamanni, quello ca cc'era, abbasta ca avìan'i: i spintuna].

I recinti di Caltavuturo, dunque, rispondono perfettamente alle caratteristiche descritte tanto in Giacomarra 2000 quanto nei testi orali dei pastori madoniti intervistati. Ma le loro modalità costruttive si adattano naturalmente alle specificità del territorio: di forma circolare o ellissoidale, sono costruiti al riparo dei venti tramontana, costituendo la roccia di Terravecchia, per la sua particolare morfologia, un’efficace protezione naturale; guardano verso levante; sono posti in pendenza, partendo dalla parte più alta della roccia e digradando fino al limite delle costruzioni urbane. Come è stato osservato, sono realizzati in pietra a secco, la cui ampia disponibilità ha consentito di pavimentarne l’interno per ridurre la formazione di liquami dovuti alle deiezioni delle bestie e all’acqua piovana (i massi si presentano appena sbozzati e spesso di dimensioni inferiori a quelli rilevabili in altri recinti del comprensorio).

Ogni mànnara presenta al suo interno una serie di sottoambienti (cfr. Glossario) destinati ad ospitare particolari categorie di animali (l’appinnata, ovile coperto per gli agnelli; la stripparìa, ambiente destinato a ospitare le pecore improduttive; la para, ambiente dove  le bestie “salivano” dopo essere state munte), oppure erano utilizzati per particolari operazioni come la mungitura. Tra tali sottoambienti, di particolare interesse è il mungitoio - vadili - posto all’interno della piccola mànnara dove veniva effettuata la mungitura:

[Trascrizione etnotesto raccolto a Gangi: E allura, st| st| st’ovili, - dicìemu - cùomu è ssistimatu, cuom’è ffattu? L'ovili sunu i vadili d'unni si mùncinu, poni èssiri, addipenni a guàrdia quant'è, quann' a vuàrdia è ggrossa, cci ni sunu cincu pùstura, cincu vadila cci sunu, o puramenti tri; maggior parti sempri dui cci nn'è, o di picca o d'assài, perlomè| ni funziònanu duji. però ai tìempi quannu cc'èranu na mànnera di setticintu crapi, o puri seicintu pìcuri, cc'èranu cinc| cincu vadila, cincu, si| sia vadili].

[Trascrizione etnotesto raccolto a Isnello: i vadila su ffatti tutti a ppeṭṛa, chi cc'è ffattu âssittaturi, i.. i cusciala, nghe i cusciala, i cusciala sèrvono per riparari tanti pidati macari dê piècuri, picchì quannu s'ammunzèḍḍanu (= si affollano) vicinu u vadili, sàtunu supra u chistianu. ddopu cc'è u ṭṛischiaturi che è aunni posa i pedi a pècura, e ppuè cc'è u sataturi ca eni na peṭṛa mittuta davanti, di parapettu â pècura, pi ffi| bbloccari a pècura, e ddopu sata e ssi nni va in|, ddopo chi vveni munciuta, sata e vveni| e ssi nni va inṭṛa:: a para].

Il vadili, dunque, è «una stretta apertura che la pecora è stimolata ad attraversare per guadagnare la libertà, oltre che per sottrarsi al bastone del pastore che ve la spinge appositamente. Il modo in cui esso è conformato consente all’addetto alla mungitura di tenerla immobile posteriormente, mentre la parte anteriore del corpo è già incastrata nella stretta apertura, dal momento che l’animale stava già guadagnando l’uscita» (Giacomarra 1983, 42).

Il vadili è composto da varie parti: l’assittaturi, la pietra  sulla quale il pastore sedeva per la mungitura (--> Glossario); il trischiaturi, la pietra su cui la pecora poggiava le zampe durante la mungitura (--> Glossario); il sataturi, lo "scalino" in pietra che bloccava la parte anteriore del corpo della pecora la quale, una volta munta, lo scavalcava guadagnando l’esterno o il recinto di ricovero notturno (--> Glossario); i cusciala, le due pietre con cui il pastore riparava le proprie gambe durante la mungitura (--> Glossario); il çiscali, la pietra  dove poggiava la base del recipiente, che il pastore teneva tra le gambe, per la rac­colta del latte munto (--> Glossario); il parapìettu, il rialzo che reggeva la parte anteriore del recipiente in cui si munge, tenuto lateralmente tra le gambe del mungitore (--> Glossario).

Il vadili, sul lato destro del muro a secco

Il vadili dell'immagine precedente fotografato da Ugo Pellis nel 1940 (Archivio dell'ALI)

Le parti del vadili

Il luogo di mungitura mette in comunicazione il recinto dove si raccoglievano le bestie per essere munte con quello di ricovero notturno (para). Il vadili è sistemato sul lato opposto all’accesso di un piccolo recinto (mànnera i mùnciri, muncituri) - in alcuni casi ricavato all’interno del recinto di ricovero, in prossimità dell’ingresso (passu) - dove le pecore si raccoglievano prima di essere munte.

4. Dall’uso quotidiano alla fruizione culturale. Appunti per un Museo del pastore (e della parola) in situ

I mànnari rappresentano una testimonianza storica delle attività umane delle Madonie. Se è vero che la pastorizia reca la singolarità di essersi ben poco o per nulla trasformata fin dall’epoca preistorica, e di avere da sempre costituito una delle attività basilari dell’economia del Mediterraneo (cfr. Villa u. a. 1992), è facile comprendere come gli ovili di Caltavuturo siano oggi, ancor prima che un bene antropologico, un bene archeologico, la cui valorizzazione può contribuire a ricostruire un pezzo di storia della civiltà mediterranea.

Ora, è vero che a determinare, nel corso dei secoli, la conservazione di questi monumenti è stato il loro uso. Oggi che la pastorizia si orienta verso altre forme di gestione, essi corrono il rischio della decadenza e dell’oblio, a meno che il superamento del loro “valore uso” non si converta in “valore segno”.

La presenza a Caltavuturo degli ovili in pietra (oggi “restaurati”5), e di altri manufatti che sono il segno delle peculiarità culturali di quella comunità, sollecita la costituzione di una realtà museale per la fruizione dei “reperti” contestuali all’universo pastorale. Sulla complessiva organizzazione museografica delle Madonie non ci soffermiamo, rimandando alla proposta in Giacomarra 2000, 128-132. Riteniamo, però, opportuno proporre un criterio complessivo di “guida alla visita” degli ovili di Caltavuturo che tenti di coniugare la fruizione museale con la visita all’ambiente, al luogo, cioè, dove i recinti sono costruiti.

La visita ai recinti di Portella potrebbe cominciare dal Museo del pastore, struttura auspicabile e non più procrastinabile, da allocare in una delle case adiacenti al complesso degli ovili. Qui il visitatore dovrebbe poter trovare una serie di reperti e documenti fruibili secondo una progressione tematica connessa ai diversi aspetti e alle diverse fasi della vita e delle attività pastorali. La documentazione del museo dovrebbe inoltre risultare dall'integrazione di dati relativi all'intera area madonita, in considerazione della significativa omegeneità culturale del territorio in questione.

Uno "schema" di tale fruizione può essere ricavato dalle Sezioni del questionario sulla pastorizia, redatto e utilizzato per le inchieste etnodialettali dell'Atlante Linguistico della Sicilia (cfr. Sottile 2002). Ciascuna delle sue sezioni, coincidente con gli aspetti principali della cultura pastorale, si configurerebbe quindi come una "teca" tematica, contenente manufatti e documenti (reali e/o virtuali) puntualmente "agganciati" alle parole della terminologia tecnica. Ogni "teca" sarebbe, dunque, riempita con i seguenti contenuti:

  1. Manufatti (attrezzi).
  2. Foto.
  3. Video.
  4. Schede (geo)linguistiche e etnografiche integrate o arricchite con stralci di etnotesti (file audio):  terminologia dell'universo pastorale resa in forma di schede lessicali - altra cosa dalle didascalie, queste ultime limitate alla semplice denominazione dei reperti; descrizioni di tecniche, pratiche e strumenti; curiosità.
  5. Carte geolinguistiche interattive concernenti le attività connesse allo spazio dei recinti: mungitura, caseificazione, tosatura (cfr. l'esempio presentato sopra, in § 2).

Di seguito si riporta, dunque, lo schema completo delle tappe di fruizione dei reperti del museo.

Sezione/Teca Sottosezione/Teca Reperti e documenti
1. Nomi degli animali in base all'età Foto: Esemplari di animali 

Schede lessicali: Pecora/capra di 1 anno; Pecora/capra di 2 anni; Pecora/capra di 3 anni; Pecora/capra di 4 anni; Pecora/capra di molti anni; Maschio della pecora, montone; Montone giovane da monta di 1-2 anni; Montone di 2-3 anni; Montone di 3-4 anni; Maschio della capra, becco; Becco giovane di 1-2 anni; Becco di 2-3 anni; Becco di 3-4 anni; Agnello, agnella, agnelli; Agnello appena nato; Agnello sino a un anno; Agnelli nati tra agosto e ottobre; Agnelli nati tra febbraio e aprile; Capretto; Capretto appena nato; Capretto sino a un anno

2. Il gregge  

 

 

 

 

 

 

Foto: Animali al pascolo

Schede lessicali: Gregge; Piccolo gregge; Maschio in pieno vigore; Gregge di un centinaio di capi; Gregge di 150-200 capi; Pecora/capra tranquilla; Pecora/capra irrequieta; Montone/becco tranquillo; Montone/becco irrequieto, rissoso; Agnelli/capretti destinati all'allevamento; Agnelli/capretti destinati alla macellazione; Montone/becco capofila del gregge; Cozzare l'uno contro l'altro, dei montoni o dei becchi; Capra senza corna; Becco senza corna; Montone con un solo testicolo; Montone privo di testicoli dalla nascita; Montone/becco ormai impotente per l'età avanzata; Il pelo delle pecore/capre; Barba del becco; Pendenti del becco; La pelle con la lana; Un ciuffo di lana; Gli zoccoli; Lo sterco delle pecore/capre; Sterco attaccato alla lana; Le bestioline che si attaccano alle pecore/capre

2a. Il cane e il suo ruolo nel gregge Foto: Cani nel gregge

Schede lessicali: Razze di cani

2b. Razze (pecore/capre) Schede lessicali: I nomi delle razze

Scheda etnografica: Rapporto tra nome delle razze e colore del vello

2c. Incitamenti e richiami File sonori
2d. I campani (tipi e funzioni) Manufatti: Collari; Campani; Campanacci

Foto: Tipi di campani

Schede lessicali: Nomi dei campani in base alle funzioni

Schede etnografiche: Tipi e funzioni dei campani; I motivi iconografici nelle incisioni dei collari; Tecniche di realizzazione dei collari

3. Malattie e rimedi ManufattoAttrezzo per praticare il salasso

Foto: Vedi manufatti e schede lessicali e etnografiche

Schede lessicaliAfta; Tetano; Pedàina; Diarrea; Malattie delle mammelle che fa scomparire il latte

Schede etnografiche: La cura della polmonite dei bovini con la Cicoria vessicaria; I Frati di Gibilmanna e la fornitura di erbe medicinali

4. L'accoppia-mento e gli impedimenti contraccettivi - La fecondazione Manufatto: Il "grembiule contraccettivo"

Foto: Vedi schede

Scheda etnograficaMetodi contraccettivi 

Schede lessicali: Pecora che non ha ancora figliato; Capra che non ha ancora figliato; Pecora/capra già pronta per essere montata; Pecora in calore; Montare; Ingravidare, fecondare; Pecora/capra gravida

5. Il parto e l'allattamento Reperto: Pelle dell'animale scuoiato

FotoVedi schede lessicografiche

Schede lessicali: Figliare/partorire; Pecora/capra che ha figliato in ritardo; Pecora/capra che ha già figliato; Pecora/capra che partorisce un solo agnello/capretto; Pecora/capra che partorisce due agnelli/capretti; Pecora/capra che partorisce due volte nel corso dell'anno; Aborto di pecora/capra; Pecora/capra sterile; Agnelli/capretti gemelli; Agnellino/capretto senza madre; Allattare; Poppare; Mammella della pecora/capra; Capezzolo; Pecora/capra lattifera; Pecora/capra non lattifera; Pecora/capra che allatta l'agnello/capretto di un altro animale; Il primo latte dopo il parto; Pecora/capra che allatta per un solo mese, il cui latte è destinato alla  preparazione del formaggio; Pecora/capra che allatta sino a 4-6 mesi; Pecora/capra che, prossima a figliare, non dà più latte: Svezzare; Agnellino svezzato

Schede etnografiche: Le pratiche di allattamento "forzato"; Pelle e vello dell'animale morto che si usa per allattare il cucciolo di una altro animale

6, La giornata del pastore Manufatti: Tipi di zufolo di canna; Tipi di bastone.

Etnotesti: Racconti e descrizioni

7. Gerarchie dell'azienda pastorale Schede lessicali: Gerarchie dei pastori; Pastore delle pecore lattifere; Pastore delle pecore improduttive; Pastore delle capre; Pastore degli agnelli; Pastore di molti animali; Pastore di pochi animali; Ragazzo aiutante
7.a Forme di mezzadria Manufatti: Esemplari di contratti agrari

Foto: Vedi Manufatti

Schede lessicali: Inventari; Affitti; Contratti; Divisione delle quote; Tipi di società pastorali; Turni di riposo

8. L'abbiglia-mento del pastore Manufatti: Scapolare di olbagio; Pantalone di pelle di capra; Rovescio della pelle dell'animale scuoiato; Mantello di tela cerata; Copricapo de pelle di capra; Scarpe di cuoio non conciato; Laccetti di cuoio ruvido; Gambali di olona; Vestito di velluto

Foto: Vedi manufatti

Schede lessicali: Vedi manufatti

Schede etnografiche: L'uso dell'olio di lino per impermeabilizzare i tessuti; La gualchiera

9. L'alimen-tazione del pastore Manufatti: Tascapane; Piatto per il pasto; coltello

Foto: Vedi manufatti; momenti di convivialità

 Scheda lessicale-etnografica: pasto caldo a base di ricotta, scotta latte e pano secco sminuzzato, consumato dai pastori a colazione

10. Il pascolo Foto: Terreni da pascolo alle diverse altitudini; "Paesaggi" del pascolo

Schede lessicali: Chi alleva le pecore/capre e le conduce al pascolo; Allevare (le pecore/le capre); Pascolo; Prima erba fresca dell'anno; Erba intatta; Erba calpestata; Far uscire le pecore/capre per il pascolo; Radunare le pecore/capre per il rientro dopo il pascolo; Le pecore/capre stanno pascolando; Brucare; Ruminare; Sorvegliare le pecore mentre pascolano; Pecora/capra è sazia; Il riposo degli animali all’ombra verso mezzogiorno; Abbeveratoi e altri luoghi dove si conducono a bere gli animali; Prendere in affitto un terreno a pascolo; Canone d'affitto

Schede etnografiche: Il pascolo: qualità, esposizione, accorgimenti e tecniche del pascolo, erbe buone ed erbe nocive

10a. La transumanza

Foto: Il "paesaggio" della transumanza

Scheda etnografica: Gli itinerari della transumanza sulle Madonie

10 b. L'ovile e l'addiaccio

Foto: Ovili sparsi sul territorio delle Madonie; gli ovili di Caltavuturo prima e dopo il restauro

Schede lessicali e etnografiche: Struttura, articolazione e parti degli ovili; Strutturazione e materiali usati: recinto di riposo, recinto di mungitura, ovile coperto, recinto per gli agnelli, recinto per i capretti, ovile per le pecore improduttive; Ricovero dei pastori; Luogo in cui si prepara il formaggio; Esposizione: Liquami e loro smaltimento

10c. La mungitura Manufatti: Recipienti per la mungitura; Forcella di legno con cui si blocca l'animale durante la mungitura;

Foto e disegni: Vedi manufatti; Fasi e tecniche

Video:  Fasi e tecniche

Schede lessicali e/o etnografiche: Mungere; Latte; Recipienti per la mungitura: tipi e funzioni; Lo zampillo del latte munto nel recipiente; La parte superiore del latte appena munto; Movimenti della mungitura: tirare, strizzare; Pecora/capra da mungere; Pecora/capra già munta; Mungitoio; Sedile del mungitoio; Parti del mungitoio; Forcella per bloccare la testa della pecora/capra durante la mungitura

Carte geolinguistiche: Rappresentazione cartografica della terminologia della mungitura sull'intera area madonita

 11. La tosatura ManufattiForbici; Quantità di lana tosata a una sola pecora; Gli attrezzi del "ciclo della lana", dalla tosatura alla filatura

Foto: Fasi, tecniche e luoghi della tosatura

Video: Fasi e tecniche della tosatura

Schede lessicali: Vedi manufatti; Tosare; Tosare soltanto la coda; Attrezzo usato per tosare; Affilare le forbici; Lana; Lana corta; Pecora ricca di lana; Lana sudicia; Quantità di lana tosata a una sola pecora; Tosare a fior di pelle

Schede etnografiche: Il "ciclo della lana"; Le feste durante e dopo la tosatura

Etnotesti: Racconti e descrizioni di tecniche e "ritualità" della tosatura

Carte geolinguistiche: Rappresentazione cartografica della terminologia della tosatura sull'intera area madonita

12. La marchia-tura

Manufatti: Esemplari di marchi patronali impressi a caldo

Foto: Tipi di marchi e tecniche di marchiatura

Schede lessicali e etnografiche: Marchiare; Marchio d'appartenenza; Marchio d'appartenenza che si fa tagliando o incidendo l'orecchio dell'animale; Marchio d'appartenenza che si effettua imprimendo con un ferro caldo le lettere iniziali del proprietario sulla carne viva delle bestie; Marchio che rende biforcata la punta dell'orecchio; Marchio che si effettua piegando l'orecchio dell'ovino e praticando un piccolo taglio sulla parte inarcata; Marchio che si effettua praticando un taglio in linea retta sulla parte curva vicina alla punta dell'orecchio: Marchio che si effettua praticando un taglio in linea retta sulle due parti curve vicine alla punta dell'orecchio; Marchio  che si effettua mozzando l'orecchio nella parte superiore; Marchio che si fa praticando un taglio a forma di angolo acuto a partire dal vertice dell orecchio; Marchio che si effettua mozzando la parte superiore dell orecchio; Marchio che si fa mozzando la parte superiore di un orecchio ed effettuando sull'altro orecchio un taglio che ne rende biforcata la punta

13. La castrazione

Manufatti: Attrezzi per la castrazione; Bastone ricurvo; Anello di corda; Canapa

Foto: Vedi manufatti

Etnotesti: Tecniche di castrazione

14. La macel-lazione

Manufatti: Strumenti per la macellazione

Foto: Vedi manufatti; fasi della macellazione

Schede lessicali: Macellare; Sgozzare; Sventrare; Le interiora (l'insieme; le varie parti); Scorticare, spellare

Schede etnografiche: tecniche e strumenti

15. La produ-zione del formaggio Manufatti: Contenitore del latte che serve per preparare il formaggio; Colatoio, strumento per filtrare il latte; Pezzo di stoffa fine per colare il latte; Caldaia grande; Caldaia piccola; Supporto della caldaia sul fuoco; Attrezzo usato per spostare la caldaia; Attrezzo usato per rimestare il latte; Recipiente per la lavorazione del formaggio. Roncola, attrezzo col cui dorso si sminuzza il presame; Contenitore per il caglio; Recipiente dove si riscalda l'acqua da versare nella cagliata. Strumento con cui si frantuma la cagliata; Attrezzo usato per estrarre il siero dal recipiente di lavorazione. Panno nel quale viene avvolta la cagliata; Piano di scolo sul quale viene riposta la cagliata; Falcetti e coltelli usati per tagliare in cubetti la cagliata; Fiscelle dentro le quali viene pressata la cagliata; Contenitori per il formaggio; Pietra levigata o pezzo di legno posto sul fondo delle fiscelle dove viene inserita la cagliata che, rendendo concava la base del formaggio, facilita la fuoriuscita della scotta

Foto: Vedi manufatti; Fasi del processo di caseificazione; Forme di formaggio fresco; Forme di Formaggio stagionato; Struttura e articolazione del luogo di stagionatura

Video: Fasi del processo di caseificazione

Schede lessicali: Vedi manufatti; Il luogo dove si fa il formaggio; Fare il formaggio. Presame; Triturare, sminuzzare il caglio; Sciogliere il caglio in acqua calda; Liquido residuo della cagliata; Travasare il siero nella caldaia; Estrarre il formaggio; Il liquido che continua a uscire dalla cagliata; Forma del formaggio; Formaggio fresco; Forma di formaggio; Piccola forma di formaggio; Crosta del formaggio; Formaggio stagionato; Formaggio andato a male (cause e denominazioni); Soluzione di sale in cui si immergono i formaggi; Formaggio sottoposto alla prima salatura; Formaggio salato per la seconda volta

Carte geolinguistiche: Rappresentazione cartografica della terminologia della caseificazione sull'intera area madonita

16. La produ-zione della ricotta Manufatti: Caldaio dove si produce la ricotta; Strumenti per rimestare e raccogliere la ricotta; Schiumarola; Recipiente a doghe con base ovale utilizzato per conservare la scotta inacidita; Secchi e contenitori; Recipiente che serve per staccare la ricotta dai bordi; Mestolo di rame; Fiscelle di giunco; Fiscelle di legno; Cilindro costituito di listelli di legno, apribile longitudinalmente, dentro cui si sistemano le ricotte nella prima fase della stagionatura; Ripiani in legno con sponde su cui viene trattata col sale la ricotta da stagionare; Piccola scopa utilizzata per pulire i recipienti per la caseificazione; Tela di canapa usata per coprire il recipiente con la cagliata o col formaggio da sterilizzare

Foto: Vedi manufatti; Fasi del processo di caseificazione; Forme di ricotta fresca; Forme di ricotta stagionata; struttura e articolazione del luogo di stagionatura

Video: Fasi del processo di caseificazione

Schede lessicali: Vedi manufatti; Coagularsi, della ricotta; Staccare la ricotta dai bordi della caldaia; Attaccarsi alla caldaia, della ricotta; Raccogliere la ricotta; Ricotta con la scotta; Il liquido residuo della ricotta (scotta); Versare il siero; Ricotta cotta al forno

4) carte geolinguistiche: Rappresentazione cartografica della terminologia della caseificazione sull'intera area madonita

4.1. Fruizione delle "teche" e visita agli ovili

Come si nota dallo schema proposto, molti dei documenti si sostanziano in schede linguistiche e testi orali. Riteniamo, infatti, che un così importante ambito della cultura materiale - come parte della più generale cultura dialettale - non possa essere documentato e fruito, prescindendo dall'universo etnodialettale all'interno del quale esso si inscrive (si confrontino gli esempi di integrazione tra informazioni linguistico-etnografiche e documenti orali riportati sopra, in § 1, § 2, § 3 a proposito di "concetti" come transumanza, complesso delle strutture di ricovero delle greggi e dei pastori e ambienti per la produzione dei formaggimungitoio, ovile). Oltretutto, si consideri, per esempio, che le complesse classificazioni tassonomiche, riguardanti i nomi degli ovini e dei caprini in base all'età, come pure i nomi e le classificazioni delle malattie, dei campanacci, degli attrezzi, delle tecniche, non potrebbero in nessun modo essere adeguatamente ricostruite e comprese qualora non venisse posto nel giusto rilievo l'elemento strettamente linguistico.  In aggiunta, si consideri che i numerosi etnotesti prodotti dagli stessi pastori e resi fruibili all'interno del percorso museale, permetterebbero al visitatore di accostarsi alla documentazione delle attività pastorali cogliendone le caratteristiche e le sfumature mediante la fruizione di una lunga  narrazione "dall'interno", offerta dai suoi (ex) addetti: la cultura pastorale raccontata dai suoi stessi rappresentanti. In tal modo, il Museo (etnografico) del pastore si costituirebbe al tempo stesso come  Museo (etnodialettale) della parola.

È stato osservato che le 16 teche, con le rispettive sottoteche, vanno considerate come il risultato dell'integrazione tra reperti reali e reperti virtuali. Immaginando che lo spazio museale consista in una sola ampia stanza dotata di quattro pareti, i reperti reali andrebbero distribuiti in modo tale che ciascuna parete contenga quelli di quattro teche per volta. Così in prossimità della prima parete andrebbero esposti i seguenti manufatti: collari, campani, campanacci (Sottoteca 2d.); attrezzo/i per praticare il salasso (Teca 3); "grembiule/i" contraccettivo/i (Teca 4). La parete potrebbe inoltre essere "arricchita" da una selezione di fotografie sempre relative alle prime 4 teche. I rispettivi documenti virtuali (foto digitali, schede linguistiche e/o etnografiche integrate di materiale audio) sarebbero invece allocati in un Totem di forma cubica (Totem 1), dotato di 4 Tablet (Tablet 1, Tablet 2, Tablet 3, Tablet 4, uno per lato, e relativo rispettivamente a Teca 1, Teca e Sottoteche 2, Teca 3, Teca 4). Sfogliando il Tablet 1, il visitatore fruirebbe dei documenti virtuali relativi alla prima teca; sfogliando il Tablet 2, egli fruirebbe di quelli della seconda, e così via. Analogamente per la seconda parete:  Manufatti e Foto: pelle dell’animale scuoiato (Teca 5); tipi di zufolo di canna, tipi di bastone (Teca 6); esemplari di contratti agrari (Sottoteca 7a); scapolare di olbagio, pantalone di pelle di capra, rovescio della pelle dell’animale scuoiato, mantello di tela cerata, copricapo di pelle di capra, scarpe di cuoio non conciato, laccetti di cuoio ruvido, gambali di olona, vestito di velluto (Teca 8). Documenti virtuali: foto digitali, schede lessicali e schede etnografiche integrate di materiale audio su "Parto e allattamento" (Totem 2: Tablet 1-Teca 5). E così via di seguito.

Conclusa, dunque, la visita museale (4 pareti, 4 totem - uno per parete -, 16 Tablet - quattro per Totem), seguirebbe la seconda tappa dell'itinerario: il visitatore farebbe ingresso nei recinti di pietre a secco per potere "riconoscere" e verificare in situ le varie parti e le relative funzioni degli ovili già documentate nel museo. Presso gli ovili alcune schede potrebbero indicare la denominazione delle diverse componenti (si pensi ai nomi delle pietre che compongono il vadili o ai nomi degli ambienti della mànnara).

All’interno degli spazi coperti e degli stessi recinti andrebbero esposti ulteriori reperti dell’universo pastorale in modo da integrare o completare la fruizione.

Fasi dell’attività pastorale come la mungitura, la tosatura, o anche soltanto la produzione in loco dei formaggi, potrebbero essere previste dentro l’itinerario. Anzi, forse, praticare l’attività pastorale a scopi didattici e turistico-culturali, e non più (soltanto) economico-produttivi, potrebbe costituire una delle sue possibili forme di evoluzione.

Dall’uso al segno e, per converso, dal segno al riuso.

5. Glossario

Di seguito sono riportati i termini dialettali riguardanti il complesso e le diverse parti degli ovili in pietra. Sotto ciascuna entrata sono presentate le varianti, lessicali e semantiche, raccolte anche negli altri centri delle Madonie. I punti di inchiesta (cfr. Sottile/Genchi 2011) sono citati mediante un numero a tre cifre (che riprende la numerazione dell'Atlante Linguistico della Sicilia), seguito dall'abbreviazione del nome del luogo, secondo il seguente schema di corrispondenze:

261 Scla = Sclàfani Bagni, 262 Calt = Caltavuturo, 263 Scill = Scillato, 264  Coll =  Collesano, 265 Camp. R. = Campofelice di Roccella, 266 Làscari = Làscari, 267 Cef = Cefalù, 268 Gra = Gratteri, 269 Isn = Isnello, 270 Poli = Polizzi Generosa, 271 Csll = Castellana Sicula, 273 Alim = Alimena, 274 Bomp = Bompietro, 272 Blu = Blufi, 275 Sop = Petralia Soprana, 275a Raf = Raffo, 276 Sott = Petralia Sottana, 277 Gan = Gangi, 278 Ger = Geraci, 279 Cast = Castelbuno, 280 Smau = San Mauro Castelverde, 281 Poll = Pòllina

appinnata f. (262 Calt), pënnata (281 Poll), pinnata (264 Coll, 277 Gan, 278 Ger, 279 Cast) ◙ (262 Calt, 264 Coll) stalla a loggiato delle mucche. 2. (262 Calt, 264 Coll, 277 Gan, 278 Ger, 281 Poll) tettoia sostenuta da legni a forcella e approntata con rami, arbusti e ramaglie, adibita a riparo delle bestie o (279 Cast) a luogo di caseificazione.

assittaturë m. (279 Cast), assittaturi (261 Scla, 262 Calt, 263 Scill, 264 Coll, 268 Gra, 269 Isn, 270 Poli, 271 Csll, Alim, 274 Bomp, 275 Sop, 277 Gan, 278 Ger), ssittaturë (281 Poll), ssittaturi (276 Sott) ◙ sedile in pietra su cui il pastore sta seduto durante la mungitura.

çiscalë m. (279 Cast, 281 Poll), çiscali (263 Scill), hiscali (271 Csll, 273 Alim, 274 Bomp, 275 Sop, 276 Sott, 277 Gan, 278 Ger), hiscaturi (275 Sop), jiscali (277 Gan, 278 Ger) ◙  pietra piatta dove poggia il recipiente per la mungitura che il pastore tiene tra le gambe.

cuscialë m. (279 Cast, 281 Poll), cusciali (261 Scla, 263 Scill, 268 Gra, 269 Isn, 270 Poli, 271 Csll, 273 Alim, 274 Bomp, 275 Sop, 276 Sott, 278 Ger) ◙ ciascuno dei due appoggi laterali in pietra di cui è provvisto il sedile del mungitoio.

mànnara f. (264 Coll, 274 Bomp, 279 Cast,), mànnëra (281 Poll), mànnera (264 Coll, 267 Cef, 269 Isn, 275 Sop), mànnira (262 Calt, 264 Coll, 267 Cef, 269 Isn, 279 Cast, 281 Poll) ◙  (262 Calt, 264 Coll, 267 Cef, 274 Bomp, 281 Poll) addiaccio, recinto privo di ripari dove si rinchiude il bestiame di notte. 2. (264 Coll) recinto per gli agnelli o i capretti. 3. (268 Gra, 279 Cast, 281 Poll) luogo all’aperto non recintato, situato nei pressi del ricovero dei pastori, dove le mucche passano la notte e dove vengono munte. Anche (264 Coll, 279 Cast) u chian’â mànnira. 4. ovile in pietra, di forma circolare o ellittica, spesso sovrastato da rovi, dove si mungono e si rinchiudono pecore e capre. ● mànnera d’âgnìeḍḍi (275 Sop) settore dell’ovile di ridotte dimensioni, talvolta provvisto di tettoia, dove si rinchiudono gli agnelli. ● mànnera di mùnciri (269 Isn) piccolo recinto, talvolta ricavato all’interno del ricovero, dove si raccolgono le bestie per avviarle alla mungitura. ● mànnir’ê mùnciri (279 Cast) la parte del recinto in pietra, separata dal resto, dove vengono munte pecore e capre.

màrcatë m. (275 Sop, 279 Cast, 281 Poll), màrcatu (262 Calt, 263 Scill, 269 Isn, 270 Poli, 271 Csll, 273 Alim, 274 Bomp, 272 Blu, 275 Sop, 275a Raf, 276 Sott, 277 Gan, 278 Ger), màrchitu (264 Coll), màrcutu (261 Scla, 264 Coll, 268 Gra, 269 Isn, 277 Gan, 280 Smau) ◙ ovile, complesso delle strutture comprendenti le abitazioni dei pastori, il luogo di ricovero delle greggi e quello di caseificazione. ● furriarë màrcat’e mmulina (279 Cast), furriari setti màrcat’e un mulinu (262 Calt) stare sempre in giro. ● màrcati e mmulina vacci di matina (276 Sott, 272 Blu) per certi lavori è necessario iniziare di buon mattino. ● màrcatu e mmulinu cori ranni (276 Sott) negli allevamenti e nei mulini bisogna essere magnanimi. 2. (261 Scla, 262 Calt, 264 Coll, 270 Poli, 273 Alim, 274 Bomp, 276 Sott, 277 Gan, 278 Ger) luogo di caseificazione. ● cu va a mmàrcatu mància rricotta (262 Calt) chi si reca in un caseificio è naturale che mangerà ricotta; chi ha le mani in pasta ricava sempre qualcosa. 3. (270 Poli, 273 Alim, 274 Bomp, 276 Sott) allevamento, azienda pastorale. 4. (273 Alim) grande estensione di terreno incolto. 5. (273 Alim) capanna dei pastori.

muncituri (262 Calt, 263 Scill, 264 Coll, 275 Sop), mungituri (273 Alim) ◙ recinto di mungitura.

pagghiaru m. (261 Scla, 262 Calt, 263 Scill, 270 Poli, 271 Csll, 275 Sop, 276 Sott, 278 Ger), pagliarë (281 Poll), pagliaru (264 Coll, 269 Isn, 277 Gan, 280 Smau), pajjarë (279 Cast), pallaru (273 Alim, 274 Bomp) ◙ capanna, abituro di campagna o di montagna, costituito da una base in muratura a secco e da una intelaiatura laterale di pali ricoperti con uno spesso strato di ginestre e frasche, utilizzato dai contadini o dai pastori per ripararsi, per trascorrervi la notte o come luogo di deposito e caseificazione. 2. (262 Calt, 264 Coll, 269 Isn, 271 Csll, 273 Alim, 275 Sop, 277 Gan, 279 Cast) capanna di rami e fogliame dove vengono lavorati i latticini.

para f. (262 Calt, 268 Gra, 269 Isn, 275 Sop, 277 Gan, 279 Cast) ovile costituito da un recinto in pietra a pianta circolare o ellittica sormontato da rovi, dove gli animali passano la notte.

parapìettë m. (279 Cast, 281 Poll), parapìettu (262 Calt, 263 Scill, 264 Coll, 270 Poli, 275 Sop, 278 Ger), parapièttu (273 Alim, 274 Bomp), parapittu (277 Gan) ◙ (264 Coll, 270 Poli, 271 Csll, 273 Alim, 274 Bomp, 275 Sop) davanzale in pietra che, durante la mungitura, blocca l’animale che, una volta munto, lo scavalca guadagnando l’esterno o il recinto di ricovero notturno. 2. (262 Calt, 263 Scill, 277 Gan, 278 Ger, 281 Poll) rialzo in pietra che regge la parte anteriore del recipiente in cui si munge, che lateralmente è tenuto tra le gambe del mungitore. 3. (279 Cast) pietra sporgente del mungitoio posta in modo da separare il secchio dalle zampe posteriori dell’animale da mungere.

passë m. (279 Cast, 281 Poll), passu (262 Calt, 268 Gra, 269 Isn, 275 Sop, 277 Gan, 278 Ger, 280 Smau) ◙ apertura del recinto di ricovero degli animali d’allevamento. ● passu dâ mànnera (269 Isn), passu dâ para (269 Isn) apertura dell’ovile. ● passu di varili (280 Smau) ciascuno dei piccoli corridoi costruiti dentro l’ovile, attraverso i quali passano, ad una ad una, le pecore e le capre per essere munte.

ristùccia f. (273 Alim, 274 Sop, 276 Sott), rristùccia (262 Calt, 269 Isn, 279 Cast) ◙ terreno di stoppie dove vengono condotti gli animali a pascolare, dopo la mietitura.

sataturë m. (279 Cast), sataturi (262 Calt, 268 Gra, 269 Isn, 275 Sop) ◙ rialzo in pietra del mungitoio che, durante la mungitura, blocca la parte anteriore del corpo della pecora o della capra. 2. (268 Gra) varco attraverso cui passano, una alla volta, le pecore o le capre per essere munte.

ṣṭṛipparìa f. (262 Calt) recinto per il ricovero delle pecore che non producono latte.

trischiaturi m. (271 Csll, 270 Poli, 273 Alim, 276 Sott), ṭṛischiaturë (279 Cast), ṭṛischiaturi (262 Calt, 268 Gra, 269 Isn, 273 Alim, 270 Poli) ◙ pietra piatta del mungitoio su cui la pecora o la capra poggia le zampe durante la mungitura.

vadilë m. (279 Cast, 281 Poll), vadili (261 Scla, 262 Calt, 263 Scill, 264 Coll, 267 Cef, 269 Isn, 270 Poli, 271 Csll, 273 Alim, 274 Bomp, 275 Sop, 276 Sott, 277 Gan, 278 Ger), varili (264 Coll, 267 Cef, 280 Smau) ◙ mungitoio in pietra. 2. (270 Poli, 271 Csll) l’apertura che la pecora attraversa dopo essere stata munta, guadagnando l’esterno o il luogo di ricovero notturno. anche (279 Cast) cùoḍḍṛë dû vadilë, (281 Poll) cùoḍḍṛû vadilë. ● cuḍḍû vadili (277 Gan), cuòḍḍû vadili (278 Ger), cuòḍḍu dû vadili (268 Gra) il rialzo in pietra che durante la mungitura blocca la parte anteriore del corpo della pecora o della capra.

źźammatarìa f. (263 Scill, 264 Coll, 268 Gra, 269 Isn, 270 Poli, 271 Csll, 275 Sop, 279 Cast), źźammaterìa (277 Gan, 281 Poll) ◙ locale dell’azienda pastorale in cui avviene la caseificazione.

Bibliografia

  • Giacomarra 1983 = Giacomarra, Mario (1983): I pastori delle Madonie. Ambiente, tecniche, società, Palermo.
  • Giacomarra 2000 = Giacomarra, Mario (2000): Le Madonie. Culture e società, Petralia Sottana, Ente parco delle Madonie.
  • Giacomarra/Sottile 1997 = Giacomarra, Mario / Sottile, Roberto (1997): Madonie. I pastori e le ragioni dell'ambiente, Palermo, Ispe Archimede.
  • Sottile 2002 = Sottile, Roberto (2002): Lessico dei pastori delle Madonie, Palermo, Centro di studi filologici e linguistici siciliani.
  • Sottile/Genchi 2011 = Sottile, Roberto / Genchi, Massimo (2011): Lessico della cultura dialettale delle Madonie. II. Voci di saggio, Palermo, Centro di studi filologici e linguistici siciliani.
  • Villa u. a. 1992 = Villa, P. / Brochier, J. / Giacomarra, M. (1992): Shepherds and Sediments: Geoethnoarchaeology of Pastoral Sites, in: Journal of Anthropological Archaeology, 11.
Ricadente nella provincia di Palermo, il territorio delle Madonie  è situato tra la costa e l'entroterra palermitano, tra il messinese e il nisseno-ennese. Si tratta di un'area montana, in buona parte sottoposta a vincolo ambientale, caratterizzata da tre nuclei montuosi, i più alti dei quali raggiungono la quota di quasi duemila metri: il settore centrale, delimitato a sud dal Piano della Battaglia e costituito dal Pizzo Carbonara, dalla Mùfara e dalla Quacella; il settore sud-orientale, che comprende il Monte San Salvatore, il Fanusi e il Cavallo; il settore occidentale, comprendente e il Monte Cervi e il relativo pianoro. A questi si aggiunge il rilievo isolato di Pizzo di Pilo nell'area di nord-est. Il territorio comprende una ventina di centri abitati disposti tra i 400 e i 1200 metri, tutti di piccole dimensioni (per lo più con popolazione intorno a 4000 abitanti).
Con una popolazione di poco meno di 4.000 abitanti, il centro insiste sulla sub-area occidentale delle Madonie.
La capanna che si vede in Figura 1 è una costruzione "fittizia", realizzata durante dei lavori di consolidamento del sito, cfr. nota 5.
Non sono, infatti, costruiti su terreni presi in affitto, non hanno caratteristiche di provvisorietà essendo stati assegnati da tempo ai pastori, sicché ad ogni azienda corrispondevano una o più mànnari considerati e sentiti come una proprietà.
Sul finire degli anni Novanta, gli ovili sono stati oggetto di un intervento di consolidamento e restauro conservativo da parte dell'’Ente Parco delle Madonie. In tale contesto il sito è stato dotato di un impianto di illuminazione, di una serie di camminamenti in pietra, di una capanna di paglia, inesistente, quest'ultima quando i recinti erano ancora usati dai pastori per ricoverarvi le greggi.
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