I dialetti in città

1. Note preliminari storiche

Il ruolo di diffusione artistica e culturale, nonché di contatti linguistici, delle città1 si manifesta da molti secoli in osservazioni politiche e filosofiche anche di carattere
(meta-)linguistico. Specie l’antichità classica romana ci ha trasmesso uno scorcio sulle attività culturali e di coltivazione linguistica nell’agglomerato urbano di Roma, del “sermo urbanus”, e lo mette a confronto con le usanze e gli usi linguistici della campagna circostante, il “sermo rusticus” (cf. ad. es. Müller-Lancé 2006, 50-55). Oggigiorno potremmo vedere nelle osservazioni fatte da Cicerone nonché nelle, più antiche, pratiche drammaturgiche di Plauto, dei primi tentativi di riflessioni (meta-)linguistiche che considerano sia la dimensione diatopica e, connessa ad essa, diastratica e diafasica del latino  classico e, nel caso di Plauto, preclassico. In qualche modo si potrebbe parlare di una reciproca attività di intercambi tra centri urbani e campagne e contadi circostanti. Quest’ultimi forniscono le città con prodotti agricoli, le città, in ricambio, comunicano modelli di attività culturali e artistiche nonché di comportamento sociale e anche linguistico (cf. Bernhard/Gerstenberg 2008).

Anche il medioevo ci ha lasciato alcune ma poche osservazioni riguardanti il panorama linguistico della città, in un’ottica ‚variazionale‘, come ci testimoniano le osservazioni di Lotto Lotti sulle parlate nei vari quartieri di Bologna (cf. Winkelmann 1987, 40); oppure le osservazioni (sociolinguistiche ‘ante litteram’) dei Medici sul romanesco del ‘400, caratterizzate da un atteggiamento simile a quello vigente (siamo nel rinascimento) nei strati colti della Roma antica: “breviter loquendo tutti paiono vaccari” (Basile et al. 2010, 402). Le annotazioni medicee rispecchiano, così, gli atteggiamenti della Roma classica, cioè il sermo urbanus e il sermo rusticus. Tale opposizione, basata su alcuni tratti fonetici già in epoca classica, ad es. f romana vs. h ‘laziale’ (cf. Wachter 1987, 504), appare, in varie forme, fino al IX secolo (cf. Müller 2000) e si perde durante l’alto medioevo.

Come ci dimostra l’esempio dello stesso italiano, con le sue fasi storiche di variazione ed elaborazione, la città (di Firenze) diede il „via“ a un modello per una varietà sovraregionale. Uno sviluppo simile, ma basato sul potere politico invece di quello culturale, si svolge in Francia intorno alla corte del rè („la plus saine partie de la court et de la ville”; cf. Vaugelas), ma non in Germania, dove le cancellerie imperiale (Praga) e reale (Meißen/Sassonia) formano la base della ‚koinè luterana‘, il fondamento dell’odierno Hochdeutsch/tedesco standard.

I centri urbani non fungono solamente come centri di irradiazione della cultura urbana, ma allo stesso tempo assimilano ed integrano apporti linguistici arrivati dalle province circostanti e lontane. Tali contatti sociali e linguistici fanno sì che l’elaborazione della gamma stilistica di ‘lingue d’orientamento’ avvenga nei centri urbani in quanto spazi di addensamento di contatti, e che dai centri di economia e cultura un modello si possa diffondere attraverso entità territoriali e politiche più vasti. Anzi, lo spazio comunicativo urbano in sé presenta, già in fasi che precedono ‘registri di elaborazione’, una lingua tettoia, un diasistema differenziato lungo l’asse diafasico e diastratico, con una possibile seguente differenziazione diatopica all’interno della città. Così, il termine latino vulgaris denota l’uso comune, ordinario della lingua latina, soprattutto in registri medi e in situazioni di immediatezza, del panorama diafasico latino. Vulgus ‘popolo, folla’ comprende dunque anche un aspetto quantitativo, che, oggi, è spesso sovrapposto dal peso qualitativo esercitato dalle opere classiche, cioè ‘esemplari’, le quali nello spettro dinamico del latino dell’urbe hanno contribuito alla nostra immagine colta odierna del latino. Tale fatto è, naturalmente, strettamente legato alla conservazione scritta di testi elaborati. Un tale sviluppo non è stato messo in movimento ad es. nelle comunità etrusche, dove la scritturalità era, per quanto ne sappiamo fino a oggi, limitata a iscrizioni ed epigrafi.

Le città latine, dopo l’ampiamento semantico di Roma da ‘città, capitale di un potere ‘politico’ a ‘organizzazione statale, costituzione giuridica imperiale’, hanno ‘adottato’ il ruolo del latino e il latino stesso come nuova ‘patria comunicativa’.

Il caso di Roma dimostra in maniera esemplare anche degli sviluppi opposti. La perdita del suo ruolo centralistico a partire dal terzo secolo trasforma l’urbe e le sue comunità di parlanti in un centro di irradiazione della religione e della chiesa di Roma, ma non più di modelli linguistici. L’emergere della letteratura romana durante l’alto medioevo avviene nel volgare urbano, il romanesco di prima fase, accanto a tanti altri volgari, milanese, genovese, siciliano ad es. Spetta soprattutto a quest’ultimo, nel `200 con la scuola siciliana, ad attivare la creatività letteraria in Italia e specie in Toscana, dove nascerà il volgare ‚classico‘ nel `300. Il toscano rimane, a Roma più che altrove, la lingua di contatto più importante e trasforma Roma e il toscano „in bocca romana“ fino a oggi in un centro ‚capitale‘ della diffusione dell’italiano. Anche il volgare locale stesso vede un profondo rinnovamento a partire dall’arrivo dei papi toscani nel `400 e il `500, e diventa il ‚romanesco di seconda fase‘, documentato e immortalato nei sonetti di G.G. Belli (1791-1863).2

L’accostamento precoce del volgare romanesco alla lingua toscana, durante il rinascimento, fa nascere delle situazioni comunicative con maggiore permeabilità, rispetto ad altri grandi centri italiani, tra lingua italiana e volgare (v. 3.2.). Tale permeabilità, e la forza di integrare, di ‚volgarizzare‘ italianismi nel romano (e nel romanesco) creano, nel corso dei passati tre secoli, un continuum tra varietà alta (italiano in bocca romana), standard, e varietà bassa (romanesco) anziché una convivenza diglossica tra dialetto e italiano, come avviene in centri come Milano, Genova o Torino.

2. Dinamiche linguistiche urbane oggi

Nonostante le diverse predisposizioni comunicative e linguistiche, da situare tra lingua letteraria/lingua nazionale e dialetto, che si incontrano nei vari centri urbani o, in tempi più recenti, nelle agglomerazioni urbane (con le rispettive irradiazioni regionali che raggiungono le comunità circostanti), esiste una permeabilità reciproca tra italiano e parlate locali, ameno che esse non facciano parte di diasistemi linguistici non-italoromanzi. Tale permeabilità in situazioni (molto frequenti) di contatto verticale possono, come osserva Stehl (1988, 1992), portare a un gradatum, più che a una semplice diglossia, tra dialetto (basiletto) storico come LV (low variety, varietà bassa) e HV (high variety, varietà alta). Tale gradatum segue i gradi di maestranza stilistica/dei registri a disposizione e osservabili negli individui o gruppi sociali (dove sempre e per forza gli individui si muovono) di una comunità linguistica. Tale comunità spesso si definisce secondo criteri extralinguistici come paese, città o regione (micro- o macro-). Un fatto importante in queste dinamiche è costituito dalla presa di coscienza dei parlanti stessi, la quale spesso, se non sempre, ‘come punto di partenza’ precede una descrizione (socio-)linguistica delle dinamiche in atto.

Il processo dell’urbanizzazione delle società recenti/odierne comporta un cambiamento socioculturale profondo che coinvolge da un lato una espansione dell’anonimato comunicativo anche nelle zone rurali (che in parte resistono all’influsso di un ‘urban lifestyle’), dove il modello di convivenza urbana raggiunge un po’ tutti gli strati sociali3. Contemporaneamente, anche con la forte presenza dei mass media e, oggigiorno, dei media interattivi, si osserva un depauperamento della presenza di istituzioni culturali di provenienza urbana (teatri, cinema, luoghi di incontro in genere) nelle aree rurali urbanizzate (dall’alto) e persino nella città stesse, dove i quartieri di abitazione (Wohngebiete) continuano a crescere in maniera smisurata, ad es. a Roma.

Le ’autonomie’ culturali rurali, e dialettali, tendono a perdersi a favore di modelli socioeconomici sovralocali e così si perde la ‘portata’ comunicativa dialettale (Radtke 2006).

La tradizione della comunicazione dialettale cede alla dominanza della comunicazione sovraregionale, oggi a modelli di comunicazione in italiano, più aperti e anche più ‘promettenti’ in termini socioeconomici. I dialetti, nelle città/negli agglomerati urbani e anche in centri più piccoli e rurali/provinciali, occupano sempre meno settori della diafasia collettiva e individuale (Radtke 2006, 1795). Comincia, forse dagli anni ’80 (decennio del linguaggio giovanile) in poi, ad assumere di più in più una funzione – da sempre fondamentale e sintomatica (in termini di Bühler 1934) – identitaria. La dialettalità diventa fattore stilistico, quasi un possedimento socioculturale anziché una pratica sociolinguistica. Nel contesto di tali sviluppi, oggi panitaliani, preceduti da evoluzioni sociolinguistiche nei centri urbani maggiori, specie a Roma, spesso basta per molti parlanti (non tutti) il mantenimento di alcuni ‘tratti bandiera’ per marcare l’identità cittadina, regionale o locale. Ciò non implica che i dialetti storici primari, cioè varietà del latino parlato, spariscano del tutto, ma significa che perdono il loro ruolo di fondamento comunicativo, soprattutto a causa dell’ormai diffusa acquisizione della lingua standard come L1.

3. Approci metodici alla descrizione dello spazio linguistico urbano

Approcci metodici alla descrizione dello spazio linguistico urbano (ad es. Còveri 1977; Mioni/Trumper 1977; Klein 1989; Galli de’ Paratesi 1984; Rizzi 1989; Bernhard 1989, 1992) cominciano a entrare nella (socio-)linguistica italiana degli anni ’70 in poi. I lavori della ‘nuova disciplina’ degli ‘urban language studies’ evidenziano che nonostante la italianizzazione diffusa nel paese, i dialetti mantengono funzione identitaria basilare.

Le differenze/distanze tipologiche tra i vari volgari e italiano (ex-volgare toscano) suscita(va)no varie interazioni e reazioni all’allargamento dell’uso della lingua italiana e dei dialetti. Così, la diglossia milanese ad es. si mantiene abbastanza stabile, con oggi pochi residui del dialetto (una volta ‘nobilitato’ da poeti come Bonvesin della Riva o Carlo Porta) in reti sociali e situazioni comunicative ristrette. Nel panorama linguistico milanese odierno si possono vedere gradi di italiano più o meno influenzati dal (ex-)
dialetto che possono emergere nella variabilità della realizzazione del raddoppiamento fonosintattico e dell’apertura di [e] e [o], dell’abbandono della i prostetica oppure nella presenza di occlusive (p, t, k, o di s) in fine parola (Berruto 2002, 97). Tali caratteristiche dell’italiano milanese/lombardo fungono da modello per molte parti dell’Alta Italia. Certamente, Milano non è diventato un modello di pronuncia pan-italiano come lo prevedeva Galli de’ Paratesi (1984), comunque rappresenta un importante centro dell’italiano standard, piuttosto pluricentrico, odierno. In questo riguardo, l’italiano ambrosiano può essere paragonato al (alto)tedesco del nord della Germania, dove l’abbandono del dialetto (basso tedesco) ha portato a un ruolo di modello per almeno il nord tedescofono.

Laddove i dialetti primari persistono, si possono osservare oggi varie ‘combinazioni’ di parlate che spesso includono, sull’asse diafasico, anche l’uso della varietà standard. Ciò vale anche, e forse soprattutto, per i centri minori urbanizzati dove la realizzazione dell’italiano standard segue i rispettivi centri d’irradiazione storici della lingua nazionale: un fatto che sottolinea l’idea di una lingua standard pluricentrica la quale lascia spazio alla libertà dei parlanti di poter realizzare secondo le loro esigenze e la loro voglia di eseguire i propri atti linguistici con più di una tradizione discorsiva. Tali architetture ‘en miniature’ sono state prese in esame ad es. da Thomas Stehl i cui metodi coinvolgono non solo una descrizione ‘professionale’ degli spazi presi in considerazione4, ma anche la funzionalità delle gradazioni osservabili tra il dialetto primario (basiletto) e l’italiano (acroletto). Tale gradatum comprende, in genere, cinque singoli gradi, corrispondenti strettamente al meccanismo classificatore (cognitivo) adoperato nelle azioni linguistiche e metalinguistiche, dunque funzionali, dei parlanti.

Così, i lavori di Stehl gettano luce sul ruolo dei parlanti stessi per il formarsi, oppure per il trasformarsi di architetture regionali provenienti da comunità (ex)diglossiche.

La consapevolezza linguistica dei parlanti riguardante il dialetto urbano è dunque una tessera molto importante, in quanto portatrice delle identità linguistiche, nel mosaico delle parlate urbane e delle discrepanze tra uso ‘reale’ del dialetto primario ed ideologie formatesi intorno a esso nel corso della storia. Tali discrepanze emergono da studi recenti (Matrisciano in corso di stampa) sul napoletano o, meno recenti, sul roman(esc)o (Bernhard 1998; 2004), che evidenziano la variabilità non solo dello spettro linguistico ma anche del repertorio dei glottonimi, espresso in relativamente pochi nomi, sintagmi nominali (‘romanaccio’, ‘romanesco’, ‘romano italianizzato’ ecc.) e perciò di natura discreta, graduale.

Per una descrizione del cambio linguistico del gradatum, della pragmatica e della funzionalità delle ‘varietà’ urbane occorrono dunque anche degli approcci variazionali quantitativi che sono in grado di rendere visibile, o almeno comprensibile, la complessità delle architetture linguistiche urbane5

3.1. Il tessuto sociale urbano e la sociolinguistica

Se già nell’ambito delle inchieste dialettologiche dell’AIS emergono dei problemi di tipo sociolinguistico (ante litteram)6, è solo con l’arrivo di teorie e metodologie della sociolinguistica angloamericana che la multidimensionalità del tessuto urbana diventata il centro dell’attenzione di descrizioni delle varietà riscontrabili negli spazi urbani. Ciò soprattutto perché la ‘verticalità’, la diastratia e la diafasia richiedono più di un parametro e la qualità delle città in quanto spazi di addensamenti comunicativi e di contatti linguistici non permettono delle descrizioni ‘rappresentative’ in senso linguistico-spaziale, ma, al contrario, dirigono i ricercatori su singoli aspetti della variazione linguistica urbana: ad es. il ruolo della socializzazione linguistica degli individui, la variazione interindividuale, la flessibilità (o rigidità) di tessuti e reti sociali e gli atteggiamenti dei parlanti nei confronti di variabili/varietà linguistiche riscontrabili nell’area urbana come centro di irradiazione e di innovazioni culturali, mediali e perciò anche linguistiche.

Dopo gli studi fondamentali di Basil Bernstein (1964) in Gran Bretagna e di William Labov (1966) negli Stati Uniti, che mettono in evidenza il condizionamento sociale dei modi di esprimersi (codici ristretto e elaborato in Bernstein) nonché la variazione diafasica e le aspettative di parlanti e interlocutori (“styles” in Labov), la sociolinguistica arriva anche in Germania e in Italia. In questi spazi comunicativi, però, rimane importante, se non dominante, il ruolo dei dialetti (anche ’urbani’) primari, e perciò interferiscono con modelli Laboviani (“variable rules”) basati su poche variabili linguistiche, se non una sola, per poter descrivere i comportamenti linguistici delle persone coinvolte, tanto nel loro interagire quotidiano quanto nelle interviste o negli esperimenti linguistici. Una semplice trasposizione degli approcci angloamericani sulle realtà più complesse in Italia non può essere fertile se non con l’applicazione di teorie e, soprattutto, di metodi empirici adatti a singoli aspetti dello spazio comunicativo urbano. Oltre a ciò, il ruolo attivo e normativo dei singoli parlanti o di gruppi di parlanti deve essere preso in considerazione, tanto più ci si avvicina ai giorni (o anni) nostri, alle strutture democratiche e di più in più ‘urbanizzate’ della cosiddetta società moderna con le sue possibilità di diffusione di modelli o mode culturali nel mondo accelerato dei mass media e dei media interattivi basati su tecnologie digitali.

Quali aspetti delle dinamiche linguistiche odierne si possono scegliere per la descrizione (socio)linguistica? Come si manifestano standard, neostandard (Berruto 2002, 62-65) oppure neodialettalità? Nora Galli de’ Paratesi (1984), in uno dei primi studi di ‘urban language’ in Italia, riesce a mettere in evidenza il ruolo di Milano come centro di diffusione dello standard del capoluogo lombardo, della (oggi) metropoli, la quale mantiene pochi elementi dialettali in un processo di livellamento. Tali tratti fonici e lessicali farebbero, secondo l’autrice, parte di un ‘modello standard’ degli anni ’80, la “lingua toscana in bocca ambrosiana”.

Elena Rizzi (1989) basa il suo studio sull’italiano parlato di Bologna su una serie di variabili linguistiche (dipendenti) in correlazione con variabili sociali (indipendenti) e in tre ‘styles’. Così la linguista ottiene tre tipi di italiano di Bologna (IB) con possibili tendenze di un registro basso tendente verso il dialetto (IB3) da una parte (‘polo’) e di un registro alto tendente verso l’italiano standard (IB1), evidenziando il ruolo delle fricative. Persiste tuttora, o meglio persisteva, negli anni ’80, una distinzione piuttosto netta tra dialetto locale e i tipi di IB, a differenza della situazione a Torino o Bergamo. Gli esempi di Milano, già centro del dialetto letterario con Carlo Porta (1775-1821), e del capoluogo emiliano, oltre alla progredita erosione del dialetto milanese, dimostrano possibili sviluppi linguistici e sociali nonché metalinguistici che i centri urbani possono produrre e irradiare nei loro dintorni.

3.2. Lo spazio Roma

Un caso ‘a parte’ si ha nell’esempio di Roma. Il centro della latinità ha subito varie gravi trasformazioni politiche (e una religiosa), demografiche-sociali e linguistiche7, dal cosiddetto crollo dell’impero (III-V secc.) alla precoce toscanizzazione nel  ‘400 e il ‘500, con il sacco di Roma (1527) fino all’istaurazione come capitale del Regno d’Italia (1871). Conseguenze linguistiche ne furono la scomparsa del romanesco di prima fase nel corso del ‘600, l’affermarsi di una grande letteratura del romanesco di seconda fase (belliano) soprattutto con i sonetti di Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863), con ripercussioni ancora alla fine del XX, e la (seconda?) standardizzazione della capitale oggi. Tale (neo-)standard romano, a sua volta, serve da modello per molte altre regioni, specie centromeridionali, e per la creazione di nuovi registri informali, ad es. il linguaggio giovanile.

Sia la ricchezza di dati storici, dialettali e meno, che la dinamica (inter?)diastratica  in quasi tutti i (mass- e social)media rendono la capitale un ‘campo sperimentale’ tanto esemplare quanto fertile per studi linguistici variazionali, e percezionali, che gettano luce non solo su fenomeni linguistici e sociolinguistici ma anche sul concetto stesso di ‘varietà’ tra descrizione linguistica e autovalutazione (meta)linguistica e pragmatica dei parlanti. Nonostante l’immagine piuttosto negativa del romanesco, visto come “favella guasta e corotta” (cf. Serianni 1989, 315), il basiletto gode fino ai tempi di oggi di un prestigio letterario (covert prestige?) presso gran parte dei romani. Tale fatto si specchia ad es. nelle Poesie di Trilussa (1871-1950) durante i primi decenni del secolo XX. Più tardi, durante il secondo dopoguerra P.P. Pasolini ricorre al romanesco ‘borgataro’ per le descrizioni nei suoi romanzi ambientati a Roma (D’Achille 2019).

I primi passi per una descrizione sociolinguistica variazionale di Roma si fecero negli anni ’80. A. Stefinlongo (1985) propone un modello di un continuum tra polo dialettale (basso) e polo standard (alto), omettendo per motivi storici ovvi una separazione diglossica – come ad es. a Bologna – tra dialetto e lingua standard. La toscanizzazione del romanesco di prima fase (Ernst 1970) ha tipologicamente ravvicinato il basiletto romanesco al toscano e così all’italiano. Una serie di studi della situazione linguistica della Roma del XX secolo prepara il suolo per una più ampia ricerca empirica sulla variazione tra polo dialettale e polo standard introducendo delle variabili indipendenti come età, sesso, grado di istruzione e mobilità socioeconomica. Il primo studio empirico (Bernhard 1998) è basato su 84 interviste, situate in condizioni comunicative di immediatezza (“kommunikative Nähe”, Koch/Oesterreicher 2011). Le analasi delle interviste hanno portato a una serie di risultati: Come era da aspettarsi, le variabili sociali età e grado d’istruzione mostrano una forte correlazione tra dialettalità (piuttosto un fenomeno tra anziani) e standardizzazione (tra giovani). Il livello di istruzione si rivela come fattore sociale (variabile indipendente) principale nel processo di sdialettalizzazione (cf. Bernhard 1998, 251-257). Un calo netto di realizzazioni dialettali si ha nelle femmine con un titolo di scuola media (indice 0,23) mentre i maschi dello stesso gruppo mantengono una dialettalità relativamente alta (0,57). Parlanti con diploma liceale e/o universitario sono caratterizzati da una dialettalità bassa (0,22 nei maschi e 0,15 nelle femmine).

Non esiste, però, una rigida attribuzione categorica delle variabili sociologiche, extralinguistiche al comportamento linguistico dei singoli parlanti. Anche tra intervistati più giovani si mantiene una dialettalità forte se il grado d’istruzione è basso e la rete comunicativa, e con essa la mobilità socioeconomica, è limitata. Un’analisi intralinguistica fa emergere dei ‘destini’ di singole variabili, fonetiche e morfologiche, diversi tra loro: il rotacismo di l preconsonantica (artro/antro ‘altro’) e nn ~ nd (quanno ‘quando’, monno ‘mondo’) sono molto frequenti (3875 risp. 1856 occorrenze) e si mantengono nei parlanti dialettali, ma solo in uno in 100, mentre lo scempiamento di rr, storicamente più recente (Palermo 1993), tende a perdere la realizzazione r (bira ~ birra). La parola grande - in Belli ancora granne - non è in nessun caso stata realizzata con nn (!), dovuta, forse, al ruolo del più frequente e popolare grosso.

L’analisi intralinguistica del corpus rivela, oltre a quella sociolinguistica, dei risultati diversi riguardanti il ‘destino’ delle singole variabili dialettali ~ ò; ʎʎ ~ j (j), nd ~ nn, l + cons ~ r/n + cons.; rr ~ r: la recessione (statistica) più forte si ha in ~ ò (fuoco ~ fòco), quella più debole in rr ~ r, l + cons. e in nd ~ nn. Allo stesso tempo si può osservare una forte correlazione statistica (secondo il coefficiente di Spearman) tra il ‘comportamento’ di nd ~ nn e l + cons. (correlazione positiva di 0,87), dunque di due variabili consonantiche ‘antiche’. La correlazione tra ~ ò e rr ~ r è relativamente debole e suggerisce, così, un ‘trattamento a parte’ della variabile vocalica rispetto al consonantismo. Oltre a ciò, ~ o e rr ~ r appaiono con una frequenza relativamente bassa e limitata a pochi lessemi (suòra vs. sòra; guerra vs. guera), dunque facilmente controllabili e spesso anche disambiguanti (suòra vs. sòra ‘signora’, buona vs. bòna ‘donna attraente’). Un caso interessante si ha nella correlazione tra le variabili dialettali e quelle, anch’esse tipiche del romanesco e anche dell’italiano regionale, ma considerate non tipicamente romane,  la -t- epentetica,  ad es. rs ~ rts o ns ~ nts (persona ~ perzona, penso ~ penzo): la correlazione tra rs ~ rts, ns ~ nts e le altre variabili fonetiche è leggermente negativa. Tale fatto può sottolineare la consapevolezza linguistica dei parlanti (del corpus) riguardante la ‘romaneschità’ fonica dei vari tratti del basiletto romano. Per questo motivo nts e rts, diffuse in tutta l’Italia centro-meridionale, erano state introdotte nelle analisi come variabili di controllo.

Accanto alla sdialettalizzazione dello spazio linguistico romano si osservano delle tendenze ‘innovatrici’ nel parlato della capitale; esse riguardano soprattutto la lenizione delle plosive t, k intervocaliche, la quale può variare tra [t], [k], [d], [g] e delle realizzazioni fortemente lenite [đ], [ǥ]. Quest’ultime sono presenti nelle generazioni più giovani, generando una impressione acustica ‘strascicata’, ovvero [ssrasciǥađa], ormai considerata quasi tipica del neo-romanesco (cf. D’Achille/Giovanardi 1995) o ‘romanesco di terza fase’, più vicino allo standard quanto all’abbandono delle realizzazioni dialettali, ma in grado di creare una percezione non-standard tra i parlanti giovani (e gli ascoltatori più anziani). Tali innovazioni del tipo ‘sprechsprachlich’ (cf. Coseriu 1974) possono portare alla cosiddetta neodialettalità, ma sono allo stesso tempo tipiche del parlato ‘di immediatezza’ nello spettro della variazione diafasica, e disambiguabili per chi ha demisticatezza con lo standard scritto. Per questo motivo, la lenizione di -k- e -t- non indica in primo luogo una diatopicità, ma piuttosto una diastraticità e, più ancora, diafasicità. Perciò, il numero ridotto di nuove variabili locali o regionali  non compensa la sdialettalizzazione del roman(esc)o. L’identità del romano si basa, e probabilmente si baserà nel futuro, su meno tratti identificatori, markers, per sottolineare l’appartenenza a una, presunta o reale allo stesso tempo, provenienza locale.

I cambiamenti linguistici, riguardanti la scomparsa di tratti basilettali del romanesco di seconda fase, e sociolinguistici, riguardanti le ‘innovazioni’ foniche del romano di immediatezza, caratterizzano il romanesco di “seconda fase e mezzo” (Vignuzzi 1994, 29, 31) e portano a un romanesco di terza fase, il quale conserva elementi lessicali tradizionali con le rispettive realizzazioni foniche ed elementi morfologici che fungono da identificatori geo-sociali o sono semplicemente ‘economiche’ (infinito apocopato, so ‘sono’). Ciò aiuta tanto all’autoidentificazione cittadina quanto alla riconoscibilità di romani in altre parti d’Italia. La presenza di “particolar combinazion[i]” (Ascoli 1876, 387) individuali sottolinea la molteplicità sociale di Roma e dei glottonimi usati per esse, i quali oscillano tra “dialetto” e “lingua vera e propria” (Bernhard 1998, 261-264; Bernhard 2004). Roma, a livello variazionale e quantitativo, presenta un continuum tra polo dialettale (una dialettalità al 100% in tutte le variabili non si è misurata in nessuno dei 84 informatori) e polo standard (dove persistono alcune realizzazioni del dialetto tradizionale, e la realizzazione nts per ns o, un po’ meno frequente, rts per rs). A livello di classificazione e autodescrizione si ha un gradatum ‘metalinguistico’, che spesso, però, non combacia con il continuum misurato. Questo rapporto tra misurazione linguistica e autovalutazione pragmatico-linguistica di non-esperti è più congruente per esempio a Bologna (Rizzi 1989) o Canosa di Puglia (Stehl 2012, 242-265).

Oltre ai tratti fon(et)ici romaneschi, anche la morfologia mostra una progrediente sdialettalizzazione. Il sistema verbale conserva poche varianti del romanesco di seconda fase; ad esempio l’infinito apocopato (fa’, ‘fare’; veni’ ‘venire’, séde’ ‘sedere’, poté ‘potere’) o varianti ‘allegroform’ come so ‘sono’ pònno ‘possono’ oppure fossilizzate, ad es. possino (in “te possino…”). Forme come facémio ‘facevamo’, magnámio ‘mangiavamo’ o agnede, annette ‘andò’ sono scomparse completamente nelle generazioni più giovani, anche se i ricordi di tali caratteristiche romanesche hanno suscitato tra i giovani un sémio (iperdialettale) per semo ‘siamo’.

Anche il complesso dell’articolo determinato (con er ‘il’) e delle preposizioni articolate gode di una certa ‘popolarità’, descritta come ‘allegroform’ nella cosiddetta Lex Porena (cf. Porena 1925), risaliente al parlato degli anni ’20 del XX secolo (daa ‘della’, dii ‘dei’, ‘degli’ ecc.), ‘tipica’ dell’odierno romano di immediatezza/Nähe per motivi del “moindre effort”.

Le dinamiche linguistiche tra basiletto e neodialetto di Roma rispecchiano per certi versi una crescente individualità dei singoli parlanti, socio-economicamente più aperti, situati tra lingua standard e tradizioni dialettali. Ciò implica da parte dei parlanti un continuo situarsi tra le varie identità locali, regionali e (inter)nazionali, consapevole o meno, in una società democratica e aperta. Un certo ‘andar avanti’ produce delle nuove varietà, ‘reali’ o denominate come tali, come il linguaggio/i gerghi giovanili. Essi tendono a sottolineare una autonomia creativa di parlanti giovani, nata nello ‘spazio di addensamento comunicativo’ delle città, centri di irradiazioni di tendenze e mode in grado di raggiungere individui e/o gruppi anche fuori di essi (cf. Radtke 1993; Bernhard/Schafroth 2008). Ma anche il romanesco storico, belliano offre tuttora delle caratteristiche fonologiche ancora da scoprire (Schirru 2017); delle varietà diastratiche, ad es. il giudeo-romanesco (Lorenzetti 2017; Palermo 2017), da descrivere, anche con nuove impostazioni teoriche e metodiche.

3.3. Napoli

Anche se negli ultimi anni il paradigma sociolinguistico-dialettologico ha ceduto parecchio spazio a impostazioni teoriche non-storiche, cognitivistiche e pragmatiche, lo spazio urbano rimane al centro dell’attenzione, soprattutto se esso viene preso in considerazione sotto l’aspetto del ruolo e la creatività dei parlanti stessi. Sia la linguistica percezionale che quella della migrazione aprono nuove prospettive sui vari comportamenti, i vari tipi di interazione nello spazio di addensamento comunicativo in società urbanizzate. L’esempio di Napoli, dove il dialetto gioca un ruolo identificatore primario (Radtke 2002, Matrisciano 2016; Matrisciano in corso di stampa) dimostra quanto l’identificazione con la città e il suo territorio domini l’interazione sociale quotidiana. Ed essa addirittura alimenta il mito ‘Napoli’ il quale, a sua volta, è una costante antropologica napoletana basata sul dialetto. Diversamente da Roma, una consapevolezza diglossica della situazione linguistica del capoluogo campano – e la ex-capitale del Regno di Napoli – localizza la ‘lingua’ presso i strati colti e il volgare presso il ‘resto’ sin dalla questione della lingua del ‘500. Il mito della città è strettamente collegato all’uso del dialetto, ed esso, a sua volta riesce a costruire una topografia partenopea (Matrisciano in corso di stampa, 542) da parte dei parlanti dei vari quartieri della città. Il dialetto, il basiletto, nonché quello più o meno ‘italianizzato’, forma una base elementare identitaria in quanto prassi culturale quotidiana mentre a Roma il romanesco (di seconda fase) è visto piuttosto come un possesso culturale. Una testimonianza come “ora che sappiamo parlare l’italiano, possiamo anche (ri)parlare il dialetto” (Matrisciano in corso di stampa, 35) dimostra un’altra, una nuova faccia del mito Napoli: la presenza dello standard nazionale non interferisce con, ma arricchisce la cultura locale.

4. Riassunto

La composizione multipla delle popolazioni urbane, con afflussi migratori variabili in diacronia, appare come una costante urbanistica sin dall’antichità. In epoche più recenti, molte città sono cresciute a causa di sviluppi industriali e commerciali (‘new economy’) nonché per cambiamenti amministrativi e culturali. Perciò, oltre alle osservazioni che riguardano i fenomeni e i comportamenti linguistici e i loro cambiamenti storici, con metodi dialettologici e sociolinguistici sono possibili nuove impostazioni teoriche e metodologiche riguardanti l’osservazione e la descrizione che mirano al cambio linguistico ‘in nuce’ e il formarsi di nuove ‘varietà’, dovuto a molteplici contatti, in ‘statu nascendi’.

Accanto a metropoli come Milano e Roma, in gran parte ‘sdialettalizzate’, altri centri maggiori, soprattutto Napoli, ma anche Bologna, mantengono il dialetto come identificatore regionale e storico per gran parte degli abitanti. Anche la stessa Firenze, non più il centro di irradiazione nazionale, mantiene una serie di tratti dialettali/vernacolari in certi strati sociali e nell’italiano, l’ex-fiorentino, parlato nel capoluogo toscano.

La progrediente standardizzazione nella società italiana può sempre di più portare a un italiano pluricentrico, con varianti dello standard nazionale a seconda delle regioni. Esse ‘completeranno’, forse, il gradatum tra italiani regionali e standard regionali, essendo quest’ultimi risultati delle forze centripete dei centri urbani.

Nuovi ‘attori’ sociali nel tessuto urbano, ad es. la presenza di numerosi immigrati (sin dagli anni ’90; cf. Bernhard 2004) hanno generato nuove varietà, dialetti terziari, ancora poco esplorate, che aggiungono nuovi elementi ai registri delle varietà italiane, anche tra vari gruppi di immigranti; la loro osservazione e descrizione è lo scopo della linguistica della migrazione/Migrationslinguistik (Krefeld 2004).

La linguistica percezionale (Krefeld/Pustka 2010) con le sue impostazioni teoriche ed empiriche, potrà contribuire all’osservazione del destino di innovazioni soprattutto foniche e descrivere tendenze di mantenimento o della loro scomparsa nel parlato, oltre alle innovazioni lessicali, le quali spesso suscitano, precocemente, l’identificazione di ‘nuove varietà (ad.es. giovanili) da parte di linguistici non-esperti.

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La città (occidentale, mediterranea) come addensamento di attività economiche e commerciale nasce sulla scia delle società agricole della mezzaluna fertile (Benevolo 1983) e proscrive la divisione del lavoro già esistente nelle società preurbane, ad es. tra donne e uomini, e fa nascere una stratificazione sociale più differenziata; cf. anche Haller 2005, 126, 130, 169. Gli sviluppi demografici e sociali di città antiche e centri moderni sono delineati ad es. in Benevolo 1983, 27, 143-145. La situazione e la storia architettura di Roma è ampiamente documentata in Benevolo 1983, 177-255, 1030-1033, passim.
L’opera Belliana permette una descrizione grammaticale del romanesco (Tellenbach 1909), mentre lavori lessicografici non cominciano ad apparire a partire dal 1933 (Chiappini). I più recenti dizionari (Ravaro 1994; D’Achille/Giovanardi 2016ss.) prendono in considerazione anche lessemi non letterari. Milano (Cherubini 1839) e Venezia (Boerio 1865) precedono, dunque, Roma di vari decenni.
Tullio De Mauro (2002, 66-68) delinea lo sviluppo del „urbanismo“ tra il 1861, anno della prima unificazione nazionale (senza Roma), e il 1961, in tempi di pieno sviluppo economico, con cifre o con cifre impressionanti. Il numero dei centri urbani con più di 20 mila abitanti cresce da 52 nel 1861 a 140 nel 1931, più di 200 nel 1951 e a 325 nel 1961, pari a 23,7 milioni di persone o al 46,7 % della popolazione nazionale.
Basandosi su studi empirici condotti da Stehl durante gli ani ’80, lo studioso descrive vari livelli di competenza dei parlanti ad es. a Canosa di Puglia (cf. Stehl 2012, 62, 83-104), secondo parametri Coseriani, come architettura o sistema, norma e ‘parole’. Messe a confronto con i livelli di descrizione linguistica, Stehl elabora dei “gradata” (Stehl 2012, 105, 126-131, passim).
Stefinlongo (1985) introduce il termine ‘continuum’, fino allora usato nella geolinguistica e nella creolistica, nelle discussioni intorno a una descrizione (sociolinguistica) di Roma. A rigor di termini, anche un continuum linguistico è costituito di tanti piccoli passi, gradi.
K. Jaberg e J. Jud (1928, 186-193) sono consapevoli della variazione sociale e dei contatti tra basiletti e varietà urbani e regionali, tra persone di diversa estrazione sociale.
P. Trifone (2008) delinea la storia linguistica della capitale partendo dalle prime iscrizioni, e dedica un bello capitolo alla situazione odierna (92-121), con la sua variazione e le varietà nuove (neoromanesco, linguaggio giovanile).
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Korpus- und webbasierte Phraseologie des Italienischen

5. Die Wiederbelebung der Phraseologie*

Was genau das Revival der Phraseologie in den 2000er Jahren ausgelöst hat, lässt sich nicht so einfach beantworten. Vermutlich waren es mehrere konvergente Einflüsse, zu denen empirische und sprachtheoretische Neuerungen gleichermaßen gezählt haben wie in jüngster Zeit (erneut) die Phraseodidaktik.

Ersteres, weil die Entwicklung digitaler Korpora und der Korpuslinguistik an sich in diese Zeit fällt (???), ((???), (???)) und phraseologische Studien seither zunehmend auf korpuslinguistische Methoden zurückgreifen8

Der zweite Faktor, der zu einem „Re-Boom“ der Phraseologie geführt hat, ist der Auseinandersetzung mit der Konstruktionsgrammatik geschuldet. Seitdem sich Konstruktionsgrammatik und Phraseologie gegenseitig wahrgenommen und durchaus auch befruchtet haben,9 ist nicht nur das Interesse an Idiosynkrasie und Idiomatik in der Sprache neu belebt (vgl. (???)) und das Bewusstsein für „Festigkeit“ geschärft worden (vgl. (???), (???)). Auch das konstruktionsgrammatische Postulat einer fließenden Grenze zwischen Syntax und Lexikon wird seit einigen Jahren, insbesondere mit Blick auf „schematische“ (oder „syntaktische“) Phraseme, verstärkt in Augenschein genommen10, vor allem auch unter dem Aspekt der Produktivität phraseologischer Patterns (vgl. (???), (???), (???), (???), (???)).

Die dritte Komponente, die die Phraseologie auch gegenwärtig beflügelt, sind didaktische Fragestellungen. Obwohl auch Phraseodidaktik keineswegs neu ist (vgl. (???)), ist sie nicht nur immer schon ein linguistisch-didaktischer Dauerbrenner gewesen (vgl. (???), (???)), sondern nach wie vor hochaktuell (vgl. (???), (???), (???), (???)).

Man kann also nicht sagen, dass das Thema Phraseologie im Jahre 2019 marginal oder veraltet wäre. Ein Grund mehr, als Romanist und Linguist auch forschungspraktisch aktiv zu werden.

Im Folgenden sollen also die Vorzüge eines phraseologischen Forschungsprojekts resümiert, dabei aber auch theoretische und methodologische Probleme nicht verschwiegen werden. Das Projekt, um das es geht, wird an der Universität Düsseldorf durchgeführt und wird seit Juli 2018 von der Deutschen Forschungsgemeinschaft gefördert.11. Der Anspruch ist keineswegs gering, nämlich eine webbasierte Plattform zu 600 italienischen verbalen Idiomen (vulgo Redewendungen) zu schaffen. Das Projekt GEPHRI (Gebrauchsbasierte Phraseologie des Italienischen) ist strikt korpusbasiert, d.h. alle Erkenntnisse zu Morphologie und Syntax, Semantik und Pragmatik werden aus umfangreichen Korpusanalysen und nicht aus Wörterbüchern erschlossen, auch wenn deren Bedeutungsparaphrasen und Äquivalente mit in die Datenbank aufgenommen werden12 (vgl. (???), (???)). Dies geschieht nicht nur, um der Lexikografie ihren Tribut zu zollen, sondern auch, um zu zeigen, welche wissenswerten oder „verstehensrelevanten“13 Aspekte die Definitions- und Äquivalenzwörterbücher nicht berücksichtigen.14

Das verstehensrelevante Wissen eines Phrasems unterscheidet sich wesensmäßig nicht von dem eines Lexems und umfasst neben Weltwissen und situationstypischem und situationsspezifischem (aktuell-perzeptivem) Wissen auch sprachliches Wissen im engeren Sinne („Verwendungs- und Strukturierungsregeln der Textelemente“ ((???))) ebenso wie Erfahrungswissen (z. B. über den Gesprächspartner, über interpersonelle Relationen oder über für die Äußerung relevante ideologische Kontexte) und sprachliches Wissen im weiteren Sinne, also „Wissen über gesellschaftliche Handlungs- und Interaktionsformen, die kommunikativ relevant sind“ (ib.), z. B. Sprechakttypen, Kommunikationsmaximen. Mit anderen Worten, wenn A zu B sagt „Da hast Du aber den Vogel abgeschossen“ wird – je nach Situation – der Wissensrahmen LOB oder KRITIK evoziert, der neben den erwartbaren Standardwerten (z. B. bei Lob die Präsupposition, dass die von B vollzogene Handlung oder das von B Gesagte bei A – und nicht nur bei ihm – Gefallen gefunden hat) auch die konkreten Füllwerte, die sich auf die konkrete Situation bzw. auf den konkreten Sachverhalt beziehen, enthält (vgl. (???), (???)).

Allein die Tatsache, dass dieses Phrasem positiv, aber auch, im ironischen Sinne, dezidiert negativ verwendet werden kann, ist Bestandteil des verstehensrelevanten sprachlichen Wissens, zu dem natürlich auch das Wissen über das Register (laut Duden 11 umgangssprachlich) und damit über das persönliche Verhältnis von A und B gehört.

Konstruktionsgrammatisch gesehen lässt sich dieses Wissen mit (???) mit folgender Graphik zusammenfassen:

Die symbolische Struktur einer Konstruktion mit ihren formalen und inhaltlichen Beschreibungsebenen (nach Croft 2001: 18)

Ziel von GEPHRI ist es, Phraseme, die auch als Konstruktionen im Sinne Goldbergs (2003,15 200616) gesehen werden können (vgl. (???)), ganzheitlich, d. h. auf allen Ebenen ihrer Form- und ihrer Inhaltsseite zu beschreiben. Damit wird

  • sprachliches Wissen als emergentes Produkt des Sprachgebrauchs verstanden, weshalb alle Analysen konsequent korpusbasiert sind,
  • die pragmatische Dimension von Phrasemen fokussiert (vgl. bereits (???)), und
  • Variation auf allen formalen und inhaltlichen Ebenen erfasst, wobei insbesondere auf die Beschreibung neu entstandener types und auf häufige oder saliente tokens geachtet wird.

Was genau in diesem Projekt geschieht, wird in Abschnitt 5 ausgeführt werden. Zunächst jedoch kurz zum aktuellen Stand der Phraseo- und Lexikografie.

6. Die ausgetretenen Pfade

Es mag ein bisschen deplatziert anmuten, wenn man mit Wörterbüchern, seien sie einsprachiger, zweisprachiger oder phraseologischer Natur, hinsichtlich ihrer lexikografischen Behandlung von Phrasemen allzu hart ins Gericht geht. Zumindest für Muttersprachler sei es doch nicht nötig, so wird häufig argumentiert, ein Idiom oder ein Sprichwort lang und breit zu erklären. Aber dieses Argument träfe auch für jedes x-beliebige Lexem zu, wie z. B. Walnuss, Ellbogen, Kurbel oder Sehnsucht. Und diese finden sich doch auch als semantisch differenziert beschriebene bzw. mit Äquivalenten versehene Lemmata (samt Einzelbedeutungen) in den Wörterbüchern wieder. Darüber hinaus werden für Muttersprachler konzipierte Wörterbücher auch von Fremdsprachenlernern verwendet, abgesehen davon, dass es inzwischen reihenweise (meist einsprachige) learner’s dictionaries für viele Sprachen – außer für das Italienische (vgl. (???)) – gibt. Auch der Faktor „Platz“ dürfte in digitalen Werken, insbesondere in neudigitalisierten (von Anfang digital konzipierten), keine Rolle mehr spielen. Dennoch wird gerade der phraseologische Teil in Mikrostrukturen einsprachiger oder in den Artikeln zweisprachiger Wörterbücher besonders stiefmütterlich behandelt. Sehen wir uns ein paar Beispiele an:

(1) sich an die eigene Nase fassen (ugs.): sich um die eigenen Fehler und Schwächen kümmern (Duden. Das große Wörterbuch der deutschen Sprache)

Was in dieser Bedeutungsparaphrase völlig untergeht, ist der geradezu typische deontische Gebrauch des Idioms mit sollen oder müssen: z. B. „Jeder solle sich an seine eigene Nase fassen“, „Wir müssen uns an unsere eigene Nase fassen“, oft auch mit dem Sprechakt des Vorwurfs oder der Kritik verbunden: „Also bitte mal an die eigene Nase fassen und überlegen, wer hier was kaputt gemacht hat“ ((???)). Ganz abgesehen von der häufigen unpersönlichen Infinitivkonstruktion und dem ebenso typischen Anschluss mit der Konjunktion und und dem Verb überlegen (bzw. Wortfeldnachbarn wie überdenken, nachdenken, hinterfragen).  Auch dass das Prädikat des Idioms häufig durch Adverbien wie zuerst, zuallererst, erst, erstmal modifiziert und das satzwertig verwendete Idiom durch einen temporalen Nebensatz, der bei genauer Betrachtung hohes illokutives Potenzial enthält, ergänzt wird, gehört zu den Bestandteilen des phraseologischen Wissens: „Man sollte sich erst an die eigene Nase fassen, bevor man andere Leute blöd anmacht“ ((???)).

Angesichts der Komplexität von Syntax, Semantik und Pragmatik dieses Idioms, die im Übrigen auch nicht im phraseologischen Wörterbuch Duden 11 erfasst wird – dort findet sich die gleiche Paraphrase wie im „großen Duden“ –, sollte wenigstens ein aussagekräftiger Beispielsatz angegeben werden. Dieser spiegelt in Duden 11 zwar grosso modo den semantischen Gehalt wider, aber die syntaktischen und pragmatischen constraints bleiben auf der Strecke: „Hier ist keiner im Saal, der sich in Sachen Umweltschutz nicht an die eigene Nase fassen müsste“.

Zweisprachige Wörterbücher tun sich verständlicherweise noch schwerer mit der Behandlung von Idiomen (vgl. (???)). Dazu ein paar Schlaglichter:

(2) umg Fass dich doch an die eigene Nase! Mêle-toi de tes affaires!; occupe-toi de ce qui te regarde (???)

(3) fass dich an die eigene Nase! tu ne t'es pas regardé(e)! (???)

(4) sie sollte sich an die eigene Nase fassen! fam fig ¿quién le ha dado vela en este entierro? (???)

(5) sich an seine eigene Nase fassen fam, pensare ai/[farsi i] fatti propri; fass dich doch an deine eigene Nase!, fatti gli affari tuoi!, pensa per te! (???)

Wie soll ein Fremdsprachenlerner diese Äquivalente auf der Basis dieser Informationen jemals in einer Kommunikationssituation anwenden können? Besonders verwirrend ist dann in einem Fall die „Gegenprobe“: Unter vela ist zu finden:

(6) ¿a ti quién te ha dado vela en este entierro? fam wer hat dich hierherbestellt? (???)

Es ließen sich noch Hunderte solcher Fälle zitieren. Die Resultate wären ähnlich, wobei fairerweise gesagt werden muss, dass das Äquivalenzwörterbuch von (???) noch am besten abschneidet, auch weil eine (digitale) Volltextsuche weitere Äquivalenzvorschläge unter mehreren Lemmata zu Tage fördert, man also eine größere Auswahl hat.

Es kann aber auch sein, dass Phraseme erst gar nicht aufgenommen werden, so scoprire l’acqua calda in (???) und (???). (???) verzeichnet:

(7) scoprire l’acqua calda (ciò che è scontato) das Rad neu erfinden

Natürlich bleibt damit offen, wie das Idiom sowohl im Italienischen wie auch im Deutschen syntaktisch und semantisch-pragmatisch verwendet werden soll und ob es Kongruenzen zwischen beiden Verwendungen gibt. So wird das Rad neu erfinden im Deutschen meist negiert oder mit negativem Skopus oder negativer Implikatur gebraucht: „Wir wollen an dieser Stelle also das Rad nicht neu erfinden“, „Warum sollte man das Rad neu erfinden?“, „Nicht jede Region muss das Rad neu erfinden“, „Wer jetzt denkt, Ingenieure hätten das Rad neu erfunden, der wird rasch eines besseren belehrt“ ((???)). Und selbst wenn die Aussage syntaktisch affirmativ ist, wie in „Manchmal müssen wir hier das Rad neu erfinden“ ((???)) oder „Hier hab ich ja das Rad neu erfunden das hätte man sicher auch einfacher haben können“ ((???)), so ist die Illokution doch meist Ironie. Wie überhaupt dem ganzen Phrasem eine kritische oder spöttische Konnotation eigen ist.

Phraseologische Wörter können aufgrund ihres spezialisierten Aufgabengebiets etwas näher ins Detail gehen:

(8) scoprire l’acqua calda (fam) Figurato: scoprire le cose più ovvie convinti di essere arrivati a grandi verità. Di solito scherzoso oppure spregiativo. (???)

(9) reinvent the wheel Wenn man über Personen sagt, they are reinventing the wheel, dann kritisiert man sie dafür, viel Zeit und Energie in Entwicklungsarbeit für etwas zu stecken, das es schon lange gibt. (???)

(10) das Rad [nicht] neu/von Neuem erfinden17 etw., was bereits perfekt, optimal ist, [nicht] noch einmal erarbeiten, durchgehen, zu verbessern suchen. (???)

Man erkennt die Bemühungen der Spezialwörterbücher, die pragmatische Dimension ins Spiel zu bringen, wobei die Bedeutung auch einfach nur sein kann ‚eine herausragende Leistung erzielen, sich außerordentlich anstrengen‘, wie in (11) deutlich wird.

(11) […] beim Münchner Literaturfestival wird jedes Jahr eine andere Antwort auf die Frage nach Aufgabe und Ausrichtung dieses Literaturfestes gegeben werden, eine jeweils eigenwillige, subjektive Antwort, denn es soll jedes Mal ein anderer Autor, eine andere Autorin das "forum:autoren" kuratieren. Jahr um Jahr wird künftig in München zwar nicht das Rad neu erfunden, aber doch ein merklich anderer Schwerpunkt gesetzt werden, […]. (???)

(12) NCSoft hat zwar nicht das Rad neu erfunden, aber es lässt sich auf jedenfall [sic!] feststellen das [sic!] sie es runder gemacht haben. (???)

Traditionelle Wörterbücher, um es noch einmal zu sagen, können die Bereitstellung von Daten, die das verstehensrelevante Wissen erschließen helfen, nicht einmal im Ansatz in der Weise leisten, wie dies von Anfang an digital konzipierte lexikographische Werke bewerkstelligen können – seien es Wörterbuchformate oder Datenbanken.

7. Wegweisende Landmarken phraseologischer Trajektorien

Nun ist es nicht so, dass es keine guten phraseologischen Werke vor der Korpuslinguistik gab. Diese waren entweder kulturgeschichtlich orientiert (z. B. (???), (???), (???)), onomasiologisch gegliedert (etwa (???), (???), (???)) oder extensiv zweisprachig angelegt (vgl. die Wörterbücher von Schemann). Allerdings würde man in keinem der genannten Werke kommunikativ anwendbare „Gebrauchsanweisungen“ für Phraseme finden. Hierzu bedarf es wesentlich detaillierterer Angaben, die auf gründlichen Korpusstudien beruhen müssen.

Wie die Methode einer „korpusbasierten Erarbeitung der Bedeutung“ aussehen könnte, hat (???) auf der Grundlage der DWDS-Korpora Die Zeit (1946–2006) und Der Tagesspiegel (1996–2005) sowie Cosmas 2 (heute (???)) zum Idiom die Hosen anhaben gezeigt.18 Wenn man so möchte, ist diese Methodologie ein Vorläufer von (???) – zweifelsohne eine Landmarke auf dem Weg zu einer Phraseologie, die Benutzer in die Lage versetzt, am muttersprachlichen Verkehrswert idiomatischer Verbindungen teilzuhaben.

Mit EPHRAS (vgl. (???)) sind dann auch erste digitale Gehversuche dokumentiert, hier zur Phraseologie des Deutschen, Slowenischen, Slowakischen und Ungarischen, die auch Korpusbelege enthalten.19 Einige Jahre zuvor wurde das auf den Daten des DWDS basierende Projekt „Kollokationen im Wörterbuch“20 ((???)) abgeschlossen, wobei unter Kollokationen hier (unüblicherweise) „Verb-Nomen-Verbindungen idiomatischen Charakters, wie es z. B. eins hinter die Löffel bekommen oder etwas auf die hohe Kante legen sind“, verstanden werden. Die Datenbank enthält etwas mehr als 800 solcher Verbindungen des Deutschen, wobei auch Äquivalente zum Englischen gegeben werden. Zu den Phrasemen werden DWDS-Belege gegeben. Der Schwerpunkt liegt auf der Zusammenstellung morphologischer, syntaktischer und semantischer Eigenschaften. Die Autoren des Projekts bezeichnen ihre Ergebnisse als „Grundlagenforschung“, ein Anspruch, der durchaus zutreffend ist.

8. Die neuen Wege

Mit einer etablierten Korpuslinguistik und dem neuen Boom der Phraseologie sind auch neue (kontrastiv-linguistische) Forschungsprojekte entstanden. Zum einen das Projekt FRASEPAL zum Deutschen und Spanischen (Fraseología contrastiva del alemán y el español) unter Beteiligung von Carmen Mellado Blanco (Santiago de Compostela) und Kathrin Steyer (IDS, Mannheim), welches bisher seinen Niederschlag im Wörterbuch Idiomatik Deutsch-Spanisch unter der Ägide von Hans Schemann (2013) gefunden hat, demnächst aber auch in Auszügen digital verfügbar sein soll. Zum anderen das interdisziplinäre Projekt PREPCON (Präposition-Nomen-Verbindungen im Kontext) zum Deutschen, Slowenischen und Spanischen, welches unter der Leitung von Kathrin Steyer, Carmen Mellado Blanco und Peter Ďurčo „lexikalisch geprägte Muster“ wie in Kürze, nach Belieben und vor Ort kontrastiv zu den beiden anderen Sprachen untersucht (vgl. (???)).

Mit GEPHRI geht dieser Weg weiter, dieses Mal zum Italienischen, aus kontrastiver Perspektive (Italienisch-Deutsch). (???) sollte mit ihrer Prognose also Recht behalten: „Es ist zu erwarten, dass sich auch spezielle phraseologische Datenbanken in Richtung offener Forschungs- und Lernerressourcen im Bereich Phraseologie weiterentwickeln werden“.

9. Das lexikografische und digitale Potenzial von GEPHRI

gephri.phil.hhu.de

Die Beschreibung der 600 verbalen Idiome (espressioni idiomatiche verbali), die nach korpusbasierten Frequenzanalysen und Geläufigkeitsuntersuchungen ermittelt wurden (Näheres s. (???), Anm. 12), erfolgt als Weiterentwicklung des als PhraseoFrame konzipierten lexikografischen Modells, das alle formalen und inhaltlichen Restriktionen und Besonderheiten eines Phrasems auf der Basis von Korpusanalysen erfassen soll, wie sie in Abb. 1 dargestellt sind.21

Wenn man so möchte, handelt es sich bei einem PhraseoFrame um eine lexikografische Struktur, die Phraseme im Sinne der frame-semantischen Strukturkonstituenten slots, fillers und default values beschreibt (vgl. (???), (???)). Mit den Leerstellen (slots) sind die relevanten Wissensaspekte, d.h. Beschreibungskategorien wie ‚Bedeutung‘, ‚grammatikalische‘ und ‚lexikalische Valenzen‘, ‚Charakteristika der internen und externen Syntax‘, ‚illokutive Funktion‘ gemeint. Die Standardwerte (default values) betreffen das zu erwartende Wissen, wie es sich vor allem aus Wörterbüchern extrahieren lässt, und die konkreten Füllwerte (fillers) entsprechen dem mittels Korpusanalysen gewonnenen Wissen. Die Darstellung dieser Strukturkonstituenten erfolgt in Form von ausformulierten Attribut-Werte-Zuordnungen (s. das Beispiel andare a monte in der GEPHRI-Datenbank).

Die Wissensaspekte, also die Beschreibungsparameter, entsprechen grosso modo den Ebenen Morphologie und Syntax (prosodische Aspekte spielen in der italienischen Phraseologie nur eine geringe Rolle), der Semantik, Pragmatik und Diskurssteuerung. Die Bereiche, in denen GEPHRI dezidiert neue Wege geht, sind die lexikalischen Valenzen, Kookkurrenzen und Kollokationen der „internen Syntax“ sowie Charakteristika der „externen Syntax“, darüber hinaus eine strikt korpusbasierte kontextsensitive Bedeutungsbeschreibung, eine subtile Differenzierung der illokutiven Funktionen sowie der Einbezug des situativen Rahmens, der registerspezifischen Besonderheiten und didaktischer Gebrauchshinweise. All diese Beschreibungskategorien gehen weit über das hinaus, was jemals von einer lexikografischen Phraseologie geleistet wurde und sind in ihrem auf Vollständigkeit bedachten Anspruch vor allem konstruktionsgrammatischen Ansätzen geschuldet. Dreh- und Angelpunkt ist dabei die ganzheitliche lexikografische Modellierung verbaler Idiome, exemplifiziert am Italienischen, mit einer zusätzlichen kontrastiven Perspektive. Die konstruktionsbasierte Ausrichtung des Projekts ist bereits in Abschnitt 1 erörtert worden.

Von besonderer Relevanz sind die Parameter interne und externe Syntax, nicht zu verwechseln mit den Termini interne und externe Valenz, auf die hier nicht näher eingegangen werden soll (vgl. (???), (???), (???)). Die in GEPHRI verwendeten Ausdrücke interne und externe Syntax bezeichnen hingegen lexikalisch-syntaktische Konstellationen, bei denen Kriterien der syntaktischen Beziehungen und des Skopus im Zentrum stehen.

Mit syntaktischen Beziehungen sind hier diejenigen Relationen gemeint, die zwischen den Aktanten eines Phrasems bestehen und diejenigen, die die Aktanten des Phrasems mit anderen Konstituenten eingehen können, seien diese rein grammatikalischer Natur (grammatikalische Valenzen) oder seien sie lexikalisch-syntaktisch geprägt (lexikalische Valenzen)22 (interne Syntax). Oder Beziehungen, die über das Phrasem hinausreichen (externe Syntax), also syntaktische Strukturen, in die ein Phrasem typischerweise oder häufig eingebettet ist oder die an das Phrasem angeschlossen werden:

(13) mandare a monte: QualcunoS manda a monte qualcosaDO (‚Jemand wirft etwas über den Haufen‘)

Das Subjekt qualcuno und das direkte Objekt qualcosa sind in der transitiven Verwendung dieses Idioms Bestandteile der internen Syntax.

Mit den syntaktischen Beziehungen in engem Zusammenhang steht das Kriterium des Skopus, welches den Modifikationsbereich des Phrasems betrifft. Ist dieser größer als das Phrasem selbst – dies ist etwa bei den meisten Temporal- und Lokaladverbien oder Modalverben, die typischerweise in Verbindung mit einem Phrasem auftreten, der Fall –, dann werden diese Elemente der externen Syntax zugerechnet. Ist der Skopus des Modifikators das Phrasem selbst bzw. eine Komponente des Phrasems, so ist dies eine Angelegenheit der internen Syntax: z. B. a) der Bevölkerung Sand in die Augen streuen, b) jmdm. {ordentlich, gehörig} die Leviten lesen oder c) das Haar in der Suppe {des anderen} suchen. Sowohl a) die lexikalische Füllung der Valenzstellen, hier des Subjekts, als auch b) typische und/oder häufige Kookkurrenzen oder c) Genitvattribute zu einem der Aktanten, werden als Bestandteile des Skopus der internen Syntax gesehen. Zur externen Syntax könnte etwa das Modalverb müssen in die Suppe auslöffeln müssen angeführt werden, da das Phrasem häufig Bestandteil der Struktur etwas tun müssen ist, oder rischiare di, welches syntaktisch klar außerhalb des Skopus von andare a monte ist und dieses Idiom häufig modifiziert:

(14) Del resto appare sempre più necessario il fatto che tra i serbo-bosniaci emerga una leadership più moderata, altrimenti tutto il processo di pace rischia di andare a monte (La Repubblica)

Oder gettare la spugna, welches oft in den Strukturrahmen von voler dire qualcosa oder significare qualcosa eingebettet ist:

(15) Ma farsi spaventare da questo fatto significherebbe gettare la spugna […] (CORIS)

Ein besonderes Augenmerk wird auf die Pragmatik der Phraseme gelegt, besonders auf ihr illokutives Potenzial, welches aus allen Sprecherperspektiven und unter Einbezug der häufigsten Kontexte ausführlich beschrieben wird (Phrasem andare/mandare a monte):

(16)

Illokutive Funktion

  • darstellen, dass etwas verhindert wurde und/oder gescheitert ist, vgl.:
    Il progetto era ormai pronto quando nel 1610 un fanatico cattolico, di nome François Ravaillac, invasato dalle teorie del legittimo tirannicidio, uccise Enrico IV, mandando a monte il disegno del re. (PAISÀ)
  • die Befürchtung äußern [und warnend darauf hinweisen], dass man dabei ist, etwas zunichtezumachen, das Mühe und Zeit gekostet hat, vgl.:
    [...] Se non si toglierà il divieto, rischiamo di mandare a monte l’intera produzione: 40 mila quintali per un valore di almeno 8 miliardi. (La Repubblica)
  • darüber klagen, dass etwas [aufgrund von Hindernissen oder Schwierigkeiten] nicht zustande gekommen ist, vgl.:
    stesso problema...a95000km. il [sic!] fatto e’ che credevo fosse solo un sensore e dato il kilometraggio ho chiesto di effettuare la sostituzione della cinta di distribuzione, poi la chiamata del meccanico con la notizia della centralina ventole danneggiata sensa [sic!] dirmi nemmeno la cifra....gli lasciero’ [sic!] circa mille euro e ferie andate a monte!!!!che bello!!!! [sic!] (itTenTen)

Die in GEPHRI verwendeten Korpora des Italienischen sind folgende (vgl. (???)): (???), (???), (???), (???) (in früheren Fassungen auch (???)). Die Korpusbelege werden entweder unmittelbar hinter dem Beschreibungsparameter zitiert (wie in 17) oder mit nummerierten Referenzen verlinkt (wie in 18). Auch hier soll auf das verbale Idiom andare/mandare a monte als Beispielfall zurückgegriffen werden:

(17)

Bedeutung

1 (in Bezug auf Pläne, politische Verhandlungen, Eheschließungen etc.) [bei der Durchführung] scheitern, misslingen oder von jdm. [aktiv] verhindert/vereitelt werden, vgl.:
Claude, anche lui innamorato di Esmeralda, decide di rapirla con l'aiuto di Quasimodo. I piani vanno a monte a causa dell'intervento del capitano Phoebus che salva Esmeralda. (PAISÀ)

Il colpo progettato su Camp David è stato mandato a monte dai passeggeri che reagirono ai pirati dell'aria. (itTenTen)

Si fidanzò due volte e per due volte sua madre, una donna fredda, dispotica, terribile, le mandò a monte il matrimonio. (itTenTen)

[…]

(18)

Situativer Rahmen

Bedeutung 1:

  • Politik: diplomatische (Friedens-)Verhandlungen (vgl. PAISÀ 6, La Repubblica 9, 10, CORIS 12)
  • Verhandlungen zwischen Unternehmen/Geschäftspartnern (vgl. La Repubblica 3, CORIS 4, itTenTen 18)
  • Heiratspläne (vgl. PAISÀ 12, La Repubblica 12, itTenTen 1, 11), Ehen/Liebesbeziehungen (vgl. PAISÀ 9, CORIS 1, itTenTen 25)
  • militärische Einsätze (vgl. PAISÀ 15)

[…]

Basis- und Detailmodus

Die Phrasembeschreibung ist auf der Ebene der Suchergebnisse benutzerseitig differenzierbar in einen Basis- und einen Detailmodus. Dies entspricht in etwa dem Unterschied zwischen einfachen und komplexen Informationsbedürfnissen. Zum Basiswissen gehören demnach die folgenden Wissensaspekte:23

  • Nennform des Phrasems
  • Formale Varianten
  • Grammatikalische Valenzen
  • Lexikalische Valenzen
  • Kollokatoren der internen Syntax
  • Bedeutung
  • Situativer Rahmen
  • Illokutive Funktion
  • Register
  • Gebrauchshinweise
  • Video [Ausschnitt aus einem audiovisuellen Dokument, in dem das Phrasem verwendet wird]
  • Äquivalente (laut zweisprachigen Wörterbüchern)

Zum Detailwissen gehören zusätzlich die folgenden Aspekte:

  • (Weitere) Variationsmöglichkeiten
  • Charakteristika der externen Syntax
  • Kookkurrente Elemente der internen Syntax
  • Satzform
  • Metasprachliche Variation
  • Wörtliche Lesart
  • Besonderheiten (vor allem morphologischer, syntaktischer oder diskursfunktionaler Natur)
  • Thesaurus Lexeme
  • Thesaurus Phraseme

10. Theoretische und methodologische Probleme

Es versteht sich von selbst, dass nicht alle linguistischen Aspekte, die bei Phrasemen eine Rolle spielen können, in einem solchen Projekt operationalisierbar gemacht werden können. Hierzu gehören etwa die semantischen Rollen, die beispielsweise in FrameNet (https://framenet.icsi.berkeley.edu/fndrupal/) die entscheidenden Wissensaspekte konstitutiver und nicht-konstitutiver Art (Frame-Elemente) darstellen, etwa beim annoyance-Frame die semantischen Rollen EXPERIENCER, EXPRESSOR, STATE, STIMULUS und TOPIC. Dieses Beschreibungsprinzip mag bei Lexemen funktionieren, bei Phrasemen ist es jedoch nicht zuletzt aufgrund der oft inhärenten Bildhaftigkeit und der kontextsensitiven Bedeutungen weitaus schwieriger, die semantischen Rollen zu identifizieren. So ist es praktisch unmöglich, diese für ein Idiom wie venire a galla (konkret ‚an die Oberfläche kommen, auftauchen‘, figurativ ‚an den Tag kommen‘, z. B. Wahrheit) anzusetzen, da hier weder ein AGENS, PATIENS, BENEFIZIÄR, EXPERIENS noch ein ADRESSAT oder ORT (bestenfalls ein ZIEL) in Frage kommt.

Ein weiteres theoretisches Problem stellt die Zuordnung der Phraseme zu semantischen Feldern dar. Die Begriffe einer Sprache zu hierarchisieren, ist ohnehin ein schwieriges bis spekulatives Unterfangen, sie dann noch auf die Phraseologie anzuwenden, um so mehr. Dennoch ist es (???) erstaunlich gut gelungen, die Idiome des Französischen diesbezüglich zu klassifizieren. GEPHRI übernimmt diese onomasiologische Klassifizierung mit ins Italienische übertragenen Begriffsbezeichnungen. Dass es dabei zu Überschneidungen semantischer Felder kommen kann, liegt in der Natur der Sache: So lässt sich sparare a zero (contro/su qualcuno/qualcosa) ‚jemanden/etwas heftigst kritisieren‘) je nach Sprecherperspektive und Kommunikationssituation durchaus mehreren semantischen Feldern, die konzeptionell letztlich stark den Frames ähneln, zuordnen: lite, disputa/disprezzo/antipatia, ostilità/insulto und rimprovero.

Schließlich scheint auch die diasystematische Verortung der Idiome ein kaum lösbares Problem zu sein. Für das Deutsche wird die große Mehrheit der verbalen Idiome in den Duden-Wörterbüchern pauschal als „umgangssprachlich“ apostrophiert, was mitunter seltsame Zuordnungen zur Folge hat, wie z. B. die diaphasische Gleichbehandlung von Idiomen wie seinen Kopf retten, den Kopf hinhalten müssen, sich an den Kopf greifen, etwas auf den Kopf stellen, jemandem über den Kopf wachsen, bis über den Kopf in Arbeit stecken, jemanden vor den Kopf stoßen, sich den Kopf zerbrechen – um allein im Artikel Kopf zu bleiben. All diese Phraseme tragen das Etikett umgangssprachlich, worunter eine „[z]wanglose Ausdrucksweise im sprachlichen Alltag, die man vor allem hört, bzw. dort liest, wo individuell Abweichungen von der Norm der Hochsprache üblich sind“ (Duden. Das Große Wörterbuch, Bd. 2: 14) verstanden wird. Diese Pauschalisierung hat natürlich in erster Linie damit zu tun, dass Wörterbücher im Allgemeinen nicht zwischen Mündlichkeit und Schriftlichkeit in Kombination mit typischerweise phonischer oder graphischer Realisierung unterscheiden. So mag es zutreffen, dass die meisten der zitierten Kopf-Idiome typischerweise in einem phonisch realisierten Nähediskurs auftreten (vgl. (???)).24 Das Problem, das Lexiko- und Phraseografie mit Markierungen haben, liegt zum einen in der Konzeption der Varietätendimension Diaphasik selbst25 (geht es um Stile oder um situationsspezifischen Sprachgebrauch?) und der Abgrenzung zur diamesischen Varietät (vgl. (???)), zum anderen um die Frage, was genau Standard sein soll (???) und ob ein diasystematisch (vermeintlich) unmarkiertes Phrasem als neutral oder Standard zu bezeichnen wäre.

11. Conclusio

Die Qualität phraseologischer Sammlungen und Wörterbücher ist direkt proportional zur Quantität an Räumlichkeit, die konzeptionell zur Verfügung steht. Dies trifft auch auf die ein- und zweisprachige Lexikografie und deren Beschreibung von Phrasemen an sich zu. Printversionen und Retrodigitalisierungen ziehen hier an einem Strang, der jedoch recht kurz ist und kaum Hebelwirkung haben kann. Ohne die Leistung all dieser Werke an sich schmälern zu wollen, dürfte klar sein, dass das Ziel, all die Wissensaspekte, die nötig sind, um eine Redewendung, ein Sprichwort oder eine Routine- oder Gesprächsformel sprachlich adäquat und kommunikativ effizient aktiv zu verwenden, zumal wenn es um eine Lernersprache geht, in den genannten Formaten darzustellen, schlichtweg nicht erreicht werden kann. Dies ist nur durch "Neudigitalisierungen" (s. oben) möglich, die nicht nur das räumliche Problem nicht kennen, sondern darüber hinaus jederzeit korrigier- und erweiterbar sind, mehrere Medien gleichzeitig mit inkorporieren, ihre Daten strukturell hierarchisch gliedern, differenzierten Recherchemöglichkeiten zugänglich machen und auf andere Texte referenzieren können – um nur einige Vorteile der digitalen Verarbeitung und Darstellung sprachlicher Daten zu nennen.

Wie mit Forschungsdaten umgegangen werden sollte und im Idealfall (in der Romanistik) bereits umgegangen wird, haben Krefeld und Lücke (???) dargestellt. Es versteht sich von selbst, dass die Gewährleistung von ‚Nachhaltigkeit‘ und ‚Nachnutzbarkeit‘ von Forschungsdaten auch für GEPHRI Ziel und Anspruch zugleich sein muss.

GEPHRI ist aber auch theoretisch fundiert und stützt sich auf Grundlagen, die in der Frame-Semantik, Konstruktionsgrammatik und kontrastiven Linguistik beheimatet sind. Der Sprachgebrauch ist dabei das Entscheidende. Keine Bedeutung, keine Illokution, Kookkurrenz und Valenz eines Phrasems soll unterschlagen werden, wenn sie von den Sprecherinnen und Sprechern einer Sprache, hier des Italienischen, in rekurrenter Weise verwendet werden.


*Ich danke Juliane Niedner vielmals für die wertvolle technische Unterstützung.

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  • Kühn 1992 = Kühn, Peter (1992): Phraseodidaktik. Entwicklungen, Probleme und Überlegungen für den Muttersprachenunterricht und den Unterricht DaF, in: Fremdsprachen lehren und lernen, vol. 21, 169-189.
  • LA REPUBBLICA = LA REPUBBLICA: “La Repubblica” Corpus, (20.05.2019) (Link).
  • Langenscheidt Online o.J. = Langenscheidt Online (o.J.): Langenscheidt Online Wörterbuch Deutsch-Italienisch , (06.05.2019) (Link).
  • LDOCE = LDOCE: Longman Dictionary of Contemporary English online, (06.05.2019) (Link).
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  • Meisnitzer 2016 = Meisnitzer, Benjamin (2016): Phraseologismen an der Schnittstelle von Linguistik und Fremdsprachendidaktik, in: Meisnitzer, Benjamin / Schlaak, Claudia (Hrsg.), Komplexität von Phraseologismen in den romanischen Sprachen. Theorie und Praxis in der Linguistik und der Fremdsprachendidaktik, 11-28 (Link).
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  • Mellado-Blanco 2010 = Mellado Blanco, Carmen u.a. (2010): La fraseografía del S. XXI. Nuevas propuestas para el español y el alemán, Frank&Timme.
  • Mollica/Schafroth 2018 = Mollica, Fabio / Schafroth, Elmar (2018): Der Ausdruck der Intensivierung in komparativen Phrasem-Konstruktionen im Deutschen und im Italienischen: eine konstruktionsgrammatische Untersuchung, in: Sprachliche Verfestigung, Steyer, Kathrin (ed.), Narr, 103—136.
  • Moon u.a. 1998 = Moon, Rosamund u.a. (1998): Fixed expressions and idioms in English: A corpus-based approach, Oxford University Press.
  • PAISÀ = PAISÀ: PAISÀ, (20.05.2019) (Link).
  • Pamies Bertrán 2012 = Pamies Bertrán, Antonio u.a. (Hrsg.) (2012): Phraseology and discourse: cross linguistic and corpus-based approaches, in: Phraseologie und Parömiologie, Baltmannsweiler, Schneider Verl. Hohengehren.
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  • Schafroth 2013 = Schafroth, Elmar (2013): Das pragmatische Potential von Phrasemen-illustriert am Deutschen und Italienischen, in: Cantarini, Sibilla (ed.): Wortschatz, Wortschätze im Vergleich und Wörterbücher: Methoden, Instrumente und neue Perspektiven, Peter Lang, 185-208.
  • Schafroth 2019 = Schafroth, Elmar (2019): FRAME: Fraseologia multilingue elettronica: i fondamenti teorici, in: Repères-DoRiF. Phraséodidactique: de la conscience à la competence 18, 191-202.
  • Schafroth/Imperiale 2019 = Schafroth, Elmar / Imperiale, Riccardo (2019): Gebrauchsbasierte Phraseologie des Italienischen: Digitale Lexikographie zwischen Frame-Semantik und Konstruktionsgrammatik, in: Lexikographica 35.
  • Schemann 2012 = Schemann, Hans (2012): Synonymwörterbuch der deutschen Redensarten, Walter de Gruyter GmbH & Co KG.
  • Schemann 2013 = Schemann, Hans (Hrsg.) (1. Aufl.2013): Idiomatik Deutsch-Spanisch, Hamburg, Buske.
  • Schemann u.a. 2011 = Schemann, Hans / Fenati, Beatrice / Rovere, Giovanni (2011): Idiomatik Deutsch-Italienisch, Buske.
  • Schemann/Dias 2012 = Schemann, Hans / Dias, Idalete (22012): Idiomatik Portugiesisch-Deutsch., Hamburg, Buske.
  • Schemann/Raymond 2011 = Schemann, Hans / Raymond, Alain (22011): Idiomatik Deutsch-Französisch, Hamburg, Buske.
  • Scholze-Stubenrecht 2013 = Scholze-Stubenrecht, Werner (2013): Duden: Redewendungen: Wörterbuch der deutschen Idiomatik, vol. 11, Dudenverlag.
  • Scholze-Stubenrecht/Alsleben = Scholze-Stubenrecht, Werner / Alsleben, Brigitte (Hrsgg.): Duden. Das große Wörterbuch der deutschen Sprache. Digitale Version der 10-bändigen Buchausgabe, Mannheim, (05.05.2019) (Link).
  • Schwarze 1995 = Schwarze, Christoph (1995): Grammatik der italienischen Sprache, Tübingen, Niemeyer.
  • Seco 2004 = Seco, Manuel (Hrsg.) (2004): Diccionario fraseológico documentado del español actual. Locuciones y modismos españoles, Madrid, Santillana.
  • Selig 2018 = Selig, Maria (2018): Kodes, mediale Dispositive und konzeptionelle Variation. Überlegungen zum Nähe-Distanz-Modell, in: Nicklaus, Martina / Wirtz, Nora / Costa Marcella / Ewert-Kling, Karin / Vogt, Wiebke (eds.): Lexeme, Phraseme, Konstruktionen. Aktuelle Beiträge zu Lexikologie und Phraseologie, Berlin [et al.], Lang, 253-266.
  • Steyer 2004 = Steyer, Kathrin (2004): Kookkurrenz. Korpusmethodik, linguistisches Modell, lexikografische Perspektiven, in: Steyer, Kathrin (ed.): Wortverbindungen ‒ mehr oder weniger fest, Berlin et al., de Gruyter, 87-116.
  • Steyer 2013 = Steyer, Kathrin (2013): Usuelle Wortverbindungen, in: Studien zur deutschen Sprache, Tübingen, Narr, Literaturverz. S. [355] - 375.
  • Steyer 2018 = Steyer, Kathrin (2018): Sprachliche Verfestigung: Wortverbindungen, Muster, Phrasem-Konstruktionen, vol. 79, Narr Francke Attempto Verlag.
  • Stubbs 2002 = Stubbs, Michael (2002): Two quantitative methods of studying phraseology in English, in: International Journal of Corpus Linguistics, vol. 7, 2, John Benjamins, 215-244.
  • Stumpf 2015 = Stumpf, Sören (2015): Formelhafte (Ir-) Regularitäten: Korpuslinguistische Befunde und sprachtheoretische Überlegungen, Peter Lang.
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  • Wulff 2013 = Wulff, Stefanie (2013): Words and idioms, in: The Oxford handbook of construction grammar, Oxford, 274-289.
  • Ziem 2008 = Ziem, Alexander (2008): Frames und sprachliches Wissen, in: Sprache und Wissen, Berlin [u.a.], de Gruyter.
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  • Ziem 2018b = Ziem, Alexander (2018): „Tag für Tag Arbeit über Arbeit: Konstruktionsgrammatische Zugänge zu Reduplikationsstrukturen im Deutschen “, in: Sprachliche Verfestigung. Wortverbindungen, Muster, Phrasem-Konstruktionen, Narr, 25—48.
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  • Ziem/Staffeldt 2011 = Ziem, Alexander / Staffeldt, Sven (2011): Compositional and embodied meanings of somatisms, in: Converging evidence: methodological and theoretical issues for linguistic research, John Benjamins, 195-219.
La città (occidentale, mediterranea) come addensamento di attività economiche e commerciale nasce sulla scia delle società agricole della mezzaluna fertile (Benevolo 1983) e proscrive la divisione del lavoro già esistente nelle società preurbane, ad es. tra donne e uomini, e fa nascere una stratificazione sociale più differenziata; cf. anche Haller 2005, 126, 130, 169. Gli sviluppi demografici e sociali di città antiche e centri moderni sono delineati ad es. in Benevolo 1983, 27, 143-145. La situazione e la storia architettura di Roma è ampiamente documentata in Benevolo 1983, 177-255, 1030-1033, passim.
L’opera Belliana permette una descrizione grammaticale del romanesco (Tellenbach 1909), mentre lavori lessicografici non cominciano ad apparire a partire dal 1933 (Chiappini). I più recenti dizionari (Ravaro 1994; D’Achille/Giovanardi 2016ss.) prendono in considerazione anche lessemi non letterari. Milano (Cherubini 1839) e Venezia (Boerio 1865) precedono, dunque, Roma di vari decenni.
Tullio De Mauro (2002, 66-68) delinea lo sviluppo del „urbanismo“ tra il 1861, anno della prima unificazione nazionale (senza Roma), e il 1961, in tempi di pieno sviluppo economico, con cifre o con cifre impressionanti. Il numero dei centri urbani con più di 20 mila abitanti cresce da 52 nel 1861 a 140 nel 1931, più di 200 nel 1951 e a 325 nel 1961, pari a 23,7 milioni di persone o al 46,7 % della popolazione nazionale.
Basandosi su studi empirici condotti da Stehl durante gli ani ’80, lo studioso descrive vari livelli di competenza dei parlanti ad es. a Canosa di Puglia (cf. Stehl 2012, 62, 83-104), secondo parametri Coseriani, come architettura o sistema, norma e ‘parole’. Messe a confronto con i livelli di descrizione linguistica, Stehl elabora dei “gradata” (Stehl 2012, 105, 126-131, passim).
Stefinlongo (1985) introduce il termine ‘continuum’, fino allora usato nella geolinguistica e nella creolistica, nelle discussioni intorno a una descrizione (sociolinguistica) di Roma. A rigor di termini, anche un continuum linguistico è costituito di tanti piccoli passi, gradi.
K. Jaberg e J. Jud (1928, 186-193) sono consapevoli della variazione sociale e dei contatti tra basiletti e varietà urbani e regionali, tra persone di diversa estrazione sociale.
P. Trifone (2008) delinea la storia linguistica della capitale partendo dalle prime iscrizioni, e dedica un bello capitolo alla situazione odierna (92-121), con la sua variazione e le varietà nuove (neoromanesco, linguaggio giovanile).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???) – jedoch bereits (???).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???)
Vgl. Langacker 2000, Stathi 2011, (???), Mellado Blanco/Mollica/Schafroth ed. (im Druck).
Das Projektpersonal besteht aus den folgenden Personen: Elmar Schafroth (Projektleiter), Riccardo Imperiale (Projektkoordinator), Tamara Blaich/N.N., Francesca Martulli (Autorinnen), Delia Guido, Anna Wolf (Mitarbeiterinnen), Thorsten Scherff (Informatiker), Susanne Kolb, Luisa Giacoma (externe Lexikografinnen), Sibilla Cantarini (externe Sprachberaterin). Zum DFG-Projekt bei GEPRIS: https://gepris.dfg.de/gepris/projekt/398306818.
Die Datenbank ist unter der URL http://gephri.phil.hhu.de erreichbar. Da das Projekt bis Ende 2021 andauert, ist die Seite ständig in Bearbeitung. Es werden also kontinuierlich neue Datensätze zu einzelnen Phrasemen hinzugefügt.
Ich verwende den Terminus verstehensrelevant im Sinne Busses.: „‚Verstehensrelevantes Wissen‘ ist der Arbeitsbegriff, mit dem ich noch vor jedem Unterscheidungsversuch in ‚sprachlich‘ und ‚außersprachlich‘ alle Faktoren zusammenfassend benenne, die in irgendeiner Weise notwendige oder wesentliche Voraussetzung für das Verstehen einer sprachlichen Äußerung sind, wobei der Terminus ‚Verstehen‘ sich auf die Größe ‚kommunikative Handlung‘ bezieht (die hier immer als situiert, und damit ko- und kontextgebunden aufgefaßt wird) […]“ ((???)). Der Ansatz Busses geht zurück auf Fillmores Semantics of Understanding, einem der Fundamente für dessen Frame-Theorie (vgl. (???)).
Ein weiteres Projekt, Fraseologia multilingue elettronica (FRAME), konzipiert und geleitet von Paola Cotta Ramusino, Fabio Mollica (beide Mailand) und mir, ist einem ähnlichen Ansatz verpflichtet. Es handelt sich dabei um die Erfassung von Phrasemen zu sieben Sprachen (Chinesisch, Deutsch, Englisch, Französisch, Italienisch, Russisch, Spanisch) auf der Basis des onomasiologischen Kriteriums der Zugehörigkeit zum selben semantisches Feld. Die Beschreibung der Phraseme selbst (Kollokationen, Idiome, Vergleichsphraseme, Phraseoschablonen, Formeln und Sprichwörter) erfolgt dann semasiologisch auf der Grundlage der Ergebnisse der Korpusanalysen. Aufgrund des Mehrsprachigkeitsfokus müssen bei diesem Projekt im Hinblick auf die Benutzerfreundlichkeit allerdings Abstriche bei der Exhaustivität der erhobenen Daten in Kauf genommen werden. Zum Projekt vgl. (???), (???).
„Any linguistic pattern is recognized as a construction as long as some aspect of its form or function is not strictly predictable form its component parts or from other constructions recognized to exist“ ((???)).
„Patterns are stored as constructions even if they are fully predictable as long as they occur with sufficient frequency“ ((???)).
Dass die Duden-Werke gerne kommentarlos den marginalen neben den dominanten Sprachgebrauch stellen, sieht man auch hier: das Rad (nicht) von Neuem erfinden ist im (???) genau einmal belegt, das Rad neu erfinden 1.217mal, das Rad nicht neu erfinden 1.104mal.
Korpusbasiert ist auch (???) zum Spanischen. Die Belege stammen dabei vornehmlich aus Belegsammlungen der Autoren.
„Ziel dieses Projekts ist die Erstellung eines lehrwerkunabhängigen Lernmaterials auf CD-ROM zum Bereich ‚Phraseologie‘ im Fremdsprachenunterricht für die Sprachen Deutsch, Slowenisch, Slowakisch und Ungarisch“ (www.ephras.org). Die Netzversion ist eine digitale Behelfsversion, die nicht mehr den heutigen webtechnologischen Qualitätsmaßstäben entspricht.
„Die Ergebnisse der im Projekt geleisteten Analyse der lexikalischen, semantischen, syntaktischen und distributiven Eigenschaften der Idiome sowie ihrer evt. strukturellen und/oder semantischen Veränderungen werden in sogenannten Templates in einer Datenbank erfasst. Pro Idiom gibt es acht dieser „Datenblätter“. Die zugrunde liegende Datenstruktur ist ursächlich für die Möglichkeiten der automatischen und manuellen Auswertung verantwortlich“ (http://www.bbaw.de/forschung/kollokationen/projektdarstellung).
Erstmals wurde dieses Modell in (???) vorgestellt, anhand des Phrasems jemandem ist eine Laus über die Leber gelaufen.
Der Terminus lexikalische Valenz lehnt sich an (???) an. Gemeint sie die Fälle, bei denen die vom Verb regierte Präposition nicht nur „ein Anzeiger der syntaktischen Struktur“ ist, wie bei ringraziare per (‚danken für‘), sondern wo sie „auch lexikalisch-semantische Information [enthält]“ (ib.: 119). Diese Valenzen sind „lexikalisch variabel“, weshalb Schwarze auch von lexikalisch variabler Rektion spricht, z. B. „guardare {in, dietro, sotto, verso} un oggetto“ (in, hinter, unter, in Richtung auf) einen Gegenstand blicken‘). In diesen Fällen „wird die Präposition durch das Verb und durch die thematische Rolle des betreffenden Arguments nicht vollständig festgelegt, sondern sie kann, je nach der Ausdrucksabsicht, innerhalb einer bestimmten Teilmenge der Präpositionen frei gewählt werden“ (ib.: 126).
Nicht alle Wissensaspekte sind für jedes Idiom relevant. In diesem Falle wird die Beschreibungskategorie auf der Benutzeroberfläche nicht angezeigt.
Zur Kritik am Nähe-/Distanz-Modell von Koch/Oesterreicher vgl. (???)).
Bzw. um die Konzeption der diasystematischen Markierungen an sich. (???) sehen ungeklärte Fragen, die „in methodischer Hinsicht, die Ermittlung und Spezifizierung von Markierungen [betreffen] und andererseits, in konzeptioneller Hinsicht, die Ableitung von Varietäten sowie den Status des ‚Standards‘“.
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La montagna in … tasca.

Für Freunde der italienischen Berg- und Sprachwelt: Ein Klick auf einen Berg (http://lamontagnaintasca.com/) enthüllt einen literarischen Text über denselben sowie eine Landkarte für virtuelle und tatsächliche Wanderungen...

La città (occidentale, mediterranea) come addensamento di attività economiche e commerciale nasce sulla scia delle società agricole della mezzaluna fertile (Benevolo 1983) e proscrive la divisione del lavoro già esistente nelle società preurbane, ad es. tra donne e uomini, e fa nascere una stratificazione sociale più differenziata; cf. anche Haller 2005, 126, 130, 169. Gli sviluppi demografici e sociali di città antiche e centri moderni sono delineati ad es. in Benevolo 1983, 27, 143-145. La situazione e la storia architettura di Roma è ampiamente documentata in Benevolo 1983, 177-255, 1030-1033, passim.
L’opera Belliana permette una descrizione grammaticale del romanesco (Tellenbach 1909), mentre lavori lessicografici non cominciano ad apparire a partire dal 1933 (Chiappini). I più recenti dizionari (Ravaro 1994; D’Achille/Giovanardi 2016ss.) prendono in considerazione anche lessemi non letterari. Milano (Cherubini 1839) e Venezia (Boerio 1865) precedono, dunque, Roma di vari decenni.
Tullio De Mauro (2002, 66-68) delinea lo sviluppo del „urbanismo“ tra il 1861, anno della prima unificazione nazionale (senza Roma), e il 1961, in tempi di pieno sviluppo economico, con cifre o con cifre impressionanti. Il numero dei centri urbani con più di 20 mila abitanti cresce da 52 nel 1861 a 140 nel 1931, più di 200 nel 1951 e a 325 nel 1961, pari a 23,7 milioni di persone o al 46,7 % della popolazione nazionale.
Basandosi su studi empirici condotti da Stehl durante gli ani ’80, lo studioso descrive vari livelli di competenza dei parlanti ad es. a Canosa di Puglia (cf. Stehl 2012, 62, 83-104), secondo parametri Coseriani, come architettura o sistema, norma e ‘parole’. Messe a confronto con i livelli di descrizione linguistica, Stehl elabora dei “gradata” (Stehl 2012, 105, 126-131, passim).
Stefinlongo (1985) introduce il termine ‘continuum’, fino allora usato nella geolinguistica e nella creolistica, nelle discussioni intorno a una descrizione (sociolinguistica) di Roma. A rigor di termini, anche un continuum linguistico è costituito di tanti piccoli passi, gradi.
K. Jaberg e J. Jud (1928, 186-193) sono consapevoli della variazione sociale e dei contatti tra basiletti e varietà urbani e regionali, tra persone di diversa estrazione sociale.
P. Trifone (2008) delinea la storia linguistica della capitale partendo dalle prime iscrizioni, e dedica un bello capitolo alla situazione odierna (92-121), con la sua variazione e le varietà nuove (neoromanesco, linguaggio giovanile).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???) – jedoch bereits (???).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???)
Vgl. Langacker 2000, Stathi 2011, (???), Mellado Blanco/Mollica/Schafroth ed. (im Druck).
Das Projektpersonal besteht aus den folgenden Personen: Elmar Schafroth (Projektleiter), Riccardo Imperiale (Projektkoordinator), Tamara Blaich/N.N., Francesca Martulli (Autorinnen), Delia Guido, Anna Wolf (Mitarbeiterinnen), Thorsten Scherff (Informatiker), Susanne Kolb, Luisa Giacoma (externe Lexikografinnen), Sibilla Cantarini (externe Sprachberaterin). Zum DFG-Projekt bei GEPRIS: https://gepris.dfg.de/gepris/projekt/398306818.
Die Datenbank ist unter der URL http://gephri.phil.hhu.de erreichbar. Da das Projekt bis Ende 2021 andauert, ist die Seite ständig in Bearbeitung. Es werden also kontinuierlich neue Datensätze zu einzelnen Phrasemen hinzugefügt.
Ich verwende den Terminus verstehensrelevant im Sinne Busses.: „‚Verstehensrelevantes Wissen‘ ist der Arbeitsbegriff, mit dem ich noch vor jedem Unterscheidungsversuch in ‚sprachlich‘ und ‚außersprachlich‘ alle Faktoren zusammenfassend benenne, die in irgendeiner Weise notwendige oder wesentliche Voraussetzung für das Verstehen einer sprachlichen Äußerung sind, wobei der Terminus ‚Verstehen‘ sich auf die Größe ‚kommunikative Handlung‘ bezieht (die hier immer als situiert, und damit ko- und kontextgebunden aufgefaßt wird) […]“ ((???)). Der Ansatz Busses geht zurück auf Fillmores Semantics of Understanding, einem der Fundamente für dessen Frame-Theorie (vgl. (???)).
Ein weiteres Projekt, Fraseologia multilingue elettronica (FRAME), konzipiert und geleitet von Paola Cotta Ramusino, Fabio Mollica (beide Mailand) und mir, ist einem ähnlichen Ansatz verpflichtet. Es handelt sich dabei um die Erfassung von Phrasemen zu sieben Sprachen (Chinesisch, Deutsch, Englisch, Französisch, Italienisch, Russisch, Spanisch) auf der Basis des onomasiologischen Kriteriums der Zugehörigkeit zum selben semantisches Feld. Die Beschreibung der Phraseme selbst (Kollokationen, Idiome, Vergleichsphraseme, Phraseoschablonen, Formeln und Sprichwörter) erfolgt dann semasiologisch auf der Grundlage der Ergebnisse der Korpusanalysen. Aufgrund des Mehrsprachigkeitsfokus müssen bei diesem Projekt im Hinblick auf die Benutzerfreundlichkeit allerdings Abstriche bei der Exhaustivität der erhobenen Daten in Kauf genommen werden. Zum Projekt vgl. (???), (???).
„Any linguistic pattern is recognized as a construction as long as some aspect of its form or function is not strictly predictable form its component parts or from other constructions recognized to exist“ ((???)).
„Patterns are stored as constructions even if they are fully predictable as long as they occur with sufficient frequency“ ((???)).
Dass die Duden-Werke gerne kommentarlos den marginalen neben den dominanten Sprachgebrauch stellen, sieht man auch hier: das Rad (nicht) von Neuem erfinden ist im (???) genau einmal belegt, das Rad neu erfinden 1.217mal, das Rad nicht neu erfinden 1.104mal.
Korpusbasiert ist auch (???) zum Spanischen. Die Belege stammen dabei vornehmlich aus Belegsammlungen der Autoren.
„Ziel dieses Projekts ist die Erstellung eines lehrwerkunabhängigen Lernmaterials auf CD-ROM zum Bereich ‚Phraseologie‘ im Fremdsprachenunterricht für die Sprachen Deutsch, Slowenisch, Slowakisch und Ungarisch“ (www.ephras.org). Die Netzversion ist eine digitale Behelfsversion, die nicht mehr den heutigen webtechnologischen Qualitätsmaßstäben entspricht.
„Die Ergebnisse der im Projekt geleisteten Analyse der lexikalischen, semantischen, syntaktischen und distributiven Eigenschaften der Idiome sowie ihrer evt. strukturellen und/oder semantischen Veränderungen werden in sogenannten Templates in einer Datenbank erfasst. Pro Idiom gibt es acht dieser „Datenblätter“. Die zugrunde liegende Datenstruktur ist ursächlich für die Möglichkeiten der automatischen und manuellen Auswertung verantwortlich“ (http://www.bbaw.de/forschung/kollokationen/projektdarstellung).
Erstmals wurde dieses Modell in (???) vorgestellt, anhand des Phrasems jemandem ist eine Laus über die Leber gelaufen.
Der Terminus lexikalische Valenz lehnt sich an (???) an. Gemeint sie die Fälle, bei denen die vom Verb regierte Präposition nicht nur „ein Anzeiger der syntaktischen Struktur“ ist, wie bei ringraziare per (‚danken für‘), sondern wo sie „auch lexikalisch-semantische Information [enthält]“ (ib.: 119). Diese Valenzen sind „lexikalisch variabel“, weshalb Schwarze auch von lexikalisch variabler Rektion spricht, z. B. „guardare {in, dietro, sotto, verso} un oggetto“ (in, hinter, unter, in Richtung auf) einen Gegenstand blicken‘). In diesen Fällen „wird die Präposition durch das Verb und durch die thematische Rolle des betreffenden Arguments nicht vollständig festgelegt, sondern sie kann, je nach der Ausdrucksabsicht, innerhalb einer bestimmten Teilmenge der Präpositionen frei gewählt werden“ (ib.: 126).
Nicht alle Wissensaspekte sind für jedes Idiom relevant. In diesem Falle wird die Beschreibungskategorie auf der Benutzeroberfläche nicht angezeigt.
Zur Kritik am Nähe-/Distanz-Modell von Koch/Oesterreicher vgl. (???)).
Bzw. um die Konzeption der diasystematischen Markierungen an sich. (???) sehen ungeklärte Fragen, die „in methodischer Hinsicht, die Ermittlung und Spezifizierung von Markierungen [betreffen] und andererseits, in konzeptioneller Hinsicht, die Ableitung von Varietäten sowie den Status des ‚Standards‘“.
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Fra rettili e anfibi: la salamandra nell’Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale (ALEPO)

Ben conoscendo la passione del Festeggiato per la salamandra, abbiamo ritenuto che potesse risultargli non del tutto sgradita una lettura della voce che l'Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale le ha dedicato ((???).I.44). Ci rendiamo conto che il nostro contributo non aggiungerà nulla – o, nella migliore delle ipotesi, pochissimo – a quanto già si conosce sulle denominazioni e sulle abitudini della salamandra (e sulle credenze nate intorno a essa), specialmente dopo lo studio attentissimo svolto da Annalisa (???); l'area investigata dall'ALEPO costituisce infatti una porzione assai ridotta del dominio coperto dalla carta Salamandre dell'Atlas Linguistique Roman (???), di cui il lavoro di Nesi fornisce un minuzioso commento26, ed è molto verosimile che la prima sia semplicemente contenuta nel secondo, senza l'apporto di novità di rilievo. Troviamo tuttavia una giustificazione alla nostra analisi in due ordini di considerazioni. Da un lato, crediamo che il compito del geolinguista non debba essere soltanto quello di disporre dati sulla carta (e di farsi editore, fra mille difficoltà, di un atlante), ma anche e soprattutto quello di fornire una lettura delle carte prodotte: è qui che sta il succo della geografia linguistica, e forse non si pratica la geolinguistica in senso proprio – Gilliéron docet – se non nel corpo a corpo tra lo studioso e le parole dialettali che affollano la mappa. Dall'altro lato, ci pare interessante mettere alla prova l'effettiva utilità di un atlante di seconda generazione, verificando cioè se la maglia più stretta della rete dei punti di un'impresa subregionale come l'ALEPO aggiunga davvero qualche cosa alla bigger picture fornita da un'opera sovranazionale come l'ALiR27.

Nell'illusione dunque di sentirci dei geolinguisti di scuola squisitamente gilliéroniana (considerazione 1.) nonché degli sperimentatori (considerazione 2.), procediamo alla presentazione dei materiali della voce salamandra pezzata dell'ALEPO; voce – anticipiamo – molto ricca di risposte e informazioni di corredo, avendo avuto riscontri in 41 delle 42 località investigate (manca la risposta di Sestriere, dove l'informatore dichiara che la specie non è presente).

12. Denominazioni

I materiali dell'ALEPO restituiscono otto tipi lessicali28 (§ 1.1.), che raggrupperemo intorno a un nugolo di motivazioni (§ 1.2.). L'identificazione di un tipo lessicale poggia essenzialmente su criteri etimologici: vengono cioè radunati sotto un unico esponente forme che si ritiene abbiano la medesima origine. All'interno di un tipo lessicale è talvolta necessario individuare uno o più sottotipi: essi sono accomunati dallo stesso etimo, ma rivelano, reciprocamente e rispetto al tipo principale, una certa distanza formale. 

12.1. Tipi lessicali

Il tipo maggioritario è costituito da 1) piovana29, il quale affiora, pur con numerose varianti, in diciotto risposte. Le denominazioni che formalmente più si avvicinano al tipo indicato sono distribuite fra l'area galloitalica piemontese (Campiglia Cervo, Moncalieri, Valdellatorre) e l'area galloromanza francoprovenzale (Ingria, Ribordone, Chialamberto, Balme, Lemie, Giaglione, Mattie, Chianocco, Susa, Condove, Coazze)30. A Carema piovana è modificante di rana. La denominazione ha evidentemente a che fare con la credenza che la salamandra funga da 'indicatore meteorologico' e porti la pioggia ((???); Carema, Chiomonte, Piasco) o che essa si rende visibile soltanto quando piove (Chialamberto); quest'ultima convinzione si riallaccia peraltro a quanto riporta Plinio ((???)) sulla specie: "numquam nisi magnis imbribus proveniens et serenitate desinens".

L'etimologia rimanda a forme derivate di PLUVIA; è ragionevole pensare, seguendo (???), a una forma sostantivata PLUVIANA, a cui solo successivamente è associato un nome chiarificatore (come rana, nei nostri materiali, o lucertola in (???) ITA 401).

I sottotipi 1a) bibiana (Traversella, Rocca Canavese) e 1b) parianna (Novalesa) sono da considerarsi varianti del tipo 1). Mentre la modificazione formale che risulta dal confronto tra piovana e 1b) risulta di ardua decifrazione, 1a) manifesta un chiaro legame con l'agionimo Bibiana, associato a un noto proverbio meteorologico: "Se piove per Santa Bibiana [2 dicembre], piove per quaranta dì e una settimana" ((???)).

Il secondo tipo per numero di occorrenze (nove risposte) è 2) labrena, che rivela una diffusione prevalente in area galloromanza occitana (Bardonecchia, Sampeyre, Canosio, Cartignano, Monterosso Grana, Entracque); di esso non mancano tuttavia emersioni in territorio galloitalico piemontese, nelle località di Boves, Frabosa Soprana e Pamparato31. Stando a (???), labrena sarebbe un'alterazione del grecismo latino SALAMANDRA > *(sa)labranda, con la seconda parte raccostata al germanico brun, a causa del colore scuro della pelle della specie. Il sottotipo 2a) elebörgnu, da interpretarsi come rilettura paretimologica di labrena, rende isolabile l'elemento börgnu 'cieco' (cfr. it. sett. bornio, piem. borgnu, occ. borni, fr. borgne32), con riferimento alla presunta cecità della salamandra; il termine prov. blando, citato in (???), s.v., è del resto avvicinato da (???) alla base germanica blind 'cieco'.

Prudenzialmente considereremo galaverna quale tipo a sé stante (3)), anche se, come avremo modo di osservare, ci sono buone ragioni per stabilire un rapporto di dipendenza di 3) da 2) labrena. Galaverna gode di qualche riscontro in area galloromanza occitana (Pramollo, Perrero, Villar Pellice) e galloitalica piemontese (Piasco, Bibiana); un'unica occorrenza nei materiali dell'(???), ascrivibile all'area occitanofona piemontese (IT 403). Il termine,  il cui etimo rimane incerto e discusso (cfr. (???), s.v.), indica comunemente la brina, fenomeno atmosferico che, nocivo in particolare per le piante, "si manifesta con chiazze ghiacciate che possono anche ricordare il manto dell'animale" ((???)). Si tratta, in ogni caso, di una denominazione "meteorologica" poco conciliabile con quella veicolata dal tipo piovana, la brina manifestandosi con temperature rigide e cielo sereno; non è da escludere che, più della motivazione meteorologica, conti in questo caso l'insieme di credenze secondo cui la salamandra sarebbe a tal punto fredda da sopravvivere al fuoco ed estinguerne la fiamma. Si vedano, a questo proposito, la caratterizzazione che già ne offre Plinio ((???)), "huic tantus rigor, ut ignem tactu restinguat non alio modo quam glacies", e le testimonianze raccolte in (???)). È del tutto plausibile una connessione formale con il tipo labrena, sul quale si può ipotizzare l'intervento di una paretimologia indotta dalla relazione, popolarmente diffusa, tra la specie e la meteorologia: da labrena alla forma metatetica laberna all'esito finale galaberna / galaverna

Allo stesso filone proponiamo di ricondurre il tipo 4) bërnà elicitato a Chiusa Pesio, località ascrivibile linguisticamente al dominio galloitalico piemontese. La forma, che è da confrontarsi con la risposta bërna raccolta dall'(???) a Vernante (P. 87; quesito 4716), manifesta una progressione dell'accento certamente anomala per l'area, avendo tale fenomeno una diffusione soltanto francoprovenzale e canavesana; la sua ossitonia andrà perciò giustificata con altri mezzi, e anche in questo caso potrebbe aver giocato un ruolo la meteorologia33, mediata dalle credenze già menzionate in relazione al tipo 3) galaverna. Ipotizziamo infatti che, a partire da una base labrena, attestata dall'ALEPO nei punti limitrofi di Boves e Pamparato, si siano prodotti la discrezione dell'articolo (la brena), una metatesi (la berna) e l'avvicinamento successivo al participio passato brinà 'brinato'. Da notare, qualora si reputi accettabile il quadro appena delineato, la perfetta coincidenza semantica fra i tipi 3) e 4) e la derivazione di entrambi da un tema comune (labrena); a rigore, i tipi 3) e 4) andrebbero rimodulati alla stregua di 2b) e 2c), in quanto altre realizzazioni del tipo 2).  

Il tipo 5) cansenestr ha diffusione limitata alle due località appartenenti al dominio galloitalico ligure, ovvero Tenda e Briga Alta34. La prima parte della denominazione rivela un accostamento a "realtà zoologiche familiari, dunque ad animali domestici" ((???)), che si riscontra nelle varie forme che coinvolgono continuatori delle basi CANE, nel Piemonte orientale ((???) ITA 29: can d'aqua 'cane d'acqua'), o CATELLU, in area còrsa centro-meridionale (cfr. (???)), compresa la colonia ligure di Bonifacio ((???) FRA 508); tale accostamento non è ovviamente da ricercarsi in elementi di somiglianza fisica, bensì, come osserva di nuovo (???), "nel bisogno di ricondurre l'ignoto, dunque l'incerto, fonte di disagio, al noto, rassicurante e demistificante del negativo".  È molto probabile che la seconda parte (senestr), pur manifestando come punto d'avvio la base SILVESTRE (che affiora nelle denominazioni liguri e basso-piemontesi silvestru e zlestr: cfr. (???); (???) ITA 44, 45, 51), abbia poi deviato verso la paretimologia, producendo un curioso ossimoro: un animale domestico che è, tuttavia, sinistro ((???), v. senestru). Ci conforta in questa lettura (???), che vede nel termine senèsc’tru 'salamandra'35 (parco di Marcarolo, estremità meridionale della provincia di Alessandria, al confine con la Liguria), una "ricercata collusione col versante ‘sinistro’ [o con ciò che è sinistro?]", ma pure, come già nell'etimo di partenza SILVESTRE, una "qualifica avvolta […] in aloni di ‘selvaticità’, e di ‘alterità’, strapiombanti verso il disumano e il demoniaco" (integrazione tra parentesi quadre nostra). Disumano e demoniaco riaffiorano nel legame tra la salamandra e il fuoco a cui accennavamo poc’anzi (cfr. (???)); e il diavolo può assumere le sembianze di numerose bestie, fra cui proprio quella della salamandra ((???)).

Una sola attestazione interessa il tipo 6) püpocrave (lett. 'succhiacapre'), relativa alla località occitanofona di Oncino; essa rimanda alla credenza che la salamandra succhi il latte di vacche e capre dormienti, "comportamento ampiamente condiviso con i serpenti" ((???)). Tale convinzione traspare in denominazioni elicitate in varie zone della Romània: dalla Francia settentrionale ((???) FR 96) alla Cantabria ((???) ESP 11), dall'Auvergne alla Svizzera romanda ((???)); in Liguria la salamandra è anche detta tettacrava ((???)). Il comportamento di succhiare nottetempo il latte al bestiame è poi attribuito a animali fra loro molto diversi come, ricorda (???), il caprimulgo o succiacapre (zoonimi di valore evidentemente antonomastico), l'allocco, la farfalla, il pipistrello, il grillotalpa, il ramarro. Tant'è vero che “si pensa che i folletti siano usi commettere queste ruberie in sembianze zoomorfe” ((???)).

I tipi 7) lazerd e 8) ajajol manifestano un'attestazione ciascuno in area occitana (ad Argentera e rispettivamente a Limone Piemonte); essi saranno da considerarsi genericismi – nomi attribuiti collettivamente ai rettili o a specie, come la salamandra, assimilate dai laici alle lucertole ((???); cfr. § 3.) – o frutto di confusione con specie della famiglia Lacertidae. Mentre lazerd è senza dubbio un continuatore di LACERTA, per ajöl (di cui ajajol è variante) il (???) (v. lajeul) suggerisce una base *LACERTULU, giudicando inaccettabile l'ipotesi di una derivazione dall'espressione ILLUM (ORBUM) AB OCULIS. Dai dati dell'(???) si ricava che lazerd, al maschile o al femminile, è usato per indicare la salamandra in Italia (tanto al nord quando al sud), in Francia (in area sia oitanica sia occitanica) e in Svizzera (Ticino) (cfr. (???)7), talvolta con l'aggiunta dello specificatore "dellacqua" ((???) FRA 142, 145, 268) o "del fuoco" ((???) FRA 144). Ajöl e la variante, con concrezione dell'articolo, lajöl sono appellativi fra i più diffusi in Piemonte per il ramarro (Lacerta viridis; cfr. (???).I.325), e non sembrano essere normalmente impiegati in riferimento alla salamandra; occorre però osservare che denominazioni comuni per il ramarro e la salamandra si registrano nella vicina Liguria, con forme continuatrici di SILVESTRE / SILVESTRU (cfr. (???), v. sevèstru).

12.2. Motivazioni

Le motivazioni alla base dei nomi della salamandra sono abbastanza facilmente ricavabili, benché alcuni tipi vadano soggetti a più di un'interpretazione; del resto, se è vero che "nella ricerca etimologica si può raggiungere l'etimo, senza raggiungere la motivazione" ((???)), è altrettanto vero che l'etimo profondo e l'etimo superficiale (o sincronico) di molti dei tipi individuati in § 1.1. portano a letture motivazionali molto differenti. Se considerassimo l'etimo profondo, cioè l'origine di una certa parola al netto di azioni paretimologiche successive, avremmo una motivazione legata:

  • alla meteorologia per il tipo 1) piovana e per i sottotipi 1a) bibiana e 1b) parianna;
  • all'habitat, ovvero alla predilezione nei confronti di luoghi freschi e umidi, per il tipo 5) cansenestr (senestr < SILVESTRE);
  • all'abitudine di consumare il latte degli armenti per il tipo 6) püpocrave.

Risulterebbero esclusi da questo ragionamento 2) labrena e 2a) elebörgnu, così come 3) galaverna e 4) bërnà: abbiano infatti ragione di credere che siano tutti quanti riconducibili a SALAMANDRA, termine di origine incerta dietro il quale non è possibile scorgere una motivazione. Un'etichetta, insomma, non trasparente, al pari di cane o gatto: l'etimo è chiaro, la motivazione oscura.

Poiché le denominazioni della salamandra sono spesso colpite dall'etimologia popolare, occorrerà tenere conto anche, e forse soprattutto, dell’etimologia sincronica dei vari lessotipi: cansenestr, in quest'ottica, diventerà un 'cane sinistro', perdendo qualsiasi legame con la base SILVESTRE. La ricerca della motivazione dietro alla facies attuale dei lessotipi condurrà dunque:

  • alla meteorologia per i tipi 1) piovana - con 1a) bibiana e 1b) parianna -, 3) galaverna e 4) bërnà;
  • alla favoleggiata resistenza al fuoco per i tipi 3) galaverna e 4) bërnà;
  • al colore della pelle dell'animale per il tipo 2) labrena;
  • alla presunta cecità della salamandra per il sottotipo 2a) elebörgnu;
  • ai sentimenti ondivaghi suscitati dalla specie, di contemporaneo avvicinamento (can) e allontanamento (senestr);
  • all'abitudine di consumare il latte degli armenti per il tipo 6) püpocrave.

L'inventario delle motivazioni manifesta, in questa seconda serie, qualche elemento di novità. A galaverna e bërnà, prima soltanto dei continuatori dell'etimo profondo SALAMANDRA, possono essere ora attribuite due motivazioni diverse, a seconda che si voglia porre l'accento sulla meteorologia o sul corredo di leggende che accompagnano la salamandra. Lo stesso discorso vale per labrena e a elebörgnu, che ricevono in questo frangente un'interpretazione motivazionale, ravvisabile nel colore della pelle e rispettivamente nella presunta cecità dell'animale. Scompare inoltre il riferimento all'habitat, essendo sostituito dalle reazioni emotive polarizzate indotte dalla salamandra: cansenestr torna dunque a essere un 'cane sinistro'.

13. Credenze

Tipicamente attribuito alla salamandra è il ruolo, già menzionato, di indicatore meteorologico.

Vi sono poi credenze che la salamandra condivide con altre specie. Una di queste consiste nel richiamo alla cecità, "tratto considerato tipico dell'orbettino" ((???)), che si riflette anche nei riscontri paremiologici citati da (???) (cfr. anche (???)), nei quali si ripete uno schema che prevede un'ipotesi dell'irrealtà nella prima parte ("se x vedesse / avesse entrambi gli occhi [e y sentisse, z camminasse, ecc.]") e una conseguenza negativa, di vario tenore, nella seconda ("distruggerebbe / distruggerebbero una foresta"; "disarcionerebbe / disarcionerebbero un cavaliere", ecc.). (???).I.44 raccoglie a Susa, per esempio, il proverbio [si la pyˈrjɑna u jit laˈvista i maseˈrit .. i tapeˈrit a baɕ in ɔm da kaˈvɑl] 'se la salamandra avesse la vista ammazzerebbe .. butterebbe per terra un uomo da cavallo'; (???) riporta una paremia del tutto confrontabile elicitata a Postua (VC): se la barcala36 l es la vista d sua surèla vipra, la tirrìia giü l òm da sü la sela 'se la salamandra avesse la vista di sua sorella vipera, tirerebbe giù un uomo dalla sella'. La stessa azione è compiuta dall'orbettino, dalla serpe e dalla salamandra nel proverbio che (???).I.320 attesta a Bardonecchia: [si əl nœˈgœ i l viˈiə / si la ˈseʀp puˈiə camminare / si lə laˈbʀœnːə fosse velenosa i detʀui̯ˈʀia iɱ fuˈʀɛ] 'se l'orbettino vedesse / se la serpe potesse camminare / se la salamandra fosse velenosa, distruggerebbe una foresta'; gli va eco una paremia di Sauze d'Oulx, che coinvolge però soltanto orbettino e salamandra:  Si l'ânigò viesse é lâ lebrenne puéřìa i fâřien désende ûn chevâglìa 'Se l'orbettino vedesse e la salamandra potesse disarcionerebbero un cavaliere' (http://www.chambradoc.it/valadosusitanos-1981/proverbiEModiDiDireDiSauzeDoulx.page), con l'aggiunta della glossa 'volere e non potere'. Dati confrontabili si trovano associati alla voce 1002 dell'(???) (Salamandre), che reca ben otto proverbi in cui, se la salamandra (talvolta da sola, altre volte accompagnata dalla lucertola o dalla vipera) vedesse o sentisse, un uomo potrebbe cadere da cavallo, oppure nulla le resisterebbe.

Un'altra credenza esplicitata da diversi informatori riguarda l'abitudine della salamandra di urinare negli occhi dell'uomo (Perrero, Pramollo, Villar Pellice), con l'effetto, secondo alcuni, di renderlo cieco (Giaglione, Mattie, Novalesa): non è più dunque la salamandra a essere cieca, ma è la salamandra a accecare chi venga in contatto con la sua urina. Ci troviamo di fronte, per un verso, alla rielaborazione di una caratteristica che la salamandra davvero possiede, ovvero quella di secernere dalle ghiandole cutanee una sostanza irritante, in particolare per la vista; per l'altro verso, a una nuova ampia area di sovrapposizione fra specie, trattandosi di un comportamento spesso menzionato in riferimento al rospo (da nord a sud, in (???).I.43: Rocca Canavese, Balme, Val della Torre, Chianocco, Susa, Bibiana, Oncino, Cartignano, Aisone, Chiusa Pesio), l'urina (o lo sputo o il soffio) del quale indurrebbe chi ne è colpito alla cecità (Campiglia Cervo, Mattie, Bardonecchia, Moncalieri, Sestriere, Pramollo, Sampeyre, Limone Piemonte) o addirittura alla morte (Giaglione)37.

Sempre legate al carattere nocivo della specie sono le informazioni raccolte da (???).I.44 a Oncino e Monterosso Grana, con riferimento alla credenza per cui siano necessarie per guarire dal morso della salamandra tante medicine quante sono le chiazze sulla sua pelle (cfr. anche (???)); la velenosità dell'anfibio è anche menzionata a Chiusa Pesio, dove si dice che la pelle della salamandra "fa bruciare le mani".

Non mancano riscontri contraddittori. Da un lato, a Moncalieri e a Traversella si afferma che la salamandra è velenosa e predilige l'acqua sporca e, rispettivamente, che dalla sua macerazione si ricavava un brodo per avvelenare i topi. Dall'altro lato, a Rocca Canavese, riportata la consueta credenza sulla velenosità della specie, la si mette in dubbio osservando come la salamandra si trovi in genere nelle fontane in cui l'acqua è migliore: [e ˈdizeŋ ke ənˈte k a j e la biˈbjana an tla funˈtɑna l ˈɛwa a l e ˈsɑna] 'dicono che dove c'è la salamandra nella fontana l'acqua è sana'. A Ribordone, addirittura, viene attribuita all'urodelo la capacità di purificare le fontane ([aˈpyrgɛt al funˈtane]).

14. Tassonomie

I materiali dell’ALEPO confermano il carattere ancipite della salamandra, "sospesa fra rettili e anfibi" ((???)), ma in modo diverso da quanto forse ci saremmo attesi.

Com'è noto, in base alla sistematica, la specie è ascrivibile alla famiglia delle Salamandridae, ordine Urodela, classe Amphibia. Non è questa la sede per toccare il tema del rapporto fra tassonomia scientifica e tassonomia popolare, assai spinoso e al centro ormai da anni di numerosi studi monografici38; un fatto che senza dubbio colpisce, nei materiali dell'ALEPO, è la specificità delle denominazioni raccolte, nel senso che, quasi per intero, esse si riferiscono in modo non ambiguo soltanto alla salamandra. Come già ricordavamo, (???) afferma che "nella tassonomia popolare il posto" assegnato al nostro urodelo "è tra le lucertole", adducendo le numerose denominazioni, rilevabili in area romanza, che manifestano una connessione con le basi LACERTA e LACERTU. I dati dell'ALEPO offrono un quadro diverso, in cui i cedimenti denominativi verso le lucertole sono limitati ai tipi 7) e 8), e inducono piuttosto a scorgere tracce della collocazione incerta della salamandra – ora fra i rettili, ora fra gli anfibi – nell'insieme dei riscontri etnotestuali che la riguardano. È molto chiaro che la cecità attribuita alla specie getta un ponte in direzione dell'orbettino, l'una e l'altro essendo considerati, erroneamente, ciechi; e non sarà un caso che proprio la salamandra e l'orbettino compaiano spesso, insieme con la serpe e la vipera ("sua sorella vipera", secondo una delle fonti), nei proverbi menzionati in § 2. Abbiamo dunque un generico avvicinamento della salamandra ai rettili privi di arti, più che alla lucertola; la qual cosa forse un po' stupisce, visto che salamandra ha quattro zampe al pari della lucertola.

L'acqua riveste nondimeno notevole importanza nella caratterizzazione popolare della specie; e informatori differenti possono sostenere al riguardo tesi opposte: se, per un verso, l'urodelo predilige l'acqua sporca ed è tanto velenoso da ricavarne, mettendolo a macerare, un veleno contro i topi, per l'altro, la sua presenza nella vasca di una fontana è indizio di una buona qualità dell'acqua, contribuendo addirittura a purificarla. La credenza che l'urina della salamandra, schizzata negli occhi dell'uomo, lo renda cieco accomuna la specie al mondo dei rospi. Quest'ultima serie di osservazioni induce a spostare l'ago della bilancia verso gli anfibi, creando peraltro una convergenza tra tassonomia scientifica e tassonomia popolare. Va da ultimo ricordata l'occorrenza della risposta rana piovana registrata a Carema, che caratterizza la salamandra alla stregua di un tipo particolare di rana, anfibio par excellence. E non mancano del resto forme legate al significato di 'rana' in area francese oitanica, come sottolinea (???).

15. Quid novi?

Nella speranza, caro Thomas, che questo nostro piccolo dono sia riuscito a sfiorare i tuoi interessi di ricerca, concedici ora di tirare le fila dell'esercizio geolinguistico svolto nelle precedenti pagine. L'analisi della voce dell'ALEPO dedicata alla salamandra non ha prodotto, come sospettavamo, novità di rilievo, perlomeno dal punto di vista delle denominazioni elicitate: non crediamo di ingannarci sostenendo che soltanto due di queste, bërnà e cansenestr, erano ignote all'ALiR. Va altresì ricordato che la forma parossitona bërna e cansenestr compaiono nei materiali inediti dell'ALI39, i quali, per ragioni a noi difficilmente ricostruibili, non sono confluiti nella carta di sintesi dell'ALiR40. A essi si potrebbero aggiungere la forma elebörgnu e il sintagma rana piovana. La prima condivide con il prov. blando l'allusione alla presunta cecità della salamandra, ma la attualizza con materiale lessicale diverso; il secondo abbina alla forma aggettivale piovana il sostantivo rana, originando una combinazione peculiare di due termini comuni anche altrove. Ci sembra però che l'addendum più significativo portato dai materiali dell'ALEPO si collochi al di là delle singole risposte e sia da ricercarsi negli etnotesti; ed è proprio dalle credenze, dalle leggende, dai proverbi che gli informatori dell'atlante hanno elargito che possiamo inferire alcune considerazioni, anch'esse non nuove, ma formulabili da una nuova angolatura, sulla tassonomia popolare inerente alla salamandra. La quale verrà a collocarsi fra le classi Reptilia e Amphibia in virtù non delle sue denominazioni, ma del complesso di notizie che gli intervistati hanno saputo offrire su questo straordinario – ex parte subiecti – rettile-anfibio.

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La città (occidentale, mediterranea) come addensamento di attività economiche e commerciale nasce sulla scia delle società agricole della mezzaluna fertile (Benevolo 1983) e proscrive la divisione del lavoro già esistente nelle società preurbane, ad es. tra donne e uomini, e fa nascere una stratificazione sociale più differenziata; cf. anche Haller 2005, 126, 130, 169. Gli sviluppi demografici e sociali di città antiche e centri moderni sono delineati ad es. in Benevolo 1983, 27, 143-145. La situazione e la storia architettura di Roma è ampiamente documentata in Benevolo 1983, 177-255, 1030-1033, passim.
L’opera Belliana permette una descrizione grammaticale del romanesco (Tellenbach 1909), mentre lavori lessicografici non cominciano ad apparire a partire dal 1933 (Chiappini). I più recenti dizionari (Ravaro 1994; D’Achille/Giovanardi 2016ss.) prendono in considerazione anche lessemi non letterari. Milano (Cherubini 1839) e Venezia (Boerio 1865) precedono, dunque, Roma di vari decenni.
Tullio De Mauro (2002, 66-68) delinea lo sviluppo del „urbanismo“ tra il 1861, anno della prima unificazione nazionale (senza Roma), e il 1961, in tempi di pieno sviluppo economico, con cifre o con cifre impressionanti. Il numero dei centri urbani con più di 20 mila abitanti cresce da 52 nel 1861 a 140 nel 1931, più di 200 nel 1951 e a 325 nel 1961, pari a 23,7 milioni di persone o al 46,7 % della popolazione nazionale.
Basandosi su studi empirici condotti da Stehl durante gli ani ’80, lo studioso descrive vari livelli di competenza dei parlanti ad es. a Canosa di Puglia (cf. Stehl 2012, 62, 83-104), secondo parametri Coseriani, come architettura o sistema, norma e ‘parole’. Messe a confronto con i livelli di descrizione linguistica, Stehl elabora dei “gradata” (Stehl 2012, 105, 126-131, passim).
Stefinlongo (1985) introduce il termine ‘continuum’, fino allora usato nella geolinguistica e nella creolistica, nelle discussioni intorno a una descrizione (sociolinguistica) di Roma. A rigor di termini, anche un continuum linguistico è costituito di tanti piccoli passi, gradi.
K. Jaberg e J. Jud (1928, 186-193) sono consapevoli della variazione sociale e dei contatti tra basiletti e varietà urbani e regionali, tra persone di diversa estrazione sociale.
P. Trifone (2008) delinea la storia linguistica della capitale partendo dalle prime iscrizioni, e dedica un bello capitolo alla situazione odierna (92-121), con la sua variazione e le varietà nuove (neoromanesco, linguaggio giovanile).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???) – jedoch bereits (???).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???)
Vgl. Langacker 2000, Stathi 2011, (???), Mellado Blanco/Mollica/Schafroth ed. (im Druck).
Das Projektpersonal besteht aus den folgenden Personen: Elmar Schafroth (Projektleiter), Riccardo Imperiale (Projektkoordinator), Tamara Blaich/N.N., Francesca Martulli (Autorinnen), Delia Guido, Anna Wolf (Mitarbeiterinnen), Thorsten Scherff (Informatiker), Susanne Kolb, Luisa Giacoma (externe Lexikografinnen), Sibilla Cantarini (externe Sprachberaterin). Zum DFG-Projekt bei GEPRIS: https://gepris.dfg.de/gepris/projekt/398306818.
Die Datenbank ist unter der URL http://gephri.phil.hhu.de erreichbar. Da das Projekt bis Ende 2021 andauert, ist die Seite ständig in Bearbeitung. Es werden also kontinuierlich neue Datensätze zu einzelnen Phrasemen hinzugefügt.
Ich verwende den Terminus verstehensrelevant im Sinne Busses.: „‚Verstehensrelevantes Wissen‘ ist der Arbeitsbegriff, mit dem ich noch vor jedem Unterscheidungsversuch in ‚sprachlich‘ und ‚außersprachlich‘ alle Faktoren zusammenfassend benenne, die in irgendeiner Weise notwendige oder wesentliche Voraussetzung für das Verstehen einer sprachlichen Äußerung sind, wobei der Terminus ‚Verstehen‘ sich auf die Größe ‚kommunikative Handlung‘ bezieht (die hier immer als situiert, und damit ko- und kontextgebunden aufgefaßt wird) […]“ ((???)). Der Ansatz Busses geht zurück auf Fillmores Semantics of Understanding, einem der Fundamente für dessen Frame-Theorie (vgl. (???)).
Ein weiteres Projekt, Fraseologia multilingue elettronica (FRAME), konzipiert und geleitet von Paola Cotta Ramusino, Fabio Mollica (beide Mailand) und mir, ist einem ähnlichen Ansatz verpflichtet. Es handelt sich dabei um die Erfassung von Phrasemen zu sieben Sprachen (Chinesisch, Deutsch, Englisch, Französisch, Italienisch, Russisch, Spanisch) auf der Basis des onomasiologischen Kriteriums der Zugehörigkeit zum selben semantisches Feld. Die Beschreibung der Phraseme selbst (Kollokationen, Idiome, Vergleichsphraseme, Phraseoschablonen, Formeln und Sprichwörter) erfolgt dann semasiologisch auf der Grundlage der Ergebnisse der Korpusanalysen. Aufgrund des Mehrsprachigkeitsfokus müssen bei diesem Projekt im Hinblick auf die Benutzerfreundlichkeit allerdings Abstriche bei der Exhaustivität der erhobenen Daten in Kauf genommen werden. Zum Projekt vgl. (???), (???).
„Any linguistic pattern is recognized as a construction as long as some aspect of its form or function is not strictly predictable form its component parts or from other constructions recognized to exist“ ((???)).
„Patterns are stored as constructions even if they are fully predictable as long as they occur with sufficient frequency“ ((???)).
Dass die Duden-Werke gerne kommentarlos den marginalen neben den dominanten Sprachgebrauch stellen, sieht man auch hier: das Rad (nicht) von Neuem erfinden ist im (???) genau einmal belegt, das Rad neu erfinden 1.217mal, das Rad nicht neu erfinden 1.104mal.
Korpusbasiert ist auch (???) zum Spanischen. Die Belege stammen dabei vornehmlich aus Belegsammlungen der Autoren.
„Ziel dieses Projekts ist die Erstellung eines lehrwerkunabhängigen Lernmaterials auf CD-ROM zum Bereich ‚Phraseologie‘ im Fremdsprachenunterricht für die Sprachen Deutsch, Slowenisch, Slowakisch und Ungarisch“ (www.ephras.org). Die Netzversion ist eine digitale Behelfsversion, die nicht mehr den heutigen webtechnologischen Qualitätsmaßstäben entspricht.
„Die Ergebnisse der im Projekt geleisteten Analyse der lexikalischen, semantischen, syntaktischen und distributiven Eigenschaften der Idiome sowie ihrer evt. strukturellen und/oder semantischen Veränderungen werden in sogenannten Templates in einer Datenbank erfasst. Pro Idiom gibt es acht dieser „Datenblätter“. Die zugrunde liegende Datenstruktur ist ursächlich für die Möglichkeiten der automatischen und manuellen Auswertung verantwortlich“ (http://www.bbaw.de/forschung/kollokationen/projektdarstellung).
Erstmals wurde dieses Modell in (???) vorgestellt, anhand des Phrasems jemandem ist eine Laus über die Leber gelaufen.
Der Terminus lexikalische Valenz lehnt sich an (???) an. Gemeint sie die Fälle, bei denen die vom Verb regierte Präposition nicht nur „ein Anzeiger der syntaktischen Struktur“ ist, wie bei ringraziare per (‚danken für‘), sondern wo sie „auch lexikalisch-semantische Information [enthält]“ (ib.: 119). Diese Valenzen sind „lexikalisch variabel“, weshalb Schwarze auch von lexikalisch variabler Rektion spricht, z. B. „guardare {in, dietro, sotto, verso} un oggetto“ (in, hinter, unter, in Richtung auf) einen Gegenstand blicken‘). In diesen Fällen „wird die Präposition durch das Verb und durch die thematische Rolle des betreffenden Arguments nicht vollständig festgelegt, sondern sie kann, je nach der Ausdrucksabsicht, innerhalb einer bestimmten Teilmenge der Präpositionen frei gewählt werden“ (ib.: 126).
Nicht alle Wissensaspekte sind für jedes Idiom relevant. In diesem Falle wird die Beschreibungskategorie auf der Benutzeroberfläche nicht angezeigt.
Zur Kritik am Nähe-/Distanz-Modell von Koch/Oesterreicher vgl. (???)).
Bzw. um die Konzeption der diasystematischen Markierungen an sich. (???) sehen ungeklärte Fragen, die „in methodischer Hinsicht, die Ermittlung und Spezifizierung von Markierungen [betreffen] und andererseits, in konzeptioneller Hinsicht, die Ableitung von Varietäten sowie den Status des ‚Standards‘“.
Rimandiamo ovviamente anche a (???), rielaborazione parziale di (???) che compare fra i commentaires del volume II.a dell'(???).
Mette conto ricordare che i materiali dell'ALiR relativi al Piemonte condensano gli esiti delle inchieste dell'(???) (quesiti 4716 Salamandra maculosa [= Salamandra salamandra]; 4885 Salamandra atra) e dell'(???) (carta 456 La salamandra), a cui faremo diretto riferimento nel caso di risposte non presenti nella sintesi dell'ALiR; bisogna infatti considerare che a ogni punto d'inchiesta dell'ALiR, al quale è associato un solo dato, corrispondono più punti dell'ALI e dall'AIS (e dunque una molteplicità di dati).
I tipi raccolti sono in realtà nove. Eviteremo tuttavia di prendere in esame la risposta bianc e ner 'bianco e nero' elicitata a Bellino, da ritenersi inattendibile. Essa nasce da una traduzione parziale dello stimolo del raccoglitore, il quale, di fronte alla reticenza dell'informatore, indica il referente come 'bestia gialla e nera'. A Bellino la denominazione corretta della salamandra è labreno ((???), s. v.; si veda oltre).
Qui e altrove, nell'indicazione dei lessotipi, impieghiamo un'ortografia a base italiana, con l'introduzione dei grafemi <ö>, <ü> e <ë> per rappresentare, rispettivamente, i suoni [ø] / [œ], [y] e [ə]. Abbiamo mantenuto, per il resto, le convenzioni trascrittorie dei diversi autori citati.
Per inciso, i dati dell'(???) registrano la diffusione della base piovana in Valle d’Aosta (ITA 402; unita a leiharda 'lucertola' in ITA 401), nel Canavesano (ITA 21, 28), nel Piemonte pianigiano (ITA 36), nel Friuli centro-orientale (ITA 11).
L'areale che si ricava dall'(???) interessa la Francia sud-occidentale e le valli occitanofone del Piemonte (cfr. (???)).
 L'origine delle forme citate è controversa; l'intera questione è ora riassunta dal (???), v. bòrgno 
Merita almeno citare, quale altro esempio di impronta metereologica, la forma rosada 'rugiada' < *ROSIATA, diffusa tra Lombardia settentrionale e Canton Ticino ((???) ITA 7, 13; SUI 302).
La denominazione trova conferma nella risposta registrata dall'(???) a Briga Marittima (P. 94; quesito 4716), oggi in Francia (La Brigue) e un tempo unita alle frazioni che compongono il comune italiano di Briga Alta (CN); in (???) è lemmatizzata la forma cansënèštr (in riferimento alla salamandra nera [Salamandra atra]), di cui si segnala l'occorrenza in tutta l'area brigasca (tranne che a Carnino).
Una forma pressoché identica, znestru, è attestata dall'(???) a Garessio (P. 88; quesito 4716).
Lessotipo non registrato dall'ALEPO, diffuso nel Piemonte nord-orientale (cfr. per esempio (???) 126, 129, 135, 137; (???) 15, 16, 21 [quesito 4716], (???) ITA 12, 22), che (???) propone di avvicinare a barca, perché, "quando la salamandra tiene alzata la testa e la coda, essa ha una curiosa rassomiglianza con una barca, i cui remi sarebbero rappresentati dalle quattro zampe dell'animale".
Un solo informatore, a Carema, afferma invece che è il piscio dell'orbettino a rendere cieco l'uomo ((???).I.320).
Oltre a (???), che costituisce ancora oggi un'introduzione imprescindibile alle categorie dell'etnoscienza, si vedano per esempio i saggi contenuti in (???) e (???). Una riflessione sulle classificazioni popolari relative ad alcuni zoonimi raccolti dall'ALEPO si trova in (???).
Gentilmente messici a disposizione dalla redazione, che qui ringraziamo.
Una spiegazione che si può addurre è legata alla conformazione della rete dei punti dell'ALiR e alla provenienza dei dati da più fonti, implicanti entrambe una scelta da parte del redattore della carta. Cfr. nota 2.
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Prof. Alpinista

Colui che scala le Alpi, che ama andare in montagna, che ama il sentierismo, ma soprattutto colui che non sceglie la strada più semplice, ma la più interessante: questo è l´alpinista. Colui che non ha paura di prendere un sentiero più impervio ed è  pronto ad accogliere - e a superare - le difficoltà che gli si pongono davanti pur di raggiungere la vetta. L´alpinismo non è solo uno sport, ma è un modo d´essere. Un´attitudine alla vita. In questo senso Prof. Alpinista è la personificazione di colui che applica questo spirito anche alla ricerca scientifica. L´esplorazione perenne di nuove vie scientifiche, di nuovi sentieri linguistici da scoprire. Il ricercatore, così come l'alpinista, persegue uno scopo. All'inizio del cammino la visuale d'insieme è interdetta, man mano che si va avanti, si scoprono nuove perspettive e quando si giunge finalmente alla meta se ne scorgono i collegamenti e si scoprono nuovi traguardi.  A volte può, invece, accadere il contrario e ci si può dunque allontanare dalla meta prefissata. Questa pagina è pensata per tutti coloro che si sentono affini al Prof. Alpinista, ossia per tutti coloro i cui interessi scientifici vanno oltre ciò che si vede in vetta.

Was ist ein Alpinista? Im Allgemeinen jemand, der es liebt, in den Bergen zu wandern; im Speziellen jemand, der die Alpengipfel besteigt; aber vor allem: jemand, der nicht den einfachsten, sondern den interessantesten, bisweilen auch riskantesten Weg wählt. Ein Alpinista hat also keine Angst, auch die verschlungensten Pfade zu beschreiten und ist stets bereit, potenziellen Schwierigkeiten entgegenzutreten (und sie zu überwinden), wenn er sich auf den Weg macht. Das Bergsteigen ist nicht nur ein Sport, sondern eine Lebensart - ja, eine Lebenseinstellung. In diesem Sinne ist Prof. Alpinista die Personifizierung dieses Konzepts im wissenschaftlichen Kontext: die ständige Erforschung neuer methodologischer Wege und theoretischer Pfade. Wissenschaftler wie Alpinista streben ein Ziel an. Am Anfang des Weges fehlt der Überblick, bereits auf dem Weg erhält man jedoch zahlreiche neue Ausblicke, am Ziel angekommen sieht man die Zusammenhänge - und entdeckt spannende neue Ziele und Gipfel. Übrigens können sich beide auch sehr gut versteigen. Dieses Portal ist für alle gedacht, die sich dem Prof. Alpinista nahe fühlen, also diejenigen, deren wissenschaftliche Interessen weitergehen als das, was man auf dem vermeintlichen Gipfel zu sehen glaubt.

Il sentiero del Professore Alpinista (eteropercezione) /
Der Weg des Prof. Alpinista (Heteroperzeption)

Il sentiero del Professore Alpinista (autopercezione) /
Der Weg des Prof. Alpinista (Autoperzeption)
(Krefeld 2004, s/p)

Bibliographie

  • Krefeld 2004a = Krefeld, Thomas (2004): Einführung in die Migrationslinguistik. Von der Germania italiana in die Romania multipla, Tübingen, Narr.
La città (occidentale, mediterranea) come addensamento di attività economiche e commerciale nasce sulla scia delle società agricole della mezzaluna fertile (Benevolo 1983) e proscrive la divisione del lavoro già esistente nelle società preurbane, ad es. tra donne e uomini, e fa nascere una stratificazione sociale più differenziata; cf. anche Haller 2005, 126, 130, 169. Gli sviluppi demografici e sociali di città antiche e centri moderni sono delineati ad es. in Benevolo 1983, 27, 143-145. La situazione e la storia architettura di Roma è ampiamente documentata in Benevolo 1983, 177-255, 1030-1033, passim.
L’opera Belliana permette una descrizione grammaticale del romanesco (Tellenbach 1909), mentre lavori lessicografici non cominciano ad apparire a partire dal 1933 (Chiappini). I più recenti dizionari (Ravaro 1994; D’Achille/Giovanardi 2016ss.) prendono in considerazione anche lessemi non letterari. Milano (Cherubini 1839) e Venezia (Boerio 1865) precedono, dunque, Roma di vari decenni.
Tullio De Mauro (2002, 66-68) delinea lo sviluppo del „urbanismo“ tra il 1861, anno della prima unificazione nazionale (senza Roma), e il 1961, in tempi di pieno sviluppo economico, con cifre o con cifre impressionanti. Il numero dei centri urbani con più di 20 mila abitanti cresce da 52 nel 1861 a 140 nel 1931, più di 200 nel 1951 e a 325 nel 1961, pari a 23,7 milioni di persone o al 46,7 % della popolazione nazionale.
Basandosi su studi empirici condotti da Stehl durante gli ani ’80, lo studioso descrive vari livelli di competenza dei parlanti ad es. a Canosa di Puglia (cf. Stehl 2012, 62, 83-104), secondo parametri Coseriani, come architettura o sistema, norma e ‘parole’. Messe a confronto con i livelli di descrizione linguistica, Stehl elabora dei “gradata” (Stehl 2012, 105, 126-131, passim).
Stefinlongo (1985) introduce il termine ‘continuum’, fino allora usato nella geolinguistica e nella creolistica, nelle discussioni intorno a una descrizione (sociolinguistica) di Roma. A rigor di termini, anche un continuum linguistico è costituito di tanti piccoli passi, gradi.
K. Jaberg e J. Jud (1928, 186-193) sono consapevoli della variazione sociale e dei contatti tra basiletti e varietà urbani e regionali, tra persone di diversa estrazione sociale.
P. Trifone (2008) delinea la storia linguistica della capitale partendo dalle prime iscrizioni, e dedica un bello capitolo alla situazione odierna (92-121), con la sua variazione e le varietà nuove (neoromanesco, linguaggio giovanile).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???) – jedoch bereits (???).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???)
Vgl. Langacker 2000, Stathi 2011, (???), Mellado Blanco/Mollica/Schafroth ed. (im Druck).
Das Projektpersonal besteht aus den folgenden Personen: Elmar Schafroth (Projektleiter), Riccardo Imperiale (Projektkoordinator), Tamara Blaich/N.N., Francesca Martulli (Autorinnen), Delia Guido, Anna Wolf (Mitarbeiterinnen), Thorsten Scherff (Informatiker), Susanne Kolb, Luisa Giacoma (externe Lexikografinnen), Sibilla Cantarini (externe Sprachberaterin). Zum DFG-Projekt bei GEPRIS: https://gepris.dfg.de/gepris/projekt/398306818.
Die Datenbank ist unter der URL http://gephri.phil.hhu.de erreichbar. Da das Projekt bis Ende 2021 andauert, ist die Seite ständig in Bearbeitung. Es werden also kontinuierlich neue Datensätze zu einzelnen Phrasemen hinzugefügt.
Ich verwende den Terminus verstehensrelevant im Sinne Busses.: „‚Verstehensrelevantes Wissen‘ ist der Arbeitsbegriff, mit dem ich noch vor jedem Unterscheidungsversuch in ‚sprachlich‘ und ‚außersprachlich‘ alle Faktoren zusammenfassend benenne, die in irgendeiner Weise notwendige oder wesentliche Voraussetzung für das Verstehen einer sprachlichen Äußerung sind, wobei der Terminus ‚Verstehen‘ sich auf die Größe ‚kommunikative Handlung‘ bezieht (die hier immer als situiert, und damit ko- und kontextgebunden aufgefaßt wird) […]“ ((???)). Der Ansatz Busses geht zurück auf Fillmores Semantics of Understanding, einem der Fundamente für dessen Frame-Theorie (vgl. (???)).
Ein weiteres Projekt, Fraseologia multilingue elettronica (FRAME), konzipiert und geleitet von Paola Cotta Ramusino, Fabio Mollica (beide Mailand) und mir, ist einem ähnlichen Ansatz verpflichtet. Es handelt sich dabei um die Erfassung von Phrasemen zu sieben Sprachen (Chinesisch, Deutsch, Englisch, Französisch, Italienisch, Russisch, Spanisch) auf der Basis des onomasiologischen Kriteriums der Zugehörigkeit zum selben semantisches Feld. Die Beschreibung der Phraseme selbst (Kollokationen, Idiome, Vergleichsphraseme, Phraseoschablonen, Formeln und Sprichwörter) erfolgt dann semasiologisch auf der Grundlage der Ergebnisse der Korpusanalysen. Aufgrund des Mehrsprachigkeitsfokus müssen bei diesem Projekt im Hinblick auf die Benutzerfreundlichkeit allerdings Abstriche bei der Exhaustivität der erhobenen Daten in Kauf genommen werden. Zum Projekt vgl. (???), (???).
„Any linguistic pattern is recognized as a construction as long as some aspect of its form or function is not strictly predictable form its component parts or from other constructions recognized to exist“ ((???)).
„Patterns are stored as constructions even if they are fully predictable as long as they occur with sufficient frequency“ ((???)).
Dass die Duden-Werke gerne kommentarlos den marginalen neben den dominanten Sprachgebrauch stellen, sieht man auch hier: das Rad (nicht) von Neuem erfinden ist im (???) genau einmal belegt, das Rad neu erfinden 1.217mal, das Rad nicht neu erfinden 1.104mal.
Korpusbasiert ist auch (???) zum Spanischen. Die Belege stammen dabei vornehmlich aus Belegsammlungen der Autoren.
„Ziel dieses Projekts ist die Erstellung eines lehrwerkunabhängigen Lernmaterials auf CD-ROM zum Bereich ‚Phraseologie‘ im Fremdsprachenunterricht für die Sprachen Deutsch, Slowenisch, Slowakisch und Ungarisch“ (www.ephras.org). Die Netzversion ist eine digitale Behelfsversion, die nicht mehr den heutigen webtechnologischen Qualitätsmaßstäben entspricht.
„Die Ergebnisse der im Projekt geleisteten Analyse der lexikalischen, semantischen, syntaktischen und distributiven Eigenschaften der Idiome sowie ihrer evt. strukturellen und/oder semantischen Veränderungen werden in sogenannten Templates in einer Datenbank erfasst. Pro Idiom gibt es acht dieser „Datenblätter“. Die zugrunde liegende Datenstruktur ist ursächlich für die Möglichkeiten der automatischen und manuellen Auswertung verantwortlich“ (http://www.bbaw.de/forschung/kollokationen/projektdarstellung).
Erstmals wurde dieses Modell in (???) vorgestellt, anhand des Phrasems jemandem ist eine Laus über die Leber gelaufen.
Der Terminus lexikalische Valenz lehnt sich an (???) an. Gemeint sie die Fälle, bei denen die vom Verb regierte Präposition nicht nur „ein Anzeiger der syntaktischen Struktur“ ist, wie bei ringraziare per (‚danken für‘), sondern wo sie „auch lexikalisch-semantische Information [enthält]“ (ib.: 119). Diese Valenzen sind „lexikalisch variabel“, weshalb Schwarze auch von lexikalisch variabler Rektion spricht, z. B. „guardare {in, dietro, sotto, verso} un oggetto“ (in, hinter, unter, in Richtung auf) einen Gegenstand blicken‘). In diesen Fällen „wird die Präposition durch das Verb und durch die thematische Rolle des betreffenden Arguments nicht vollständig festgelegt, sondern sie kann, je nach der Ausdrucksabsicht, innerhalb einer bestimmten Teilmenge der Präpositionen frei gewählt werden“ (ib.: 126).
Nicht alle Wissensaspekte sind für jedes Idiom relevant. In diesem Falle wird die Beschreibungskategorie auf der Benutzeroberfläche nicht angezeigt.
Zur Kritik am Nähe-/Distanz-Modell von Koch/Oesterreicher vgl. (???)).
Bzw. um die Konzeption der diasystematischen Markierungen an sich. (???) sehen ungeklärte Fragen, die „in methodischer Hinsicht, die Ermittlung und Spezifizierung von Markierungen [betreffen] und andererseits, in konzeptioneller Hinsicht, die Ableitung von Varietäten sowie den Status des ‚Standards‘“.
Rimandiamo ovviamente anche a (???), rielaborazione parziale di (???) che compare fra i commentaires del volume II.a dell'(???).
Mette conto ricordare che i materiali dell'ALiR relativi al Piemonte condensano gli esiti delle inchieste dell'(???) (quesiti 4716 Salamandra maculosa [= Salamandra salamandra]; 4885 Salamandra atra) e dell'(???) (carta 456 La salamandra), a cui faremo diretto riferimento nel caso di risposte non presenti nella sintesi dell'ALiR; bisogna infatti considerare che a ogni punto d'inchiesta dell'ALiR, al quale è associato un solo dato, corrispondono più punti dell'ALI e dall'AIS (e dunque una molteplicità di dati).
I tipi raccolti sono in realtà nove. Eviteremo tuttavia di prendere in esame la risposta bianc e ner 'bianco e nero' elicitata a Bellino, da ritenersi inattendibile. Essa nasce da una traduzione parziale dello stimolo del raccoglitore, il quale, di fronte alla reticenza dell'informatore, indica il referente come 'bestia gialla e nera'. A Bellino la denominazione corretta della salamandra è labreno ((???), s. v.; si veda oltre).
Qui e altrove, nell'indicazione dei lessotipi, impieghiamo un'ortografia a base italiana, con l'introduzione dei grafemi <ö>, <ü> e <ë> per rappresentare, rispettivamente, i suoni [ø] / [œ], [y] e [ə]. Abbiamo mantenuto, per il resto, le convenzioni trascrittorie dei diversi autori citati.
Per inciso, i dati dell'(???) registrano la diffusione della base piovana in Valle d’Aosta (ITA 402; unita a leiharda 'lucertola' in ITA 401), nel Canavesano (ITA 21, 28), nel Piemonte pianigiano (ITA 36), nel Friuli centro-orientale (ITA 11).
L'areale che si ricava dall'(???) interessa la Francia sud-occidentale e le valli occitanofone del Piemonte (cfr. (???)).
 L'origine delle forme citate è controversa; l'intera questione è ora riassunta dal (???), v. bòrgno 
Merita almeno citare, quale altro esempio di impronta metereologica, la forma rosada 'rugiada' < *ROSIATA, diffusa tra Lombardia settentrionale e Canton Ticino ((???) ITA 7, 13; SUI 302).
La denominazione trova conferma nella risposta registrata dall'(???) a Briga Marittima (P. 94; quesito 4716), oggi in Francia (La Brigue) e un tempo unita alle frazioni che compongono il comune italiano di Briga Alta (CN); in (???) è lemmatizzata la forma cansënèštr (in riferimento alla salamandra nera [Salamandra atra]), di cui si segnala l'occorrenza in tutta l'area brigasca (tranne che a Carnino).
Una forma pressoché identica, znestru, è attestata dall'(???) a Garessio (P. 88; quesito 4716).
Lessotipo non registrato dall'ALEPO, diffuso nel Piemonte nord-orientale (cfr. per esempio (???) 126, 129, 135, 137; (???) 15, 16, 21 [quesito 4716], (???) ITA 12, 22), che (???) propone di avvicinare a barca, perché, "quando la salamandra tiene alzata la testa e la coda, essa ha una curiosa rassomiglianza con una barca, i cui remi sarebbero rappresentati dalle quattro zampe dell'animale".
Un solo informatore, a Carema, afferma invece che è il piscio dell'orbettino a rendere cieco l'uomo ((???).I.320).
Oltre a (???), che costituisce ancora oggi un'introduzione imprescindibile alle categorie dell'etnoscienza, si vedano per esempio i saggi contenuti in (???) e (???). Una riflessione sulle classificazioni popolari relative ad alcuni zoonimi raccolti dall'ALEPO si trova in (???).
Gentilmente messici a disposizione dalla redazione, che qui ringraziamo.
Una spiegazione che si può addurre è legata alla conformazione della rete dei punti dell'ALiR e alla provenienza dei dati da più fonti, implicanti entrambe una scelta da parte del redattore della carta. Cfr. nota 2.
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Wo Österreich französisch ist:

16. Einleitung

Jede*r Tourist*in oder Migrant*in aus dem „bundesdeutsch“ (wie man in Österreich sagt) sprechenden Ausland bemerkt beim Spazieren durch Wien schnell: Französische Einflüsse sind hier omnipräsent – allerdings nicht dieselben wie in Deutschland und auch nicht unbedingt diejenigen, die laut Wörterbüchern und wissenschaftlicher Literatur, Zeitungen, Blogs und Belletristik zu erwarten wären (vgl. insbesondere das Österreichische Wörterbuch auf https://www.oesterreichisch.net).41 Trottoir [tʁo̞toˈaː]42 ‘Gehsteig’, Lavoir ‘Waschschüssel’ (auch <Lavur> oder <Lavor> geschrieben) und Fauteuil (sprich [foˈtøː]/[foˈtøə]) ‘Ohrensessel’ – Sessel wiederum bedeutet ‘Stuhl’ – scheinen mittlerweile passé zu sein. Dafür spricht auch, dass die 1964 geborene österreichische Schriftstellerin Hanna Midhov diese Wörter in ihrem Roman Bilder einer Kindheit. Alltag mit Oma thematisiert:

Wir gingen am ‘Trotoaar’ (Troittoir43), dem Gehsteig, den Bus lenkte der ‘Schofföör’ (Chauffeur), (…), wir saßen gemütlich im ‘Fottöö’ (Fauteuil), etwas auf der anderen Straßenseite war ‘wisawie’ (vis-à-vis) (…) die Toten wurden vom ‘Pompfineberer’ (Pompe funèbre) bestattet und im Garten wuschen wir uns in einer blechernen Waschschüssel, der ‘Lawua’ (Lavoir).(???)

Heute dagegen springt die Melange, die dem Cappuccino sehr ähnelt (bzw. dem französischen Touristengetränk café crème), schon anlässlich des ersten Kaffeehausbesuchs beim Lesen der Speisekarte ins Auge. Wichtig: Es ist die Melange im Femininum und ohne accent aigu – ganz im Gegensatz zu fr. le mélange – und man spricht sie mit deutscher Auslautverhärtung mit finalem [ʃ] und nicht wie im Französischen mit stimmhaftem [ʒ] aus. Abends im Burgtheater und in der Oper wird dann (das für besondere Tage reservierte) Jourgebäck angeboten (vgl. fr. jour ‘Tag’), d.h. deftig belegte Semmeln/Brötchen oder Kornspitze im Miniaturformat. Wer aus München kommt, wird sich wundern, auf Empfängen typischerweise auch Brötchen zu finden – ein Wort, das in München als das Schibboleth für ‘Norddeutsch’ gilt, also alle Varietäten nördlich des ‘Weißwurstäquators’ (entlang der Donau). Doch Brötchen sind in Wien nicht etwa Semmeln (also sternförmig eingeschnittene weiße Kaisersemmeln – alle anderen heißen Gebäck). Brötchen sind kleine reichhaltig belegte Brotscheiben, also eine Art Smørrebrød, Cicchetti oder – um zu den französischen Fremd- und Lehnwörtern zurückzukommen – Canapés. Hat man das Geld dazu nicht passend parat, bekommt man etwas retour [ʁeˈtuːɐ].44

„C’est quoi, ces Viennoiseries?“ (Karikatur: Michel Kichka 2018; Rechte: Elissa Pustka, Universität Wien)

Diese Salienz ((???), (???)) von Gallizismen in der österreichischen Linguistic Landscape lässt sich mittlerweile multimedial per Crowdsourcing explorieren. Mit der Smartphone-App (???) von Purschke 2016 können (Hobby-)Linguist*innen en passant fotografieren, die Fotos nach Sprachen taggen und mit Kommentaren versehen. Danach lassen sie sich geolokalisiert auf eine Google Maps-Karte mit angeschlossener Datenbank ins Internet hochladen, wo sie ohne Zeitverzögerung online sichtbar sind (vgl. Abb. 1 sowie Abb. 6 und 7 in Kapitel 4). Mit dieser Methode kann man nicht nur neue Entlehnungen dokumentieren und einen Eindruck über die Frequenz französischer Fremd- und Lehnwörter gewinnen, sondern auch die Kategorisierungen verschiedener Typen von Sprecher*innen vergleichen: Welche Wörter fallen beispielsweise älteren und jüngeren Österreicher*innen auf, welche denen, die Französisch können und denen, die es nicht können, welche Sprecher*innen aus Deutschland, denen andere Gallizismen bekannt sind, und welche schließlich L1-Sprecher*innen des Französischen (unterschiedlicher Länder)?

Lingscape-Screenshots ‒ viersprachige Getränkekarte in der Wiener Josefstadt (E.P.)

Mit dieser neuen Technik lassen sich unter Einbezug der Bürger*innen (Citizen Science) effizient eine Vielzahl neuer Daten erheben. Auf deren Basis lassen sich Wörterbücher aktualisieren und sprachwissenschaftliche Analysen durchführen, z.B. im Bereich der Lehnwortintegration.

Es handelt sich damit also um eine ein „virtuelles Forschungslabor“ (???) mit folgenden Funktionsbereichen:

  1. Dokumentation, die in unzulässiger Vereinfachung oft mit Forschungsdaten gleichgesetzt wird;
  2. Kooperation, womöglich in unterschiedlichen epistemischen Horizonten, nämlich mit Laien und Wissenschaftlern;
  3. Publikation;
  4. Datenerhebung durch Crowdsourcing. (???)

Dieses Potential der Smartphone- und Web-basierten Linguistic Landscape Studies möchte ich mit einer kleinen Pilotstudie zur Wiener Josefstadt (8. Bezirk) demonstrieren. Um zu verdeutlichen, welche neuen Möglichkeiten diese Methode eröffnet, fasse ich zunächst ausführlich den aktuellen Stand der Forschung des Kultur- und Sprachkontakts zwischen Frankreich und dem deutschsprachigen Raum zusammen (Kapitel 2). Es folgt eine kurze Einführung in die Methodik der Linguistic Landscape-Forschung und die App (???) (Kapitel 3). Die sich dadurch eröffnenden neuen Möglichkeiten der kontaktlinguistischen Analyse präsentiere ich anhand der Ergebnisse eines sprachwissenschaftlichen Spaziergangs durch die Wiener Josefstadt, die sich zwischen Innenstadt und Universität befindet (Kapitel 4).

17. Stand der Forschung

Französische Entlehnungen in der deutschen Sprache interessieren die Sprachwissenschaft schon länger, jedoch eher sporadisch, wie der große zeitliche Abstand zwischen den zitierten Werken zeigt (vgl. insbesondere (???), (???), (???), (???), (???)). Der Schwerpunkt der bisherigen Untersuchungen liegt auf Deutschland, wobei Österreich und die Schweiz eher am Rande miterwähnt werden. Die Angaben der zitierten Werke habe ich durchgängig im Digitalen Wörterbuch der Deutschen Sprache ((???); https://www.dwds.de) überprüft, da Gallizismen bekanntermaßen leicht mit Italianismen und Latinismen verwechselt werden (vgl. insbesondere die Kritik von (???) an (???)).

Beim deutsch-französischen Sprachkontakt und seinen sprachlichen Auswirkungen auf die deutsche Sprache45 müssen historisch zwei verschiedene Fälle unterschieden werden: Französisch ist zum einen Substrat in der Romania Submersa in den heutigen Gebieten Deutschlands an der Grenze zu Frankreich (u.a. Schwarzwald, Mosel; vgl. (???)). Zum anderen ist es Kulturadstrat im gesamten deutschen Sprachraum, mit unterschiedlichen Einflüssen beispielsweise im Preußen Friedrichs des Großen oder auch im Wien der Habsburger (vgl. Kapitel 2.1). Dabei beeinflusst es sowohl das Standarddeutsche (in Deutschland, Österreich und der Schweiz verschiedenermaßen) als auch verschiedene deutsche Dialekte (vgl. (???)). Prominente Beispiele dafür sind die Kölner Stadtmundart mit Lehnwörtern wie Bajasch ‘Gepäck’ und Schandarm ‘Polizist’46 und das „Berlinfranzösisch“ des 19. Jahrhunderts, das mittlerweile gesamtdeutsch verbreitete Pseudo-Gallizismen wie Friseur (vgl. Kapitel 2.2) oder Kneipier47 sowie volksetymologisch umgedeutete französische Wörter wie ratzekahl48 hervorgebracht hat (zu fr. radical bzw. dt. Ratze ‘Ratte’ und kahl; vgl. (???)). Dieser Beitrag beschränkt sich auf das Kulturadstrat im Standarddeutschen Deutschlands und Österreichs sowie im Wiener Dialekt.

17.1. Kultur- und Sprachkontakt Frankreichs mit Deutschland vs. Österreich

Frankreich spielt seit dem Mittelalter eine führende politische und kulturelle Rolle in Europa. Diese führt zur Verbreitung französischer Ideen und Gegenstände und damit auch zu sprachlichen Entlehnungen in zahlreiche andere Sprachen. In Bezug auf das Deutsche geben die bisherigen Publikationen einheitlich zwei Hochphasen des Einflusses des Französischen auf das Deutsche (Deutschlands) an (vgl. (???): 445, (???), (???), (???)): das Mittelalter (9.‒13. Jahrhundert) und die Zeit vom Absolutismus bis zu Napoleon (17.‒19. Jahrhundert). Zwischen diesen beiden Phasen war dagegen während des Humanismus der Einfluss des Lateinischen besonders stark. Während der europaweite Sprachkontakt dieselben Folgen für die deutsche Sprache in Deutschland und Österreich hatte, ergaben sich ab dem 18. Jahrhundert Unterschiede v.a. zwischen den beiden Hauptstädten: Berlin war von der Frankophilie Friedrichs des Großen geprägt, Wien von der Heiratspolitik der Habsburger (s.u.).

Im Mittelalter war Frankreich Modell im Bereich des Rittertums, der höfischen Kultur und der Literatur in der Volkssprache. In dieser ersten Phase kam es über unterschiedliche Wege des Sprach- und Kulturkontakts zu Entlehnungen. Zum einen orientierten sich deutsche Dichter wie Hartmann von der Aue oder Wolfram von Eschenbach beim Verfassen ihrer Artus- und Gralsepen an französischen Vorbildern. Zum anderen standen bei den Kreuzzügen französische und deutsche Ritter über längere Zeit in persönlichem Kontakt (vgl. (???)). Der Kultur- und Sprachkontakt begann im 11. Jahrhundert, erreichte seinen Höhepunkt im 12. und 13. Jahrhundert und nahm im 14. und 15. Jahrhundert wieder ab. Im 12. Jahrhundert stellte die höfische Elite französische Sprachlehrer für ihre Kinder an, die zweisprachig wurden. In deutschen Texten finden sich in dieser Zeit ganze Sätze auf Französisch (vgl. (???)).

Während dieser Epoche sind zahlreiche französische Wörter und sogar Sätze in deutschen Ritterromanen und anderen Texten belegt; diese verschwanden allerdings zum großen Teil bald wieder (vgl. (???)). Heute noch bekannte (und laut (???) auch tatsächlich direkt aus dem Französischen stammende) Lehnwörter aus dieser Zeit sind insbesondere Turnier, Lanze, Palast und Abenteuer (vgl. Tab. 1). Typische semantische Quelldomänen waren das Rittertum sowie verschiedene Domänen des höfischen Lebens, u.a. edle Stoffe (z.B. Samt, Satin) und Gewürze (z.B. Ingwer, Muskat, Safran). Einen besonders interessanten Fall stellen Dubletten dar: So wurde aus fr. palais zunächst im 12./13. Jahrhundert dt. Palas(t) ‘Schloss’ entlehnt, im 17. Jahrhundert dann Palais ‘schlossartiges Wohngebäude’.

Semantische Domäne Deutsches Lehnwort Französisches Quellwort Erstbeleg im Deutschen laut (???)
Rittertum Lanze lance 12. Jh.
Turnier to[u]rnei 12. Jh.
Abenteuer aventure Ende 12. Jh.
Palast palas Ende 12. Jh.
Stoffe Samt samit 15. Jh.
Satin satin --- (afrz.)
Gewürze Ingwer gingembre, gingibre 10. Jh.
Muskat noiz muscade --- (afrz.)
Safran safran Anfang 13. Jh.

Tab. 1: Französische Entlehnungen im Deutschen aus dem Mittelalter (vgl. (???), (???), (???), (???))

Im anschließenden 16. Jahrhundert war der Sprach- und Kulturkontakt zwischen dem Französischen und dem Deutschen geringer und beschränkte sich im Wesentlichen auf die Grenzgebiete sowie die Höfe in den westlichen Gebieten Deutschlands. In dieser Zeit gelangten ca. 150 französische Entlehnungen ins Deutsche, z.B. arrogant, Hast und Poesie (vgl. (???), (???)).

Die Phase vom 17. bis zum 19. Jahrhundert zeichnete sich dann dadurch aus, dass sich die Herrscher der deutschen Kleinstaaten am Absolutismus Ludwig XIV. orientierten, später an der Französischen Revolution (vgl. (???)). Sie begann mit der Vertreibung der Hugenotten durch das Edikt von Fontainebleau (1685), besser bekannt als Revokation des Edikts von Nantes (1598). Schätzungsweise 40 000 Protestanten kamen in dieser Zeit nach Deutschland, davon 20 000 nach Brandenburg und 7 000 nach Berlin (vgl. (???), von Polenz 22013: 53‒115). Sie flohen insbesondere nach Preußen, wo Friedrich der Große ihnen mit dem Edikt von Potsdam (1685) nicht nur ein Recht zur Niederlassung, sondern auch Privilegien anbot (Steuerbefreiungen, Subventionen). Diese Migrationsbewegung führte u.a. dazu, dass geflohene Hugenotten als Hauslehrer in preußischen Adelsfamilien die französische Sprache und Umgangsformen vermittelten. Entsprechend wurde die Oberschicht nun auch hier49 zweisprachig, allen voran Friedrich der Große (1712‒1786) selbst, der von einer französischen Gouvernante erzogen worden war und literarische Werke auf Französisch verfasste. Insgesamt 200 Jahre sprach man nun am Berliner Hof Französisch. Die Königsfamilie nannte Ihre Schlösser Sanssouci (wörtl. ‘ohne Sorge’) und Bellevue (‘schöne Sicht’). In Berlin erinnert heute noch die Toponymie an die Kolonien der Hugenotten, u.a. die Französische Straße und der Gendarmenmarkt. Durch die Napoleonischen Kriege kam es zu weiterem persönlichem Sprachkontakt: 1806 und 1812 besetzten die Franzosen für jeweils zwei Jahre Berlin (vgl. (???)).

Der berühmteste Zeuge für den deutsch-französischen Bilinguismus im Preußen des 18. Jahrhunderts ist sicherlich Voltaire. Er schrieb am 24. Oktober 1750 die viel zitierten folgenden Zeilen:

Je me trouve ici en France. On ne parle que notre langue. L’allemand est pour les soldats et pour les chevaux; il n’est nécessaire que pour la route. En qualité de bon patriote, je suis un peu flatté de voir ce petit hommage qu’on rend à notre patrie, à trois cents lieues de Paris. Je trouve des gens élevés à Königsberg qui savent mes vers par cœur, qui ne sont point jaloux, qui ne cherchent point à me faire des niches. (Voltaire, Brief an den Marquis de Thibouville, 24.10.1750)50

Diese und ähnliche Aussagen werden von der neueren Sprachgeschichtsschreibung allerdings relativiert. Die Tatsache, dass im 17./18. Jahrhundert auf Französisch geschrieben wurde und dass französische Gäste wie Voltaire auf Französisch angesprochen wurden, bedeute noch nicht, dass – wie Kratz (???) schreibt – „sich in den höheren Kreisen zeitweise eine perfekte Zweisprachigkeit entwickelte“. Es handelte sich wohl vielmehr um eine „Alamode-Sprache“ oder „Alamodestil“ (vgl. frz. à la mode ‘in Mode’). Diese(n) definiert Helfrich (???) als den „gehäuften Gebrauch von Gallizismen bis zu stark französisch anmutenden syntaktischen Konstruktionen“. Als Paradebeispiel dafür gelten die Briefe der Liselotte von der Pfalz, die im Alter von 19 Jahren Herzogin von Orléans wurde – auch wenn es sich in ihrem konkreten Fall wohl eher um ungewollte Einflüsse der Umgebungssprache Französisch auf die L1 Deutsch handelte als um ein bewusst eingesetztes Stilmittel. In ihren Briefen finden sich insbesondere französische Verben mit dem deutschen Suffix -ieren (z.B. condamnieren), Substantive wie tendresse ‘Zärtlichkeit’ oder chagrin ‘Kummer’ sowie feste Konstruktionen wie etwas in ordre bringen ‘etwas in Ordnung bringen’ (vgl. (???)).

Dennoch war der deutsch-französische Sprachkontakt in dieser Epoche so umfangreich, dass aus ihr der Großteil der Gallizismen des Gegenwartsdeutschen stammt. Etwa die Hälfte der Lehnwörter aus dieser Zeit hat sich bis heute erhalten (vgl. (???)). Einen Einblick in die Entlehnungen des 17.‒19. Jahrhunderts geordnet nach semantischen Domänen gibt Tab. 2:

Semantische Domäne Beispiele
Verwandtschaftsbezeichnungen Papa, Mama, Onkel, Tante, Cousin, Cousine
Kultur Ball, Ballett, Feuilleton, Pointe, Premiere, Repertoire, Matinee, Soiree, Vernissage
Essen und Gastronomie Aspik, Biskuit, Bonbon, Bouillon, Café, Champignon, Gelee, Kaffee, Kompott, Konfitüre, Kotelett, Likör, Mayonnaise, Omelett(e), Pommes Frites, Ragout, Remoulade, Restaurant
Schönheit und Mode Parfüm, Perücke, Plüsch, Puder, Teint, Toupet; frisieren
Architektur und Garten Allee, Balkon, Bassin, Buffet, Etage, Fassade, Niveau, Palais, Terrasse
Militär Bombe, Attacke, Marine, Militär, Truppe, Uniform
Politik und Gesellschaft Milieu, Minister, Regime
Finanzen Baisse, Hausse, Devisen, Ressource
sonstiges Chance

Tab. 2: Französische Entlehnungen im Deutschen vom 17. bis 19. Jahrhundert (vgl. (???), (???))

Die Geschichte des französisch-österreichischen Kultur- und Sprachkontakts zu dieser Zeit ist eine ganz andere. Im Gegensatz zu Deutschland ist Österreich kein Nachbarland Frankreichs und war auch nie Ziel einer größeren Migrationsbewegung wie der der Hugenotten. Verbindungen ergaben sich vielmehr durch die Heiratspolitik der Habsburger: Maria-Theresia (1717‒1780), Erzherzogin von Österreich sowie Königin von Ungarn und Böhmen, heiratete Franz Stephan von Lothringen, der als Franz I. Kaiser des Heiligen Römischen Reiches wurde. Maria-Antonia (1755‒1793) wurde nach ihrer Heirat mit Louis XVI unter dem Namen Marie-Antoinette französische Königin, und nach der Französischen Revolution wurde Marie-Louise (1791‒1847) die zweite Ehefrau Napoleons. Die Napoleonischen Kriege führten neben den zwei Besetzungen Berlins (s.o.) auch zu zwei Besetzungen Wiens (1805 und 1809) und schließlich zum Wiener Kongress (1814/1815).

Einem Mythos zufolge hat Marie-Antoinette sogar das croissant nach Frankreich gebracht, das in einer Wiener Bäckerei nach der erfolgreichen Abwehr der Türkenkriege als Abbild des Halbmonds auf der türkischen Flagge erfunden worden sei. Entsprechend findet man auch im etymologischen Wörterbuch von (???):

Croissant, ‘sorte de gâteau’, XIXe siècle, est une traduction de l’allemand Hörnchen; les premiers croissants furent fabriqués à Vienne pour célébrer la victoire de 1689 sur les Turcs dont l’emblème national, comme on sait, est un croissant. (???)

(???) kritisiert diesen Eintrag, der in den aktuellen Wörterbüchern übernommen und noch ausgebaut wird, sehr ausführlich: Insbesondere entspricht fr. croissant dt. Halbmond und nicht dt. Hörnchen (was wiederum auf Französisch petite corne heißen würde). Jedoch sagt man in Österreich gar nicht Hörnchen, sondern Kipferl – und diese gab es schon lange vor dem Sieg gegen die Türken (vgl. dazu auch (???); laut (???) seit dem 13./15. Jh.). Als Marie-Antoinette 1770 nach Versailles kam, brachte sie aber tatsächlich ihren Leibbäcker mit, der ihr zum Frühstück etwas buk, das ihre Kammerfrau Jeanne Campan in ihren Memoiren als „une sorte de pain auquel elle avait été accoutumée dans son enfance à Vienne“ umschreibt (Campan 1826: 105). Es finden sich jedoch keine Belege dafür, dass sich dieses Gebäck, das die Königin zum Frühstück aß, auch im Volk verbreitete. Erst Mitte des 19. Jahrhunderts kamen Wiener Backwaren in Paris in Mode. Dazu trug zum einen die 1838/39 von August Zang gegründete Boulangerie Viennoise in der 92 rue Richelieu bei, zum anderen die Weltausstellung 1867 in Paris. Zu deren Spezialitäten gehörten neben petits pains viennois ‘Wiener Brötchen’ (aus weißem Mehl, Milch und einer besonderen Hefe) und empereurs ‘Kaiser’ oder autrichiens ‘Österreicher’ genannte Kaisersemmeln auch Croissants (vgl. (???), (???)). Scheibenbogen (1896: 112) verwendete hierfür bereits den Kollektivbegriff viennoiseries ‘Wienereien’ (zit. nach (???)). Heute unterscheidet man in Wiener Bäckereien Briochekipferl (in Deutschland Hörnchen) und französische Kipferl (in Deutschland – und auch in Österreich – Croissants).

Das Französische scheint eher umgekehrt das Wienerische beeinflusst zu haben. Insbesondere war das Französische beim Wiener Kongress (1814/1815) omnipräsent:

„A peine les années de guerre sont-elles passées que survient un événement qui fait de Vienne le lieu de rencontre du monde entier d’alors, le Congrès de Vienne, qui pendant plus d’un an sans doute dansa, mais où l’on parla aussi beaucoup, surtout dans le monde distingué ou qui se disait tel; et la langue des diplomates fut le français. Une fois de plus, dans l’espace de quelques décennies, les Viennois furent mis en présence de milliers d’étrangers (on parle de 100 000) dont la langue usuelle était encore le français.“(???)

In seiner Arbeit zum Französischen im Wiener Theater des 19. Jahrhunderts verweist Kreissler ((???)) – entsprechend dem „Berlinfranzösisch“ (s.o.) – auf das „Wiener Französisch“ derselben Epoche. Es handelt sich dabei allerdings wohl nicht um eine Varietät des Französischen, sondern um das „französisch parlieren“ ((???)) mit französischen oder Französisch klingenden Wörtern, die in Wien verwendet wurden (und z.T. noch werden) und keine 1:1-Entsprechungen des französischen Wortschatzes Frankreichs sind (vgl. Tab. 3). Betrachtet man diese Wörter jedoch genauer in deutschen und französischen Wörterbüchern (Duden online, TLFi), so stellt man zwei Punkte fest: Erstens sind die Bedeutungen oft gar nicht an sich unfranzösisch, sondern lediglich aus heutiger Sicht veraltet (z.B. lavoirVx. Petit récipient dont on se sert pour se laver les mains’; TLFi) oder sie stellen eine weniger bekannte Nebenbedeutung dar (z.B. plumeau neben ‘Staubwedel’ auch ‘Édredon, couverture de plumes’; TLFi) (vgl. dazu bereits (???)). Zweitens handelt es sich oft nicht um Austriazismen, sondern um allgemein bekannte falsche Freunde wie fr. veste/dt. Jacke vs. dt. Weste/fr. gilet; allein bei Trafik ‘Laden für Tabakwaren, Zeitungen u.Ä.’ vermerkt der Duden online „österreichisch“.

„Wiener Französisch“

(???)

Entsprechung im Französischen Frankreichs

(???)

Österreichisches Wörterbuch Duden online TLFi
lavoir cuvette ‘Waschschüssel’ ‘Wasch­schüssel’;
veraltet
auch ‘Vx. Petit récipient dont on se sert pour se laver les mains’
chambre séparée cabinet particulier --- ‘kleiner Nebenraum in Restaurants für ungestörte [intime] Zusammenkünfte’;
veraltet
---
raseur (friseur) coiffeur --- ‘Barbier’;
veraltet
---
parterre rez-de-chaussé ‘Erdgeschoss’ ‘Erd­geschoss’ 1668 ‘partie du rez-de-chaussée d’une salle de théâtre où le public se tient debout’
souterrain sous-sol ‘Tiefparterre’ ‘Keller­geschoss’
recette ordonnance --- ---
garde-robe vestiaire --- Garderobe auch ‘Pièce, chambre où sont rangés les vêtements’
veste gilet --- Weste ---
privatier rentier --- Privatier; veraltend ---
plumeau édredon --- ‘halblanges, dickeres Federbett’ auch ‘Édredon, couverture de plumes’
filiale succursale --- Filiale 1844 « succursale, annexe »
trafic Débit de tabac --- Trafik;

österreichisch

auch ‘Vieilli. Commerce de marchandises. Trafic colonial
antiquaire bouquiniste --- --- ---
thé tisane --- (Tee aus dem Niederländischen) auch ‘Infusion, tisane’

Tab. 3: Pseudo-Gallizismen im Wiener Theater des 19. Jahrhunderts ((???); vgl. auch (???)), Vorkommen und Bedeutung im Österreichischen Wörterbuch sowie Bedeutung und Konnotation im Duden online

Neben den unterschiedlichen Beziehungen zwischen Frankreich zum einen mit Deutschland, zum anderen mit Österreich (die Schweiz stellt noch einmal einen eigenen Fall dar) besteht noch ein weiterer Grund für die Unterschiede zwischen den Gallizismen in beiden Ländern und ihren Standardvarietäten: der anti-französische Purismus im Deutschland des ausgehenden 19. Jahrhunderts. Dieser betraf v.a. den staatlich beeinflussbaren Wortschatz der Post, der Eisenbahn und des Militärs. Bei der Post wurde aus dem Couvert der Umschlag, aus der Correspondenzkarte die Postkarte, aus recommandiert eingeschrieben, aus poste restante postlagernd; bei der Bahn aus dem Perron der Bahnsteig, aus der Barriere die Schranke, aus dem Passagier der Fahrgast, aus dem Coupé das Abteil, aus dem Conducteur der Schaffner und aus dem Retourbillet die Rückfahrkarte (vgl. (???), (???)).51 Insgesamt schätzt Kratz (1968: 474) daher den „französische[n] Anteil am Wortschatz (…) in Österreich (…) größer“ ein „als in Deutschland“.

Ende des 19. Jahrhunderts wurde die internationale Vorrangstellung Frankreichs dann von England abgelöst, nach dem zweiten Weltkrieg von den USA. Entsprechend nimmt der Einfluss des Französischen auf das Deutsche ab, gleichzeitig nimmt der Einfluss des Englischen zu (vgl. (???)). Dies illustriert die Dublette Appartement/Apartment im Deutschen: Im 17. Jahrhundert gelangte aus dem Französischen <Appartement> ‘Kleinwohnung’ [apaʁt(ə)ˈmɑ̃ː] ins Deutsche, im 20. Jahrhundert dann über das Englische <Apartment> ‘Einzimmerwohnung’, das ohne Schwa und ohne Nasalvokal als [apaʁtˈmɛnt] ausgesprochen wird (vgl. (???), (???), Duden online).

Lebensbereiche, in denen seitdem Frankreich weiterhin eine Vorbildfunktion genießt und entsprechend Wortschatz exportiert sind „Schönheit und Mode“ sowie „Essen und Gastronomie“ (vgl. auch (???)):

[…] das Französische [transportiert], namentlich in den Bereichen Parfum, Mode, Wein und Käse, einen Image-Mix aus Raffinesse, Eleganz und Savoir-vivre […]. (???)

Languages are therefore used in intercultural advertising because, through this cultural competence hierarchy, they have symbolic value independent of their utility meanings. Within this competence hierarchy, the Germans have been assigned the role of car-maker/engineer and brewer. Food and drink products, on the other hand, are best left to the European cooks and general culinary experts, the French. (…) Apart from its function as a signifier of good food and drink, the French language has also become a social hieroglyphic for femininity, fashion and beauty in intercultural advertising communication. (???)

Beispiele aus diesen semantischen Domänen finden sich in Tab. 4:

Semantische Domäne Beispiele
Schönheit und Mode Dessous, Koteletten, Maniküre
Essen und Gastronomie Aperitif, Kroketten, Menü, Mayonnaise, Remoulade
sonstiges Garage, Premiere, Prestige, Roulette

Tab. 4: Französische Entlehnungen im Deutschen im 20. Jahrhundert (vgl. (???): 8, (???))

Die im Zitat von (???) angesprochene Eleganz spiegelt sich auch in Assoziationen sowie sozialer und stilistischer Variation wieder:

Es ist nicht zu übersehen, daß die französischen Wörter sehr oft vornehmer, anspruchsvoller sind als die deutschen oder eine vornehmere, anspruchsvollere Variante des Gegenstandes bezeichnen. Eine Dame ist gesellschaftlich höherstehend als eine Frau. Ein Collier ist ein sehr kostbarer Halsschmuck. Eine Fontäne ist ein großer, prächtiger Springbrunnen in einem gepflegten Park. Eine Gesichtsfarbe hat jeder, einen Teint haben nur gepflegte Personen, besonders Damen. Ein Hotel ist vornehmer als ein Gasthaus, und je vornehmer es ist, desto französischer wird die Speisekarte. Dort wird auch nichts aufgetischt, sondern es wird serviert. Eierkuchen und Nachtisch sind bescheidener als Omelett und Dessert. Nur große Theater und luxuriöse Hotels haben ein Foyer. (???)

Wie häufig ist die Bewertung des sozial-stilistisch Höherstehenden ambig:

Mit dem Hauch des Vornehmen ist gelegentlich eine gewisse kühle Förmlichkeit verbunden, aus der sich Gespreiztheit entwickeln kann. Bei einem guten Freund macht man keine Visite, sondern einen Besuch. (Wenn der Arzt eine Visite macht, so liegt das auf einer anderen Ebene: nüchterne, fachlich-medizinische Atmosphäre.) Eine höfliche Entschärfung, Distanzierung liegt vor in beschränkt borniert (…). – Die Vornehmheit hat allerdings häufig ein großväterlich-altmodisches Aussehen bekommen. In einer modernen Wohnung gibt es keinen Salon mehr (nur der Friseur hat noch einen, aber das ist etwas anderes). Ein Salon riecht nach Plüsch und Spitzendeckchen. (…) Das französische Vorbild in gesellschaftlicher Hinsicht ist schon ein wenig vergilbt und verstaubt. (???)

Es stellt sich also die Frage, inwieweit 20 bis 50 Jahre später zu Zeiten von Hairstylisten und Coffeeshops eine solche Vorbildfunktion noch Realität ist. Hierzu kann eine Linguistic Landscape-Studie neue Antworten geben.

17.2. (Pseudo-)Gallizismen im Deutschen (Deutschland vs. Österreich)

Das Französische ist ohne Zweifel eine der wichtigsten Kontaktsprachen in der Sprachgeschichte des Deutschen, Thiele (???) zufolge sogar die wichtigste nach dem Lateinischen. Allerdings bestehen bedeutende Unterschiede zwischen den deutschen (Standard-)Varietäten in Deutschland und Österreich (und natürlich auch in der Schweiz). Dabei berichtet Ebner (???) einerseits, dass die Verwaltungsterminologie in Deutschland eher französisch, in Österreich dagegen lateinisch ist (z.B. deutsch Avis vs. österreichisch Aviso). Andererseits habe Österreich zahlreiche Gallizismen beibehalten, die in Deutschland schon wieder außer Gebrauch gekommen seien (vgl. Kapitel 2.1). Tab. 5 listet die Gallizismen auf, die laut Duden Österreichisches Deutsch (2008: 15) nur in Österreich (bzw. oft nur in Wien; vgl. (???)) existieren.

Österreichischer Gallizismus Deutsche Entsprechung / Erklärung
Apportl umgangssprachlich; Wurfgegenstand für den Hund
Assanieren sanieren
außertourlich zusätzlich
delogieren zum Ausziehen aus der Wohnung zwingen
Fadesse veraltet; Langeweile
Falott umgangssprachlich; Gauner
faschieren durch den Fleischwolf drehen
Frappé Milchmixgetränk
Karbonade veraltet; faschierte Laibchen52
Kokosette Kokosflocken
Magazineur Magazinverwalter
Manipulant Amtsspr.; Hilfskraft
Parte(zettel) Todesanzeige
Pouvoir Vollmacht
Pralinee französisierend; Praline
Rayon Amtsbezirk
retour zurück
reversieren umkehren
Rondeau rundes Beet
schmafu umgangssprachlich; geizig
Trafik Tabakladen
tentieren umgangssprachlich; beabsichtigen

Tab. 5: Österreichische Gallizismen laut Duden Österreichisches Deutsch (2008: 15).

Neben diesen Unterschieden im Inventar französischer Lehnwörter in Deutschland und Österreich bestehen auch Unterschiede in Bezug auf den Grad der Lehnwortintegration. Hierbei kann man entsprechend der phonetisch-phonologischen, graphischen, morphologischen und syntaktischen Integration zwischen Fremdwörtern und Lehnwörtern unterscheiden (vgl. (???)); dazu kommt noch das vollkommen unintegrierte Code-Switching (vgl. (???) nopar="true"). Dies demonstriert in Abb. 3 fr. café, das sich zu dt. <Café> und <Kaffee> bzw. [ka'fe] und ['ka.fe] entwickelt hat. Als erste Etappe kann das Code-Switching angesetzt werden, das nur bei bilingualen Sprecher*innen vorkommt. Aktuelle Beispiele von deutsch-französisch zweisprachigen Kindern der école maternelle des Lycée Français de Vienne sind etwa „je suis allée avec OMA au SPIELPLATZ“ oder „Und dann nimmt sie ihren DOUDOU mit“ ((???)). Je nach Prestige der Kontaktsprache kann Code-Switching als mangelnde Sprachkompetenz oder als Snobismus interpretiert werden (vgl. „Alamode-Sprache in Kapitel 2.1). Im Gegensatz zu bilingualen Sprecher*innen integrieren einsprachige Sprecher*innen Entlehnungen tendenziell besonders stark in das System ihrer L1. Dies kann die Konnotation ‘ungebildet’ haben, etwa bei Restaurant [ʁɛestauʁaŋ], muss es aber nicht. So gilt beispielsweise die ältere eingedeutschte Aussprache [jats] für Jazz als die der Expert*innen im Gegensatz zur neueren dem anglo-amerikanischen Original näheren Aussprache [dʒæz].

Code-Switching Fremdwort Lehnwort
Graphie <café> <Café> <Kaffee> <Kaffee>
Phonologie [ka'fe] [ka'fe] [ka'fe] ['ka.fe]
Sozio-stilistische Konnotation mehrsprachig
(evtl. ‘Snob’)
einsprachig

(evtl. ‘ungebildet’)

Abb. 3: Unterschiedliche Integrationsgrade von Entlehnungen am Beispiel von fr. café

Auch wenn es sich diachron um ein Kontinuum handelt, kann man synchron zwischen Lehnwörtern wie Abenteuer (vgl. Kapitel 2.1) unterscheiden, die voll integriert sind und deren französische Herkunft dem/der durchschnittlichen Sprecher*in unbekannt ist, und Fremdwörtern wie Cousin oder Matinee, denen man ansieht und/oder anhört, dass sie aus dem Französischen stammen (vgl. dazu Tab. 6).

In der Phonologie zeigen dies die im Deutschen eigentlich unbekannten Phoneme der Nasalvokale (/ɑ̃/, /ɔ̃/, /ɛ̃/ und /œ̃/53) und des stimmhaften post-alveolaren Frikativs /ʒ/ (z.B. in Vernissage). Man kann darüber streiten, ob /ʒ/ und die Nasalvokale zum phonologischen System des L1 Deutsch von Sprecher*innen zählen, die diese Phoneme in französischen Lehnwörtern aussprechen (vgl. dazu auch (???), (???)). Solche „Phonemimporte“ werfen die grundsätzliche Frage auf, ob sprachliche Systeme als ein homogenes Ganzes oder als ein Kontinuum zwischen einem Kern und einer Peripherie zu modellieren sind (vgl. (???), (???)). Dagegen taucht der typologisch seltene und für L1-Sprecher*innen des Deutschen besonders schwer auszusprechende labiale Gleitlaut /ɥ/ nicht in Lehnwörtern auf: Fr. biscuit [bisˈkɥi] wird in Deutschland zu dt. Biskuit [ˈbɪskvɪt]/[bɪsˈkviːt] (vgl. Duden online), in Österreich auch zu [bisˈkʋiː(t)] (vgl. adaba:). Neben den Unterschieden im Phoneminventar zeichnen sich Fremdwörter aus dem Französischen auch auf prosodischer Ebene aus, nämlich durch die Akzentuierung auf der letzten Silbe (vgl. (???)). In anderen Fällen sind allein die französischen Grapheme bzw. Graphem-Phonem-Korrespondenzen auffällig (z.B. das <oi> für [wa] in Repertoire). Tab. 6 illustriert dies anhand der Wörter, die ich in Kapitel 2.1 bereits in Bezug auf ihren kulturellen Kontext und ihre semantischen Domänen eingeführt habe.

Französisches Element Fremdwort im Deutschen
Phoneme /ɑ̃/ Champignon, Chance, Restaurant
/ɔ̃/ Champignon, Feuilleton
/ɛ̃/ Bassin, Cousin, Teint
/œ̃/ Parfüm
/ʒ/ Etage, Garage, Regime, Vernissage
Graphem-Phonem-Korrespondenzen <u> [y] Buffet (neben Büffet)
<ai> [ɛ] Mayonnaise, Palais, Baisse
<au> [o] Hausse, Restaurant
<oi> [wa] Repertoire
<oin> [wɛ̃] Pointe
<eu> [œ] / [ø] Feuilleton, Milieu
<ou> Bouillon, Dessous, Ragout, Remoulade, Toupet
<eau> Niveau
<ee> Allee, Gelee, Kaffee, Matinee, Soiree
<c> [k] bzw. [s] Café, Cousin; Ressource, Chance
<ch> Champignon
<ll> Bouillon, Feuilleton
<e> muet Kotelett, Omelett(e), Pommes Frites

Tab. 6: Französische Phoneme und Graphem-Phonem-Korrespondenzen in französischen Fremdwörtern im Deutschen

In manchen Fällen schwankt die Aussprache allerdings abhängig von der Region und vom Bildungsgrad der Sprecher*innen und auch von der Stilhöhe des Gesagten sowie der semantischen Domäne des Wortes. So spricht man beispielsweise in Deutschland Bonbon phonologisch integriert als [bɔŋˈbɔŋ]54 aus (mit Oralvokal und velarem Nasal wie in Südfrankreich), in Österreich dagegen als [bɔ̃ˈbɔ̃ː] oder [bɔmˈbɔ̃ː] (vgl. Tab. 7). Dagegen wird Feuilleton stets mit Nasalvokal als [ˈfœjətɔ̃] ausgesprochen. Für Champignon ist sowohl [ˈʃampɪnjɔŋ] als auch [ˈʃampɪnjɔ̃ː] verzeichnet, für Österreich auch [ˈʃampɪnjoːn]. Bei finalem <-ge> /ʒ/ wie in Garage ist die Lage einfacher: Hier spricht man in Deutschland final [ʒə], in Österreich dagegen [ʃ] aus (vgl. Melange in Kapitel 1). Entsprechend steht bei finalem <-se> wie in Mayonnaise deutsches [zə] österreichischem [s] gegenüber. Die deutsche Variante imitiert in beiden Fällen den stimmhaften Sibilanten des Französischen, spricht aber das finale <e> muet nach den Graphie-Phonie-Korrespondenzen des Deutschen aus. Die österreichische Variante übernimmt die Nicht-Realisierung des finalen <e>, integriert in Folge aber den Sibilanten, der durch die Auslautverhärtung stimmlos wird. Zudem behält das österreichische Deutsch die Akzentuierung auf der finalen Silbe öfter als das deutsche Deutsch bei, z.B. wird Kaffee stets [kaˈfeː] ausgesprochen; in Deutschland sind dagegen sowohl [ˈkafeː] als auch [kaˈfeː] möglich (vgl. Duden Österreichisches Deutsch 2008: 467, Duden online, adaba:).

Duden online adaba:
Deutschland Österreich Deutschland Österreich
Bonbon [bɔŋˈbɔŋ] [bɔ̃ˈbɔ̃ː] [ˈbɔŋbɔŋ]/[ˈbombɔŋ] [bo̞mˈbõː]/[..mˈbɔ̃ː]
Feuilleton [ˈfœjətɔ̃], auch [fœjəˈtɔ̃ː] --- --- ---
Champignon [ˈʃampɪnjɔŋ], [ˈʃampɪnjɔ̃ː] auch: [ˈʃampɪnjoːn] [ˈʃampiŋjɑ̃ː] [sic!] / [ʃamˈpiɔŋ] [ˈʃampiŋjõː]/[+]-[ˈʃampiŋjɔ̃ː]
Garage [ɡaˈraːʒə] meist: […ʃ] [ɡaˈʁaːʒə] [ɡaˈʁaːʒə]\[..ʃə]
Mayonnaise [majɔˈnɛːzə], [majo…] [majɔˈnɛːs] --- ---
Kaffee Betonung

Kaffee auch [kaˈfeː]

nur: [kaˈfeː] [ˈkafeː] [kaˈfeː]

Tab. 7: Aussprache französischer Lehnwörter in Deutschland und Österreich

Neben der phonologischen Ebene kann die Integration natürlich auch auf der graphischen Ebene stattfinden. Dazu gehört zunächst einmal die Großschreibung der Substantive im Deutschen (mit Ausnahme fester Konstruktionen wie en masse). Zudem verschwinden häufig die Akzente, die es im Deutschen eigentlich (außer in wenig integrierten französischen Lehnwörtern wie Café) nicht gibt, z.B. dt. Kaffee. Hier lässt sich häufig beobachten, dass zunächst die Graphie der Quellsprache übernommen wird, anschließend daneben eine eingedeutschte Graphie erscheint und diese sich schließlich durchsetzt. Manchmal werden Wörter auch nur zum Teil graphisch integriert. So schreibt man beispielsweise Ouvertüre mit dt. <ü> statt fr. <u> (ouverture), aber mit dem französischen Digraph <ou>, obwohl im Deutschen /u/ mit <u> verschriftet wird. Daneben kann die Beibehaltung der Originalschreibung aber auch über den Prozess der spelling pronunciation zu einer neuen Aussprache führen. So spricht man beispielsweise in dt. Hotel im Gegensatz zu fr. hôtel das <h> als [h] aus, in Horsd’œuvre55 dagegen nicht. In anderen Fällen wie blond oder prompt führt die spelling pronunciation zur Aussprache finaler Konsonanten, die im Französischen in der Regel stumm sind (vgl. (???), Duden online). Werden Wörter über die Phonie entlehnt – an die sich dann eventuell die Graphie anpassen kann –, spricht man von eye loans; werden Wörter über die Graphie entlehnt – an die sich dann eventuell die Phonie anpassen kann –, von ear loans (vgl. (???)).

In zahlreichen anderen Fällen sorgt dagegen eine den deutschen Graphem-Phonem-Korrespondenzen entsprechende, also integrierte Graphie dafür, dass die dem Französischen sehr ähnliche Aussprache von ear loans erhalten bleibt. Dies ist etwa bei Büro [byˈʁo] mit <ü> und <o> für fr. bureau und Likör [liˈkœʁ] mit <k> und <ö> für fr. liqueur der Fall. Bei fr. peluche [plyʃ] > dt. Plüsch [plyːʃ] ist das stumme <e> muet in der ersten Silbe und final in der Graphie weggefallen, [y] wird entsprechend den deutschen Graphem-Phonem-Korrespondenzen statt als <u> als <ü> notiert und [ʃ] statt als <ch> als <sch>. Aber auch die Graphie kann schwanken, und das selbst zwischen den Standardvarietäten des Deutschen. So ist in Deutschland etwa das stärker integrierte <Büffet> (neben <Buffet>) üblicher als in Österreich (vgl. Duden online). Daneben kann ein unterschiedlicher Grad der Lehnwortintegration auch semantische Unterscheidungen codieren, z.B. <Kaffee> (Getränk) vs. <Café> (Gaststätte). Insgesamt scheint damit das Deutsche Österreichs französische Entlehnungen eher zu imitieren, das Deutsche Deutschlands dagegen zu adaptieren.

Neben der Phonologie und Graphie ist auch die Morphologie ein Indikator für den Grad der Integration. Hier sind insbesondere das Genus (vgl. die Melange; s.o.) und die Pluralbildung zu erwähnen. So findet man auf Märkten neuerdings Navetten (< fr. navets ‘Speiserüben’) mit dem deutschem Suffix -en (zur Pluralbildung vgl. auch (???)).

Ein lexikologisch spannendes Phänomen sind schließlich die oben schon erwähnten falschen Freunde und Pseudo-Entlehnungen. Diese haben auf deutschsprachige Sprecher*innen eine französische Wirkung, existieren aber gar nicht im Französischen selbst. Eine solche „expressive Wirkung von Xenismen und fremdsprachigen Sequenzen“ erfolgt „in erster Linie über die Form“ (???). Ein Beispiel aus Deutschland für Falsche Freunde ist Baiser, auf deutsch ein ‘Schaumgebäck aus geschlagenem Eiweiß und Zucker’ (das auf Französisch meringue heißt), auf Französisch dagegen ‘Kuß’ ((???)); in Österreich sagt man dagegen laut Duden online eher Windbäckerei oder Schaumbäckerei. Ein anderes bekanntes Beispiel ist Jalousie (fr. ‘Eifersucht’, dt. ‘Rolladen’56, was fr. store entspricht). Manche Falschen Freunde beschränken sich dagegen auf Österreich, z.B. österreichisch fad ‘langweilig’ (das im Gegensatz zu Fadesse in Tab. 5 meiner persönlichen Erfahrung nach sehr lebendig ist, z.B. in mir ist fad ‘ich langweile mich’) vs. fr. fade ‘ohne Geschmack’ (vgl. (???)). Auch Melange ist ein faux ami, da es sich nicht um eine beliebige ‘Mischung’, sondern um eine Art Cappuccino handelt (café au lait laut (???); vgl. bereits Kapitel 1). Eine Pseudo-Entlehnung ist dagegen Friseur (vgl. fr. friser ‘Haare locken’), denn auf Französisch sagt man nicht *friseur, sondern coiffeur. Letzteres ist wiederum in der Wiener Linguistic Landscape ebenfalls sehr verbreitet, wie die Studie von (???) zeigt (vgl. Kapitel 2.3)

17.3. Erste Erkenntnisse zu Gallizismen in der Wiener Linguistic Landscape

Speziell zu den Gallizismen in der Wiener Linguistic Landscape existiert bislang nur die Diplomarbeit von (???) (die neben Gallizismen auch Italianismen untersucht). Sie hat zum einen vier Einkaufsstraßen in Wien auf französische Wörter fotographisch dokumentiert und zum anderen systematisch im Internet nach Namen von Friseurgeschäften und dem Wortschatz von Bäckereigeschäften recherchiert.

Die vier untersuchten Einkaufsstraßen sind der Graben (1. Bezirk: Innere Stadt), die Josefstädter Straße (8. Bezirk: Josefstadt), die Liechtensteinstraße (9. Bezirk: Alsergrund) und die Brunnengasse (16. Bezirk: Ottakring). Während am Graben als dem touristischen Zentrum Wiens und in der Liechtensteinstraße um den Hauptsitz der großen französischen Schulen (mit ca. 2 000 Schüler*innen) herum das Französische auch eine kommunikative Funktion innehat, ist an der Josefstädter Straße und in der Brunnengasse die Funktion im Wesentlichen symbolisch.57 (???) dokumentiert hier v.a. Begriffe aus den üblichen semantischen Domänen Gastronomie (Restaurant, Café/Cafe), Mode (Boutique) und Schönheit (Salon, Parfüm).

Daneben hat (???) auf Basis der Branchenliste sämtliche Bezeichnungen der 1669 Friseurgeschäfte in Wien nach Bezirken kartographiert (vgl. die Synopse in Abb. 2). Dabei hat sie herausgefunden, dass 16% der Geschäfte den Pseudo-Gallizismus Friseur enthalten sowie 4% das in das deutsche Graphemsystem integrierte Frisör. Der französische Coiffeur findet sich dagegen nur in 6% der Ladenbezeichnungen. 14% der Geschäfte haben ferner einen Namen, der das englische Morphem Hair- ‘Haar’ enthält. Die übrigen 60% verteilen sich auf Wortbildungen mit den deutschen Wurzeln Frisier-, Frisur- oder Haar- (insgesamt 11%), Wortspiele (4%), Namen der Besitzer*innen (6%) oder komplett andere Bezeichnungen (14%). Bei den übrigen 23% der Geschäfte war der Name nicht über die Branchenliste identifizierbar.

Bezeichnungen der Wiener Friseurgeschäfte (Fröschl 2017: 66)

Fröschl (2017: 68-69) hat diese Bezeichnungskategorien auch nach Bezirken geordnet. Für das französische Coiffeur ergibt sich dabei folgende Verteilung (vgl. Abb. 5):

Der Anteil der Bezeichnung Coiffeur für Friseurgeschäfte in den Wiener Bezirken (Fröschl 2017: 73)

Abb. 5 zeigt, dass die ‘Hochburgen’ der Coiffeur-Bezeichnungen für Friseurgeschäfte in Wien im 1. Bezirk Innere Stadt (13%), also der touristischen Innenstadt, sowie in den bürgerlichen Wohnvierteln des 8. Bezirks Josefstadt und 13. Bezirks Hietzing (jeweils 10%) liegen. Nach unten weichen der 18. Bezirk Währing (2%) und der 7. Bezirk Neubau (1%) am meisten vom Durchschnittswert von 6% (s.o.) ab. Dabei handelt es sich jedoch keinesfalls um bildungsferne oder wenig kosmopolite Stadtviertel! Hier finden sich vielmehr überdurchschnittlich viele Friseurgeschäfte mit dem aus dem Englischen entlehnten Morphem Hair- (21% im 7. Bezirk, 30% im 18. Bezirk). In den traditionellen Arbeitervierteln Ottakring (16. Bezirk) und Favoriten (10. Bezirk) sind dagegen die klassischen Bezeichnungen mit Friseur-/Frisör- (26% bzw. 24%) überdurchschnittlich verbreitet.

Der zweite Bereich, den (???) in ihrer Arbeit genau dokumentiert, ist der Wortschatz der Backwaren in acht Wiener Bäckerei-Ketten (auf Basis deren Homepages). Als häufigste Morpheme aus dem Französischen identifiziert sie dabei Croissant, Baguette, Jour(-) und Brioche(-). Daneben dokumentiert sie auch Ficelle, Roulade, Tarte, Dessert, Biskuit(-), Pain, Melange, Creme(-)/Crème, Gratin, Mousse, Likör, Nougat, Pain au chocolat, Petit four, Gelee(-) und Souflee(-) (vgl. (???): 76). Bemerkenswert ist die Finlandaise der ebenfalls in Deutschland verbreiteten Kette Le Crobag (deutscher Markenname aus fr. le, cro(issant) und bag(uette)), die die meisten französischen Wörter aller untersuchten Ketten verwendet (insbesondere als einzige Ficelle und Pain au Chocolat): Die Kette verwendet das französische Wort Finlandaise ‘Finnin’ für ein Finnenbrot aus dunklem Vollkornmehl mit hohem Kornanteil in Form eines französischen Baguettes – was in Frankreich meinen Recherchen nach nicht existiert.

Die meisten dieser in Wien dokumentierten Wörtern finden sich im Duden online. Tab. 8 bildet daraus Genus und phonetische Transkription ab. Zusätzlich sind dort z.T. Informationen zu Etymologie und Wortgeschichte aus dem (???) verzeichnet. Die Reihenfolge entspricht ihrer Frequenz im Korpus von (???).

Duden online (???)
Genus Phonetische Transkription Erstbeleg
Croissant das [kʁo̯aˈsɑ̃ː] (keine Etymologie)
Baguette das oder die [baˈɡɛt] 20. Jh.
Jour(-) ---*58 --- (keine Etymologie)
Brioche(-) die [bʁiˈɔʃ] (keine Etymologie)
Ficelle --- --- ---
Finlandaise --- --- ---
Roulade ---* --- (keine Etymologie)*
Tarte die [ˈtaʁt(ə)] (keine Etymologie)
Dessert das [dɛˈseːɐ̯], auch: [dɛˈsɛʁt], [dɛˈsɛːɐ̯], [ˈdɛsɛːʁ] 17. Jh.
Biskuit(-) das oder der [ˈbɪskvɪt], auch: […ˈkviːt], […ˈkvɪt] 17. Jh.
Pain ---* --- ---
Melange die österreichisch

[meˈlɑ̃ːʃ]

1830 in Wien
Creme(-)/Crème die [kʁeːm], [kʁɛːm] 1. Hälfte des 19. Jh.
Gratin der oder das [ɡʁaˈtɛ̃ː] (keine Etymologie)
Mousse die [mus] (keine Etymologie)
Likör der (keine Lautschrift) Anfang 18. Jh.
Nougat59 der oder das [ˈnuːɡat] 19. Jh.
Pain au chocolat ---* --- ---
Petit four das [pətiˈfuːɐ̯] ---
Gelee(-) das oder der [ʒeˈleː], auch: [ʒəˈleː] Anfang 18. Jh.
Souflee(-)60 das [zuˈfleː], auch: [su…] 19. Jh.

Tab. 8: Eintragungen des französischen Backwarenwortschatzes in Wiener Bäckereigeschäften nach (???) in Wörterbüchern des Deutschen

Im Duden online ist davon lediglich Melange (vgl. Kapitel 1) als spezifisch österreichisches Wort gekennzeichnet. Die übrigen Wörter sind entweder im gesamten deutschsprachigen Raum verbreitet oder tauchen gar nicht im Wörterbuch auf. Auffällig ist, dass bei zahlreichen verzeichneten Wörtern das Genus und die Aussprache schwanken (vgl. Tab. 8), was dafür spricht, dass in verschiedenen Regionen und/oder sozialen Schichten ein unterschiedlicher Integrationsgrad vorliegt. Hierbei können sich Phonologie, Graphematik und Morphologie verschieden verhalten. So klingt beispielsweise Croissant mit seinem Nasalvokal noch sehr französisch und sieht mit dem Digraph <oi> auch so aus; Komposita wie Butter-Croissant, Laugen-Croissant, Marzipan-Croissant etc. (vgl. (???)) zeigen dagegen, dass das Wort bereits Teil des deutschen Wortbildungssystems ist (zumindest bei Komposita). Während die allein bei Le Crobag dokumentierten Ficelle und Pain au Chocolat als Code-Switching und Finlandaise als Neologismus oder Markenname angesehen werden können, sind Jour(-) (in Jour-Gebäck, Jour-Semmel, Jour-Salzstangerl, etc.) und Roulade (im Sinne von ‘(mit Marmelade oder Creme gefüllter) Biskuitrolle’, nicht von ‘Fleisch- oder Kohlroulade’!) so verbreitet, dass sie in das Wörterbuch aufgenommen werden sollten.

Die Diplomarbeit von (???) zeigt, wie eine Untersuchung der Linguistic Landscape es erlaubt, die Verbreitung bekannter Fremd- und Lehnwörter zu quantifizieren und sozialgeographisch zu verorten (in Österreich, aber auch in Wien und seinen Bezirken) sowie neue Fremd- und Lehnwörter zu dokumentieren. Diese können die Datenbasis sein, um zu untersuchen, wie die verschiedenen sprachlichen Ebenen bei der Integration von Entlehnungen zusammenwirken.

18. Methodik

Um den Kenntnisstand zum französischen Einfluss auf das österreichische Deutsch zu aktualisieren, bietet sich eine Untersuchung der Linguistic Landscape an. Ich möchte dies in einer kleinen Pilotstudie zum 8. Bezirk Wiens (Josefstadt) demonstrieren. Dazu stelle ich zunächst einmal kurz den methodischen Ansatz der Linguistic Landscape-Forschung vor (Kapitel 3.1), anschließend die Smartphone-App (???), mit der man die Linguistic Landscape digital kartographieren und annotieren kann (Kapitel 3.2) und schließlich das ausgewählte Untersuchungsfeld: Wien bzw. der Wiener Bezirk Josefstadt (Kapitel 3.3).

18.1. Linguistic Landscape-Forschung

Seit den 1970er Jahren hat sich in der Sprachwissenschaft ein Forschungsfeld herausgebildet, das in den ver­gangenen zehn Jahren durch die Fortschritte in der digitalen Fototechnik geradezu explodiert ist: die Linguistic Landscape Study (vgl. die Forschungsüberblicke in (???) und (???)). Dabei umfasst die Linguistic Landscape (dt. Sprachlandschaft, fr. paysage linguistique) nach der vielzitierten Definition von (???) sämt­liche Vorkommen von Schriftlichkeit im öffentlichen Raum:

The language of public road signs, advertising billboards, street names, place names, commercial shop signs, and public signs on government buildings combines to form the linguistic landscape of a given territory, region, or urban agglomeration. (???)

Der Fokus der Linguistic Landscape-Forschung liegt auf der Mehrsprachigkeit in der Stadt, weswegen manche statt von Lin­guis­tic Landscape auch von multilingual cityscape sprechen (vgl. u.a. (???), (???)). Dabei liefert die Linguistic Landscape eine Datenbasis sowohl für sprachsoziologische und -politische als auch für sprach­in­ter­ne Fragestellungen: In ihr spiegelt sich besonders deutlich das Prestige von Dialekten, Minderheiten­spra­chen, Herkunftssprachen, Fremdsprachen sowie Englisch als lingua franca (vgl. (???)) wider; dieses konstruiert sie gleichzeitig aber auch mit. Die Sprachen können dabei sowohl eine kom­mu­nikative als auch eine symbolische Funktion erfüllen: Beim Französischen ist es in vielen Ländern Europas (und darüber hinaus) ein aus der Werbesprache bekannter „Image-Mix aus Raffinesse, Eleganz und Savoir-vivre“ ((???); vgl. Kapitel 2.1), der v.a. in den Bereichen Mode, Parfüm und Genuss zum Einsatz kommt und aus der Lehnwort­for­­schung gut bekannt ist (vgl. u.a. (???), (???); vgl. Kapitel 2.1). In anderen Kontexten kann das Französische natürlich auch eine andere Rolle spielen, wie etwa die Studien von (???) zu Rennes und Perpignan oder (???) zu Mauritius.

Die Linguistic Landscape liefert damit einen neuen Datentyp für die Erforschung des Sprachwandels durch Sprach­kon­takt insbesondere im Bereich des Lexikons, von der Innovation bis zur Lexikalisierung. Hier finden sich alle Stufen der Lehnwortintegration (vgl. (???), (???), (???), (???)), vom Code-Switching (z.B. „avec OMA au SPIELPLATZ“; vgl. Kapitel 2.2), über Fremdwörter (z.B. Café, Bouillon, Garage; vgl. Tab. 6), Entlehnungen (z.B. Restaurant; vgl. Kapitel 2.1 und 2.2) und Pseudo-Entlehnungen (z.B. Friseur; vgl. Kapitel 2.2 und 2.3) bis zu Hybridformen (z.B. Briochekipferl; vgl. Kapitel 1, 2.1 und 2.3). Insbesondere für das verschriftlichte öster­reichische Deutsch, das sich als Unterrichts- und Bildungssprache derzeit immer mehr eman­zi­piert (vgl. (???)), ist in dieser Hinsicht die Dokumentation noch unzureichend. So führt beispielsweise der Duden online das im Wiener Straßenbild sehr präsente Coiffeur (vgl. Kapitel 2.3) lediglich als „schwei­ze­risch, sonst gehoben“ auf.

18.2. App Lingscape

Methodisch hat die Entwicklung der digitalen Kameratechnik mit wachsenden Speicherkapazitäten die Möglichkeiten der Datensammlung in der Linguistic Landscape enorm verbessert ‒ was entscheidend zur Explosion der Forschungstätigkeit beigetragen hat (vgl. (???)). Ein zweiter Schub ist nun durch neu entwickelte Linguistic Landscape-Apps wie LinguaSnapp (2015, http://www.lingua­snapp.man­ches­ter.ac.uk/) und (???) (2016, http://lingscape.uni.lu/; vgl. (???), (???)) zu erwarten, die GPS-georeferenzierte Bilder von Smartphone-Kameras über das Internet direkt in Datenbanken einspeisen.

Bei der hier verwendeten App (???) lassen sich die Bilder Sprachen zuordnen und mit Kommentaren versehen (vgl. Abb. 2b in Kapitel 1). Damit wird insbesondere die Erforschung großer Gebiete und die Exhaustivität anstrebende Erhebung einzelner Straßen oder Straßenabschnitte deutlich erleichtert. Die App-Nutzer*innen erhalten durch den unmittelbaren Eintrag in die sowohl in der App als auch im Internet sicht­bare Karte ein di­rektes Feedback zu ihrem Crowdsourcing-Beitrag und können dieses per Facebook und Twitter mit ihren Freun­den teilen (ungeeignetes Material wird so schnell wie möglich von den Moderator*innen der App wieder ge­löscht, z.B. Fotos von Personen). Die (???)-App speist die erhobenen Daten in eine Datenbank ein, die im Anschluss über eine auto­matisierte Bildanalyse und Texterkennung geostatistische und linguistische Analysen ermöglicht. Die App (kostenlos für iOs und Android) ist seit September 2016 in den Google- und Apple-App Stores verfügbar und ano­nym61 nutzbar können).

18.3. Untersuchungsfeld: Wien

Für die Untersuchung des Sprachkontakts in der Linguistic Landscape bieten kosmopolite Städte wie Wien ein ideales Feld (vgl. z.B. (???) zu Paris, (???) zu Tokyo, (???) zu Berlin). Durch den Sitz in­ternationaler Organisationen (UNO, OSZE) mit auch Französisch als Arbeitssprache und dem Lycée62 als renommierter Bildungseinrichtung auch für internationale und österreichische Schüler*innen, lässt sich ver­muten, dass neben dem Englischen als lingua franca auch das Französische hier besonders präsent ist.

Sprach­wissenschaftliche Untersuchungen der Wiener Linguistic Landscape gab es vor Beginn meiner Erhebungen 2016 noch kaum. Englisch in Wien war in zwei kleineren internationalen Studien im Vergleich mit anderen Städten nur mit­be­han­delt worden (vgl. (???), (???)). Im laufenden FWF-Projekt ELLViA (English in the Lin­guis­tic Landscape of Vienna, Austria) hatte Barbara Soukup mit ihren Mitarbeiter*innen von April bis September 2015 (qua­si-)ex­haus­tiv in sechs Bezirken jeweils zwei Straßenabschnitte von 200 Metern im Hinblick auf den Ge­brauch des Englischen dokumentiert (vgl. (???), (???)). Zum Italienischen existieren die Untersuchungen von (???) und (???). Zum Französischen in Wien liegt dagegen bislang nur die Diplomarbeit von (???) mit dem Fokus auf den Namen von Friseurgeschäften und dem Wortschatz in Bäckereien vor (vgl. Kapitel 2.3).

Mit Verbreitung der (???)-App und mehreren Lehr- und Forschungsaufenthalten von Christoph Purschke in Wien ist Wien mittlerweile zur „Stadt mit den meisten hochgeladenen Fotos“ geworden (vgl. (???)). Mit der App (???) wurden in Wien per Crowdsourcing bislang über 3 000 Fotos hochgeladen. Bevor ich am 18.07.2019 meine eigenen Fotos hochgeladen hatte, ließen sich jedoch nur 25 speziell französische Wörter über die Website https://lingscape.uni.lu herausfiltern (dafür ca. 1 700 deutsche, 250 englische und 387 deutsch/englische), davon nur 8 in der Josefstadt (6 in der Josefstädter Straße). Der aktuelle Stand sind 26 rein französische Items und 83 Items mit Französisch (vgl. (???), (???) und Kapitel 3.4) – noch ohne das hier präsentierte Projekt. Diese französischen Items wurden bislang noch nicht analysiert.

Der 8. Bezirk Josefstadt hat sich in (???) mit Blick auf die Verbreitung der Bezeichnung Coiffeur als besonders französisch beeinflusst erwiesen, obwohl es sich weder um die touristische Innere Stadt (1. Bezirk) noch um das Viertel um die französische Schule im Alsergrund (9. Bezirk) handelt. Damit sind hier zum einen besonders viele Gallizismen in der Linguistic Landscape zu erwarten (was ein vergleichender linguistischer Spaziergang durch den benachbarten 16. Bezirk Ottakring bestätigt hat). Zum anderen erklären sich diese nicht durch die kommunikative Funktion, um L1-Sprecher*innen des Französischen anzusprechen, sondern durch die symbolische Funktion.

18.4. Dokumentationsprozess

Bei zwei linguistischen Spaziergängen durch den 8. Bezirk Josefstadt am 10.09.2016 und am 18.07.2019 habe ich auf insgesamt 77 Fotos 117 französische Wörter und Konstruktionen dokumentiert, die ich in Kapitel 4 analysieren möchte.63 Diese 117 token entsprechend 94 types, da einige token mehrfach vorkommen: 7x CAFE/CAFÉ/Café/Cafe, 4x BOUTIQUE, 2x Confiserie etc. (vgl. Tab. 9).

Grundlage ist meine persönliche Wahrnehmung und Einschätzung, ohne Anspruch auf Vollständigkeit. Diese wäre aus forschungsökonomischen Gründen im Fall des Französischen in Wien auch schwer durchführbar. Während Barbara Soukup in ihrem FWF-Projekt English in the linguistic landscape of Vienna, Austria (ELLViA) ausgewählte Straßenabschnitte exhaustiv dokumentiert hat, ist dies bei einem Interesse allein am Französischen nicht sinnvoll, da weniger als 1% der öffentlichen Schrift in Wien auf Französisch ist (vgl. Tab. 9).

Die folgende Tabelle gibt einen Überblick über den Anteil des Französischen sowie anderer Sprachen in der Wiener Linguistic Landscape, wie Barbara Soukup sie in ihrem Projekt ELLViA dokumentiert hat (bislang noch unveröffentlichte Ergebnisse). Die Tabelle liefert die Daten zum einen für das Projekt insgesamt (Wien) sowie gesondert für den in diesem Artikel behandelten Bezirk Josefstadt. Sie zeigt, dass Deutsch die mit Abstand am häufigsten auftretende Sprache ist (39% wienweit), Englisch mit einer halb so hohen Frequenz (19%) aber ebenfalls sehr verbreitet ist. Die übrigen Sprachen bleiben mit gemeinsam nur 3,6% sehr weit dahinter zurück. Nur 1% der ausgewerteten Items des ELLViA-Projekts enthalten französische Ausdrücke (94/10 381), nur 0,3% sind ausschließlich französisch (n = 26). In der Josefstadt (Josefstädter Straße und Stolzenthalergasse) enthält das ELLViA-Projekt lediglich 11 Items mit französischem Text, davon nur drei mit rein französischem Text (in allen drei Fällen Zigarettentasten an demselben Automaten: 2x Gauloises blondes, 1x Parisiennes). Dagegen liegen der Studie hier 77 Fotos zugrunde (s.o.).

Deutsch (+/-andere Sprachen) Englisch (+/-andere Sprachen) anderen Sprachen (auch in Kombination, ohne Französisch) Französisch (+/-andere Sprachen) ausschließlich Französisch
Wien 39% 19% 3,6% 1% (n = 94) 0,3% (n = 26)
Josefstadt 40% 21% 5% 1% (n = 11) 0,1% (n = 3)

Tab. 9: Sprachen in den dokumentierten Items des Projekts ELLViA von April bis September 2015 (Daten: Barbara Soukup)6465

Dieser Vergleich zeigt, dass für eine Untersuchung des Französischen eine gezielte Suche in einem größeren Bereich notwendig ist. Diese hat gegenüber einer exhaustiven Dokumentation jedoch stets den Nachteil, dass sie durch die subjektive Wahrnehmung der dokumentierenden Personen gefiltert wird. Daher spricht Purschke ((???)) in Bezug auf die (???)-App auch von Crowdscapes:

Gegenüber klassischen Studien zu linguistic landscapes führt die Anlage des Projekts zu einem Bild sprachlicher Landschaften, in dem viele individuelle Perspektiven auf Sprache in der Öffentlichkeit verschmelzen; die Datenstruktur allerdings ist relativ heterogen, weil die gesammelten Bilder von den persönlichen Vorlieben oder projektbezogenen Entscheidungen der Teilnehmer.innen abhängen. Um dabei den Umstand zu reflektieren, dass die Datenbasis kein wirklichkeitsgetreues Abbild einer gegebenen Sprachlandschaft darstellt, werden diese kollaborativen Rekonstruktionen sprachlicher Landschaften im Rahmen des Projekts als Crowdscapes bezeichnet ((???))

Tab. 10 gibt den Stand der (???)-Datenbank zum 1. August 2019 wieder (Tab. 10). Hier finden sich 26 rein französische Items und insgesamt 83 Items, auf denen auch Französisch zu sehen ist. Die Items des vorliegenden Projekts waren zu diesem Zeitpunkt noch nicht öffentlich zugänglich.

Sprachen pro Bild Deutsch Englisch Französisch Italienisch Total (x-sprachiger Bilder)
1 1546 (81,9%) 226 (12%) 26 (1,4%) 20 (1,1%) 1818 (96,4%)
2 484 (94,7%) 372 (72,8%) 30 (5,9%) 34 (6,7%) 460 (90%)
3 60 (93,8%) 52 (81,3%) 22 (34,4%) 14 (21,9%) 49 (77,1%)
4 7 (77,8%) 7 (77,8%) 5 (55,6%) 5 (55,6%) 6 (66,7%)
Total 2097 (84,8%) 657 (26,6%) 83 (3,4%) 73 (3%) 2333 (94,4%)

Tab. 10: Sprachen in den dokumentierten Items mit der Lingscape-App (Stand: August 2019; (???), (???))

Daher wäre es ein Desiderat für künftige Forschungen zu Fremdsprachen, dieselbe Linguistic Landscape durch unterschiedliche Personen dokumentieren zu lassen. Insbesondere wäre es wichtig, die Wahrnehmung von Personen mit unterschiedlichen sprachlichen Profilen (L1 Französisch mit/ohne Deutschkenntnisse, L1 Wienerisches Deutsch mit/ohne Französischkenntnisse, L1 andere deutsche Varietäten, bilinguale Sprecher*innen etc.) zu kontrastieren, denn auf dem Kontinuum zwischen Fremdwort und Lehnwort hängt auch vom sozialen Milieu und den Fremdsprachenkenntnissen der Sprecher*innen ab, was als „französisch“ klassifiziert wird.

Die Fotobelege für alle Wörter finden sich auf der Website unter dem Projekt „Französisch in Wien“ (Kurzname: Francoviennois). Dieses ist von der Publikation dieses Artikels an open access zugänglich und kann weiter ausgewertet und ergänzt werden. Die einzelnen Fotos enthalten im Kommentar-Feld eine Transkription der französischen Wörter und Konstruktionen; nicht berücksichtigt sind dabei Aufschriften in anderen Sprachen, Eigennamen etc. (z.B. nur <CONFISERIE> und nicht <CONFISERIE TORTENBÖRSE> oder nur <La Grèce> und nicht <La Grèce GRIECHISCHE SPEZIALITÄTEN). Zusätzlich sind sie für alle Sprachen, die auf dem Foto vorkommen, getaggt (z.B. FRA für Französisch, DEU für Deutsch etc.; vgl. Abb. 6). Man kann mit der (???)-App Fotos, Kommentare und Tags direkt mit dem Smartphone hochladen; Projektleiter*innen können diese zusätzlich im Nachhinein am Computer ergänzen.

Mitmachen!

Wer am (???)-Projekt „Französisch in Wien (Francoviennois)“ mitmachen möchte, kann an die Projektleiterin Elissa Pustka eine Mail schicken (elissa.pustka@univie.ac.at) und erhält dann ein Passwort. Dieses muss man nur in den Einstellungen der App eingeben und dann kann es losgehen: fotografieren, kommentieren, taggen!

Screenshot des Projekts „Französisch in Wien“ auf der Lingscape-Website

Die geographische Verteilung der Daten lässt sich auf einer dynamischen Landkarte darstellen (vgl. Abb. 7). Hier sieht man, dass die meisten französischen Items von den beiden Einkaufsstraßen Josefstädter Straße und Lerchenfelder Straße stammen, die vom Zentrum (Ring um den 1. Bezirk) zum Gürtel in Richtung periphere Bezirke führen.

Abb. 7: Dynamische Karte des Projekts „Französisch in Wien“ auf der Lingscape-Website

18.5. Korpus

Die im Kommentarfeld vermerkten französischen Wörter und Konstruktionen sind in Tab. 11 alphabetisch aufgelistet. Die Zahl in Klammern gibt an, dass dasselbe Wort bzw. dieselbe Konstruktion auf mehreren Fotos dokumentiert ist (z.B. (19) BOUTIQUE: 4x). Die Groß- und Kleinschreibung wird originalgetreu widergegeben (z.B. (22) CAFÉ vs. (23) Cafe).

(1) 12 cubes

(2) A LA CARTE

(3) A' LA CARTE

(4) ACCESSOIRES

(5) AIGLE

DEPUIS 1853

mes premières bottes

(6) Apropos

(7) ART DECO

(8) Art en Noir

Art deco

(9) ATELIER

(10) Bukette

(11) Baguette

Flaguette

Brie

(12) Bijouterie (2x)

(13) Bistro Melangerie Caffeterie

(14) BISTROT

MOULES FRITES

NOIX DE ST. JACQUES

POISSONS

(15) BISTROT

VIANDES

(16) BLANC IVOIRE Framboise Chocolat blanc aux pépites de framboises

(17) LAIT Perles craquantes Chocolat au lait aux notes de caramel et perles croquantes GRAND CRU

(18) BONJOUR

Vienne

CAFÉ & GOURMET

(19) BOUTIQUE (4x)

(20) Brioche-Kipferl

(21) CAFE (3x)

(22) ELTERN-KIND-CAFÉ

(23) Cafe

La Vie en Rose

(24) CAFE RESTAURANT

(25) Cafesalon Restaurant

(26) Château Briand

Sauce Béarnaise

Lammcarrée

(27) CHOCOLATIER

CACAO POUDRE

PLANTATION

MAÎTRE CHOCOLATIER
Agriculture non UE

(28) CLINIQUE

Savon visage liquide doux

Lotion clarifiante

Emulsion hydratante tellement différente

(29) COIFFEUR

(30) Coiffeur

Coiffeur

COIFFEUR

(31) Confiserie (2x)

(32) CONFISERIE

(33) Cuvée, Rosé

(34) Désolé - nous sommes FERMÉ

(35) DESSERT

Créme-Brûlée

Baiser-Haube

(36) DESSOUS

(37) EN GROS

EN DETAIL

(38) FAÇON PARIS

prêt-à-porter

(39) Filet von der Dorade, gebraten auf Ratatouille, Bouillabaise-Schaum

Cremespinat

Sous vide gegart

(40) Friseur

(41) Friseur Chez Feth

(42) GALERIE (2x)

(43) Gourmet (2x)

(44) HUTSALON

(45) JEAN

(46) La fille du régiment

(47) LA FLAMMERIE

(48) La Grèce

(49) La Trouvaille

(50) LAIT RITUAL

LAIT CORP .ANTIDESSECHANT

(51) LE PARFUM

Le Parfum

(52) MAITRE CAOUTCHOUTIER

AIGLE

DEPUIS 1853

(53) MASSAGE

(54) Melange

(55) Monsieur Claude und seine Töchter

(56) Moulin à légumes

Bon appétit

(57) NOBLESSE OBLIGE

(58) Nougat

(59) Palais

(60) PETIT

(61) Plissée Roulieren

(62) PROFESSIONNEL

(63) Puzzle géant

La parade des contes

(64) QUAI SUD FRANCE

Ingrédients:

cacao*en poudre 50%, sucre* de canne, arôme naturel goût vanille 3,1/.

*issus de l’agriculture biologique.

Poids net: 500g

CACAO AROMATISÉ

Cacao vanille bio

(65) Salon

(66) SB-Foyer

(67) SOUTERRAIN Atelier

(68) SOUVENIRS

Tab. 11: Französische Items auf den Fotos

19. Ergebnisse

Wie in Kapitel 2.2 ausführlich beschrieben, existiert ein Kontinuum des Integrationsgrads, vom Code-Switching über Fremdwörter bis hin zu Lehnwörtern, die von den Sprecher*innen z.T. gar nicht mehr als solche erkannt werden (z.B. Abenteuer). Um zu entscheiden, welcher Kategorie ein Item zugeordnet werden soll, gibt es methodisch drei Möglichkeiten:

  1. Orientierung an normativen Werken, d.h. Erscheinen und Klassifizierung in Wörterbüchern (z.B. Duden online)
  2. Sprachinterne Analyse: Graphematik (z.B. Präsenz französischer/deutscher Diakritika), Morphologie (z.B. Verwendung in Komposita), Syntax (z.B. Wahl des Artikels), evtl. auch Semantik (Zugehörigkeit zu typischen Quelldomänen)
  3. Perzeptive empirische Forschung: Klassifikation durch verschiedene Gruppen von Sprecher*innen (mit verschiedenen Deutsch- und Französischkenntnissen)

Ich gebe im Folgenden zunächst einen kurzen Überblick über die Präsenz bzw. Absenz sowie die Markierung der Ausdrücke im Duden online (vgl. Tab. 12). Im Anschluss nehme ich eine sprachinterne Analyse vor. Eine perzeptive Studie zur Ergänzung bleibt ein Desiderat für die künftige Forschung.

Der Duden online notiert bei fast allen verzeichneten Wörtern unter „Herkunft“ „französisch“. Bei Galerie ist die Herkunftsangabe „italienisch“, bei Brie, Rosé und Parfum gibt er keine Herkunft an. Dagegen fehlt die Information, dass es sich bei Friseur und Baiser um Pseudo-Französismen handelt (vgl. Kapitel 2.2 und 2.3). Die Übersicht in Tab. 12 ist nach der geographischen, stilistischen und sozialen Markierung im Duden online geordnet. Während Melange explizit als österreichisch sowie Bijouterie, Coiffeur und Confiserie v.a. als schweizerisch markiert sind, lässt die fehlende Markierung der übrigen Ausdrücke auf eine Verbreitung im gesamten deutschen Sprachraum schließen. In einigen Fällen ist daneben auch eine „süddeutsche“ Aussprache vermerkt (z.B. Salon „[zaˈlɔ̃ː], auch: [zaˈlɔŋ], süddeutsch, österreichisch: [zaˈloːn]“). Als „bildungssprachlich“ markiert sind apropos, Trouvaille sowie noblesse oblige („bildungssprachlich, oft scherzhaft“), bei Coiffeur neben „schweizerisch“ auch „gehoben“). Ferner sind einige Wörter als fachsprachlich markiert: Cuvée („Winzersprache“) und en gros („Kaufmannsprache“). En détail kann sowohl „Kaufmannsprache“ als auch „bildungssprachlich“ sein. Die Wörter der Kategorien „bildungssprachlich“ und „fachsprachlich“ sind – wenn nicht anders vermerkt – gesamtdeutsch verbreitet.

gesamtdeutsch österreichisch schweizerisch bildungssprachlich fachsprachlich
Accessoire, à la carte, Art déco, Atelier, Bukette, Baguette, Baiser, Bistro, Bouillabaise, Boutique, Brie, Brioche, Café, Chateaubriand, Chocolatier, Creme66, Crème brulée, Dessert, Dessous, Dorade, Foyer, Friseur, Galerie, Gourmet, Karree, Nougat, Palais, Parfum, Plissee, prêt-à-porter, Ratatouille, Restaurant, roulieren, Salon, Sauce béarnaise, Souterrain, Souvenir Melange67 Bijouterie („schweizerisch, sonst veraltet“), Confiserie („besonders schweizerisch“) apropos, Trouvaille, noblesse oblige Cuvée („Winzer-sprache“), en gros („Kaufmann-sprache“)
en détail
Coiffeur („schweizerisch, sonst gehoben“)

Tab. 12: Vorkommen der dokumentierten Ausdrücke im Duden online

Insgesamt sind damit 67 der 117 dokumentierten Wörter und Konstruktionen – ganz oder in Teilen (Komposita; vgl. Kapitel 4.3) im Duden online verzeichnet. Dagegen finden sich eine Vielzahl rein französischer Ausdrücke auf einer Reihe von Beschriftungen französischer Produktpackungen in Schaufenstern (vgl. z.B. Abb. 7a und Kapitel 4.4). Daneben habe ich auch eine (fast) ausschließlich französische Speisekarte (vgl. Abb. 7b) eines Bistros fotografiert, das sich auf seiner Website „French RESTAURANT & BAR“ nennt (https://www.flatschers.at) sowie den Titel eines Theaterstücks <La fille du régiment> (vgl. ebenfalls Kapitel 4.4). Die anschließende sprachwissenschaftliche Analyse zeigt, warum eine einfache Zweiteilung in (im Duden online verzeichnete) Lehnwörter und (sonstige) Code-Switchings jedoch nicht ausreicht.

(Fast) ausschließlich französische Items

19.1. Semantik

Die Analyse beginnt mit einem kurzen Überblick über die semantischen Domänen, denen die dokumentierten Wörter und Konstruktionen zugeordnet werden können (vgl. Tab 13). Entsprechend dem Stand der Forschung (vgl. Kapitel 2) handelt es sich größtenteils um „Essen und Gastronomie“ (51 Items) sowie „Schönheit und Mode“ (27 Items). Von den sonstigen 35 Items stammen 11 aus dem Bereich „Kunst und Architektur“. Bei den „sonstigen“ handelt es sich in vielen Fällen um französische Packungsaufschriften französischer Produkte in Schaufenstern.

Semantische Domäne Anzahl Beispiele
Essen und Gastronomie 51 (15) BISTROT VIANDES, (20) Brioche-Kipferl, (58) Nougat etc.
Schönheit und Mode 27 (19) BOUTIQUE, (29) COIFFEUR, (44) HUTSALON etc.
Kunst und Architektur 11 (7) ART DECO, (42) GALERIE, (67) SOUTERRAIN, (67) Atelier etc.
sonstiges 24 (63) Puzzle géant. La parade des contes, (68) SOUVENIRS etc.

Tab. 13: Semantische Domänen der französischen Wörter in der Linguistic Landscape der Josefstadt

19.2. Graphie

Bei der Graphie ist es bekanntermaßen so, dass Substantive im Deutschen groß, im Französischen dagegen klein geschrieben werden. Dies macht sich bei den im Duden online dokumentierten Lehnwörtern (vgl. Tab. 12) bei fast sämtlichen Substantiven bemerkbar (z.B. <Filet von der Dorade> oder <gebraten auf Ratatouille>), auch in Komposita (<SB-Foyer>). Eine Ausnahme ist prêt-à-porter, was sich damit erklären lässt, dass es sich um ein Kompositum aus Adjektiv, Präposition und Verb handelt. Im vorliegenden Linguistic Landscape-Korpus fällt auf, dass die Großschreibung aber auch Substantive betrifft, denen ein französischer Artikel vorausgeht, was für ein Code-Switching in eine komplett französische Nominalphrase und gegen ein Lehnwort spricht: Zitat des Liedtitels <La Vie en Rose>, <Le Parfum> und <La Trouvaille> (vgl. Kapitel 4.4). Möglicherweise geschieht diese Großschreibung in Titeln bzw. den Namen von Geschäften in Anlehnung an eine entsprechende Konvention im Englischen. Auffällig ist in diesem Zusammenhang auch, dass einige französische Adjektive großgeschrieben sind: im Liedtitel <La Vie en Rose> (s.o.) und in <Sauce Béarnaise> (im Gegensatz zur Schreibung im Duden online; s.o.). In einem Fall stehen zwei großgeschriebene Wörter statt ein einziges: <Château Briand> statt Chateaubriand ‘gebratene oder gegrillte dicke Rinderlendenschnitte’, nach dem französischen Schriftsteller François René Vicomte de Chateaubriand (Duden online). Hier handelt es sich ganz offensichtlich um eine Reanalyse zu fr. château ‘Schloss’ und dem Eigennamen Briand. Die Mehrzahl der Wörter kann in Bezug auf Groß- und Kleinschreibung allerdings nicht analysiert werden, da entweder das gesamte Wort großgeschrieben ist oder die Wörter alleinstehen und zu Beginn immer auch die Großschreibung erlaubt ist.

Bekanntermaßen gehen bei der Lehnwortintegration häufig auch die nur im Französischen Graphie-System existierenden Akzente verloren (z.B. <Melange> vs. fr. mélange, dt. Creme in <Cremespinat> vs. fr. crème). In der Linguistic Landscape Wiens betrifft dieses Phänomen aber auch Wörter, die im Deutschen laut Duden online eigentlich schon einen Akzent tragen: <Art deco> statt dt. Art déco bzw. fr. art déco und <Cafe> statt dt. Café bzw. fr. café (auch im Kompositum <Cafesalon>) – neben den ebenfalls dokumentierten Schreibvarianten <CAFÉ> und <Café>. In einem Fall steht ein falscher Akzent, nämlich ein accent aigu statt ein accent grave in <Créme-Brûlée>. Für das entsprechende deutsche Lehnwort notiert der Duden online zwei Graphievarianten: dt. <Crème brulée> „allgemeinsprachlich“ sowie <Crème brûlée> „fachsprachlich“ – mit zusätzlichem accent circonflexe wie in fr. crème brûlée (aber im Gegensatz zum Original mit Großschreibung von Crème). Interessanterweise fehlt der accent circonflexe im dokumentierten Beispiel nicht. In diesem Item ist auch ein Bindestrich ergänzt, der weder im französischen Original noch in der Norm-Orthographie des deutschen Lehnworts enthalten ist. Ein weiteres Beispiel für einen Fehler bei der Akzentsetzung liefert das Item < A' LA CARTE>, wo wir ein (möglicherweise ebenfalls französisch wirkendes) Apostroph an Stelle eines Akzents finden.

Ferner ist auch die Zusammen- und Getrenntschreibung bei der Entlehnung vom Französischen ins Deutsche betroffen, wie das bereits erwähnte <Château Briand> statt Chateaubriand oder auch das dudenkonforme Beispiel <Apropos> vs. fr. à propos zeigt. Auffällig ist schließlich, dass bei einer ganzen Reihe von Items dagegen gerade nicht die ebenfalls mögliche eingedeutschte Graphievariante gewählt wurde, z.B. (die vom Duden online empfohlene Variante) <Friseur> und nicht (die laut Duden online „[a]lternative Schreibung“) <Frisör>, <Confiserie> und nicht (das laut Duden online „seltenere“) Konfiserie, <Sauce> und nicht Soße, <Nougat> und nicht Nugat, <Bukette> und nicht Bouquet (Duden online).

Einen besonders komplexen Fall stellt das Item <Lammcarrée> dar: Im Gegensatz zum im Duden online verzeichneten <Karree> wirkt es durch das <c> an Stelle des eingedeutschten <k> sowie den accent aigu französischer; im Gegensatz zum französischen Original fr. carré enthält es aber das finale <e> wie in dt. Karree (Duden online). Das letztere Phänomen findet sich auch bei der Schreibung <Plisée> statt dt. Plissee (Duden online) bzw. fr. plissé.

19.3. Morphologie

Im Bereich der Morphologie können sowohl die Verwendung bei der Wortbildung als auch die Spezifika der Flexion Indizien für den Grad der Integration eines dokumentierten Morphems aus dem Französischen in die deutsche Sprache liefern. Im Bereich der Wortbildung finden sich sowohl Beispiele für Komposita als auch für Derivationen. Der geringste Grad an Integration ist nötig, damit ein Morphem zur Bildung von Komposita beitragen kann, insbesondere wenn deren beiden Komponenten mit einem Bindestrich voneinander abgetrennt und damit noch gut die Einzelwörter erkennbar sind: Baiser-Haube, Bouillabaisse-Schaum, Brioche-Kipferl, ELTERN-KIND-CAFÉ und SB-Foyer. Eine bereits etwas stärkere Integration suggerieren Komposita ohne Bindestrich: Cafesalon (bestehend aus gleich zwei französischen Morphemen: Café und Salon), HUTSALON, Cremespinat und Lammcarrée.

Ebenfalls eine stärkere Integration suggeriert die Verwendung in Derivaten: Eine solche findet sich im Name eines Cafés namens Melangerie – eine kreative Neuschöpfung aus den beiden ursprünglich französischen Elementen Melange und -ie (die aber beide bereits ins Deutsche eingegangen sind). Das Suffix -ie taucht auch in Kombination mit it. caffè in Caffeterie in demselben Café-Namen auf – eine hybride ad hoc-Wortschöpfung an Stelle des Lehnworts Cafeteria, das laut Duden online aus dem amerikanischen Englisch stammt. Interessanterweise enthält die Speisekarte dieses Cafés wenig wirklich Französisches, aber ein paar interessante kulinarische Hybride wie „BAGUETTE NIÇOISE“ (angelehnt an die berühmte salade niçoise) und „BAGUETTE LORRAINE“ (angelehnt an die nicht weniger für französische Küche stehende quiche lorraine).

Dokumentiert ist selbstverständlich auch der im Deutschen übliche Pseudo-Französismus Friseur (vgl. Kapitel 2.2 und 2.3). <Roulieren> dagegen entpuppt sich als „veraltet[es]“ deutsches Lehnwort aus rouler und französisch -ieren (Duden online). Die Herkunft des offensichtlichen Neologismus <Flaguette> schließlich ist unklar: laut Nestlé Schöller Backwaren handelt es sich dabei um eine „Mischung aus Fladenbrot und Baguette“ (https://www.food-service.de/industrie/produktnewsfood/Flaguettes--neues-Gastro-Snack-Produkt-34866). Ob es sich um einen Neologismus des Deutschen oder des Französischen handelt, müssen weitere Recherchen zeigen.

Neben der Wortbildung liefert auch die Flexion hilfreiche Hinweise auf den Grad der Lehnwortintegration. So taucht beispielsweise <SOUVENIRS> mit dem für das Französische sowie Fremdwörter im Deutschen typische Plural-Suffix -s auf, <Bukette> dagegen mit dem für das Deutsche typischeren Suffix -e (was auch im Duden online so vermerkt ist). Hierzu passt auf dem Niveau der Graphie, dass im Wort Buket die französischen Grapheme <ou> zu <u> und <qu> zu <k> eingedeutscht wurden (vgl. fr. bouquet), in Souvenir dagegen <ou> erhalten ist (vgl. fr. souvenir). Auffällig ist schließlich, dass <Jean> und nicht dt./engl. Jeans im Schaufenster eines französischen Modegeschäfts steht. Ich hatte dies zunächst als eine Interferenz eines/r französischen/r L1-Sprechers/in interpretiert; ein Blick in den Duden online zeigt aber, dass die Singular-Verwendung dort als ‘österreichisch’ aufgeführt ist.

19.4. Syntax

Auch wenn sich Sprachproduktionsdaten aus der Linguistic Landscape aufgrund ihrer Kürze nur in gewissen Grenzen syntaktisch untersuchen lassen, so liefert die Ebene der Syntax in einigen Fällen dennoch weitere Argumente für die Klassifikation als Lehnwort oder Code-Switching. Der erste Typ, der sich in dem dokumentierten Material findet, sind Nominalphrasen aus französischem Artikel und französischem Substantiv, als Namen der Geschäfte <La Grèce> und <La Trouvaille> sowie in einer Werbung mit <LE PARFUM Le Parfum> vor. Da der französische bestimmte Artikel den Wörtern Trouvaille und Parfum vorangestellt ist, würde ich die Wörter in diesem Kontext nicht als Lehnwörter einordnen, obwohl diese im Duden online verzeichnet sind, sondern die kompletten Nominalphrasen als Code-Switching ins Französische interpretieren. Einen etwas komplexeren Fall stellt der <Friseur Chez Feth> dar, da Friseur eindeutig ein deutscher Pseudo-Französismus ist, die Präpositionalphrase mit chez dagegen als französisch einzuordnen ist. Daneben ließe sich möglicherweise auch <sous vide gegart> als Code-Switching klassifizieren, da sous vide keinen Wörterbucheintrag im Duden online hat. Hier sind Unterschiede zwischen verschiedenen Sprecher*innen-Gruppen in Produktion und Perzeption denkbar: Da es sich um einen Ausdruck der stark vom Französischen beeinflussten Fachsprache der Gastronomie handelt, könnte es sich für das Fachpersonal, das die Speisekarte geschrieben hat, um ein Lehnwort handeln. Bei den potentiellen Leser*innen der Speisekarte könnte man wiederum unterscheiden: Während es für kulinarisch besonders gebildete Leser*innen möglicherweise ein Lehnwort ist, ist es für übrige Passanten wohl eher ein Code-Switching.

Im Falle von <prêt-à-porter (feminin)68> findet sich im Duden online Prêt-à-por­ter, also ein groß geschriebenes Substantiv im Sinne von ‘Konfektionskleidung nach dem Entwurf von Modeschöpfer[inne]n’. Die sprachinternen Kriterien Kleinschreibung und Ergänzung durch das Adjektiv feminin sprechen hier für ein Code-Switching. Sprachextern wird diese Analyse dadurch bekräftigt, dass es sich um ein explizit französisches Modegeschäft mit dem Namen FAÇON PARIS handelt, das auch auf seiner Website damit wirbt „Ein Stück Paris Mitten im Achten“ zu sein (http://www.facon-paris.at/uber-uns). Auffällig ist allerdings, dass das Adjektiv feminin auf der Markise des Ladens ohne den im Französischen obligatorischen accent aigu (<féminin>) geschrieben wird, der auf der Website aber korrekt auftaucht.

Zum Abschluss könnte man analog zu einem Code-Switching in einer Lautkette oder einem Text auch von einer Art Code-Switching im Sehfeld (und entsprechend einer zweidimensionalen Syntax) sprechen, wenn beispielsweise eine komplette Produktpackung (hauptsächlich) in Französisch beschriftet ist, da es sich um ein importiertes Produkt handelt, das sich nicht an den deutschsprachigen Markt wendet. Da solche Produktpackungen in Schaufenstern von Geschäften ausgestellt sind, gehören sie zur Linguistic Landscape. Mein Korpus enthält eine Reihe solcher Beispiele, die in Tab. 14 aufgelistet sind. Entsprechend den bekannten semantischen Quelldomänen „Essen und Gastronomie“ sowie „Schönheit und Mode“ findet sich darunter ein Schokoladengeschäft sowie eine Drogerie/Apotheke und ein Regenmantel- und Gummistiefelgeschäft, daneben auch ein Spielwarengeschäft. In den jeweiligen Schaufenstern hätte man noch einige weitere Items ähnlicher Art fotografieren können. Daneben ist die Packung eines Passiergeräts in einem Haushaltswarengeschäft in zahlreichen Sprachen beschriftet, u.a. auch Französisch. Schließlich hat ein Geschäft mit vielen französischen Produkten (Seife aus Marseille etc.) ein französisches „Geschlossen“-Schild (mit dem Logo der französischen Warenhauskette Tati): „Désolé - nous sommes fermé“. Die fehlende Kongruenz zwischen nous (Pronomen der 1. Person Plural) und dem Adjektiv Désolé bzw. dem Partizip fermé (beide ohne finales Plural-<s>) findet sich öfters auf entsprechenden Schildern. Ein weiterer Fall ist der Titel des Theaterstücks „La fille du régiment“ im Schaufenster eines Ticketverkaufs (s.o.).

Kontext Beschriftung
Schokoladenpackung im Schaufenster eines Schokoladengeschäfts BLANC

IVOIRE

Framboise

Chocolat blanc aux pépites de framboises

LAIT

Perles craquantes

Chocolat au lait aux notes de caramel et perles croquantes

GRAND CRU

CHOCOLATIER

CACAO POUDRE

PLANTATION

MAÎTRE CHOCOLATIER

Agriculture non UE

Werbung im Schaufenster einer Drogerie/Apotheke CLINIQUE

Savon visage liquide doux

Lotion clarifiante

Emulsion hydratante tellement différente

LAIT RITUAL LAIT CORP .ANTIDESSECHANT
Schaufenster eines Regenmantel- und Gummistiefelgeschäfts AIGLE DEPUIS 1853 mes premières bottes
MAITRE CAOUTCHOUTIER AIGLE DEPUIS 1853
Schaufenster eines Spielwarengeschäfts Puzzle géant La parade des contes
Schaufenster eines Haushaltswarengeschäfts Moulin à légumes Bon appétit
„geschlossen“-Schild im Schaufester eines Geschäfts mit vielen französischen Produkten Désolé - nous sommes fermé
Schaufenster eines Ticketverkaufs „La fille du régiment“

Tab. 14: Komplett französische Elemente in Schaufenstern

20. Didaktischer Ausblick

Als Fremdsprachenforschung ‘direkt vor der Haustür’ mit attraktiven Smartphone-Apps wie (???) lässt sich die Linguistic Landscape-Forschung sehr gut einsetzen, um die Gesellschaft an der Produktion von Forschungsergebnissen teilhaben zu lassen (Citizen Science) und eine Verbindung zwischen Wissenschaft und Gesellschaft aufzubauen (Third Mission). Dabei ergibt sich für die beteiligten institutionell angebundenen Wissenschaftler*innen der Vorteil, mit Hilfe einer großen Anzahl von Hobby-Wissenschaftler*innen große Datenmengen anzusammeln (Crowdsourcing), die vom Personalaufwand ansonsten auch kaum finanzierbar wären.

Eine besondere Chance ergibt sich hier für die Zusammenarbeit mit Schulen und Schüler*innen (vgl. u.a. (???), (???) zum Englischen sowie (???), (???) zum bilingualen englisch/französischen Kontext in Kanada), speziell mit der (???)-App (vgl. Purschke 2018). Dies kann sowohl im Rahmen von Kooperationsprojekten mit Schulen geschehen als auch in zwischen Universität und Schule ko-betreuten Facharbeiten oder Seminararbeiten (Deutschland) bzw. Vorwissenschaftlichen Arbeiten (Österreich) oder auch an Projekttagen, bei Kinderunis etc. Anschließend lassen sich die dokumentierten Items gemeinsam analysieren.

An der Universität Wien haben wir dies im Herbst 2018 ausprobiert (nur mit der Fotofunktion der Smartphones, ohne die (???)-App). Anlass war ein CampusKids-Workshop im Rahmen des „20 Jahre Campus“-Jubiläums mit insgesamt über 120 Schüler*innen der 7. und 8. Klasse (in Österreich 3. und 4. Klasse), d.h. zwischen 12 und 14 Jahren. Die Schüler*innen hatten großen Spaß dabei, ca. 30-45 Minuten in kleinen Gruppen als ‘Sprachdetektive’ (???) auf ‘Kamerasafari’ ((???)) zu gehen. Ein umfassenderes Projekt haben mit der (???)-App haben zum selben Zeitpunkt Purschke/Trusch ((???)) mit 46 Kindern einer deutschen Schule in Windhoek (Namibia) durchgeführt. Die dortige Fotoexpedition dauerte 6 Stunden und war in 5 Stunden vor- und nachbereitende Unterrichtssequenzen eingebettet.

Ein Desiderat im Bereich der Fremdsprachendidaktik wäre es, durch Vorher-Nachher-Erhebungen zu testen, ob sich durch eine solche Maßnahme das Bewusstsein für Fremdsprachen in der unmittelbaren Umwelt erhöht (awareness raising) und sich die in der Linguistic Landscape präsenten Vokabeln möglicherweise dadurch besser einprägen.

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  • Rosenqvist 1932 = Rosenqvist, Arvid (1932): Der französische Einfluss auf die mittelhochdeutsche Sprache in der ersten Hälfte des XIV. Jahrhunderts, Helsinki, Société Néophilologique.
  • Sayer 2010 = Sayer, Peter (2010): Using the linguistic landscape as a pedagogical resource, in: ELT journal, vol. 64, 2, 143‒154.
  • Scheibenbogen 1896 = Scheibenbogen, Antoine (1896): Cuisine et pâtisserie austro-hongroises. Avec un aperçu de la boulangerie viennoise et française, Paris.
  • Schlick 2003 = Schlick, Maria (2003): The English of shop signs in Europe, in: English Today, vol. 19, 1, 3‒17.
  • Scollon/Scollon 2003 = Scollon, Ron / Scollon, Suzie Wong (2003): Discourses in place: Language in the material world, New York, NY, Routledge.
  • Seidlhofer 2009 = Seidlhofer, Barbara (2009): Common ground and different realities: World Englishes and English as a lingua franca, in: World Englishes, vol. 28, 2, 236‒245.
  • Shohamy/Ben-Rafael 2015 = Shohamy, Elana / Ben-Rafael, Eliezer (2015): Introduction: Linguistic landscape, a new journal, in: Linguistic Landscape, vol. 1, 1/2, 1‒5.
  • Soukup 2016 = Soukup, Barbara (2016): English in the linguistic landscape of Vienna, Austria (ELLViA): Outline, rationale, and methodology of a large-scale empirical project on language choice on public signs from the perspective of sign-readers, in: Views, vol. 25, 1‒24.
  • Soukup 2020 = Soukup, Barbara (2020): Survey area selection in Variationist Linguistic Landscape Study (VaLLS): A report from Vienna, Austria, in: Linguistic Landscape, vol. 6, 1, 52‒79.
  • Telling 1987 = Telling, Rudolf (1987): Französisch im deutschen Wortschatz: Lehn-und Fremdwörter aus acht Jahrhunderten, Berlin, Volk und Wissen.
  • Thiele 1993 = Thiele, Johannes (1993): Die Schichtung des französischen Wortguts im Deutschen. Streifzüge durch die Geschichte der deutschen Sprache, in: Dahmen, Wolfgang et al. (Hrsg.): Das Französische in den deutschsprachigen Ländern, Tübingen, Narr, 3‒17.
  • Thomason 2001 = Thomason, Sarah (2001): Language contact: an introduction, Washington, Georgetown University Press.
  • Volland 1986 = Volland, Brigitte (1986): Französische Entlehnungen im Deutschen: Transferenz und Integration auf phonologischer, graphematischer, morphologischer und lexikalisch-semantischer Ebene, Berlin/New York, Walter de Gruyter.
  • Winter-Froemel 2011 = Winter-Froemel, Esme (2011): Entlehnung in der Kommunikation und im Sprachwandel: Theorie und Analysen zum Französischen, Berlin/Boston, Walter de Gruyter.
La città (occidentale, mediterranea) come addensamento di attività economiche e commerciale nasce sulla scia delle società agricole della mezzaluna fertile (Benevolo 1983) e proscrive la divisione del lavoro già esistente nelle società preurbane, ad es. tra donne e uomini, e fa nascere una stratificazione sociale più differenziata; cf. anche Haller 2005, 126, 130, 169. Gli sviluppi demografici e sociali di città antiche e centri moderni sono delineati ad es. in Benevolo 1983, 27, 143-145. La situazione e la storia architettura di Roma è ampiamente documentata in Benevolo 1983, 177-255, 1030-1033, passim.
L’opera Belliana permette una descrizione grammaticale del romanesco (Tellenbach 1909), mentre lavori lessicografici non cominciano ad apparire a partire dal 1933 (Chiappini). I più recenti dizionari (Ravaro 1994; D’Achille/Giovanardi 2016ss.) prendono in considerazione anche lessemi non letterari. Milano (Cherubini 1839) e Venezia (Boerio 1865) precedono, dunque, Roma di vari decenni.
Tullio De Mauro (2002, 66-68) delinea lo sviluppo del „urbanismo“ tra il 1861, anno della prima unificazione nazionale (senza Roma), e il 1961, in tempi di pieno sviluppo economico, con cifre o con cifre impressionanti. Il numero dei centri urbani con più di 20 mila abitanti cresce da 52 nel 1861 a 140 nel 1931, più di 200 nel 1951 e a 325 nel 1961, pari a 23,7 milioni di persone o al 46,7 % della popolazione nazionale.
Basandosi su studi empirici condotti da Stehl durante gli ani ’80, lo studioso descrive vari livelli di competenza dei parlanti ad es. a Canosa di Puglia (cf. Stehl 2012, 62, 83-104), secondo parametri Coseriani, come architettura o sistema, norma e ‘parole’. Messe a confronto con i livelli di descrizione linguistica, Stehl elabora dei “gradata” (Stehl 2012, 105, 126-131, passim).
Stefinlongo (1985) introduce il termine ‘continuum’, fino allora usato nella geolinguistica e nella creolistica, nelle discussioni intorno a una descrizione (sociolinguistica) di Roma. A rigor di termini, anche un continuum linguistico è costituito di tanti piccoli passi, gradi.
K. Jaberg e J. Jud (1928, 186-193) sono consapevoli della variazione sociale e dei contatti tra basiletti e varietà urbani e regionali, tra persone di diversa estrazione sociale.
P. Trifone (2008) delinea la storia linguistica della capitale partendo dalle prime iscrizioni, e dedica un bello capitolo alla situazione odierna (92-121), con la sua variazione e le varietà nuove (neoromanesco, linguaggio giovanile).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???) – jedoch bereits (???).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???)
Vgl. Langacker 2000, Stathi 2011, (???), Mellado Blanco/Mollica/Schafroth ed. (im Druck).
Das Projektpersonal besteht aus den folgenden Personen: Elmar Schafroth (Projektleiter), Riccardo Imperiale (Projektkoordinator), Tamara Blaich/N.N., Francesca Martulli (Autorinnen), Delia Guido, Anna Wolf (Mitarbeiterinnen), Thorsten Scherff (Informatiker), Susanne Kolb, Luisa Giacoma (externe Lexikografinnen), Sibilla Cantarini (externe Sprachberaterin). Zum DFG-Projekt bei GEPRIS: https://gepris.dfg.de/gepris/projekt/398306818.
Die Datenbank ist unter der URL http://gephri.phil.hhu.de erreichbar. Da das Projekt bis Ende 2021 andauert, ist die Seite ständig in Bearbeitung. Es werden also kontinuierlich neue Datensätze zu einzelnen Phrasemen hinzugefügt.
Ich verwende den Terminus verstehensrelevant im Sinne Busses.: „‚Verstehensrelevantes Wissen‘ ist der Arbeitsbegriff, mit dem ich noch vor jedem Unterscheidungsversuch in ‚sprachlich‘ und ‚außersprachlich‘ alle Faktoren zusammenfassend benenne, die in irgendeiner Weise notwendige oder wesentliche Voraussetzung für das Verstehen einer sprachlichen Äußerung sind, wobei der Terminus ‚Verstehen‘ sich auf die Größe ‚kommunikative Handlung‘ bezieht (die hier immer als situiert, und damit ko- und kontextgebunden aufgefaßt wird) […]“ ((???)). Der Ansatz Busses geht zurück auf Fillmores Semantics of Understanding, einem der Fundamente für dessen Frame-Theorie (vgl. (???)).
Ein weiteres Projekt, Fraseologia multilingue elettronica (FRAME), konzipiert und geleitet von Paola Cotta Ramusino, Fabio Mollica (beide Mailand) und mir, ist einem ähnlichen Ansatz verpflichtet. Es handelt sich dabei um die Erfassung von Phrasemen zu sieben Sprachen (Chinesisch, Deutsch, Englisch, Französisch, Italienisch, Russisch, Spanisch) auf der Basis des onomasiologischen Kriteriums der Zugehörigkeit zum selben semantisches Feld. Die Beschreibung der Phraseme selbst (Kollokationen, Idiome, Vergleichsphraseme, Phraseoschablonen, Formeln und Sprichwörter) erfolgt dann semasiologisch auf der Grundlage der Ergebnisse der Korpusanalysen. Aufgrund des Mehrsprachigkeitsfokus müssen bei diesem Projekt im Hinblick auf die Benutzerfreundlichkeit allerdings Abstriche bei der Exhaustivität der erhobenen Daten in Kauf genommen werden. Zum Projekt vgl. (???), (???).
„Any linguistic pattern is recognized as a construction as long as some aspect of its form or function is not strictly predictable form its component parts or from other constructions recognized to exist“ ((???)).
„Patterns are stored as constructions even if they are fully predictable as long as they occur with sufficient frequency“ ((???)).
Dass die Duden-Werke gerne kommentarlos den marginalen neben den dominanten Sprachgebrauch stellen, sieht man auch hier: das Rad (nicht) von Neuem erfinden ist im (???) genau einmal belegt, das Rad neu erfinden 1.217mal, das Rad nicht neu erfinden 1.104mal.
Korpusbasiert ist auch (???) zum Spanischen. Die Belege stammen dabei vornehmlich aus Belegsammlungen der Autoren.
„Ziel dieses Projekts ist die Erstellung eines lehrwerkunabhängigen Lernmaterials auf CD-ROM zum Bereich ‚Phraseologie‘ im Fremdsprachenunterricht für die Sprachen Deutsch, Slowenisch, Slowakisch und Ungarisch“ (www.ephras.org). Die Netzversion ist eine digitale Behelfsversion, die nicht mehr den heutigen webtechnologischen Qualitätsmaßstäben entspricht.
„Die Ergebnisse der im Projekt geleisteten Analyse der lexikalischen, semantischen, syntaktischen und distributiven Eigenschaften der Idiome sowie ihrer evt. strukturellen und/oder semantischen Veränderungen werden in sogenannten Templates in einer Datenbank erfasst. Pro Idiom gibt es acht dieser „Datenblätter“. Die zugrunde liegende Datenstruktur ist ursächlich für die Möglichkeiten der automatischen und manuellen Auswertung verantwortlich“ (http://www.bbaw.de/forschung/kollokationen/projektdarstellung).
Erstmals wurde dieses Modell in (???) vorgestellt, anhand des Phrasems jemandem ist eine Laus über die Leber gelaufen.
Der Terminus lexikalische Valenz lehnt sich an (???) an. Gemeint sie die Fälle, bei denen die vom Verb regierte Präposition nicht nur „ein Anzeiger der syntaktischen Struktur“ ist, wie bei ringraziare per (‚danken für‘), sondern wo sie „auch lexikalisch-semantische Information [enthält]“ (ib.: 119). Diese Valenzen sind „lexikalisch variabel“, weshalb Schwarze auch von lexikalisch variabler Rektion spricht, z. B. „guardare {in, dietro, sotto, verso} un oggetto“ (in, hinter, unter, in Richtung auf) einen Gegenstand blicken‘). In diesen Fällen „wird die Präposition durch das Verb und durch die thematische Rolle des betreffenden Arguments nicht vollständig festgelegt, sondern sie kann, je nach der Ausdrucksabsicht, innerhalb einer bestimmten Teilmenge der Präpositionen frei gewählt werden“ (ib.: 126).
Nicht alle Wissensaspekte sind für jedes Idiom relevant. In diesem Falle wird die Beschreibungskategorie auf der Benutzeroberfläche nicht angezeigt.
Zur Kritik am Nähe-/Distanz-Modell von Koch/Oesterreicher vgl. (???)).
Bzw. um die Konzeption der diasystematischen Markierungen an sich. (???) sehen ungeklärte Fragen, die „in methodischer Hinsicht, die Ermittlung und Spezifizierung von Markierungen [betreffen] und andererseits, in konzeptioneller Hinsicht, die Ableitung von Varietäten sowie den Status des ‚Standards‘“.
Rimandiamo ovviamente anche a (???), rielaborazione parziale di (???) che compare fra i commentaires del volume II.a dell'(???).
Mette conto ricordare che i materiali dell'ALiR relativi al Piemonte condensano gli esiti delle inchieste dell'(???) (quesiti 4716 Salamandra maculosa [= Salamandra salamandra]; 4885 Salamandra atra) e dell'(???) (carta 456 La salamandra), a cui faremo diretto riferimento nel caso di risposte non presenti nella sintesi dell'ALiR; bisogna infatti considerare che a ogni punto d'inchiesta dell'ALiR, al quale è associato un solo dato, corrispondono più punti dell'ALI e dall'AIS (e dunque una molteplicità di dati).
I tipi raccolti sono in realtà nove. Eviteremo tuttavia di prendere in esame la risposta bianc e ner 'bianco e nero' elicitata a Bellino, da ritenersi inattendibile. Essa nasce da una traduzione parziale dello stimolo del raccoglitore, il quale, di fronte alla reticenza dell'informatore, indica il referente come 'bestia gialla e nera'. A Bellino la denominazione corretta della salamandra è labreno ((???), s. v.; si veda oltre).
Qui e altrove, nell'indicazione dei lessotipi, impieghiamo un'ortografia a base italiana, con l'introduzione dei grafemi <ö>, <ü> e <ë> per rappresentare, rispettivamente, i suoni [ø] / [œ], [y] e [ə]. Abbiamo mantenuto, per il resto, le convenzioni trascrittorie dei diversi autori citati.
Per inciso, i dati dell'(???) registrano la diffusione della base piovana in Valle d’Aosta (ITA 402; unita a leiharda 'lucertola' in ITA 401), nel Canavesano (ITA 21, 28), nel Piemonte pianigiano (ITA 36), nel Friuli centro-orientale (ITA 11).
L'areale che si ricava dall'(???) interessa la Francia sud-occidentale e le valli occitanofone del Piemonte (cfr. (???)).
 L'origine delle forme citate è controversa; l'intera questione è ora riassunta dal (???), v. bòrgno 
Merita almeno citare, quale altro esempio di impronta metereologica, la forma rosada 'rugiada' < *ROSIATA, diffusa tra Lombardia settentrionale e Canton Ticino ((???) ITA 7, 13; SUI 302).
La denominazione trova conferma nella risposta registrata dall'(???) a Briga Marittima (P. 94; quesito 4716), oggi in Francia (La Brigue) e un tempo unita alle frazioni che compongono il comune italiano di Briga Alta (CN); in (???) è lemmatizzata la forma cansënèštr (in riferimento alla salamandra nera [Salamandra atra]), di cui si segnala l'occorrenza in tutta l'area brigasca (tranne che a Carnino).
Una forma pressoché identica, znestru, è attestata dall'(???) a Garessio (P. 88; quesito 4716).
Lessotipo non registrato dall'ALEPO, diffuso nel Piemonte nord-orientale (cfr. per esempio (???) 126, 129, 135, 137; (???) 15, 16, 21 [quesito 4716], (???) ITA 12, 22), che (???) propone di avvicinare a barca, perché, "quando la salamandra tiene alzata la testa e la coda, essa ha una curiosa rassomiglianza con una barca, i cui remi sarebbero rappresentati dalle quattro zampe dell'animale".
Un solo informatore, a Carema, afferma invece che è il piscio dell'orbettino a rendere cieco l'uomo ((???).I.320).
Oltre a (???), che costituisce ancora oggi un'introduzione imprescindibile alle categorie dell'etnoscienza, si vedano per esempio i saggi contenuti in (???) e (???). Una riflessione sulle classificazioni popolari relative ad alcuni zoonimi raccolti dall'ALEPO si trova in (???).
Gentilmente messici a disposizione dalla redazione, che qui ringraziamo.
Una spiegazione che si può addurre è legata alla conformazione della rete dei punti dell'ALiR e alla provenienza dei dati da più fonti, implicanti entrambe una scelta da parte del redattore della carta. Cfr. nota 2.
Ein großes Dankeschön an Christoph Purschke, der mir die Arbeit mit der noch unveröffentlichten (???)-Datenbank ermöglicht und mich dabei tatkräftig unterstützt hat, sowie an Barbara Soukup für die Bereitstellung der noch unveröffentlichten Ergebnisse Ihres FWF-Projekts ELLViA zum Französischen in Wien. Ich danke außerdem Linda Bäumler, Christoph Purschke, Barbara Soukup und Verena Weiland, die erste Versionen dieses Artikels kritisch gelesen haben.
Die Transkriptionen der österreichischen Aussprache stammen, wenn nicht anders angegeben, aus der adaba: – Österreichisches Aussprachewörterbuch / Österreichische Aussprachedatenbank (http://www.adaba.at). Transkriptionen von /r/ als [r] oder [ʀ] habe ich entsprechend den Konventionen des Internationalen Phonetischen Alphabets (IPA) zu [ʁ] adaptiert.
Laut Österreichischem Wörterbuch hat Trottoir einen Bekanntheitsgrad von 67%, Lavoir von 29% und Fauteuil von 90%.
Laut Österreichischem Wörterbuch haben die Wörter in diesem Absatz den folgenden Bekanntheitsgrad: Melange 87%, Jourgebäck 100%, Brötchen 0% [sic!], retour 50%.
Zu seinen Auswirkungen auf die französische Sprache vgl. u.a. (???).
Für diese Wörter gibt das (???) keine regionale Einschränkung an.
Laut (???) „französierende Bildung der Studentensprache (um 1800)“.
Laut (???) „auch rattenkahl, volksetymologische Umdeutungen aus radikal in Anlehnung an Ratte, Ratz(e), wohl in Hinblick auf den unbehaarten Schwanz der Ratte.“
Laut Kramer ((???)) waren die Französischkompetenzen im 17. Jahrhundert im Süden und Westen Deutschlands deutlich besser als im Norden und Osten.
https://fr.wikisource.org/wiki/Correspondance_de_Voltaire/1750/Lettre_2138.
Der Duden online führt von den genannten Gallizismen Couvert/Kuvert, Perron, Barriere im Sinne von ‘Bahnschranke’, Kondukteur und Retourbillet als „schweizerisch, sonst veraltet“ auf, Coupé ‘Eisenbahnabteil‘ als „veraltet“, poste restante als „französische Bezeichnung für: postlagernd“ und Passagier ohne einschränkende Angabe.
Österreichisch faschierte Laibchen entsprechen deutsch Frikadellen, Buletten, Fleischpflanzerl etc. (vgl. Duden online).
In der heutigen Standardaussprache mit /ɛ̃/ zusammengefallen (vgl. (???)).
Laut Eichhoff (???) ist in Deutschland auch die Anfangsbetonung möglich.
Rechtschreibung nach Duden online in einem Wort mit internem Apostroph.
« französisch jalousie, eigentlich = Eifersucht; die Benennung bezieht sich darauf, dass der eifersüchtige Ehemann seiner Frau zwar gestatten wollte, auf die Straße zu sehen, sie aber nicht den Blicken anderer preisgeben wollte; die Eigenart dieser Vorrichtung ist, den Durchblick von innen nach außen, aber nicht von außen nach innen zuzulassen; wohl nach dem Vorbild der typischen Fenstergitter in orientalischen Harems » (Duden online).
Zu den unterschiedlichen Funktionen von Sprachen in der Linguistic Landscape vgl. (???).
* = Wort oder Wortbestandteile nur in anderer Bedeutung.
Duden online liefert zwei Rechtschreibvarianten: <Nougat> und <Nugat>.
Rechtschreibvariante <Soufflé>.
Die Telefon-ID wird aus rechtlichen Gründen bei den Telefonanbietern gespeichert; diese kann aber nur von Behörden angefragt und zu­rück­verfolgt werden. Ansonsten sind die Daten sowohl für Projektleiter*innen als auch für andere Nutzer*innen anonym.
Aussprache im Wiener Deutsch: [lyse] (vs. fr. [lise]). Die Schüler*innen dieser Bildungseinrichtung sagen Lycée français de Vienne (das neben einem lycée auch eine école maternelle, eine école primaire, ein collège und eine prépa umfasst).
Bei fünf sehr ausführlich beschrifteten importierten Lebensmittelpackungen habe ich die Schrift auf einem Foto nicht in sämtliche Wörter und Ausdrücke zerlegt, sondern nur in Markennamen und Zutatenliste (Beispiele 16, 17, 27, 28 und 64 in Abb. 7), da diese Items ansonsten ein überproportionales Gewicht bekommen hätten.
Gesamtzahl der Items: 17 108 (davon derzeit 61% ausgewertet; n=10 381). Anzahl der Items in der Josefstadt: 2 391 (davon 52% ausgewertet; n=1 254) (Stand: Dezember 2019).
Die übrigen Schilder im Datensatz lassen sich keiner bestimmten Sprache zuordnen (z.B. Zahlen, Einzelbuchstaben).
Im Duden online findet sich Creme allerdings nur in Bedeutungen wie ‘Salbe’, ‘Süßspeise’ etc., allerdings nicht als ‘crème fraîche’ oder ‘(saure) Sahne’ wie im dokumentierten Kompositum Cremespinat.
Als österreichisch markiert in der Bedeutung ‘Milchkaffee, der zur Hälfte aus Milch besteht und im Glas serviert wird’; in anderen Bedeutungen auch gesamtdeutsch.
Das Adjektiv ist auf dem Foto abgeschnitten, findet sich aber auf Fotos auf Google Maps wieder.
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Der goldene Apfel aus Kydonia

21. Ein Blick auf die Kulturgeschichte der Quitte

Aus der Sicht des Botanikers ist sie ein eindeutiger Fall. Kulinarisch ist sie heute eher eine Seltenheit und führt neben Äpfeln, Birnen und Orangen ein Schattendasein. Linguistisch, insbesondere etymologisch betrachtet, handelt es sich in mancher Hinsicht um eine Preziose. Die Rede ist von der Quitte, eine Kernfrucht der Gattung Cydonia oblonga, die der Familie der Rosengewächse angehört. In der Antike war sie ein Symbol für Liebe und Erotik, weshalb klingende Beinamen wie Goldapfel, Apfel der Aphrodite oder Hesperidenapfel entstanden. In der griechischen und römischen Küche standen Quittenzubereitungen fest auf dem Speiseplan (vgl. 2.2 und 4.). Heute findet man sie zu Gelee oder Quittenbrot verarbeitet zum Beispiel als herbsüße Beilage zu würzigem Käse. Zu den bekannten und beliebten Obstsorten zählt die Quitte jedoch nicht. Weder in Deutschland (vgl. Abbildung 1) noch in Italien – laut Statistischem Amt der Europäischen Union das europäische Land mit dem höchsten Obstverzehr – schafft es die Quitte auf die obersten Ränge der Statistik. Auch in Spanien, wo die Quittenproduktion EU-weit am höchsten liegt, wird sie nicht in großen Massen konsumiert (vgl. Abbildung 2).

Der geringe Quittenkonsum mag damit zusammenhängen, dass die Frucht roh kaum zu genießen ist. Außerdem ist ihre Produktion in Erwerbsanlagen nicht nur in Europa, sondern weltweit eher gering. Bis auf Spanien, wo immerhin 14.000 Tonnen Quitten pro Jahr produziert werden, beschränkt sich ihr Vorkommen in Europa überwiegend auf Hausgärten. Etwas anders liegen die Verhältnisse laut Worldatlas in Asien. Dort werden Quitten in einigen Ländern industriell angebaut, jedoch auch dort in weitaus geringerem Maß als andere Obstsorten. So stehen in der Türkei 135.406 Tonnen Quitten 2.925.828 Tonnen Äpfel gegenüber und in China liegen die Verhältnisse bei 125.000 zu 44.447.793 Tonnen. Weitere nennenswerte Anbaugebiete befinden sich in Nordafrika (Marokko und Algerien) und Südamerika (Argentinien) (vgl. Tabelle 1).

Rank Country Quince Production (in metric tons)
1 Turkey 135,406
2 China 125,000
3 Uzbekistan 80,000
4 Morocco 46,000
5 Iran 36,500
6 Argentina 27,500
7 Azerbaijan 27,140
8 Spain 14,000
9 Serbia 10,795
10 Algeria 10,516

Zwar mögen Angaben zu Konsum, Anbau und der Verbreitung einer Obstsorte zunächst nicht das Interesse von Linguisten wecken, andererseits eröffnet manchmal gerade der Umweg über Statistiken, soziohistorische und demographische Daten einen neuen Blick auf sprachliche Konstellationen. Thomas Krefeld hat sich das systematische Abschreiten solcher Umwege zur Aufgabe gemacht und viele Schüler ermutigt – beispielsweise bei der Erforschung kommunikativer Räume –, den Blick jenseits systemlinguistischer Fragestellungen schweifen zu lassen. Insofern sind auch Befunde zu Konsum, Anbau und Verbreitung der Quitte nicht nur kulturgeschichtlich relevant, sondern können als echte Bezugsgröße mit Sprachdaten kombiniert werden und dadurch neue Aspekte der Wort- und Sachgeschichte zu Tage befördern. Vergleicht man beispielsweise die Zahlen zum Quittenanbau der Aktualität mit dem Ursprungsgebiet der Pflanze am Kaspischen Meer, so zeichnet sich ab, dass die Geschichte der Verbreitung der Frucht als Kulturpflanze auch eine Geschichte von Kultur- und Handelskontakten gewesen sein muss. Da es nun, nicht zuletzt auf Grund zahlreicher Befunde aus der Romania, bekannt ist, dass Handelsrouten und Migrationswege stets zu Sprachkontaktszenarien führen69, ist auch anzunehmen, dass die Quitte als kleiner Spielball ihre Spuren in den entsprechenden Kontaktsituationen hinterlassen haben muss. Die Untersuchung von Wandel, Variation und Entlehnung von Quittenbezeichnungen in der Romania kann dann dazu dienen, frühe Sprach- und Kulturkontakte von Zentralasien, über den Mittelmeerraum bis nach Mitteleuropa und Lateinamerika nachzuzeichnen.

21.1. Herkunft und Etymologie

Laut Söcknick-Scholz (1997) stammen die Ursprungsformen der heute verbreiteten Quittensorten aus den Regionen des Südkaukasus und den südlichen Regionen um das Kaspische Meer. Von dort aus verbreitete sich die Wildpflanze zunächst östlich bis nach China und westlich bis nach Griechenland (???), wobei die Vorkommen im Mittelmeerraum bereits sekundäre Formen aus Verwilderungen älterer Kulturen waren. Über die im Süden der Apenninenhalbinsel siedelnden Griechen und die Etrusker wurde die Quitte weiter westlich verbreitet und die Römer brachten die Pflanze schließlich vom Mittelmeerraum bis nach Mitteleuropa und Britannien, wo sie noch heute als Kulturpflanze bekannt ist. Von der Iberischen Halbinsel aus wurde die Quitte später in die neue Welt exportiert. Heute gilt sie in Südeuropa, Nordafrika, Mitteleuropa und Südamerika als eingebürgert.

Im Übrigen ist ihr Vorkommen nördlich der Alpen bereits im 8. Jh. n. Chr. durch die Landgüterverordnung Capitulare de villis vel curtis imperii von Karl dem Großen belegt. Darin werden Quittenbäume unter den Nutzpflanzen gelistet, die in Gärten angebaut werden sollten (vgl. Abb. 3).

De arboribus volumus quod habeant pomarios diversi generis, pirarios diversi generis, prunarios diversi generis, sorbarios, mespilarios, castanearios, persicarios diversi generis, cotoniarios, avellanarios, amandalarios, morarios, lauros, pinos, ficus, nucarios, ceresarios diversi generis.

Frühe Erwähnungen der Frucht in der griechischen Literatur gehen hingegen auf das 7. Jahrhundert v. Chr. zurück. Der Dichter Alkmán beispielsweise bezeichnet die Quitte als κοδύμαλον (???) (???). Dabei handelt es sich um ein Kompositum, das aus den Wurzeln gr. malon apfelartige Frucht und kodu besteht. Die Bedeutung des zuletzt genannten Lexems, das vermutlich aus einer anatolischen Sprache ins Griechische entlehnt wurde, kann nicht eindeutig rekonstruiert werden (???) (???). Es könnte sich um eine volksetymologische Identifizierung des Namens einer kleinasiatischen Stadt Kydōnía (κυδωνία) mit Kydonia, einer Stadt an der Nordküste Kretas (heute Chania) handeln. Mit der Entlehnung zu gr. κυδώνια μᾶλα (kydṓnia mā́la) hätte dann zugleich eine Umdeutung des Ursprungsgebiets der Quitte von Kleinasien in den Mittelmeerraum stattgefunden. Diese Annahme findet sich bei Isidor von Sevilla, der  in den Etymologiae (Buch XVII,7,4) die kretische Stadt als Namensspender und Herkunftsgebiet der Quitte nennt.

Mala Cydonia nomen sumpsit ab oppido qui est in insula Creta; de qua Graeci dicere solent urbium Cretensium matrem Cydoniam; ex cuius pomo cydonitum conficitur. Malomellum a dulcedine appellata, quod fructus eius mellis saporem habeat, vel quod in melle servetur [...] (???)

Darüber hinaus verweist Isidor auf eine Bezeichnung für die Quitte, die einem anderen etymologischen Typ entspricht und auf dem ins Lateinische entlehnten Gräzismus lat. malomellum aus gr. μελίμηλον (Honigapfel, süßer Apfel) hervorgegangen ist. Sowohl sp. membrillo als auch pt. marmelo haben genau dieses Etymon fortgesetzt.

Kοδύμαλον wurde aus dem Griechischen ins Lateinische für die Bezeichnung des Fruchtbaumes als cotōneum (mālum) übernommen. Der erste lateinische Beleg für cotōneum stammt aus dem 2. Jahrhundert v. Chr. und ist in De agri cultura von Cato d. Ä. zu finden (???). Andererseits verweist der lateinische Fruchtname cotōnea (Quitte) auch auf einen anderen etymologischen Pfad, denn er könnte durch Fusion mit der Pluralform lat. cottana (kleine syrische Feigen) – ebenfalls ein Gräzismus (gr. κόττανα) – hervorgegangen sein. Für diesen Wandel sprächen u. a. auch die überlieferten althochdeutschen Formen kottana und koʒʒana (Quitte) (???).

Auch Plinius d. Ä. bestätigt den Import der Quitte von Griechenland nach Rom in der Naturalis historia (Buch XV). Dabei werden neben dem Überbegriff cotonea auch Goldquitten bzw. Goldäpfel (chrysomela), neapoltanische Quitten (Neapolitanis), Sperlingsquitten (struthea), Mostquitten (mustea) und mulvianische Quitten (Mulvianum) genannt.

His próxima amplitudine mala, quae vocamus cotonea et Graece cydonea; ex Creta insula advecta. incurvatos trahunt ramos prohibentque crescere parentem. plura eorum genera: chrysomela incisuris distincta, colore ad aurum inclinato, qui candidior nostratia cognominat; odoris praestantissimi. est et Neapolitanis suus honos. minora ex eodem genere struthea odoratius vibrant, serotino proventu, praecoci vero mustea. strutheis autem cotonea insita suum genus fecere Mulvianum, quae sola ex his vel cruda manduntur [...]

Diesen Früchten kommen in der Größe jene Äpfel am nächsten, die wir Quitten und die Griechen kydonische (Äpfel) nennen; sie sind von der Insel Kreta eingeführt worden. Sie ziehen die gekrümmten Äste herab und hindern den Stamm am Wachstum. Es gibt davon mehrere Arten: Die Goldquitten [chrysámela], durch Einschnitte abgeteilt, haben eine nach Goldgelb gehende Farbe, deren hellerer Farbton (ihnen) den Beinamen die einheimischem gibt; sie weisen einen vorzüglichen Duft auf. Auch die neapolitanischen haben ihren Vorzug. Zu den kleineren derselben Art gehören die »Sperlingsäpfel«[stroúthia], mit einem stärkeren Geruch und spät reifend, (ferner) die Mostquitten, die aber früh zur Reife gelangen. Apfelquitten aber, auf die stroúthia gepfropft, haben zur mulvianischen Quitte geführt, einer eigenen Art, die als einzige von ihnen sogar roh verzehrt wird [...] (???)

Letztlich kann die Etymologie von lat. cotōnea nicht eindeutig geklärt werden. Dabei stellt die Quitte jedoch keinen Sonderfall dar. Schließlich finden sich in der Diachronie der romanischen Sprachen zahlreiche Pflanzen- und Obstbezeichnungen, die sich durch Überlappungen von kohyponymischer Übertragung, Metapher und Volksetymologie gewandelt haben. Dies zeigt unter anderem Blanks Studie (1997) zu Bananenbezeichnungen im Portugiesischen, Spanischen und in den französisch basierten Kreolsprachen (???). Darüber hinaus zeigt die Verbreitung des Basiskonzeptes APFEL, dass nicht-fachsprachliche Fruchtbezeichnungen eher selten botanischen Taxonomien folgen. Vielmehr basieren sie oft auf Eigenschaften wie Geschmack, Form oder Farbe. So kann die Kartoffel in einigen Varietäten der bairischen Dialektgruppe als Erdapfel und im Französischen als pomme de terre bezeichnet werden, ebenso wie die aus Mittel- und Südamerika stammende Tomate Paradies- oder Goldapfel (vgl. österr. Paradeiser und it. pomodoro) genannt wird. Auch sehr herbe Früchte wie der Kapernapfel oder sogar die ungenießbare Frucht des tropischen Baumes Clusia Rosea, die in Honduras sp. manzana ratón (Balsamapfel, wörtl. Mäuseapfel) heißt (???), werden durch das Quellkonzept APFEL versprachlicht.

Auch Columella unterscheidet in Buch V von De re rustica libri duodecim nicht strikt zwischen Äpfeln und Quitten, sondern zählt die Quitte mit ihren Unterarten zu den Äpfeln:

praeterea malorum genera exquirenda maxime Scaudiana, Matiana, orbiculata, Cestiana, Pelusiana, Amerina, Syrica, melimela, cydonea; quorum genera tria sunt, struthia, chrysomelina, mustea. quae omnia non solum voluptatem, sed etiam salubritatem adferunt. sorbi quoque et Armeniaci atque Persici non minima est gratia.

Desgleiche muß man an Apfelsorten vor allem die folgenden wählen: die Scaudianer, die Matianer, die Kugeläpfel, die Cestianer, die Pelusianer, die Ameriner, die Syrischen, die Honigäpfel und die Cydoneer; von diesen letzteren gibt es drei Unterarten: die Straußäpfel, die Goldäpfel und die Mostäpfel. Diese alle dienen nicht nur dem Genuß, sondern auch der Gesundheit. Auch die Arlesbeere, die Aprikose und der Pfirsich erfreuen sich nicht geringer Beliebtheit. (???)

Plinius d. Ä. hingegen vermerkt in der Naturalis Historia (Buch XV), dass streng genommen nicht alle Früchte, die lat. malum genannt wurden, auch dieser Gattung angehören:

Mala appellamus, quamquam diversi generis, Persica et granata, quae in Punicis arboribus novem generum dicta sunt [...]

Als Äpfel bezeichnen wir, trotz ihres Gattungsunterschieds, die Pfirsiche und Granatäpfel, von denen bei den punischen Bäumen bereits neun Arten beschrieben wurden (???)[/note]

Zahlreiche romanische Sprachen setzen bis heute das lateinische Etymon cotonea fort. Beispiele dafür sind die Quittenbezeichnungen it. (mela) cotogna, fr. coign, prov. codonh, kat. codonyer, sard. chidònza und rätrom. cudogn (???). Auch im Spanischen und Portugiesischen finden sich Spuren von lat. cotonea, obgleich die beiden Sprachen den Typ vlat. malomellum (Honigapfel) in sp. membrillo und pt. marmelo als Quittennamen fortgesetzt haben. Es ist der Pfirsich, auf den der Quittenname in diesen beiden Sprachen kohyponymisch übertragen wurde. Auf Spanisch wird er melocotón (Pfirsich) genannt, und das Portugiesische entlehnte dieses Lexem für eine spezielle Pfirsischsorte, nämlich den (pêssego) maracotão (wörtl. Apfelquittenpfirsich). Das rumänische Lexem gutui (Quitte) hingegen ist laut Meyer-Lübke slavischen Ursprungs (???).

21.2. Symbol, Nahrung und Heilpflanze

In der Antike war die Quitte als Attribut der Aphrodite bzw. der Venus ein Symbol für Liebe, Fruchtbarkeit, Erotik und Glück. Es ist anzunehmen, dass es sich bei den Äpfeln der Hesperiden ebenso wie bei dem goldenen Apfel, mit dem Paris Aphrodite zur schönsten Frau der Welt kürte, wohl eher um eine Quitte als um einen gewöhnlichen Apfel handelte (???)(???). Bei Eheschließungen hatten Quitten in der Antike eine gesetzlich geregelte Funktion. Laut Plutarch schrieben die Solonischen Gesetze (6. Jh. v. Chr.) vor, dass Bräute vor Betreten des Brautgemachs Quittenstücke kauen mussten, denn der süße Wohlgeruch sollte in Kombination mit ihrem bitter herben Geschmack Freud und Leid in der Ehe symbolisieren und zugleich für einen angenehmen Duft der Frau sorgen (???). Bei den Persern hingegen waren Quitten das einzige Nahrungsmittel, das dem Bräutigam am Tag seiner Hochzeit verabreicht wurde (???). Als Duftspender wurden Quitten, wie Plinius d. Ä. berichtet, in Empfangsräumen von Männern ausgelegt (???).

Darüberhinaus waren die seit dem 3. Jahrhundert v. Chr. im Mittelmeerraum heimischen Quitten ein fester Bestandteil von Kochkunst und Medizin. Apicius empfiehlt in Kapitel V des achten Buches von De re coquinaria die Zubereitung von Kalb- oder Rindfleisch mit Lauch, Quitten, Zwiebeln oder Lotuswurzeln, gewürzt mit Liquamen, Pfeffer, Laser und Öl.

Vitulinam sive bubulam cum porris [vel] cydoneis vel cepis vel colocasiis: liquamen, piper, laser et olei modicum.(???)

Und in der Cena Trimalchionis werden mit Dornen bestückte Quitten aufgetragen:

Insecuta sunt Cydonia etiam mala spinis confixa, ut echinos efficerent. (???)

Quitten wurden gekocht, gebraten, in Wein oder Honig eingelegt und zu einem Most verarbeitet verzehrt. Zudem galten Quittenzubereitungen als Heilmittel für unterschiedliche Leiden. Der griechische Arzt Dioskurides empfahl bei Magenbeschwerden rohe, gekochte oder in Honig eingelegte Quitten und gesüßten Quittenwein (???). Zu einer Paste verarbeitet wurden Quitten als adstringierendes Präparat eingesetzt. Neben Plinius d. Ä. betont auch Marc Aurels Leibarzt Galenos, einer der bedeutendsten Ärzte des Altertums, diese Wirkung (???). Plinius d. Ä. erwähnt neben vielen anderen medizinischen Anwendungsgebieten sogar die Wunderheilkraft der Quitte als Haarwuchsmittel. 

Als fruchtbarkeitsförderndes Mittel galt die Quitte noch bis in die Frühe Neuzeit. Der deutsche Mediziner und Botaniker Leonhart Fuchs empfahl beispielsweise in Kapitel 140 des New Kreuterbuch (1534) den Verzehr von Quitten in der Schwangerschaft als Garant für intelligente Kinder (vgl. Abb. 4):

So die schwangeren Weiber offt Kütten essen, sollen sie sinnreiche und geschickte Kinder geberen.(???)

Seit dem 16. Jahrhundert überlagerten sich allmählich auch kulinarische und medizinische Aspekte der Quitte. So schätzte man bis ins frühe 19. Jahrhundert Quittenprodukte einerseits als erlesene Süßigkeit, andererseits schrieb man ihm digestive und anregende Wirkung zu. Nostradamus listete in dem Kochbuch Excellent & moult utile opuscule à touts necessaire (1555) vier Quittenrezepte auf, darunter auch eine Anleitung zur Herstellung von Quittenkonfekt, das nicht nur hervorragend schmecke, sondern uneingeschränkt als kräftigende Medizin verzehrt werden könne (vgl. Abb. 5).

Im Elisabethanischen Zeitalter wurde die Zubereitung von Konfekt sogar zu einer Kunst kultiviert und ab dem frühen 17. Jahrhundert erschienen Kochbücher wie A Closet for Ladies and Gentlewomen (1608), die sich ausschließlich der Herstellung von Konfekt und dem sogenanntem banqueting stuff widmeten. Der Luxus, Banquetting stuff zu reichen, war der Oberschicht vorbehalten, denn die Herstellung dieser gewürzten und zuckerhaltige Süßigkeiten, die das Wohlbefinden und die Verdauung fördern sowie Geist und Libido anregen sollten, war äußerst kostspielig.70 Die Quitte spielte dabei auf Grund ihres hohen Pektingehalts und der daraus resultierenden Fähigkeit zu gelieren eine tragende Rolle. Unter anderem wurde aus Quitten, Zucker, Zimt, Muskatnuss und Blattgold ein Heilmittel hergestellt, das gegen Durchfall und Übelkeit eingesetzt wurde, das engl. diacitonium. Im Namen dieser Medizin tritt die griechisch-lateinsche Etymologie noch einmal deutlich hervor, denn er enthält das in England verbreitete mittellateinische Wort citonium (Quitte). (???)

To make Diacitonium simplex of Quinces.

Take of your Quinces, and pare them, and cut them in pieces, and boyle a pound of these pieces in a quart of faire water, till they be very soft: then let the liquor runne from them, then take a pound of Suger-candy, and beate it fine, and put it into that liquor, and let it seeth till you see it stand like Gelly, then take it from the fire, and put therein foure droppes of oyle of Cynnamon and Nutmegs, and then put in fiue and twentie leaues of fine gold and stirre it together, and so put it in fine Christall Glasses, and keepe it all the yeare. (???)

Heute hat die Quitte in der Medizin keine nennenswerte und auch in der Naturheilkunde eine nur marginale Bedeutung.

22. Quittenbrot und Marmelade. Ein iberisches Erfolgsrezept auf dem Weg um die Welt

Die wahrscheinlich erfolgreichste Rezeptur zur Quittenverarbeitung wurde von der Iberischen Halbinsel aus verbreitet. Somit erklärt sich auch, weshalb sich gerade die innovative iberoromanische Variante sp. membrillo bzw. pt. marmelo (aus gr. melímēlon > vlat. *malimellum; vgl. 2.1) in vielen indogermanischen Sprachen als Lehnwort durchsetzen konnte. In Portugal wurden Quitten zu einem nahrhaften Mus verkocht und zu einer Paste eingedickt. Diese pt. marmelada (Quittengelee) diente den portugiesischen Seefahrern auf ihren Reisen nach Indien und Amerika im 15. und 16. Jahrhundert als Proviant. Auf ihren Ruten machten die Entdecker das Produkt bekannt und zugleich hinterließ das portugiesische Lexem Spuren in verschiedenen Sprachen. Dabei wurde die Bedeutung zur allgemeinen Bezeichnung für geliertes Obstmus erweitert. Heute findet man das Lexem in vielen romanischen Sprachen wieder, so zum Beispiel in it. mermellata, fr. marmelade, kat. melmelada, sp. mermelada und rum. marmeladă. Lediglich pt. marmelada hat die spezifischere Bedeutung Quittengelee beibehalten, während Marmelade als Überbegriff auf Portugiesisch geleia oder compota genannt wird. Auch in germanischen (z. B. dt. Marmelade, engl. marmalade, schwed. marmelad), in slavischen Sprachen (rus. мармелáд, pol. marmolada) und im Griechischen (μαρμελάδα) trifft man auf Entlehnungen diesen Typs. Allerdings ist nicht immer von einer Entlehnung durch direkten Sprachkontakt mit Portugiesischsprechern auszugehen. Die Bezeichnung für eingemachtes Fruchtgelee kann auch über das Französische oder das Italienische entlehnt worden sein.

Schließlich findet sich der Lusitanismus sogar im Japanischen wieder, allerdings nicht zur Bezeichnung von Fruchtaufstrichen, sondern als Name einer spezifischen Quittenart, dem marumero (木瓜).

Marumero
Significado: Árvore alta e decídua da família Rosaceae, nativa do oeste asiático e introduzida no Período Edo. Cultivada nas regiões de Tohoku e Shin'etsu. Floresce com flores brancas ou rosadas em maio. Seu fruto tem formato de pera, amadurece no outono e possui uma forte fragrância agridoce. Seus frutos servem para fazer doces ou enlatados. Etimologia: Vem do português marmelo. (???)

Auch in einigen Varietäten des Spanischen hat das Lexem membrillo gemeinsam mit der Verbreitung des Quittenbrots (sp. dulce de membrillo oder carne de membrillo) eine Bedeutungserweiterung erfahren. Im costa-ricanischen Spanisch beispielsweise hat sich membrillo als Überbegriff für Fruchtkonfekt durchgesetzt und laut DRAE (???) sind dort die Bezeichnungen sp. membrillo de guayaba (Guayabakonfekt) und sp. membrillo de manzana (Apfelkonfekt) verbreitet. Dabei hat membrillo einen Wandelprozess erfahren, bei dem der Name der Frucht, aus der man in Europa üblicherweise Konfekt herstellte, metonymisch auf das Produkt übertragen wurde. Allerdings wachsen in Costa-Rica und anderen zentralamerikanischen Ländern keine Quittenbäume, und somit werden andere Früchte zur Herstellung verwendet. Im Übrigen ist membrillo als Name für Fruchtkonfekt weiter verbreitet, als man laut DRAE vermuten könnte. Sogar für die Kollokation membrillo de melocotón (Pfirsichkonfekt), die etymologisch betrachtet gleich zweimal die Quitte enthält, findet man bei einer einfachen Google-Anfrage immerhin rund 2.700 Ergebnisse.

23. Die Quitte als Namensspender für Exotica

Mit der Kolonisierung Amerikas brachten Spanier und Portugiesen die Quitte nach Amerika und bauten sie im trockenen Süden, vor allem in Südbrasilien und Argentinien an. Eine größere Verbreitung fand hingegen der Name der ursprünglich aus Asien stammenden Frucht. Denn bei der Benennung der amerikanischen Flora griffen die Europäer in einigen Fällen auf die spanischen oder portugiesischen Namen der Quitte, des Quittenbaumes aber auch der berühmt gewordenen pt. marmelada zurück. Eine Recherche mit Hilfe des Dictionary of Trees, Volume 2: South America: Nomenclature, Taxonomy and Ecology (Elsevier's Dictionary of Trees) (???) ergibt insgesamt 40 Belege für autochthon brasilianische Bäume und deren Früchte, die als marmelo (Quitte), marmelinho oder marmelito (kleine Quitte), marmeleiro oder marmeleira (Quittenbaum) oder marmelada (Marmeladenfrucht) bezeichnet werden (vgl. Tabelle 2). In den meisten Fällen handelt es sich um Bäume, die kleine bis apfelgroße Früchte tragen. Für die süße Frucht pt. apuruí, die im Amazonasgebiet wächst, exisitieren sogar drei portugiesische Namen, die das Lexem marmelada enthalten.

Typ Gesamt Varianten Sprache
marmelo Quitte 8 marmelo-do-campo Feldquitte (1), marmelo-do-mato Waldquitte (3), marmelo-bravo Wildquitte (2) br. Pt.
marmelinho kleine Quitte 6 marmelinho-do-campo kleine Feldquitte (2), marmelinho-do-mato kleine Waldquitte (1), marmelinho-do-cerrado kleine Savannenquitte (1) br. Pt.
marmelito kleine Quitte 1 marmelito-do-campo kleine Feldquitte br. Pt.
marmeleiro Quittenbaum 11 marmeleiro-bravo Wildquitte (2), marmeleiro-da-mata Waldquitte (1), marmeleiro-da-praia Strandquitte (1), marmeleiro-do-campo Feldquitte (1), marmeleiro-do-mato Waldquitte (1) br. Pt.
marmeleira Quittenbaum 1 marmeleira-do-mato Waldquitte (1) br. Pt.
marmelada Marmeladenquitte 13 marmelada-branca weiß Marmeladenquitte (1), marmelada-brava wilde Marmeladenquitte(1), marmelada-de-bola Kugelmarmeladenquitte (2), marmelada-de-cachorro Hundemarmeladenquitte (2), marmelada-de-olho-de-boi Ochsenaugenmarmeladenquitte (2), marmelada-preta scharze Marmeladenquitte(1) br. Pt.
Pt. marmelo, marmeleiro, marmelada usw. im brasilianischen Portugiesisch

Auch in den spanischen Varietäten Lateinamerikas finden sich Belege für den Export des Quittennamens in die Neue Welt. Sp. membrillo bzw. davon abgeleitete Derivationen und Komposita sind in oben genanntem Dictionary of Trees (???) für 9 hispanophone Länder Amerikas insgesamt 27 Mal aufgelistet, wobei die Variation hier deutlich geringer ausfällt als im Fall des Portugiesischen (vgl. Tabelle 3). Für fr. coign (Quitte) und cognassier (Quittenbaum) finden sich hingegen keine Belege.

Typ Gesamt Varianten Sprache
membrillo Quitte 25 sacha membrillo Sachaquitte (2), membrillo de monte Bergquitte (1), membrillo hembra weibliche Quitte (1), membrillo macho männliche Quitte (2), almendrón membrillo Quittenmandelbaum (1) arg., col., dom., ecu., gaut., hon., pan., ven., Sp., Sp. in Belize
membrillito kleine Quitte 1 dom. Sp.
membrillejo kleine Quitte 1 ven. Sp.
Sp. membrillo und Derivationen in lateinamerikanischen Varietäten des Spanischen

24. Quittenbrot selber machen

Zutaten: 1 kg Quitten, 2 unbehandelte Zitronen (Saft und Schale einer Zitrone), 1  Zimtstange, Sternanis (nach Belieben), 600 g Gelierzucker (1:1)

Für das Mus den Flaum der Quitten mit einem trockenen Tuch abreiben. 1,5 l Wasser und den Saft der Zitronen in eine Schüssel geben. Die Quitten vierteln, das Gehäuse, den Stil und den Fruchtansatz herausschneiden und sofort in das Zitronenwasser legen, sonst verfärben sie sich.

Die Quittenstücke mit dem Zitronenwasser bedeckt in einen Topf geben, Zimt, Sternanis und die Schale einer Zitrone hinzufügen und zugedeckt ca. 40 Minuten bei milder Hitze kochen lassen, bis die Quitten weich sind.

Den ausgekochten Saft durch ein mit einem Tuch ausgelegtes Sieb ablaufen lassen. Zimtstange und Sternanis entfernen und die Quitten auskühlen lassen (Den aufgefangenen Saft kann man für Quittengelee weiter verwenden.)

Die Quittenstücke mit dem Stabmixer pürieren und 600 g abwiegen. Das Püree in einem großen Topf mit dem Gelierzucker (Verhältnis 1 : 1) aufkochen und dabei ständig mit einem Holzlöffel umrühren. Unter weiterem Rühren bei mittlerer Hitze ca. 40 Minuten einkochen lassen. Das Mus ist fertig, wenn eine zähe Masse entstanden ist.

Die Masse auf ein gefettetes oder mit Backpapier ausgelegtes Backblech füllen und glatt streichen. 2-3 Tage bei Zimmertemperatur trocknen lassen. Am besten kann man es in einer Dose auf Pergamentpapier geschichtet in Stücken aufbewahren. Passt zu Käse und schmeckt manchen auch als Süßigkeit.

 

Bibliographie

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La città (occidentale, mediterranea) come addensamento di attività economiche e commerciale nasce sulla scia delle società agricole della mezzaluna fertile (Benevolo 1983) e proscrive la divisione del lavoro già esistente nelle società preurbane, ad es. tra donne e uomini, e fa nascere una stratificazione sociale più differenziata; cf. anche Haller 2005, 126, 130, 169. Gli sviluppi demografici e sociali di città antiche e centri moderni sono delineati ad es. in Benevolo 1983, 27, 143-145. La situazione e la storia architettura di Roma è ampiamente documentata in Benevolo 1983, 177-255, 1030-1033, passim.
L’opera Belliana permette una descrizione grammaticale del romanesco (Tellenbach 1909), mentre lavori lessicografici non cominciano ad apparire a partire dal 1933 (Chiappini). I più recenti dizionari (Ravaro 1994; D’Achille/Giovanardi 2016ss.) prendono in considerazione anche lessemi non letterari. Milano (Cherubini 1839) e Venezia (Boerio 1865) precedono, dunque, Roma di vari decenni.
Tullio De Mauro (2002, 66-68) delinea lo sviluppo del „urbanismo“ tra il 1861, anno della prima unificazione nazionale (senza Roma), e il 1961, in tempi di pieno sviluppo economico, con cifre o con cifre impressionanti. Il numero dei centri urbani con più di 20 mila abitanti cresce da 52 nel 1861 a 140 nel 1931, più di 200 nel 1951 e a 325 nel 1961, pari a 23,7 milioni di persone o al 46,7 % della popolazione nazionale.
Basandosi su studi empirici condotti da Stehl durante gli ani ’80, lo studioso descrive vari livelli di competenza dei parlanti ad es. a Canosa di Puglia (cf. Stehl 2012, 62, 83-104), secondo parametri Coseriani, come architettura o sistema, norma e ‘parole’. Messe a confronto con i livelli di descrizione linguistica, Stehl elabora dei “gradata” (Stehl 2012, 105, 126-131, passim).
Stefinlongo (1985) introduce il termine ‘continuum’, fino allora usato nella geolinguistica e nella creolistica, nelle discussioni intorno a una descrizione (sociolinguistica) di Roma. A rigor di termini, anche un continuum linguistico è costituito di tanti piccoli passi, gradi.
K. Jaberg e J. Jud (1928, 186-193) sono consapevoli della variazione sociale e dei contatti tra basiletti e varietà urbani e regionali, tra persone di diversa estrazione sociale.
P. Trifone (2008) delinea la storia linguistica della capitale partendo dalle prime iscrizioni, e dedica un bello capitolo alla situazione odierna (92-121), con la sua variazione e le varietà nuove (neoromanesco, linguaggio giovanile).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???) – jedoch bereits (???).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???)
Vgl. Langacker 2000, Stathi 2011, (???), Mellado Blanco/Mollica/Schafroth ed. (im Druck).
Das Projektpersonal besteht aus den folgenden Personen: Elmar Schafroth (Projektleiter), Riccardo Imperiale (Projektkoordinator), Tamara Blaich/N.N., Francesca Martulli (Autorinnen), Delia Guido, Anna Wolf (Mitarbeiterinnen), Thorsten Scherff (Informatiker), Susanne Kolb, Luisa Giacoma (externe Lexikografinnen), Sibilla Cantarini (externe Sprachberaterin). Zum DFG-Projekt bei GEPRIS: https://gepris.dfg.de/gepris/projekt/398306818.
Die Datenbank ist unter der URL http://gephri.phil.hhu.de erreichbar. Da das Projekt bis Ende 2021 andauert, ist die Seite ständig in Bearbeitung. Es werden also kontinuierlich neue Datensätze zu einzelnen Phrasemen hinzugefügt.
Ich verwende den Terminus verstehensrelevant im Sinne Busses.: „‚Verstehensrelevantes Wissen‘ ist der Arbeitsbegriff, mit dem ich noch vor jedem Unterscheidungsversuch in ‚sprachlich‘ und ‚außersprachlich‘ alle Faktoren zusammenfassend benenne, die in irgendeiner Weise notwendige oder wesentliche Voraussetzung für das Verstehen einer sprachlichen Äußerung sind, wobei der Terminus ‚Verstehen‘ sich auf die Größe ‚kommunikative Handlung‘ bezieht (die hier immer als situiert, und damit ko- und kontextgebunden aufgefaßt wird) […]“ ((???)). Der Ansatz Busses geht zurück auf Fillmores Semantics of Understanding, einem der Fundamente für dessen Frame-Theorie (vgl. (???)).
Ein weiteres Projekt, Fraseologia multilingue elettronica (FRAME), konzipiert und geleitet von Paola Cotta Ramusino, Fabio Mollica (beide Mailand) und mir, ist einem ähnlichen Ansatz verpflichtet. Es handelt sich dabei um die Erfassung von Phrasemen zu sieben Sprachen (Chinesisch, Deutsch, Englisch, Französisch, Italienisch, Russisch, Spanisch) auf der Basis des onomasiologischen Kriteriums der Zugehörigkeit zum selben semantisches Feld. Die Beschreibung der Phraseme selbst (Kollokationen, Idiome, Vergleichsphraseme, Phraseoschablonen, Formeln und Sprichwörter) erfolgt dann semasiologisch auf der Grundlage der Ergebnisse der Korpusanalysen. Aufgrund des Mehrsprachigkeitsfokus müssen bei diesem Projekt im Hinblick auf die Benutzerfreundlichkeit allerdings Abstriche bei der Exhaustivität der erhobenen Daten in Kauf genommen werden. Zum Projekt vgl. (???), (???).
„Any linguistic pattern is recognized as a construction as long as some aspect of its form or function is not strictly predictable form its component parts or from other constructions recognized to exist“ ((???)).
„Patterns are stored as constructions even if they are fully predictable as long as they occur with sufficient frequency“ ((???)).
Dass die Duden-Werke gerne kommentarlos den marginalen neben den dominanten Sprachgebrauch stellen, sieht man auch hier: das Rad (nicht) von Neuem erfinden ist im (???) genau einmal belegt, das Rad neu erfinden 1.217mal, das Rad nicht neu erfinden 1.104mal.
Korpusbasiert ist auch (???) zum Spanischen. Die Belege stammen dabei vornehmlich aus Belegsammlungen der Autoren.
„Ziel dieses Projekts ist die Erstellung eines lehrwerkunabhängigen Lernmaterials auf CD-ROM zum Bereich ‚Phraseologie‘ im Fremdsprachenunterricht für die Sprachen Deutsch, Slowenisch, Slowakisch und Ungarisch“ (www.ephras.org). Die Netzversion ist eine digitale Behelfsversion, die nicht mehr den heutigen webtechnologischen Qualitätsmaßstäben entspricht.
„Die Ergebnisse der im Projekt geleisteten Analyse der lexikalischen, semantischen, syntaktischen und distributiven Eigenschaften der Idiome sowie ihrer evt. strukturellen und/oder semantischen Veränderungen werden in sogenannten Templates in einer Datenbank erfasst. Pro Idiom gibt es acht dieser „Datenblätter“. Die zugrunde liegende Datenstruktur ist ursächlich für die Möglichkeiten der automatischen und manuellen Auswertung verantwortlich“ (http://www.bbaw.de/forschung/kollokationen/projektdarstellung).
Erstmals wurde dieses Modell in (???) vorgestellt, anhand des Phrasems jemandem ist eine Laus über die Leber gelaufen.
Der Terminus lexikalische Valenz lehnt sich an (???) an. Gemeint sie die Fälle, bei denen die vom Verb regierte Präposition nicht nur „ein Anzeiger der syntaktischen Struktur“ ist, wie bei ringraziare per (‚danken für‘), sondern wo sie „auch lexikalisch-semantische Information [enthält]“ (ib.: 119). Diese Valenzen sind „lexikalisch variabel“, weshalb Schwarze auch von lexikalisch variabler Rektion spricht, z. B. „guardare {in, dietro, sotto, verso} un oggetto“ (in, hinter, unter, in Richtung auf) einen Gegenstand blicken‘). In diesen Fällen „wird die Präposition durch das Verb und durch die thematische Rolle des betreffenden Arguments nicht vollständig festgelegt, sondern sie kann, je nach der Ausdrucksabsicht, innerhalb einer bestimmten Teilmenge der Präpositionen frei gewählt werden“ (ib.: 126).
Nicht alle Wissensaspekte sind für jedes Idiom relevant. In diesem Falle wird die Beschreibungskategorie auf der Benutzeroberfläche nicht angezeigt.
Zur Kritik am Nähe-/Distanz-Modell von Koch/Oesterreicher vgl. (???)).
Bzw. um die Konzeption der diasystematischen Markierungen an sich. (???) sehen ungeklärte Fragen, die „in methodischer Hinsicht, die Ermittlung und Spezifizierung von Markierungen [betreffen] und andererseits, in konzeptioneller Hinsicht, die Ableitung von Varietäten sowie den Status des ‚Standards‘“.
Rimandiamo ovviamente anche a (???), rielaborazione parziale di (???) che compare fra i commentaires del volume II.a dell'(???).
Mette conto ricordare che i materiali dell'ALiR relativi al Piemonte condensano gli esiti delle inchieste dell'(???) (quesiti 4716 Salamandra maculosa [= Salamandra salamandra]; 4885 Salamandra atra) e dell'(???) (carta 456 La salamandra), a cui faremo diretto riferimento nel caso di risposte non presenti nella sintesi dell'ALiR; bisogna infatti considerare che a ogni punto d'inchiesta dell'ALiR, al quale è associato un solo dato, corrispondono più punti dell'ALI e dall'AIS (e dunque una molteplicità di dati).
I tipi raccolti sono in realtà nove. Eviteremo tuttavia di prendere in esame la risposta bianc e ner 'bianco e nero' elicitata a Bellino, da ritenersi inattendibile. Essa nasce da una traduzione parziale dello stimolo del raccoglitore, il quale, di fronte alla reticenza dell'informatore, indica il referente come 'bestia gialla e nera'. A Bellino la denominazione corretta della salamandra è labreno ((???), s. v.; si veda oltre).
Qui e altrove, nell'indicazione dei lessotipi, impieghiamo un'ortografia a base italiana, con l'introduzione dei grafemi <ö>, <ü> e <ë> per rappresentare, rispettivamente, i suoni [ø] / [œ], [y] e [ə]. Abbiamo mantenuto, per il resto, le convenzioni trascrittorie dei diversi autori citati.
Per inciso, i dati dell'(???) registrano la diffusione della base piovana in Valle d’Aosta (ITA 402; unita a leiharda 'lucertola' in ITA 401), nel Canavesano (ITA 21, 28), nel Piemonte pianigiano (ITA 36), nel Friuli centro-orientale (ITA 11).
L'areale che si ricava dall'(???) interessa la Francia sud-occidentale e le valli occitanofone del Piemonte (cfr. (???)).
 L'origine delle forme citate è controversa; l'intera questione è ora riassunta dal (???), v. bòrgno 
Merita almeno citare, quale altro esempio di impronta metereologica, la forma rosada 'rugiada' < *ROSIATA, diffusa tra Lombardia settentrionale e Canton Ticino ((???) ITA 7, 13; SUI 302).
La denominazione trova conferma nella risposta registrata dall'(???) a Briga Marittima (P. 94; quesito 4716), oggi in Francia (La Brigue) e un tempo unita alle frazioni che compongono il comune italiano di Briga Alta (CN); in (???) è lemmatizzata la forma cansënèštr (in riferimento alla salamandra nera [Salamandra atra]), di cui si segnala l'occorrenza in tutta l'area brigasca (tranne che a Carnino).
Una forma pressoché identica, znestru, è attestata dall'(???) a Garessio (P. 88; quesito 4716).
Lessotipo non registrato dall'ALEPO, diffuso nel Piemonte nord-orientale (cfr. per esempio (???) 126, 129, 135, 137; (???) 15, 16, 21 [quesito 4716], (???) ITA 12, 22), che (???) propone di avvicinare a barca, perché, "quando la salamandra tiene alzata la testa e la coda, essa ha una curiosa rassomiglianza con una barca, i cui remi sarebbero rappresentati dalle quattro zampe dell'animale".
Un solo informatore, a Carema, afferma invece che è il piscio dell'orbettino a rendere cieco l'uomo ((???).I.320).
Oltre a (???), che costituisce ancora oggi un'introduzione imprescindibile alle categorie dell'etnoscienza, si vedano per esempio i saggi contenuti in (???) e (???). Una riflessione sulle classificazioni popolari relative ad alcuni zoonimi raccolti dall'ALEPO si trova in (???).
Gentilmente messici a disposizione dalla redazione, che qui ringraziamo.
Una spiegazione che si può addurre è legata alla conformazione della rete dei punti dell'ALiR e alla provenienza dei dati da più fonti, implicanti entrambe una scelta da parte del redattore della carta. Cfr. nota 2.
Ein großes Dankeschön an Christoph Purschke, der mir die Arbeit mit der noch unveröffentlichten (???)-Datenbank ermöglicht und mich dabei tatkräftig unterstützt hat, sowie an Barbara Soukup für die Bereitstellung der noch unveröffentlichten Ergebnisse Ihres FWF-Projekts ELLViA zum Französischen in Wien. Ich danke außerdem Linda Bäumler, Christoph Purschke, Barbara Soukup und Verena Weiland, die erste Versionen dieses Artikels kritisch gelesen haben.
Die Transkriptionen der österreichischen Aussprache stammen, wenn nicht anders angegeben, aus der adaba: – Österreichisches Aussprachewörterbuch / Österreichische Aussprachedatenbank (http://www.adaba.at). Transkriptionen von /r/ als [r] oder [ʀ] habe ich entsprechend den Konventionen des Internationalen Phonetischen Alphabets (IPA) zu [ʁ] adaptiert.
Laut Österreichischem Wörterbuch hat Trottoir einen Bekanntheitsgrad von 67%, Lavoir von 29% und Fauteuil von 90%.
Laut Österreichischem Wörterbuch haben die Wörter in diesem Absatz den folgenden Bekanntheitsgrad: Melange 87%, Jourgebäck 100%, Brötchen 0% [sic!], retour 50%.
Zu seinen Auswirkungen auf die französische Sprache vgl. u.a. (???).
Für diese Wörter gibt das (???) keine regionale Einschränkung an.
Laut (???) „französierende Bildung der Studentensprache (um 1800)“.
Laut (???) „auch rattenkahl, volksetymologische Umdeutungen aus radikal in Anlehnung an Ratte, Ratz(e), wohl in Hinblick auf den unbehaarten Schwanz der Ratte.“
Laut Kramer ((???)) waren die Französischkompetenzen im 17. Jahrhundert im Süden und Westen Deutschlands deutlich besser als im Norden und Osten.
https://fr.wikisource.org/wiki/Correspondance_de_Voltaire/1750/Lettre_2138.
Der Duden online führt von den genannten Gallizismen Couvert/Kuvert, Perron, Barriere im Sinne von ‘Bahnschranke’, Kondukteur und Retourbillet als „schweizerisch, sonst veraltet“ auf, Coupé ‘Eisenbahnabteil‘ als „veraltet“, poste restante als „französische Bezeichnung für: postlagernd“ und Passagier ohne einschränkende Angabe.
Österreichisch faschierte Laibchen entsprechen deutsch Frikadellen, Buletten, Fleischpflanzerl etc. (vgl. Duden online).
In der heutigen Standardaussprache mit /ɛ̃/ zusammengefallen (vgl. (???)).
Laut Eichhoff (???) ist in Deutschland auch die Anfangsbetonung möglich.
Rechtschreibung nach Duden online in einem Wort mit internem Apostroph.
« französisch jalousie, eigentlich = Eifersucht; die Benennung bezieht sich darauf, dass der eifersüchtige Ehemann seiner Frau zwar gestatten wollte, auf die Straße zu sehen, sie aber nicht den Blicken anderer preisgeben wollte; die Eigenart dieser Vorrichtung ist, den Durchblick von innen nach außen, aber nicht von außen nach innen zuzulassen; wohl nach dem Vorbild der typischen Fenstergitter in orientalischen Harems » (Duden online).
Zu den unterschiedlichen Funktionen von Sprachen in der Linguistic Landscape vgl. (???).
* = Wort oder Wortbestandteile nur in anderer Bedeutung.
Duden online liefert zwei Rechtschreibvarianten: <Nougat> und <Nugat>.
Rechtschreibvariante <Soufflé>.
Die Telefon-ID wird aus rechtlichen Gründen bei den Telefonanbietern gespeichert; diese kann aber nur von Behörden angefragt und zu­rück­verfolgt werden. Ansonsten sind die Daten sowohl für Projektleiter*innen als auch für andere Nutzer*innen anonym.
Aussprache im Wiener Deutsch: [lyse] (vs. fr. [lise]). Die Schüler*innen dieser Bildungseinrichtung sagen Lycée français de Vienne (das neben einem lycée auch eine école maternelle, eine école primaire, ein collège und eine prépa umfasst).
Bei fünf sehr ausführlich beschrifteten importierten Lebensmittelpackungen habe ich die Schrift auf einem Foto nicht in sämtliche Wörter und Ausdrücke zerlegt, sondern nur in Markennamen und Zutatenliste (Beispiele 16, 17, 27, 28 und 64 in Abb. 7), da diese Items ansonsten ein überproportionales Gewicht bekommen hätten.
Gesamtzahl der Items: 17 108 (davon derzeit 61% ausgewertet; n=10 381). Anzahl der Items in der Josefstadt: 2 391 (davon 52% ausgewertet; n=1 254) (Stand: Dezember 2019).
Die übrigen Schilder im Datensatz lassen sich keiner bestimmten Sprache zuordnen (z.B. Zahlen, Einzelbuchstaben).
Im Duden online findet sich Creme allerdings nur in Bedeutungen wie ‘Salbe’, ‘Süßspeise’ etc., allerdings nicht als ‘crème fraîche’ oder ‘(saure) Sahne’ wie im dokumentierten Kompositum Cremespinat.
Als österreichisch markiert in der Bedeutung ‘Milchkaffee, der zur Hälfte aus Milch besteht und im Glas serviert wird’; in anderen Bedeutungen auch gesamtdeutsch.
Das Adjektiv ist auf dem Foto abgeschnitten, findet sich aber auf Fotos auf Google Maps wieder.
In Lehre und Forschung hat Thomas Krefeld zahlreiche Szenarien dieser Art von Siebenbürgen über Sizilien, Calabrien, Neapel, Friaul, den gesamten Alpenraum und bis zuletzt nach Lateinamerika in den Blick genommen. An dieser Stelle sei nur auf eine knappe Auswahl aus seinem viel größeren Œuvre verwiesen (???)(Krefeld 2004)(???)(???)(???)(???)(???)(???)(???)
Einen guten Überblick über die Tradition und Funktion des Banquetts im England der Frühen Neuzeit gibt der Blogeintrag "What exactlely was the tudor and stuart banquet" (URL)
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NVTRISCO ET EXTING(V)O: Der Salamander Franz’ I. und das Edikt von Villers-Cotterêts – und Emmanuel Macron

Der Salamander ...

NVTRISCO ET EXTING(V)O (dt. ich nähre (mich davon) und lösche aus): Die lateinisch-italienische Devise71 von Franz I. taucht zusammen mit dem Feuer – das ikonographisch bisweilen auch als Wasser interpretiert wurde – spuckenden Salamander im Flammenkranz, seinem persönlichen Emblem, auf, lange bevor der erste Valois-Angoulême zum französischen König gekrönt wurde.

Der Salamander galt spätestens seit Aristoteles und Plinius als ein Tier von großer Giftigkeit,72 ein Wesen, über dessen Fortpflanzungs- und Lebensweise man nur spekulieren konnte.73 Er galt als geheimnisvoll und so verwundert es nicht, dass man ihm nicht allein die Fähigkeit andichtete, durch seine bloße Anwesenheit ein Feuer löschen zu können – was dann in der Folge als Fähigkeit, im Feuer leben zu können, ausfabuliert wurde –, sondern man sah in seinem Sekret, das ja augenscheinlich dem Feuer zu widerstehen vermochte, auch eine zerstörerische Kraft.74 Während Plinius in seiner Naturalis Historia auf der starken Giftigkeit des Salamanders beharrt, zweifelt er im Zuge seiner Ausführungen zunehmend an dessen Fähigkeit, Feuer zu löschen – immerhin sei der Schwanzlurch auch als Aphrodisiakum zu gebrauchen und entfache eher ein Feuer als dass er es lösche.75  Im Kapitel 'Vom Salamander' befasst sich der spätantike Physiologus in zwei unterschiedlichen Überlieferungssträngen mit dem späteren Emblem Franz’ I. Zum einen wird dort die, für den Physiologus typische, christlich-symbolische Deutung und exegetische Kontextualisierung des Tieres vorgenommen.76 In einer gesonderten, für den Physiologus thematisch eher unüblichen zweiten Überlieferung entfällt das christliche Element völlig (???), der Salamander wird als ein auf Sizilien lebender Vogel (!) bezeichnet und es wird beschrieben, wie er zu jagen sei.77  Es fällt dabei auf, dass die für Plinius so wichtig erscheinende Giftigkeit des Salamanders hier keine Rolle spielt, sondern allein die unhinterfragte ‚Tatsache‘ wichtig ist, dass er im Feuer lebe oder doch zumindest diesem Element zu widerstehen vermöge. Während für Augustinus das Überleben des Salamanders in den Flammen als Beweis dafür galt, dass auch der Mensch im Fegefeuer bestehen könne ohne zu verbrennen und diese Perspektivierung eine entsprechende Mirabilien-Rezeption erfuhr,78 verstand Marco Polo die Sache deutlich pragmatischer: Er berichtet von seiner Reise in die Provinz Chingitalas und der dort praktizierten Herstellung des Asbests als einer "Substanz von der Natur des Salamanders" (???). Dabei macht Polo jedoch klar, dass es sich – entgegen manch anderer zeitgenössischer Annahme – beim Asbest nicht um den Salamander selbst bzw. um dessen Haare handelt, sondern um einen natürlichen Prozess bzw. um die Herstellung eines Artefakts. Die Existenz eines Tieres namens Salamander, das im Feuer lebe, negiert er, bezeichnet er als "favol[a]".79

Ein solchermaßen symbolbeladenes Tier, das damals in aller Bewusstsein und Munde war, sollte François d'Angoulême sein Leben lang begleiten. Doch hatte der spätere König Franz I. sich diese Amphibie nicht selbst als persönliches Symbol ausgesucht – sie diente bereits als Emblem für Franz' Vater, Charles de Valois (bzw. d'Orléans), Graf von Angoulême, sowie unter Umständen für seinen Großvater väterlicherseits, Jean de Valois. Allerdings gibt es hierbei einen entscheidenden Unterschied: während seine Vorfahren sich lediglich des Tieres zu (Selbst-) Repräsentationszwecken bedienten, tritt im Falle von Franz die bildliche Darstellung von Beginn an zusammen mit einem Motto auf.

Erstmals erscheint der Salamander zusammen mit Franz in einer auf das Jahr 1504 datierten Bronzemedaille. Das Artefakt wurde entweder von Franz’ Onkel, König Ludwig XII. oder aber von seiner Mutter, Louise de Savoie, in Auftrag gegeben: der junge Angoulême war zu diesem Zeitpunkt zehn Jahre alt, sein Vater bereits seit acht Jahren tot; seit 1501 wurde Franz als Thronfolger gehandelt (???).80  Als ausführender Künstler der Medaille gilt – wenn auch nicht bezeugt – der italienische Gelehrte, Staatsmann und 'Hobbymedailleur', Giovanni di Candida, der sich zunächst am burgundischen Hof und in seinen letzten Lebensjahren bei den Valois verdingte;81 aber auch eine Herkunft des Artefakts aus Lyon ist denkbar und wäre demnach der Schule Candidas zuzurechnen.  Die künstlerisch anspruchsvolle Medaille, die sich heute im Bestand des Cabinet des Médailles der französischen Nationalbibliothek befindet, zeigt auf der Vorderseite ein Profilbild des Knaben, auf der Rückseite den Salamander im Feuer mit der italienischen Umschrift · NOTRISCO · AL BVONO · STINGO · EL REO · MCCCCCIIII.

Dieses Motto fand seine Anregung wohl in dem wenige Jahre zuvor erschienenen Werk Hypnerotomachia Poliphili des Francesco Colonna (Venedig 1499) (???).  Zur Regierungszeit Franz’ (1515-1547) ebenso wie nach seinem Tod gab die Devise des Königs in humanistischen Kreisen nicht selten Anlass zu gelehrter Spekulation und Interpretation: zwar war man sich darüber einig, dass der König, der weithin bekannt war als Förderer der Wissenschaften und Künste, die ungebührlichen Leidenschaften – die 'schlechten Feuer' – zu löschen vermochte (auch was sich selbst betraf), jedoch gab es Interpretationsbedarf, worin genau die Tugenden des Königs (die 'guten Feuer') bestanden (???). Im Laufe der Zeit wurde der Salamander Franz’ I. auch mit der Schlange assoziiert, wofür wohl dynastische Gründe eine Rolle spielten.82  Überhaupt scheint der König sich in außerordentlichem Maße mit seinem Emblem identifiziert zu haben: Der bekrönte Salamander Franz’ I. findet sich als omnipräsentes, dekoratives und (selbst-)repräsentatives bzw. (auto-)referentielles Element in vielen französischen Königsschlössern der Renaissance: in Fontainebleau (Galérie François Ier), in Villers-Cotterêts, im Trakt Franz’ I. des Stadtschlosses von Blois (während in den Trakten Ludwigs XII. dessen Wahrzeichen, das bekrönte Stachelschwein, vorherrscht). Ebenso in Franz’ Stein gewordenem Anspruch auf die Kaiserwürde oder doch zumindest auf die kulturelle Vormachtstellung in Europa: Chambord, wo sich mehrere Hundert Salamander tummeln – in Stein gehauen an Giebeln und Fassaden, gemalt oder stuckiert auf Zimmerdecken und Wänden, an Kaminen, auf Tür- und Fensterstürzen, an Treppenaufgängen und geschnitzt als Türknauf, auf Bilderrahmen oder als Relief auf Türen und Möbeln.

Für die frühneuzeitliche Nachwelt hat dies der geistliche Emblematiker Claude Paradin 1557 – zehn Jahre nach dem Tod des Königs quasi als Augenzeuge – dokumentiert, wenn er schreibt:

La Salemandre auec des flammes de feu, eʃtoit la Deuiʃe du feu noble & manifique Roy François, & außi au parauant de Charles Conte d'Angouleʃme ʃon pere. Pline dit que telle beʃte par ʃa froidure esteint le feu comme glace, autres diʃent qu'elle peut viure en icelui: & la commune voix qu'elle s'en paiʃt. Tant y ha qu'il me ʃouuient auoir vù une Medaille en bronze dudit feu Roy, peint en ieune adoleʃcent, au reuers de laquelle eʃtoit cette Deuiʃe de la Salemãdre enflammee, auec ce mot Italien: Nudriʃco il buono, & ʃpengo il reo. Et dauantage outre tant de lieus & Palais Royaus, ou pour le iourdhui elle eʃt enleuee, ie l’ay vuë außi en riche tapiʃʃerie à Fonteinebleau, acompagnee de tel Distique: Vrʃus atrox, Aquilæq’; leues, & tortilis Anguis: Ceʃʃerunt flammæ iam Salamandra tuæ.(???)

Auch in anderen repräsentativen Bauten Frankreichs taucht der Salamander in mehr oder weniger großer Häufung, bisweilen mit, bisweilen ohne königlichen Wahlspruch auf: im Schloss von Cognac (dem Geburtsort von Franz I.) und dem dortigen Hôtel Rabayne, dem Haus der Amme Franz I., auch Maison de la salamandre genannt, an der Sainte Chapelle des Château de Vincennes, an der Fassade der Kathedrale von Senlis, an deren Bau Franz I. sich als Mäzen beteiligt hatte, im Loire-Schloss Azay-le-Rideau, am Hôtel Chabouillé in Moret-sur-Loing, das für den königlichen Steuereintreiber Nicolas Chabouillé in den 1520er Jahren errichtet wurde. Bei den letztgenannten Beispielen ist die Verwendung des Salamanders ein Bekenntnis der Bauherren oder Besitzer zu ihrem König – die Darstellung dieser Salamander musste dann ohne Krone auskommen, während das Emblem im Umfeld königlicher Bauten stets bekrönt und oftmals zusammen mit der Initiale F auftaucht, die für verschiedene Konzepte bzw. Referenten stehen konnte: für François (Franz) ebenso wir für France (Frankreich) oder foi (Glaube, der als Ausdruck einer direkten Verbindung der französischen rois très chrétiens und rois guérisseurs zu Gott gewertet wurde).

Im Wappen von Städten und Gemeinden, die eine besondere Beziehung zu Franz I. hatten, ist der Lurch (zumeist im Feuerkranz) ebenfalls dargestellt - manche dieser Wappen wurden allerdings erst viel später offiziell anerkannt: Belleville-en-Beaujolais (Franz verfügte persönlich über die Stadt, die er 1543 dem in den Italienfeldzügen für Frankreich kämpfenden Condottiere Pietro Strozzi für zehn Jahre zur Nutzniesung überließ), Chambord (die königliche Jagddomäne war seit dem Ende des 15. Jahrhunderts im Besitz der Krone), Fontainebleau, Le Havre (die Stadt wurde 1518 von Franz I. zunächst unter dem Namen Franciscopolis gegründet), Le Mesnil-le-Roi (Franz wuchs teilweise in dem zum Ort gehörenden Château de Vaulx auf), Magny-en-Vexin (Franz I. verlieh dem Ort die Stadtrechte), Montréal (Yonne; 1529 hielt Franz I. hier die États de Bourgogne ab), Romorantin (der Geburtsort von Franz’ Ehefrau, Claude de France), Vitry-le-François (der 1544 von den Truppen Karls V. zerstörte Ort Vitry-en-Perthois wurde auf Befehl Franz' 1545 in einiger Entfernung durch den italienischen Militärbaumeister Girolamo Marini, der seit 1536 in Diensten des französischen Königs stand, wieder aufgebaut, erhielt den Namenszusatz seines neuen Stadtgründers sowie dessen Wappen samt der Devise Nutrisco et extinguo) - und nicht zuletzt Villers-Cotterêts.

…das Edikt…

Nun bleibt Villers-Cotterêts untrennbar mit Franz I. verbunden, evoziert allerdings im kollektiven Gedächtnis der Franzosen nicht unbedingt das Bild des dort omnipräsenten Salamanders, sondern ist vielmehr ein starkes Symbol sprachlicher Identität, mithin eine der zentralen und oftmals als kanonisch empfundenen Episoden der französischen Sprachgeschichte. Dies mag ein wenig verwundern, wenn man bedenkt, dass die im August 1539 von Franz I. unterzeichnete Ordonnance de Villers-Cotterêts – jene 'Allgemeine Verordnung', die auch als Ordonnance Guillemine oder Guilelmine nach dem chancelier de France Guillaume Poyet bekannt ist – in ihren 192 Artikeln mehrheitlich Angelegenheiten der Justiz und der Verwaltung und nicht etwa der Sprache regelt. Und sie tut dies ganz besonders mit dem Ziel, die Macht der Kirche auf religiöse Angelegenheiten zu beschränken sowie im Gegenzug die staatlichen Verwaltungsbefugnisse auszudehnen und die Zentralisierung der Macht der Monarchie voranzutreiben (vgl. Art. 1–5, insb. Art. 4):

Art. 4. – Sans préjudice toutefois de la jurisdiction ecclésiastique ès-matières de sacrement et autres pures spirituelles et ecclésiastiques, dont ils pourront connoître contre lesdits purs laïcs selon la forme de droit, et aussi sans préjudice de la jurisdiction temporelle et séculière contre les clercs mariés et non mariés, faisans et exerçans états ou négociations, pour raison desquels ils sont tenus et ont accoutumé de répondre en cour séculière, où ils seront contraints de ce faire, tant ès-matières civiles que criminelles, ainsi qu'ils ont fait par ci-devant.

Weniger verwunderlich mögen allerdings diese Zusammenhänge erscheinen, wenn man bedenkt, dass die Ordonnance de Villers-Cotterêts als Geburtsurkunde des Französischen als offizielle Sprache der Verwaltung und Justiz in Frankreich betrachtet werden kann (???). Dies umso mehr, als hier die Sprachenfrage eng mit dem festen Willen verknüpft zu sein scheint, einen sprachlichen Zentralismus durchzusetzen. Diese Sichtweise beruht auf der Annahme, dass die im Dokument für alle juristischen und administrativen Diskurstraditionen vorgeschriebene vernakulare Sprachform sowohl für den schriftlichen als auch für den mündlichen Bereich - le langage maternel françois - (vgl. Art. 110 und 111) in erster Instanz la langue du roi, also das Französische, sei:

Art. 110. – Et afin qu'il n'y ait cause de douter sur l'intelligence desdits arrêts, nous voulons et ordonnons qu'ils soient faits et écrits si clairement, qu'il n'y ait ni puisse avoir aucune ambiguité ou incertitude ne lieu à demander interprétation.

Art. 111. – Et pour ce que telles choses sont souvent advenues sur l'intelligence des mots latins contenus esdits arrests, nous voulons d'oresnavant que tous arrests, ensemble toutes autres procédures, soient de nos cours souveraines et autres subalternes et inférieures, soient de registres, enquestes, contrats, commissions, sentences, testaments, et autres quelconques, actes et exploicts de justice, ou qui en dépendent, soient prononcés, enregistrés et délivrés aux parties en langage maternel françois et non autrement.

Die Kampfansage gegen das Latein sowie gegen die anderen vernakularen Varietäten Frankreichs kann mit anderen Worten als eine Kampfansage gegen die Kirche und das dezentrale, letztlich noch mittelalterlich geprägte, sozial-politische Feudalsystem betrachtet werden. Allerdings wurden in jüngerer Zeit Stimmen in der Forschung laut, die langage maternel françois deutlich weiter fassen, nämlich als jegliches Vernakular, als "[…] toute langue ou variété de langue dont on use dans les provinces rattachées au royaume de France" ((???); Kursivierung im Original). Ähnliches liest sich bei Bernard Poignant: "[i]l est évident que le texte proscrit le latin. Mais il ne dit pas clairement quelle langue il faut utiliser, ou par laquelle il faut la remplacer" (???).

Hervorzuheben ist für alle Kontexte, wie auch immer man langage maternel françois nun identifizieren mag, dass das Vorgehen gegen das Lateinische hier gerade auch in pragmatischer Hinsicht offensichtlich ist, wenngleich der Text mit seinen Forderungen wohl nichts gänzlich Neues hervorbringt, sehr wohl aber (mehr oder weniger) gängige Praxen in Form gießt und konsolidiert. So funktionierten neben dem Französischen (Parlement de Toulouse 1444, États de Guyenne 1470) auch Varietäten des oc-Bereichs (etwa das Gaskognische im Béarn) schon lange vor 1539 in der Verwaltung und im Notarswesen ((???) (???)). Man tut also - zumal bei der Sichtung weiterer Dokumente - gut daran, den allzu exklusiven, allzu zentralistischen, allzu innovatorischen Charakter von Villers-Cotterêts zu relativieren:

Les études nombreuses menées sur les pratiques effectives (minutes notariales en particulier) nous enseignent tous les jours un peu plus que l’ordonnance de Villers-Cotterêts n’a au fond pas changé grand-chose à des situations fort variables, qui présentent tous les cas de figure possibles, en fonction des frontières linguistiques ou des réalités sociales.(???)

An dieser Stelle drängt sich eine Parallele zur These von Serge Lusignan hinsichtlich der Verschriftung und Stärkung der Verschriftlichungstendenzen des mittelalterlichen Französischen auf. Ausgehend von der Idee, dass Diskurstraditionen und ihre Texte in oïl-Idiomen besonders früh respektive besonders zahlreich dort entstanden seien, wo sich das romanische Vernakular gegenüber anderen Vernakularsprachen behaupten musste (dies gilt für die Konkurrenz mit dem Germanischen im Falle der nordöstlichen und östlichen scriptae, wie etwa Wallonisch und Lothringisch, für das Angelsächsische im Fall des Anglonormannischen) - also an der Peripherie, an den frontières linguistiques - während sie im Zentrum des Sprachgebiets keiner direkten vernakularen Konkurrenz ausgesetzt waren und insofern die Konkurrenz durch das Lateinische im Distanzbereich länger hinnahmen (???), ließe sich unter Umständen eine ähnliche Entwicklung für das français, langue de l’administration, ausmachen. Dort, wo sich bereits oc-Idiome in der nähe- wie distanzsprachlichen Praxis von Verwaltungssprachlichkeit etabliert hatten, funktionierte das Französische in diesem (zumindest distanzsprachlichen) Bereich, obwohl außerhalb seines damaligen realen Verbreitungsgebietes, wohl früher als im Zentrum:

Dans la zone provençale, l'expansion du français avant Villers-Cotterêts était un fait acquis, conséquence de la présence d'officiers royaux, de la nécessité d'établir des relations avec le pouvoir central, de la création du Parlement d'Aix (1501-1503), en dépit de quelques actes en provençal émanant de conseils municipaux [...]. Les notaires, selon toute probabilité, expliquaient oralement à leurs clients les tenants et aboutissants de leurs actes dans leur parler vernaculaire commun. Mais au niveau des < écritures >, le français était déjà devenu, même dans un grand nombre de régions méridionales, un instrument de communication plus largement intelligible que le latin.(???)

Der Ordonnance kann insofern der Stellenwert einer Neuerung, wenn überhaupt, wohl nur für das alte Kerngebiet der französischen Krone zugeschrieben werden. Für die Randgebiete trifft dies wohl eher nicht – oder  zumindest nicht in dem gemeinhin postulierten Ausmaß – zu.

Zu diesem sprachlichen Faktor tritt ein sozialer: Wer an der Peripherie des Französischen das Französische benutzte, schien damit die Möglichkeit eines gesellschaftlichen Aufstiegs oder zumindest eines Vorankommens zu assoziieren: "La mobilité sociale, le désir d’accéder à un rang plus élevé dans la hiérarchie, ont amené les milieux de la magistrature et la bourgeoisie d’affaires à utiliser un parler qui était synonyme de réussite et de dignité. La pratique de la langue du roi est un moyen de se différencier socialement […]" (???). Affinitäten zum König, der Krone, die sich im sprachlichen Bereich durch Sprachwahl manifestieren, durch einen bewussten Gebrauch des Französischen (vs. Latein und vs. andere Vernakularsprachen Frankreichs), lassen sich im Bereich der Heraldik durch den Salamander ablesen: Jenen Orten, jenen Gebäuden, zu welchen der König einen besonderen Bezug hatte, erlaubte er, wie wir oben bereits ausgeführt haben, sein persönliches Emblem im Wappen zu führen - oder er sorgte dafür, dass es gekrönt oder ungekrönt, weithin sichtbar im öffentlichen Raum erschien.

Was sich in der Repräsentation des seit dem Ende des Hundertjährigen Krieges massiv erstarkten französischen Königtums im öffentlichen Raum widerspiegelt, findet auch seinen Niederschlag in (sprach-)politischen Maßnahmen. Gerade die allmähliche Behauptung der Zentralgewalt gegenüber der Feudalordnung hatte dazu geführt, dass die lateinische Sprache ebenso allmählich durch die volkssprachliche Varietät der Île de France bzw. durch das sogenannte Zentralfranzösische (um den Ausdruck francien/Franzisch zu vermeiden) ersetzt wurde – durch jene Varietät des Pariser Hofes und der Stadt Paris, die zum Zentrum der Konvergenz und der Kontakte zwischen Menschen aus verschiedenen Regionen Nordfrankreichs geworden waren ((???); zur Debatte um die Entstehung der zentralfranzösischen (Ausgleichs-)Varietät: (???), (???), (???), (???)). Dabei unterstützte eine neue Schicht von Rechtsgelehrten, ausgebildet an den juristischen Fakultäten der Universitäten in Paris und Montpellier, die Monarchie gegen die Interessen des Adels; auch gestehen die am italienischen Modell inspirierten (Vulgär-)Humanisten der Sprache des Königs die gleiche Würde wie dem Lateinischen zu; zugleich kann das französische Königreich seine Macht ausbauen und seine Autonomie konsolidieren.

Diese recht frühe Anbindung der Sprachenfrage an die politische Macht – die mit der Gründung der Académie française im 17. Jahrhundert noch deutlich an Bedeutung gewinnen wird – ist Schlüssel für das Sprachdenken in Frankreich und stellt zugleich eine Besonderheit im europäischen Panorama dar. Dies lässt sich feststellen, wenn man andere Länder Europas vergleichend heranzieht: während in den meisten europäischen Volkssprachen seit der Wende zum 16. Jahrhundert ausgehend von Italien Bemühungen um die Kultivierung und Normierung der Sprache unternommen wurden,83 nimmt die französische Sprachenfrage – und dabei insbesondere der aufkommende Sprachpurismus mit seinen antilateinischen und antidialektalen Absichten – in Frankreich schon früh radikalere und stärker von politischen Motiven geleitete Züge an als etwa an den vielen Höfen im dezentral organisierten Italien oder in Deutschland und scheint nicht zuletzt stark an andere Normierungsfelder der frühneuzeitlichen Kultur gebunden zu sein.

In diesem Rahmen wird evident, dass die Unterzeichnung der Ordonnance de Villers-Cotterêts weder der erste Angriff auf das Lateinische war, noch isoliert als Symbol betrachtet werden kann: Zunächst einmal übte schon im Mittelalter die königliche Chancellerie ihren Einfluss auf die Sprache aus und bevorzugte nicht selten die Volkssprache, nachdem sie in der Praxis einen kultivierten Stil und eine für die höchsten Anforderungen der Verwaltung geeignete – hochgradig ausgebaute – Form des Vernakulars entwickelt hatte (???). Weiter reiht sich die Ordonnance in eine Serie von anderen symbolischen Handlungen ein, die die Konstruktion der französischen nationalen Identität markieren. Ihr gehen u.a. die Gründung des Collège de France im Jahr 1530 und die Ordonnance d'Is-sur-Tille (1535) voraus, die vorschreibt, dass Rechtsakte "en françoys ou à tout le moins en vulgaire dudict pays" abgefasst werden müssen (???). Solche symbolischen Handlungen zeugen zweifellos von einem offiziellen, einem höfisch-königlichen Interesse am langage maternel françois:

Depuis le XVIe siècle, les questions soulevées par ce texte tiennent à l'ambiguïté fondamentale de la locution finale. Ou bien l'expression est restrictive: le "langage maternel françois", c'est la Iangue "françoise" (langue de la capitale et de l'Ile-de-France) a l'exclusion des dialectes et des langues régionales; ou bien c'est toute langue ou variété de langue dont on use dans les provinces rattachées au royaume de France. Dans le premier cas l'ordonnance aurait pour but, sous prétexte d'une amélioration des conditions d'exercice de la justice et sous couvert d'éliminer le latin, d'imposer insidieusement la langue du pouvoir et de faire reculer les parlers locaux. Dans le second cas, tout au contraire, loin d’exclure les dialectes, elle favoriserait leur usage.(???)

Allerdings stellt sich die grundlegende Frage, inwiefern man hier schon von einer Sprachpolitik des französischen Hofes sprechen sollte oder inwiefern es eben doch 'nur' Ausdruck eines, wenn auch vielleicht gesteigerten, Sprachbewusstseins ist, das gleichgesetzt werden kann mit den Bemühungen eines Frankreich während der Spätrenaissance die kulturelle Vormachtstellung in Europa einzunehmen. Nicht zuletzt geschah dies auch durch die Berufung ausländischer Künstler an den französischen Hof (geradezu symbolisch hierfür steht ja das Wirken von Leonardo da Vinci am Hof von Franz I. in Amboise).  Auf Richelieu muss man eben noch warten: Erst mit der von ihm initiierten Gründung der Académie française als einer (zumindest halb-)staatlichen Institution, die die Behauptung und Durchsetzung der reinen, vom mauvais usage bereinigten langue du roi als ihre primäre Aufgabe versteht, werden die Normierung und die Normalisierung des Französischen sowie dessen sukzessive Verbreitung in Europa zu staatlichen (höfischen) Zielen erklärt (???).

Neben den sprachhistorischen Ereignissen und Prozessen und ihrer Darstellung sollte aber auch die Frage nach der historiographischen, nach der epistemologischen Einordnung dieser Daten und ihrer Interpretation gestellt werden. Denn hier ergaben sich – gerade in der Sprachgeschichtsschreibung seit dem letzten Viertel des 19. Jahrhunderts – nur allzu oft Probleme, die dadurch zustande kamen, dass nationale Interessen des französischen Staates, der jungen Dritten Republik, mit den Ergebnissen ihrer Community of Investigators gleichgesetzt wurden (???). Villers-Cotterêts konnte in diesem Sinne fast nur auf die beiden sprachrelevanten Artikel der Ordonnance reduziert und in der Folge bis weit in unsere Zeit hinein (allzu) kanonisch im Sinne eines français, langue du roi - langue d’État fortgeschrieben werden. So lesen wir bei Brunot (???):

Le 15 août 1539 paraît l'ordonnance de Villers-Cotterêts sur la réforme de la justice: elle stipulait, dans ses articles 110 et 111, que tous les actes et opérations de justice se feraient désormais en français. Entre cette décision prise par François Ier et les conseils de Seyssel [à Louis XII à "enrichir et magnifier" sa langue française], il se peut qu'il n'y ait aucune relation, même indirecte, de cause à effet. Seyssel était mort depuis 1520, et ses propositions étaient peut-être depuis longtemps oubliées. Toutefois j'ai peine à croire qu'aucune idée politique n'inspirait pareille mesure. Pas n'est besoin de réfuter l’interprétation vulgaire, d'après laquelle elle serait due à un caprice du roi lettré […]. Il est difficile aussi de s'en tenir aux motifs allégués dans l’ordonnance même qui invoque le besoin de clarté dans les discussions et les jugements. Si cette raison eût été la vraie, comment ordonnait-on l'abandon des parlers dialectaux? Pour les plaideurs de toute une partie du royaume, le français n'était pas moins une langue savante que le latin, et on le leur imposait sans réserve, même au criminel, contrairement aux tolérances des ordonnances antérieures; or aucune réclamation n'y put rien changer. Il est plus probable qu'on avait compris dans les conseils du roi que l'intérêt de l'État commandait l’unification de la langue qui devait faciliter l'unification de la justice, de l'administration et du royaume. L'idée était vraisemblablement depuis longtemps à l'état confus dans les esprits, puisque la chancellerie avait renoncé à toute autre langue, et que le rêve d'une loi unique en français avait déjà hanté Louis XI et peut-être Philippe le Long. Mais désormais elle s'était précisée assez pour qu'on voulût poser le principe dans la première des grandes ordonnances législatives, ébauche du code unique qui devait s'élaborer peu à peu. Quoi qu'il en soit, le pas décisif était fait; la langue était "hors de page", il y avait une langue d’État. Ce n'est pas à dire que d'un coup le français devint la langue du droit; dans les Universités on continua de l'enseigner en latin; les livres aussi restèrent longtemps en latin; des jurisconsultes persistèrent même à discuter la question. Mais ces résistances sont sans intérêt: par l'ordre du roi, le français entrait partout où était la vraie vie juridique; le reste importait peu. Désormais, et ce n'est pas là une des moindres conséquences de la réforme, il se développa dans le monde judiciaire, seule portion instruite des hautes classes, un goût très vif des lettres françaises; notre langue, pendant un certain temps au moins, profita grandement des soins qu'on eut d’elle dans le monde des Parlements, des recherches qu'on lui consacra, et même de l'usage qu'on en fit.

Eine gänzlich neue Sichtweise auf die französische Sprachgeschichte - und damit eine Relativierung auch des Dokuments von 1539 - fordert Paul Cohen in seiner programmatischen Schrift, die für eine contre-histoire de la langue française eintritt (???): nicht die kanonischen Daten, Ereignisse und Texte der klassischen, letztlich nationalphilologischen, französischen Sprachhistoriographie (???) sollten immer wieder aufs Neue zitiert werden und damit den Blick auf andere, von eben jener Sprachhistoriographie marginalisierte, Ereignisse der Geschichte des Französischen verstellen. Man solle - und man ist geneigt zu sagen: à rebours - eine neue Ära, eine andere Perspektivierung der Sprachgeschichtsschreibung des Französischen von den Rändern her, einläuten:

Il faut alors repenser l'histoire de la langue en France. En s'interrogeant sur les origines des nationalismes et des politiques linguistiques contemporains, le récit traditionnel fournit la réponse à une question mal posée; en prenant à témoin un corpus littéraire canonique, il s'appuie sur des textes écrits pour apporter une réponse à d'autres questions. (Comment glorifier le roi? Comment célébrer la langue française?) Ce procédé ferme la porte à une véritable reconstitution historique, car les réponses se trouvent déjà inscrites dans la question et le choix des sources [ein Phänomen, das Wulf Oesterreicher als 'invertierte Teleologie in der Sprachgeschichtsschreibung' identifizierte, (???), JH/SDS/DM]. Jeter les bases d'une histoire véritablement scientifique impliquerait non pas de rechercher les premiers balbutiements d'un nationalisme linguistique ou de discerner les premières traces d'un projet d'unification culturelle, mais plutôt de reconstituer le rapport entre politique et langue dans les termes que les habitants de la France moderne l'imaginèrent et le vécurent eux-mêmes. Un tel travail d'historicisation reposerait sur trois choix méthodologiques. Premièrement, prendre en compte la totalité de l'écologie linguistique de la France à l'époque moderne, c'est-à-dire la présence des divers parlers locaux à travers la France - le basque au Pays basque, le breton dans la partie occidentale de la Bretagne, l'occitan dans le Midi, le franco-provençal autour de Lyon et dans les Alpes, l'alsacien, le catalan et le flamand dans les régions nouvellement conquises aux XVIIe et XVIIe [sic!] siècles en Alsace et Lorraine, en Flandre et en Roussillon, ainsi que le latin, pratiqué dans les milieux ecclésiastiques, juridiques et savants. Deuxièmement, tenir compte de la spécificité de la France en tant qu'entité politique et territoriale, une monarchie dynastique dont les frontières bougent rapidement et de manière significative durant toute la période moderne. Troisièmement, lire les sources de façon critique, en les analysant dans leur contexte historique.(???)

Im Sinne von Thomas Krefeld ließe sich ein weiterer Punkt zu diesem Manifest für einen neuen Umgang mit der Sprachgeschichte hinzufügen: Viertens, die sprachhistorischen Quellen digital aufbereiten und sie auf diese Weise aus dem Elfenbeinturm eines (weitgehend geschlossenen) wissenschaftlichen Diskurses bzw. aus den Verliesen der Archive herausholen und an das Licht einer breiten Öffentlichkeit zu bringen (vgl. auch die Internetpräsenz von Thomas Krefeld). Jüngst erschien zu diesem Thema ein Artikel, den Krefeld zusammen mit Stephan Lücke zum Thema FAIRness im Umgang mit Daten und ihrer wissenschaftlichen Aufbereitung veröffentlichte (???). Dort werden die Herausforderungen der wissenschaftlichen medialen Neuerungen angesichts der Parameter "F_indable ('auffindbar'), A_ccessible ('zugänglich'), I_nteroperable ('kompatibel'), R_eusable ('nachnutzbar')" (???) kritisch überprüft und die Anwendbarkeit der Kriterien auf aktuelle Forschungsprojekte (hier: das Münchner Projekt VerbaAlpina) dargestellt: "[Es ist die] Anwendung der [FAIR-Prinzipien] in den folgenden fünf komplementär angelegten und eng miteinander verflochtenen Funktionsbereichen zu unterscheiden: Dokumentation, Publikation, Kooperation, Datenerhebung durch crowdsourcing, Forschungslabor" (???). Tatsächlich ist die Frage, wie wir unsere Forschungsergebnisse in Zukunft darstellen, aufbereiten und 'verwalten' wollen - gerade auch in Hinblick auf die Aufbereitung (sprach-)historischer Daten und Quellen - essentiell.

Doch kehren wir zurück zur Argumentation von Cohen. Mit den von ihm untersuchten Dokumenten beschreitet er Wege weit abseits des Mainstreams der französischen Sprachgeschichtsschreibung - und er kann etwa für das uns hier interessierende 16. Jahrhundert mit erstaunlichen Ergebnissen aufwarten. Exemplarisch zeigt er für den Gebrauch des Französischen in Avignon nach 1539, dass die von Franz I. propagierte Sprache dort nicht allein in Belangen der Stadtverwaltung gebraucht wird, sondern auch außerhalb des administrativ-juristischen Bereichs Anklang findet (???). Es ist einerseits erstaunlich, dass die bisherige Sprachhistoriographie des Französischen eine Vielzahl (nicht nur) südfranzösischer Dokumente aus der Zeit nach Villers-Cotterêts nicht zur Kenntnis genommen hat, andererseits entspricht dieser Befund durchaus einer kanonisch argumentierenden und vom (vermeintlichen) Zentrum der Verbreitung des Französischen ausgehenden Episteme. Und dabei wären diese Dokumente Wasser auf die Mühlen jener, die von einem frühen Siegeszug des Französischen auch außerhalb des französischen Sprach- und im Falle von Avignon auch des französischen Staatsgebiets wie selbstverständlich ausgehen. Dass in der Stadt, die im 16. Jahrhundert nicht zu Frankreich, sondern zusammen mit der Grafschaft Venaissin zum Territorium des Heiligen Stuhls gehörte und insofern in Verwaltungsdingen nicht an die Weisungen des französischen Königs gebunden war, von den dort amtierenden Stadtoberen trotzdem das Französische verwendet wurde, sagt einiges über den damaligen Stellenwert des Französischen in der okzitanophonen Welt aus. In ihrer Sitzung vom 4. November 1540 beschließen die consuls de la ville einstimmig, dass die Protokolle der Ratsversammlungen nicht länger auf Latein angefertigt werden sollten, sondern "que dores en avant les conseilz seront escriptz et couches en Lengue vulgayre et francoyse" (zitiert bei (???)). Cohen weist darauf hin, dass Avignon hier keinen Einzelfall darstellt, sondern dass "cette transition avignonnaise semble participer d'une tendance large, une transition linguistique globale au XVIe siècle durant laquelle la plupart des villes du sud de la France abandonnent le latin et l'occitan dans les registres de leurs délibérations et adoptent le français“ ((???). Vgl. auch seine Ausführungen zum Sprachgebrauch im Herzogtum Savoyen im 16. Jh.: (???)). Die Gründe für diesen Sprachwechsel sind also nicht politisch zu erklären, sondern sie waren - wie Cohen zeigen konnte - sozial bedingt: Während das Französische und sein Gebrauch wohl für nicht wenige Prestige versprach, stellte das Okzitanische für jene, die einen sozialen Aufstieg planten oder sich gesellschaftlich vom Rest ihrer Mitbürger abgrenzen wollten, zumindest im Distanzbereich keine Option mehr dar. So beklagte sich die confraternité des orfèvres aus Avignon im Jahr 1553, dass ihre Statuten in einer "langue barbare" verfasst seien (zitiert bei (???)). Dies solle sich in Zukunft ändern und das Französische an die Stelle des Okzitanischen treten. Es wird schnell deutlich, dass eine solche sprachhistorische Quelle jenseits der ausgetretenen oder auch nur der bekannten Pfade - und für das Studium genau solcher 'abwegiger' Quellen plädiert ja Cohen in seiner Schrift - in doppelter Weise der Erwartbarkeit der Wirkung von Villers-Cotterêts entgegentritt: erstens entstand der Text der Goldschmiede außerhalb des politischen Wirkungsraums des Edikts von 1539, zweitens handelt es sich um keinen juristischen Text im eigentlichen Sinne, sondern um die Angelegenheiten einer Handwerkerzunft, die durch die Verwendung des Französischen ihrer sozialen Position - vielleicht auch in Abgrenzung zu anderen, als sozial niedriger verstandenen Handwerkern - Ausdruck verleihen wollte. Eine Nichtbeachtung solcher Quellen zugunsten eines gebetsmühlenhaften Wiederholens von bereits Untersuchtem (oder Gesagtem) aus dem erwartbaren Quellenhorizont muss einen solchen Blick auf die 'randständigen' Quellen also auch doppelt verstellen.

…und Macron

Doch nicht allein die Ausrichtung des Blicks auf die Dinge entscheidet über die Erkenntnisse, auch die Interpretation – bis hin zur gelegentlichen Verfälschung - von Daten und Zusammenhängen trägt, zur entsprechenden Wahrnehmung der Tatsachen und eventuell zu deren Konsolidierung im kollektiven Gedächtnis bei. So gab die französische Post im Jahr 1989 eine Briefmarke zum 450-jährigen Jahrestag der Ordonnance de Villers-Cotterêts heraus (vgl. hierzu auch (???)). Der auf der Marke formulierte Text "Ordonnance de Villers-Cotterêts 1539 Le français devient la langue écrite officielle" ist sowohl in sprachwissenschaftlicher als auch in typographischer Hinsicht schwierig. Inhaltlich suggeriert er, dass mit der Ordonnance die Geburtsstunde des Französischen als geschriebene Sprache in allen offiziellen Bereichen - nicht nur in der Verwaltung und Jurisprudenz - gemeint sei; typographisch ist die Tatsache deshalb als prekär zu klassifizieren, weil der in, dem Originaldokument nachempfundener, Frakturschrift gehaltene Textbaustein "Le français devient la langue écrite officielle" durch die gewählte Schrifttype den Anschein erwecken könnte, dass es sich hierbei um ein wörtliches Zitat aus der Ordonnance handelt, zumal darunter eine faksimilierte Wiedergabe des Namenszuges "Francoys" zu finden ist. In ähnlicher Weise ahistorisch argumentierte übrigens die spanische Post mit einer Briefmarke von 1977 an den sprachhistorischen Gegebenheiten vorbei, als sie kurzerhand die Glosas Emilianenses als das erste Dokument des Spanischen - oder sprachhistorisch noch verquerer des Kastilischen - deklarierte, wenn vom "Milenario de la lengua castellana" gesprochen wird.

Mit einem ähnlichen Fall von zumindest teilweiser sprachhistorischer Fehlinterpretation haben wir es aktuell auch in Frankreich zu tun:

480 Jahre nach dem berühmten königlichen Erlass durch Franz I. ist der 10.000-Seelen-Ort Villers-Cotterêts, in der ehemaligen Grafschaft Valois gelegen, die der Herrscher aus dem Haus Valois Franz I. in die französische Krondomäne eingliederte, im Frühjahr 2019 (wieder) in den Blick der französischen Öffentlichkeit gerückt. Nach einer bewegten Geschichte waren die letzten Jahre für das Château François Ier – wie es von den Einheimischen genannt wird, um es von dem zweiten Schloss im Ort, Château Noüe, dem Geburtshaus von Alexandre Dumas, zu unterscheiden – keine guten Jahre. Um das Jahr 1530 wurde von dem passionierten Jäger Franz I. ein Umbau der bestehenden Domäne und der Neubau eines Jagdschlosses nahe des mehrere Tausend Hektar großen wildreichen Forêt de Retz in Auftrag gegeben; Heinrich II. ließ von dem in Italien geschulten Architekten Philibert Delorme weitere Um- und Neubauten ausführen. Das Second volume des plus excellents Bastiments de France von Jacques Androuet du Cerceau (1579), Katharina von Medici gewidmet, führt uns die Größe und einstige Pracht des Schlosses in Plänen und Ansichten vor Augen. Seit seinen letzten großen Sternstunden unter Monsieur, dem Bruder Ludwigs XIV., in dessen Besitz es war und seit den Feierlichkeiten anlässlich der Übernachtung Ludwigs XV. auf dessen Weg zur Krönung in Reims 1722, verkam das Schloss zunehmend. 1808 wurde es zu einem der dépôts de mendicité84 des Seine-Départements umgewandelt und beherbergte während 80 Jahren Arme, Obdachlose, Bettler und Prostituierte, die man aus den Straßen von Paris hierher brachte. Seit dem Ende des 19. Jahrhunderts diente es zunächst als maison de retraite für bedürftige Alte aus Paris, dann bis 2014 als Altenheim. In den letzten Jahren verfiel das Gemäuer und ist heute in keinem sonderlich guten Zustand – Rettung ist allerdings in Sicht: Emmanuel Macron will aus dem Schloss ein Zentrum für Frankophonie machen und den symbolträchtigen Ort des Edikts von 1539 neu beleben, ihn quasi erneut in den Dienst der französischen Sprache stellen. Das Medienecho zu den Plänen des Präsidenten war groß, einige Ausschnitte aus dem Pressepanorama seit Frühjahr 2017, als die Pläne Macrons bekannt wurden, sollen dies verdeutlichen:

Es begann mit dem folgenden Post Macrons auf Twitter vom 17. März 2017: "Je m’engage à rouvrir le château de Villers-Cotterêts. Nous en ferons l’un des piliers symboliques de notre francophonie" – interessant ist hier neben der Wortwahl Macrons (rouvrir, pilier symbolique) vor allem auch die Verwendung der Pronomen (präsidentielles je, persönlicher Einsatz des Präsidenten/Macrons vs. kollektives nous/notre, das eine gemeinsame Anstrengung impliziert). Am 20. März legte Macron dann mit zwei Tweets nach. Der erste: "Villers-Cotterêts est la ville de naissance d’Alexandre Dumas. C'est la ville de l'édit de François 1er sur la langue française. Son château tombe en ruines." Es lassen sich zwei interessante Dinge beobachten: zum einen die thematisch-rhematische Abfolge Dumas - François 1er. Macron scheint davon auszugehen, dass der Verfasser der Drei Musketiere dem Adressatenkreis seines Tweets bekannter ist als das Edikt von 1539. Zum anderen die Erklärung zum Edikt, das – ähnlich der Briefmarke von 1989 - als Edikt über die französische Sprache propagiert wird… Der zweite Tweet lautet: "Nous allons le transformer en laboratoire de la francophonie. Ce sera un lieu d'échanges, de création, d'écriture, de spectacle, de résidences d’artistes. Il apportera un élan nouveau à un territoire qui doit retrouver l'espoir et l'esprit de conquête." Hier fällt vor allem der kämpferische Duktus im zweiten Teil der Nachricht auf: die französische Sprache, die Francophonie seien, so die Aussage Macrons, ein Territorium, das durch Hoffnung und Kampfgeist beflügelt werden müsse… diese Wendung findet sich auch sonst häufig im Sprachgebrauch des Präsidenten (vgl. Mon contrat avec la Nation: "Pour renouer avec l’esprit de conquête français je veux passer un contrat avec la Nation, un contrat de droits, de devoirs et de responsabilités."). An diesen beiden Nachrichten entspinnt sich dann ein heftiger Schlagabtausch zwischen Befürwortern und Gegnern des Macron-Projekts.

Im Herbst 2018 wird ein Fernsehbeitrag ausgestrahlt, der Macron im Herbst 2018 bei seiner "visite du château tenue secrète jusqu'au dernier moment" zeigt; einen entschlossenen Macron, der eine Entscheidung im Fall Villers-Cotterêts herbeiführen wolle, eine Entscheidung, die Schloss und Stadt gleichermaßen zu Gute komme. Macron, so wird im Beitrag deutlich, sei "très frappé par la grande beauté des décors qui subsistent, mais il a été aussi frappé par l’état de misère dans lequel le reste est plongé", - kurz: es gehe darum, die Rettung dieses "éclopé du patrimoine" in die Wege zu leiten:

Im Frühjahr 2019 werden weitere Schritte publik und entsprechend reagiert die Presse – zumeist positiv - darauf:

Emmanuel Macron a présenté ce mardi une trentaine de mesures pour renforcer "la place et le rôle" de la langue française et du plurilinguisme dans le monde. Parmi ces mesures, le président souhaite faire du château de Villers-Cotterêts un "laboratoire de la francophonie". […] Il y a tout juste un an, Emmanuel Macron était en visite à Villers-Côtterêts pour annoncer ses ambitions... Aujourd'hui, c'est donc confirmé: le président veut placer la cité d'Alexandre Dumas au cœur de la francophonie dans le monde. Car c'est là que le français fut choisi comme langue officielle de l'administration en 1539. "Le lien entre le château de Villers-Cotterêt [sic] et la langue française est un lien très fort, et c'est d'abord là-dessus que l'on va s'appuyer. Car la langue c'est le premier de nos patrimoines, un bien très précieux qu'on doit faire fructifier", estime Jean-Baptiste Lemoyne, secrétaire d'Etat auprès du Ministre de l'Europe et des Affaires étrangères. […] Bettina Caignault est présidente de l'association du château de Villers-Cotterêts. Elle salue "un grand moment". "Je pense que si le château pouvait parler, ce serait le plus beau jour de sa vie depuis plus de deux siècles. Les amoureux du château et de Villers doivent être extrêmement heureux aujourd'hui." […] Car c'est le château de la ville qui doit devenir "un laboratoire de la francophonie". Comprenez un "lieu de débats, des recherches, de pédagogie, de résidence d'artistes, de découverte, de création, d'écriture, de spectacle", selon les déclarations du président Emmanuel Macron. Mais pour ceux qui ne le savent pas, le château, propriété de l'État, est au bord de l’effondrement et muré aux deux tiers... […] Au moins 200 millions d’euros seront nécessaires pour remettre en état les 23 000 mètres carrés de la bâtisse. Le maire Franck Briffaut se dit prêt à mettre la main à la pâte. "L'essentiel est de mettre le projet en réseau. Nous souhaitons accompagner ce projet localement l'arrivée de ce projet qu'il faudra brancher sur les réalités du territoire." Le défi à relever est audacieux pour la petite ville de l'Aisne face à plus de 270 millions de francophone [sic] répartis sur 5 continents. Le projet du château devra donc servir de grosse locomotive, avec une réalisation espérée pour 2022.(???)

Dabei soll im Zuge der Rettung des Château François Ier, in jenem "projet phare" (???), das Schloss einerseits zum Begegnungszentrum für ein Fachpublikum der französischen Sprache werden, andererseits zu einem Erlebnisparcours für den linguistischen Laien, in welchem das Französische und seine Geschichte erfahrbar gemacht werden sollen:

Le logis royal du XVIe siècle, situé dans la ville qui a également vu naître Alexandre Dumas, aura désormais vocation à accueillir des expositions, des débats, des résidences pour les artistes, chercheurs et institutionnels. Un espace de découverte de "toutes les cultures francophones", selon le vœu formulé par le président français. "La visite permanente – réservée au public – prendra la forme d'un parcours immersif sur l'histoire de la langue française jusqu'à l'émergence de la francophonie, présentée sur des supports numériques, explique à France 24 Valérie Senghor, directrice générale adjointe du Centre des monuments nationaux. Il s'agit davantage d'une expérience qu'un propos didactique. Elle permettra au visiteur de déambuler dans les différentes pièces du château. C'est une initiative unique en son genre. (???)

Dies hatte Macron bereits bei seinem 'Antrittsbesuch' in Villers-Cotterêts im September 2018 und der anschließenden Kaffeepause – im thematisch passenden Rahmen, dem Café La Française – deutlich gemacht. Bei dieser Gelegenheit sagte er über das Projekt: "[…] on veut à la fois acueillir des artistes, des intellectuels sur la langue, acueillir des visiteurs et donc rouvrir le château à la ville et derrière à la forêt et puis permettre aussi d'avoir un projet d'accueil de visiteurs, de voyageurs pour redonner une dynamique touristique."

Dass die Pläne Macrons in Frankreich jedoch nicht nur auf Gegenliebe stoßen, überrascht wenig – kritische Stimmen werden sowohl sehr offenkundig in den sozialen Netzwerken als auch zwischen den Zeilen der Berichterstattung laut:

Joyau de la Renaissance, au bord de l'effondrement et muré aux deux tiers, le château de Villers-Cotterêts (Aisne) est devenu la pierre angulaire de la politique patrimoniale d’Emmanuel Macron. C’est là que le président de la République, en septembre 2017, a officiellement donné à Stéphane Bern ses lettres de mission. C’est aussi là, dans ce pavillon de chasse de François Ier où fut dictée l’ordonnance royale faisant du français la langue des textes officiels, que le chef de l’Etat souhaite bâtir les bases d’un haut lieu de la francophonie. Mais le chantier est énorme: 200 millions d’euros au bas mot seront nécessaires pour remettre en état ces milliers de mètres carrés. L’Etat ne peut y arriver seul. La perspective aurait, dit-on, fait grincer à la direction du patrimoine du ministère de la culture: «Oh! La folie des grandeurs du président, on s’en fout.» Ce qui a été répété. De fait, l’Elysée a repris la main sur le dossier. A la manœuvre, Philippe Bélaval, le directeur du Centre des monuments nationaux, a en tout cas planché sur un large projet. C’est lui qui devrait prendre en charge la partie muséale. Mais il y a aussi le centre de la francophonie, des résidences d’artistes, un hôtel… pour lequel est envisagé un opérateur privé, dans le cadre de ces partenariats public-privé, aujourd'hui privilégiés par l’Etat. Emmanuel Macron devrait annoncer son projet pour Villers-Cotterêts à l’occasion de la Journée internationale de la francophonie, le 20 mars.(???)

Doch nicht allein die baulichen Maßnahmen und ihr nicht gerade bescheidener finanzieller Rahmen führen zur Skepsis darüber, ob das ehrgeizige Projekt jemals umgesetzt werden könne, auch die Tendenz Macrons zur Selbstglorifizierung wird kritisch gesehen und ruft in Zeiten der gilets jaunes die Kritiker und Zweifler auf den Plan. Diese Unzufriedenheit – Tenor: sozialer Wohnungsbau statt Schlossrenovierung - lässt sich massiv in den sozialen Medien nachlesen, aber auch verhaltenere Kritik lässt sich in der Presse ausmachen:

Das Schloss, das Francois [sic] I. vor rund 500 Jahren im nordfranzösischen Villers-Cotterêts errichten ließ, scheint dem Volk noch immer bedeuten zu wollen: Frankreich ist ein großes, ein mächtiges Land. Der heutige Regent des Landes weiß monumentale Größe ebenfalls zu schätzen. Staatschef Emmanuel Macron setzt auf die Kraft der Symbole. Er macht Politik nicht nur, er inszeniert sie auch. Und er hat Großes vor. Eingebunden in ein starkes Europa soll Frankreich sich der Welt öffnen, den Herausforderungen der Globalisierung stellen, den Großmächten Paroli bieten. Das ist Macrons Botschaft. Und wo ließe sie sich besser verkünden als in einem grandiosen Schloss? Kaum im Amt, lud Macron Moskaus Staatschef Wladimir Putin nach Versailles ein, schritt mit ihm durch die Gemächer des Sonnenkönigs. Später empfing der Franzose dort die Wirtschaftsführer dieser Welt. "France ist back", Frankreich ist wieder da, eröffnete der Staatschef vor 140 im Palast versammelten Spitzenmanagern und ermutigte sie zu Investitionen. Und der Präsident hat nachgelegt, das Augenmerk auf ein weiteres Schloss gelenkt – jenes von Villers-Cotterêts eben. Auf dem flachen Land, wo sich nicht wenige Franzosen vom Fortschritt abgehängt fühlen, ihr Heil in nationaler Abgrenzung suchen, verordnet der Staatschef Weltläufigkeit. Das Schloss soll als Zentrum der Frankophonie Furore machen, der französischsprachigen Welt. Der 11 000 Einwohner zählende Ort ist auserkoren, als Mekka französischsprachiger Künstler, Literaten oder auch Professoren globale Bedeutung zu erlangen. Ob Belgier, Schweizer, Marokkaner, Senegalesen, Haitianer oder Kanadier – wer der Sprache Molières huldigt, darf in der nordfranzösischen Provinz auf eine Heimstatt hoffen. Eines Tages könne das Französische das Englische als Weltsprache ablösen, hat Macron hinzugefügt. […] Es ist ja auch ein geradezu tollkühner Plan, den der Präsident verfolgt. Das aus der Ferne grandios wirkende Schloss, erweist sich aus der Nähe betrachtet als Ruine. Die Tore sind verriegelt. Die Dame am Schalter der Touristeninformation winkt ab. Besucher dürften die einsturzgefährdeten Gebäude allenfalls in Begleitung eines Sicherheitsexperten betreten, sagt sie. Und so verlockend die Vision einer frankophonen Weltgemeinschaft auch anmutet – sie vermag nicht darüber hinweg zu täuschen, dass es bereits vor der eigenen Haustür an sozialem Zusammenhalt fehlt. Die sich durch Frankreich ziehenden gesellschaftlichen Risse, die Kluft zwischen Gewinnern und Verlierern der Globalisierung zumal, sie öffnet sich auch in Villers-Cotterêts. […] In der Parteienlandschaft steht schon jetzt kein Stein mehr auf dem anderen. Wie im Rest des Landes stecken Konservative und Sozialisten auch in Villers-Cotterêts in der Identitätskrise. Von der politischen Mitte aus nach rechts und links ausgreifend, hat Macrons LREM den ehemals großen Volksparteien angestammtes Terrain streitig gemacht, ihnen Führungspolitiker abgeworben. In Villers-Cotterêts gehen die Verwerfungen noch weiter. Dort scheinen auch die Rechtspopulisten des Front National (FN) in den Sog des weltoffenen Erneuerers geraten. Der die Geschicke der Stadt seit 2014 bestimmende FN-Bürgermeister Franck Briffaut (60) hat dem Staatschef offen Anerkennung gezollt. Die Frankophonie zu fördern, sei eine tolle Sache, hat Briffaut wissen lassen. Macron meine es ehrlich. Und die Markenzeichen des Front National, die nationale Nabelschau, die Fremdenfeindlichkeit? Wenn der Bürgermeister dazu neigt, zeigt er es nicht. […] Dass der Bürgermeister Macrons Pläne begrüßt, heißt indes nicht, er wäre von ihrem Gelingen überzeugt. Wie viele Mitbürger bekundet auch er Zweifel. "Mir kommt das vor wie eine Herzverpflanzung", sagt Briffaut. Dass das neue Organ anwachse, sei alles andere als sicher. Er befürchte, das Ganze werde in einer riesigen Enttäuschung enden. Dass der Front National von ihr profitieren würde, sagt er nicht.(???)

Schließlich 'hagelt' es kritische Reaktionen angesichts der Tatsache, dass Macron die Artikel 110 und 111 des Edikts wohl nicht richtig verstanden hat. Anlässlich eines Besuchs von Alexandre Dumas' Schloss von Monte-Cristo im September 2017 erklärt er zusammen mit dem Fernsehjournalisten Stéphane Bern, dem Verantwortlichen für die mission du patrimoine, deren Ziel die Rettung verfallender französischer Kulturgüter ist, einer Schulklasse die (vermeintliche) Bedeutung von Villers-Cotterêts. Während Bern die sprachhistorische Bedeutung einigermaßen korrekt wiedergibt, legt Macron noch eine Schippe drauf: ihm zufolge sei das Edikt von Villers-Cotterêts der Grund dafür gewesen, dass heute alle Menschen in Frankreich Französisch und nicht mehr patois sprechen.

 

 

Protokollieren wir kurz das Gesagte in Ausschnitten:

S. Bern: "François Ier a signé cette ordonnance […] qui fait du français la langue officielle."  Bis hierhin ist alles korrekt. Dann eine erste Abweichung von den historischen Tatsachen, die im gedanklichen Kurzschluss nicht unproblematisch ist und der daran anschließenden Argumentation Macrons den Weg bereitet: "Donc si nous parlons tous le français, c’est grâce à l’ordonnance de Villers-Cotterêts. Donc cette ville est très emblématique, très importante."

E. Macron: "Le château est très très important parce que en fait vous êtes, on est tous Français alors qu’on parlait souvent des patois un peu différents. Et notre pays il s’est fait par la langue. Parce que à ce moment dans le château le roi a décidé que tous ceux qui vivaient dans son royaume devaient parler français."

Neben der hier vorgeführten Sprachgeschichtsklitterung weist die Aussage Macron als einen invertiert teleologisch argumentierenden Anhänger eines postmodernen Sprachjakobinismus aus: Hier wird zum einen das Prinzip sprachlichen Abstands ad absurdum geführt und die unter linguistischen Kriterien absolut unhaltbare Denkweise der Revolutionäre ('Ce qui n’est pas français national est un patois') übernommen – Barère ("Le fédéralisme et la superstition parlent bas-breton; l'émigration et la haine de la République parlent allemand; la contre-révolution parle l'italien, et le fanatisme parle le basque. Cassons ces instruments de dommage et d'erreur." (???)) und die Lois Ferry klingen an… Zum anderen wird das zum Klischee gewordene Bild einer, man ist versucht zu sagen: sakrosankten Union von erfolgreichem Nationalstaat und einheitlicher Nationalsprache bedient – was angesichts des Europagedankens mit einer praktizierten Mehrsprachigkeit über die Staatsgrenzen hinaus doch mehr als befremdlich erscheinen mag.

Ziehen wir Bilanz. Sowohl Franz I. als auch Macron hatten und haben symbolhafte, vielleicht auch visionäre, Projekte. Was die Volkssprache in der Verwaltung Frankreichs für den einen war, ist die Kampfansage des Französischen gegen die Anglophonie. Nutrisco et extingo auf der einen Seite, der esprit de conquête auf der anderen. Devisen und Embleme: Was für den französischen König der Renaissance, für den Roi-Chevalier, der Salamander, mit all seinen mythisch-mystischen Konnotationen war, das ist – freilich in einer modernen Variante – Schloss und Edikt von Villers-Cotterêts für den aktuellen Präsidenten der Republik. Vielleicht ein Stück Unsterblichkeit für beide. Und so wie die Könige Frankreichs nach politischer wie kultureller Verstetigung trachteten, so auch die französischen Präsidenten: Pompidou und sein Centre gleichen Namens (1977), Mitterrand und seine zahlreichen Bauten (Opéra Bastille (1989), Pyramide du Louvre (1989), Grande Arche de la Défense (1989), Bibilothèque Nationale de France site François Mitterrand (1996)), Chirac und sein Musée des Arts premiers (2006), und – dies bleibt abzuwarten - Macron und sein Centre de la Francophonie. Die Bagger sind jedenfalls in der Picardie angerollt und 2022 soll das ambitionierte Projekt umgesetzt sein, rechtzeitig zur nächsten Präsidentschaftswahl. Einen treuen Begleiter hatten und haben sie alle an ihrer Seite, egal ob König oder Präsident: den Mythos. Ob er nun in Gestalt des vermeintlich unverwundbaren Salamanders, der Marianne oder eines wie auch immer gearteten, zurechtgestutzten oder neu beflügelten, kämpferischen génie de la langue française daherkommt. Die Projekte, die Mythen leben davon, dass sie propagiert, dass sie weitererzählt werden. Und für die magischen Kräfte des Salamanders wie für die Ordonnance als Geburtsstunde des Französischen als Nationalsprache der späteren Grande Nation gilt: se non è vero, è ben trovato!

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  • Walter 1988 = Walter, Henriette (1988): Le français dans tous les sens, Paris, Robert Laffont.
La città (occidentale, mediterranea) come addensamento di attività economiche e commerciale nasce sulla scia delle società agricole della mezzaluna fertile (Benevolo 1983) e proscrive la divisione del lavoro già esistente nelle società preurbane, ad es. tra donne e uomini, e fa nascere una stratificazione sociale più differenziata; cf. anche Haller 2005, 126, 130, 169. Gli sviluppi demografici e sociali di città antiche e centri moderni sono delineati ad es. in Benevolo 1983, 27, 143-145. La situazione e la storia architettura di Roma è ampiamente documentata in Benevolo 1983, 177-255, 1030-1033, passim.
L’opera Belliana permette una descrizione grammaticale del romanesco (Tellenbach 1909), mentre lavori lessicografici non cominciano ad apparire a partire dal 1933 (Chiappini). I più recenti dizionari (Ravaro 1994; D’Achille/Giovanardi 2016ss.) prendono in considerazione anche lessemi non letterari. Milano (Cherubini 1839) e Venezia (Boerio 1865) precedono, dunque, Roma di vari decenni.
Tullio De Mauro (2002, 66-68) delinea lo sviluppo del „urbanismo“ tra il 1861, anno della prima unificazione nazionale (senza Roma), e il 1961, in tempi di pieno sviluppo economico, con cifre o con cifre impressionanti. Il numero dei centri urbani con più di 20 mila abitanti cresce da 52 nel 1861 a 140 nel 1931, più di 200 nel 1951 e a 325 nel 1961, pari a 23,7 milioni di persone o al 46,7 % della popolazione nazionale.
Basandosi su studi empirici condotti da Stehl durante gli ani ’80, lo studioso descrive vari livelli di competenza dei parlanti ad es. a Canosa di Puglia (cf. Stehl 2012, 62, 83-104), secondo parametri Coseriani, come architettura o sistema, norma e ‘parole’. Messe a confronto con i livelli di descrizione linguistica, Stehl elabora dei “gradata” (Stehl 2012, 105, 126-131, passim).
Stefinlongo (1985) introduce il termine ‘continuum’, fino allora usato nella geolinguistica e nella creolistica, nelle discussioni intorno a una descrizione (sociolinguistica) di Roma. A rigor di termini, anche un continuum linguistico è costituito di tanti piccoli passi, gradi.
K. Jaberg e J. Jud (1928, 186-193) sono consapevoli della variazione sociale e dei contatti tra basiletti e varietà urbani e regionali, tra persone di diversa estrazione sociale.
P. Trifone (2008) delinea la storia linguistica della capitale partendo dalle prime iscrizioni, e dedica un bello capitolo alla situazione odierna (92-121), con la sua variazione e le varietà nuove (neoromanesco, linguaggio giovanile).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???) – jedoch bereits (???).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???)
Vgl. Langacker 2000, Stathi 2011, (???), Mellado Blanco/Mollica/Schafroth ed. (im Druck).
Das Projektpersonal besteht aus den folgenden Personen: Elmar Schafroth (Projektleiter), Riccardo Imperiale (Projektkoordinator), Tamara Blaich/N.N., Francesca Martulli (Autorinnen), Delia Guido, Anna Wolf (Mitarbeiterinnen), Thorsten Scherff (Informatiker), Susanne Kolb, Luisa Giacoma (externe Lexikografinnen), Sibilla Cantarini (externe Sprachberaterin). Zum DFG-Projekt bei GEPRIS: https://gepris.dfg.de/gepris/projekt/398306818.
Die Datenbank ist unter der URL http://gephri.phil.hhu.de erreichbar. Da das Projekt bis Ende 2021 andauert, ist die Seite ständig in Bearbeitung. Es werden also kontinuierlich neue Datensätze zu einzelnen Phrasemen hinzugefügt.
Ich verwende den Terminus verstehensrelevant im Sinne Busses.: „‚Verstehensrelevantes Wissen‘ ist der Arbeitsbegriff, mit dem ich noch vor jedem Unterscheidungsversuch in ‚sprachlich‘ und ‚außersprachlich‘ alle Faktoren zusammenfassend benenne, die in irgendeiner Weise notwendige oder wesentliche Voraussetzung für das Verstehen einer sprachlichen Äußerung sind, wobei der Terminus ‚Verstehen‘ sich auf die Größe ‚kommunikative Handlung‘ bezieht (die hier immer als situiert, und damit ko- und kontextgebunden aufgefaßt wird) […]“ ((???)). Der Ansatz Busses geht zurück auf Fillmores Semantics of Understanding, einem der Fundamente für dessen Frame-Theorie (vgl. (???)).
Ein weiteres Projekt, Fraseologia multilingue elettronica (FRAME), konzipiert und geleitet von Paola Cotta Ramusino, Fabio Mollica (beide Mailand) und mir, ist einem ähnlichen Ansatz verpflichtet. Es handelt sich dabei um die Erfassung von Phrasemen zu sieben Sprachen (Chinesisch, Deutsch, Englisch, Französisch, Italienisch, Russisch, Spanisch) auf der Basis des onomasiologischen Kriteriums der Zugehörigkeit zum selben semantisches Feld. Die Beschreibung der Phraseme selbst (Kollokationen, Idiome, Vergleichsphraseme, Phraseoschablonen, Formeln und Sprichwörter) erfolgt dann semasiologisch auf der Grundlage der Ergebnisse der Korpusanalysen. Aufgrund des Mehrsprachigkeitsfokus müssen bei diesem Projekt im Hinblick auf die Benutzerfreundlichkeit allerdings Abstriche bei der Exhaustivität der erhobenen Daten in Kauf genommen werden. Zum Projekt vgl. (???), (???).
„Any linguistic pattern is recognized as a construction as long as some aspect of its form or function is not strictly predictable form its component parts or from other constructions recognized to exist“ ((???)).
„Patterns are stored as constructions even if they are fully predictable as long as they occur with sufficient frequency“ ((???)).
Dass die Duden-Werke gerne kommentarlos den marginalen neben den dominanten Sprachgebrauch stellen, sieht man auch hier: das Rad (nicht) von Neuem erfinden ist im (???) genau einmal belegt, das Rad neu erfinden 1.217mal, das Rad nicht neu erfinden 1.104mal.
Korpusbasiert ist auch (???) zum Spanischen. Die Belege stammen dabei vornehmlich aus Belegsammlungen der Autoren.
„Ziel dieses Projekts ist die Erstellung eines lehrwerkunabhängigen Lernmaterials auf CD-ROM zum Bereich ‚Phraseologie‘ im Fremdsprachenunterricht für die Sprachen Deutsch, Slowenisch, Slowakisch und Ungarisch“ (www.ephras.org). Die Netzversion ist eine digitale Behelfsversion, die nicht mehr den heutigen webtechnologischen Qualitätsmaßstäben entspricht.
„Die Ergebnisse der im Projekt geleisteten Analyse der lexikalischen, semantischen, syntaktischen und distributiven Eigenschaften der Idiome sowie ihrer evt. strukturellen und/oder semantischen Veränderungen werden in sogenannten Templates in einer Datenbank erfasst. Pro Idiom gibt es acht dieser „Datenblätter“. Die zugrunde liegende Datenstruktur ist ursächlich für die Möglichkeiten der automatischen und manuellen Auswertung verantwortlich“ (http://www.bbaw.de/forschung/kollokationen/projektdarstellung).
Erstmals wurde dieses Modell in (???) vorgestellt, anhand des Phrasems jemandem ist eine Laus über die Leber gelaufen.
Der Terminus lexikalische Valenz lehnt sich an (???) an. Gemeint sie die Fälle, bei denen die vom Verb regierte Präposition nicht nur „ein Anzeiger der syntaktischen Struktur“ ist, wie bei ringraziare per (‚danken für‘), sondern wo sie „auch lexikalisch-semantische Information [enthält]“ (ib.: 119). Diese Valenzen sind „lexikalisch variabel“, weshalb Schwarze auch von lexikalisch variabler Rektion spricht, z. B. „guardare {in, dietro, sotto, verso} un oggetto“ (in, hinter, unter, in Richtung auf) einen Gegenstand blicken‘). In diesen Fällen „wird die Präposition durch das Verb und durch die thematische Rolle des betreffenden Arguments nicht vollständig festgelegt, sondern sie kann, je nach der Ausdrucksabsicht, innerhalb einer bestimmten Teilmenge der Präpositionen frei gewählt werden“ (ib.: 126).
Nicht alle Wissensaspekte sind für jedes Idiom relevant. In diesem Falle wird die Beschreibungskategorie auf der Benutzeroberfläche nicht angezeigt.
Zur Kritik am Nähe-/Distanz-Modell von Koch/Oesterreicher vgl. (???)).
Bzw. um die Konzeption der diasystematischen Markierungen an sich. (???) sehen ungeklärte Fragen, die „in methodischer Hinsicht, die Ermittlung und Spezifizierung von Markierungen [betreffen] und andererseits, in konzeptioneller Hinsicht, die Ableitung von Varietäten sowie den Status des ‚Standards‘“.
Rimandiamo ovviamente anche a (???), rielaborazione parziale di (???) che compare fra i commentaires del volume II.a dell'(???).
Mette conto ricordare che i materiali dell'ALiR relativi al Piemonte condensano gli esiti delle inchieste dell'(???) (quesiti 4716 Salamandra maculosa [= Salamandra salamandra]; 4885 Salamandra atra) e dell'(???) (carta 456 La salamandra), a cui faremo diretto riferimento nel caso di risposte non presenti nella sintesi dell'ALiR; bisogna infatti considerare che a ogni punto d'inchiesta dell'ALiR, al quale è associato un solo dato, corrispondono più punti dell'ALI e dall'AIS (e dunque una molteplicità di dati).
I tipi raccolti sono in realtà nove. Eviteremo tuttavia di prendere in esame la risposta bianc e ner 'bianco e nero' elicitata a Bellino, da ritenersi inattendibile. Essa nasce da una traduzione parziale dello stimolo del raccoglitore, il quale, di fronte alla reticenza dell'informatore, indica il referente come 'bestia gialla e nera'. A Bellino la denominazione corretta della salamandra è labreno ((???), s. v.; si veda oltre).
Qui e altrove, nell'indicazione dei lessotipi, impieghiamo un'ortografia a base italiana, con l'introduzione dei grafemi <ö>, <ü> e <ë> per rappresentare, rispettivamente, i suoni [ø] / [œ], [y] e [ə]. Abbiamo mantenuto, per il resto, le convenzioni trascrittorie dei diversi autori citati.
Per inciso, i dati dell'(???) registrano la diffusione della base piovana in Valle d’Aosta (ITA 402; unita a leiharda 'lucertola' in ITA 401), nel Canavesano (ITA 21, 28), nel Piemonte pianigiano (ITA 36), nel Friuli centro-orientale (ITA 11).
L'areale che si ricava dall'(???) interessa la Francia sud-occidentale e le valli occitanofone del Piemonte (cfr. (???)).
 L'origine delle forme citate è controversa; l'intera questione è ora riassunta dal (???), v. bòrgno 
Merita almeno citare, quale altro esempio di impronta metereologica, la forma rosada 'rugiada' < *ROSIATA, diffusa tra Lombardia settentrionale e Canton Ticino ((???) ITA 7, 13; SUI 302).
La denominazione trova conferma nella risposta registrata dall'(???) a Briga Marittima (P. 94; quesito 4716), oggi in Francia (La Brigue) e un tempo unita alle frazioni che compongono il comune italiano di Briga Alta (CN); in (???) è lemmatizzata la forma cansënèštr (in riferimento alla salamandra nera [Salamandra atra]), di cui si segnala l'occorrenza in tutta l'area brigasca (tranne che a Carnino).
Una forma pressoché identica, znestru, è attestata dall'(???) a Garessio (P. 88; quesito 4716).
Lessotipo non registrato dall'ALEPO, diffuso nel Piemonte nord-orientale (cfr. per esempio (???) 126, 129, 135, 137; (???) 15, 16, 21 [quesito 4716], (???) ITA 12, 22), che (???) propone di avvicinare a barca, perché, "quando la salamandra tiene alzata la testa e la coda, essa ha una curiosa rassomiglianza con una barca, i cui remi sarebbero rappresentati dalle quattro zampe dell'animale".
Un solo informatore, a Carema, afferma invece che è il piscio dell'orbettino a rendere cieco l'uomo ((???).I.320).
Oltre a (???), che costituisce ancora oggi un'introduzione imprescindibile alle categorie dell'etnoscienza, si vedano per esempio i saggi contenuti in (???) e (???). Una riflessione sulle classificazioni popolari relative ad alcuni zoonimi raccolti dall'ALEPO si trova in (???).
Gentilmente messici a disposizione dalla redazione, che qui ringraziamo.
Una spiegazione che si può addurre è legata alla conformazione della rete dei punti dell'ALiR e alla provenienza dei dati da più fonti, implicanti entrambe una scelta da parte del redattore della carta. Cfr. nota 2.
Ein großes Dankeschön an Christoph Purschke, der mir die Arbeit mit der noch unveröffentlichten (???)-Datenbank ermöglicht und mich dabei tatkräftig unterstützt hat, sowie an Barbara Soukup für die Bereitstellung der noch unveröffentlichten Ergebnisse Ihres FWF-Projekts ELLViA zum Französischen in Wien. Ich danke außerdem Linda Bäumler, Christoph Purschke, Barbara Soukup und Verena Weiland, die erste Versionen dieses Artikels kritisch gelesen haben.
Die Transkriptionen der österreichischen Aussprache stammen, wenn nicht anders angegeben, aus der adaba: – Österreichisches Aussprachewörterbuch / Österreichische Aussprachedatenbank (http://www.adaba.at). Transkriptionen von /r/ als [r] oder [ʀ] habe ich entsprechend den Konventionen des Internationalen Phonetischen Alphabets (IPA) zu [ʁ] adaptiert.
Laut Österreichischem Wörterbuch hat Trottoir einen Bekanntheitsgrad von 67%, Lavoir von 29% und Fauteuil von 90%.
Laut Österreichischem Wörterbuch haben die Wörter in diesem Absatz den folgenden Bekanntheitsgrad: Melange 87%, Jourgebäck 100%, Brötchen 0% [sic!], retour 50%.
Zu seinen Auswirkungen auf die französische Sprache vgl. u.a. (???).
Für diese Wörter gibt das (???) keine regionale Einschränkung an.
Laut (???) „französierende Bildung der Studentensprache (um 1800)“.
Laut (???) „auch rattenkahl, volksetymologische Umdeutungen aus radikal in Anlehnung an Ratte, Ratz(e), wohl in Hinblick auf den unbehaarten Schwanz der Ratte.“
Laut Kramer ((???)) waren die Französischkompetenzen im 17. Jahrhundert im Süden und Westen Deutschlands deutlich besser als im Norden und Osten.
https://fr.wikisource.org/wiki/Correspondance_de_Voltaire/1750/Lettre_2138.
Der Duden online führt von den genannten Gallizismen Couvert/Kuvert, Perron, Barriere im Sinne von ‘Bahnschranke’, Kondukteur und Retourbillet als „schweizerisch, sonst veraltet“ auf, Coupé ‘Eisenbahnabteil‘ als „veraltet“, poste restante als „französische Bezeichnung für: postlagernd“ und Passagier ohne einschränkende Angabe.
Österreichisch faschierte Laibchen entsprechen deutsch Frikadellen, Buletten, Fleischpflanzerl etc. (vgl. Duden online).
In der heutigen Standardaussprache mit /ɛ̃/ zusammengefallen (vgl. (???)).
Laut Eichhoff (???) ist in Deutschland auch die Anfangsbetonung möglich.
Rechtschreibung nach Duden online in einem Wort mit internem Apostroph.
« französisch jalousie, eigentlich = Eifersucht; die Benennung bezieht sich darauf, dass der eifersüchtige Ehemann seiner Frau zwar gestatten wollte, auf die Straße zu sehen, sie aber nicht den Blicken anderer preisgeben wollte; die Eigenart dieser Vorrichtung ist, den Durchblick von innen nach außen, aber nicht von außen nach innen zuzulassen; wohl nach dem Vorbild der typischen Fenstergitter in orientalischen Harems » (Duden online).
Zu den unterschiedlichen Funktionen von Sprachen in der Linguistic Landscape vgl. (???).
* = Wort oder Wortbestandteile nur in anderer Bedeutung.
Duden online liefert zwei Rechtschreibvarianten: <Nougat> und <Nugat>.
Rechtschreibvariante <Soufflé>.
Die Telefon-ID wird aus rechtlichen Gründen bei den Telefonanbietern gespeichert; diese kann aber nur von Behörden angefragt und zu­rück­verfolgt werden. Ansonsten sind die Daten sowohl für Projektleiter*innen als auch für andere Nutzer*innen anonym.
Aussprache im Wiener Deutsch: [lyse] (vs. fr. [lise]). Die Schüler*innen dieser Bildungseinrichtung sagen Lycée français de Vienne (das neben einem lycée auch eine école maternelle, eine école primaire, ein collège und eine prépa umfasst).
Bei fünf sehr ausführlich beschrifteten importierten Lebensmittelpackungen habe ich die Schrift auf einem Foto nicht in sämtliche Wörter und Ausdrücke zerlegt, sondern nur in Markennamen und Zutatenliste (Beispiele 16, 17, 27, 28 und 64 in Abb. 7), da diese Items ansonsten ein überproportionales Gewicht bekommen hätten.
Gesamtzahl der Items: 17 108 (davon derzeit 61% ausgewertet; n=10 381). Anzahl der Items in der Josefstadt: 2 391 (davon 52% ausgewertet; n=1 254) (Stand: Dezember 2019).
Die übrigen Schilder im Datensatz lassen sich keiner bestimmten Sprache zuordnen (z.B. Zahlen, Einzelbuchstaben).
Im Duden online findet sich Creme allerdings nur in Bedeutungen wie ‘Salbe’, ‘Süßspeise’ etc., allerdings nicht als ‘crème fraîche’ oder ‘(saure) Sahne’ wie im dokumentierten Kompositum Cremespinat.
Als österreichisch markiert in der Bedeutung ‘Milchkaffee, der zur Hälfte aus Milch besteht und im Glas serviert wird’; in anderen Bedeutungen auch gesamtdeutsch.
Das Adjektiv ist auf dem Foto abgeschnitten, findet sich aber auf Fotos auf Google Maps wieder.
In Lehre und Forschung hat Thomas Krefeld zahlreiche Szenarien dieser Art von Siebenbürgen über Sizilien, Calabrien, Neapel, Friaul, den gesamten Alpenraum und bis zuletzt nach Lateinamerika in den Blick genommen. An dieser Stelle sei nur auf eine knappe Auswahl aus seinem viel größeren Œuvre verwiesen (???)(Krefeld 2004)(???)(???)(???)(???)(???)(???)(???)
Einen guten Überblick über die Tradition und Funktion des Banquetts im England der Frühen Neuzeit gibt der Blogeintrag "What exactlely was the tudor and stuart banquet" (URL)
Der Begriff Devise soll hier im Sinne von Guy de Tervarent verwendet werden: "Réservant au mot devise sa signification courante d’inscription lapidaire, nous écrivons ‚devise‘ lorsqu’il s’agit d’une figure dont quelques mots expliquaient le sens et dont la personne qui l’avait choisie ornait ses vêtements, sa demeure ou prétendait s’en faire une règle de vie. Cette mode vit le jour, au XVe siècle, inspirée, semble-t-il, par les ordres de chevalerie. […] Lorsque les armées françaises passèrent en Italie, à la fin du XVe siècle, la mode gagna la péninsule, où elle fit fureur et fut poussée jusqu’au ridicule. Les Italiens appelaient ces ‚devises‘ ‚imprese‘, entreprises, parce qu’ils s’en targuaient dans leurs entreprises de guerre et d’amour." (???)
"Wer in Pamphylien und dem gebirgigen Theile Ciliciens von einem Eber isst, der einen Salamander verschlungen hat, muss sterben […]. Auch Wasser und Wein, in welchen ein Salamander umgekommen ist, ja selbst, wenn er nur davon gesoffen hat, wird tödtlich." (???) Zu einem differenzierteren Befund kommt Plinius im weiteren Verlauf seines Werks: "Unter allen giftigen Thieren ist der Salamander das scheusslichste; denn die übrigen beissen oder stechen doch nur jedesmal ein Individuum und überliefern nicht gleichzeitig mehrere dem Tode, nicht zu gedenken, dass sie, wie man angiebt, in Folge des Bewusstseins einen Menschen verletzt zu haben umkommen und nicht wieder zur Erde gelangen; der Salamander hingegen kann ganze Völker, wenn sie sich nicht vor ihm in Acht nehmen, tödten. Kriecht er nämlich auf einen Baum, so vergiftet er alles Obst, und tödtet die, welche dasselbe essen, durch seine erkältende dem Aconit nicht nachstehende Kraft. Ja, wenn er auch nur mit seinem Fusse ein Stück Holz berührt hat und man kocht damit eine Brotrinde, so wird diese zu Gift; fällt er in einen Brunnen, so wird das Wasser vergiftet; berührt sein Geifer irgend eine Stelle des menschlichen Körpers, selbst nur die äusserste Spitze des Fusses, so gehen am ganzen Leibe die Haare aus. Und dennoch wird ein so giftiges Geschöpf von einigen Thieren, z.B. von den Schweinen, ohne Nachtheil verzehrt, was beweist, dass hier jene Art von Zwietracht das Gift bezwingt. Es ist sehr wahrscheinlich, dass das Gift des Salamanders von allen Thieren, welche denselben fressen, vernichtet wird […]." (???)
"Ich habe von Vielen erfahren, aus dem menschlichen Rückenmarke erzeuge sich eine Schlange [diese Vorstellung entstammt dem in Antike und Mittelalter verbreiteten Volksglauben, aus der Wirbelsäule von Verstorbenen würde im Verwesungsprozess eine Schlange entstehen, JH/SDS/DM]. Sehr viele Thiere, selbst vierfüßige, erzeugen sich auf eine verborgene, uns unbekannte Weise; so kommt der Salamander, ein Thier von der Gestalt einer Eidechse und sternartig gezeichnet, niemals anders als bei heftigem Regen zum Vorschein und verschwindet, wenn es wieder heiter wird." (???)
"Er [der Salamander] ist so kalt, dass durch seine Berührung das Feuer, ebenso wie vom Eise auslöscht. Von dem milchartigen Schleime, der aus seinem Munde fliesst, gehen bei Berührung jeglichen Teiles des menschlichen Körpers alle Haare aus, die berührte Stelle selbst verändert die Farbe und hinterlässt ein Maal." (???). Als Mittel gegen die enthaarende Wirkung des Salamanders preist Plinius das Schildkrötenblut: "Das Fleisch der Meerschildkröten mit dem der Frösche hilft vortrefflich gegen die Salamander; überhaupt ist kein Thier dem Salamander mehr zuwider als die Schildkröte. Durch das Blut stellt man die Haare auf Glatzen wieder her […]." (???)
"Wenn die Angabe der Magier, dass der Salamander das einzige Thier sei, welches das Feuer auslösche und daher bei Feuersbrünsten gute Dienste leiste, wahr wäre, so würde man längst in Rom die Erfahrung gemacht haben. Auch Sextius stellt die Richtigkeit dieser Angabe in Abrede; ferner sagt er, man mache den Salamander nach Entfernung der Eingeweide, Füsse und des Kopfs in Honig ein und benutze ihn so als ein Mittel zum Liebesreiz." (???)
"Der Physiologus sagt vom Salamander, wenn er in den Feuerofen kommt, verlöscht der ganze Ofen; sogar wenn er in den Heizofen für das Bad kommt, löscht der Heizofen aus. Wenn nun die Salamander-Echse das Feuer durch ihre natürliche Anlage löscht, wie können jetzt noch Leute bezweifeln, daß die drei Jünglinge im Feuerofen [vgl. Daniel 3] keinen Schaden erlitten, sondern im Gegenteil den Ofen abkühlten? Denn es steht geschrieben [Jesaia 43,2]: "Und selbst wenn du durchs Feuer gehst, wird die Flamme dich nicht verbrennen." Schön spricht der Physiologus über den Salamander. Es ist beim Propheten Daniel eine bewundernswerte Geschichte geschrieben über die drei edlen Brüder, die wegen einer Verleumdung in den Feuerofen geworfen wurden, wie sie ein solches Loblied im Feuerofen sangen, daß man sie nur bewundern kann. Sie sind dessen würdig. Denn die heiligen Apostel [Apostelgeschichte 9, 40] haben Tote erweckt und größere Taten vollbracht als diese Gerechten, und Berge haben sie ins Meer versetzt [1. Korinther 13,2]." (???)
"Der Salamander ist ein ganz kalter Vogel, kälter als alle Vögel. Er wohnt im Feuer des Ätna, und dort zieht er seine Jungen auf und verbrennt nicht. Man jagt ihn auf folgende Weise. Der Jäger nimmt geeignetes trockenes Material, etwa Heu, und entzündet weit weg vom Ätna Feuer und legt eine gerade Spur, bis er ganz nahe ans Feuer kommt. Und das Material entzündet sich und wird vom Feuer verzehrt und macht so einen feurigen Weg. Und so folgen die Jungen dem Weg des Feuers, und wenn sie weit weg sind von dem ihnen vertrauten Feuer und wenn die Nahrung des Heus verzehrt ist, erlischt das Feuer, und da sie nicht mehr zur ihnen notwendigen Kraft des Feuers zurückkehren können, werden sie vom Jäger erjagt." (???) Vgl. auch die mittelalterliche Rezeption, die ebenfalls zum Teil davon ausgeht, der Salamander – verstanden als Allegorie des Feuers – sei ein Tier in Vogelgestalt.
"[Gervasius] nennt […] die erstaunliche Eigenschaft des Salamanders, im Feuer zu leben und sich von diesem zu ernähren, obwohl das Feuer für gewöhnlich zerstörerisch wirkt. Der Salamander ist Teil der regelhaften Natur, weicht aber von ihrer gewohnten Ordnung ab: Feuer zerstört nicht, sondern ernährt. Das Beispiel ist von Augustinus übernommen [De civitate Dei XXI. 4]. Schriftautorität und hohes Alter der Information sind damit gegeben. Direkt im Anschluss erscheint das dritte Kriterium gesicherter Information: Gervasius selbst sah vor Kurzem in Rom einen Riemen aus Salamanderhaut, den der Kardinal Peter von Capua dorthin mitgebracht habe. Das etwas schmutzig gewordene Material wurde ins Feuer gehalten, und die Zuschauer konnten selbst sehen, wie es vom Feuer nicht nur nicht zerstört, sondern vielmehr gereinigt wurde […]. Gervasius fügt ein analoges Beispiel hinzu, das einen 'sicheren Beleg' dafür gibt, dass nicht alles, was brennt, auch verzehrt wird: die Berge Siziliens – gemeint ist der Vulkan Ätna. Vom Feuer dieser Berge gibt es alte Berichte, und man kann sich heute jederzeit davon überzeugen, dass sie immer noch brennen (und auch weiterhin brennen werden). Nach diesem aktualisierenden, staunenmachenden und zugleich Beweise liefernden Beispiel schließt Gervasius wieder an die Augustinus-Stelle an und nennt als weiteren Beleg, dass auch die Seelen durch Schmerz nicht verzehrt werden, weil sie unsterblich sind. Das Wunderbare ('mirabile') wird hier als Signum Gottes verständlich zu machen versucht und damit in die Nähe des Wunders ('miraculum') gerückt. Die Bildung einer Analogie zwischen der Unsterblichkeit der Seele und der Feuerresistenz des Salamanders beglaubigt diese nicht nur, sondern lässt überdies verbreitetes theologisches Wissen […] im Lichte des Wunderbaren erscheinen. Dieses Wissen wird dadurch selbst ‚mirabilisiert‘." (???)
"Quivi àe montagne ove à buone vene d‘acciaio e d'andanico; e in queste montagne è un'altra vena, onde si fa la salamandra. La salamandra nonn-è bestia, come si dice, che vive nel fuoco, ché neuno animale puote vivere nel fuoco; ma dirovi come si fa la salamandra. Uno mio compagno ch'à nome Zuficar – èe un Turchio – istede in quella contrada per lo Grande Kane signore III anni, e facea fare queste salamandre; e disselo a·mme, e era persona che·lle vide assai volte, e io ne vidi de le fatte. Egli è vero che quella vena si cava e stringesi insie[me] e fa fila come di lana; e poscia la fa seccare e pestare in grandi mortai di covro; poscia la fanno lavare e la terra sì·ccade, quella che v'è apiccata, e rimane le file come di lana; e questa si fila e fassine panno da tovaglie. Fatte le tovaglie, elle sono brune; mettendole nel fuoco diventano bianche come nieve; e tutte le volte che sono sucide, si pongono nel fuoco e diventano bianche come neve. E queste sono le salamandre, e l'altre sono favole. Anco vi dico che a Roma à una di queste tovaglie che 'l Grande Kane mandò per grande presenti, perché 'l sudario del Nostro Signore vi fosse messo entro." (???)
Knecht zufolge hatte Franz' Mutter, Louise de Savoie, die Medaille in Auftrag gegeben.
"Nel 1503 eseguì le medaglie con i ritratti di Pierre Briçonnet e di Thomas Bohier. Nel medesimo tempo sembra che egli avesse legato le sue sorti alla casa di Valois-Angouléme [sic]. Le sue ultime opere sono le medaglie del futuro Francesco I, di Luisa di Savoia e di Margherita d'Angoulême, datate al 1504. Dopo quest'anno non si hanno più sue notizie." (???)
"Concernant François Ier, la salamandre, rapprochée du serpent, a aussi un sens dynastique: elle a été rapprochée de la guivre figurant sur les armes des Visconti, dont le roi affirmait avoir hérité le duché de Milan. La salamandre a également été mise en relation avec un autre emblème des Visconti: un lion entouré de feu, tenant une épée et deux seaux d’eau, susceptibles de permettre au lion d’éteindre le feu comme le fait la salamandre. Celle-ci évoque également la famille maternelle du roi: ainsi, son grand-père Philippe, comte de Bresse et duc de Savoie, avait-il adopté l’emblème d’un serpent changeant de peau. Elle est aussi souvent représentée avec une queue qui forme un nœud en forme de huit, image là encore traditionnellement associée à la maison de Savoie." (???). Der menschenfressende oder aber -gebärende Biscione der Visconti taucht auch im Wappen von Franz’ Vater Charles d'Angoulême auf, der ein Enkel der Valentina Visconti und ihres Gatten Ludwig, Herzog von Orléans und Graf von Blois, aus dem Hause Valois war.
Mit den historischen Bedingungen und der varietätenlinguistischen Modellierung dieser Normierungsbemühungen haben sich zahlreiche Studien beschäftigt, vgl. u.a. (???), (???), (???), (???), (???), (???) und (???), (???)
Zum System der dépôts de mendicité im 18. und 19. Jahrhundert (???): "Le constat est fait, à la veille de la Révolution, que l'existence de dépôts de mendicité […] n'a pas fait disparaître la présence de mendiants et de vagabonds dans les villes et les campagnes. Aussi, l'Assemblée Nationale Constituante décide-t-elle de supprimer l'institution et d'évacuer les dépôts. Théoriquement, car certains subsistèrent. Des mendiants furent reconduits aux frontières. Mais d'autres restèrent. En 1798, le Directoire concède l'entretien des dépôts restants à des entrepreneurs privés. La même année […], le ministère de l'Intérieur dresse la liste des 'travaux à établir dans les dépôts de mendicité'. Mais, Napoléon décide de revenir aux dépôts de mendicité d'État. Le décret du 5 juillet 1808, impose la création d'ateliers de charité et d'un dépôt de mendicité dans chaque département. L'ouverture de 59 dépôts est décidée, dont celle de 37 établissements est rapidement effective. La circulaire du 19 décembre 1808 établit un programme modèle et un certain nombre de normes. Chaque dépôt se composera de quatre divisions ou départements, pour les hommes, les femmes, les garçons et les filles. Chaque division possèdera son atelier, son promenoir, sa salle de bains. Deux infirmeries recevront les hommes ou les femmes. Il y aura des salles spécialisées et isolées pour les vénériens, les galeux et les 'personnes attaquées de folie'."
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Un allievo eccezionale per un professore più che eccezionale

Pochi tra gli attuali lettori di questo nostro contributo sapranno che tra gli studenti e collaboratori di Thomas Krefeld, negli anni tra il 2040 e il 2052, anni in cui si sarà appena introdotta nelle università europee la cosiddetta riforma di Parma (finalizzata a correggere gli errori delle precedenti riforme, quella di Bologna, caratterizzata dall'uso degli European Credit Transfer Points, e quella di Oxford, introdotta nel 2028 e caratterizzata dal sistema delle Extraeuropean Transfer Credit Cards), figurerà anche Abelardo Bernasconi. Una figura sulla quale vale la pena di soffermarsi fondamentalmente per due differenti ragioni. La prima il suo essere il fratello di quella Conceiçao Bernasconi, che nel 2055 assumerà il ruolo di Segretaria di stato per la formazione, la ricerca e l'innovazione della Confederazione elvetica (???). La seconda per il ruolo che Abelardo Bernasconi assumerà nella creazione del primo Atlante Italo-Svizzero del Punto (AISP).

Ma soffermiamoci dapprima sul primo aspetto, quello della parentela con Conceiçao Bernasconi. Per caratterizzare la biografia particolarissima di Abelardo e Conceiçao possiamo servirci di un fondamentale contributo dello stesso Krefeld (???). Nell'intervista infatti che la Bernasconi concede nel 2059 al professor Krefeld, lei stessa riassume la propria origine, anche linguistica, nel modo seguente (il quadro presentato si può riferire ovviamente anche al fratello Abelardo):

In der Tat, wenn ich nicht ausgerechnet am 3.10.2020 in Selma, in der Val Calanca (GR), zur Welt gekommen wäre, hätte ich mich vermutlich ganz anders entwickelt. Kurz vorher hatte sich am Talausgang dieser verheerende Bergsturz ereignet, bei dem auf wundersame Weise niemand zu Schaden kam. Aber alle Einwohner des Tals, ca. 200 Personen, waren danach für etwa 10 Jahre einigermassen isoliert, denn das Tal konnte nur zu Fuss oder mit dem Helikopter erreicht werden. Zwar gab es damals auch schon soziale Medien, aber die Streitigkeiten mit dem Kanton wegen der zurückhaltenden Wiederinstandsetzung der Strassenverbindung führte dazu, dass alle Talbewohner beschlossen, auf jegliche Kommunikation mit Menschen ausserhalb der Calanca zu verzichten. Alle Handyverstärker und Internetverbindungen wurden einvernehmlich unterbrochen. So wurde die direkte, mündliche Kommunikation und jegliche nicht sprachliche Kooperation zwischen den Talbewohnern extrem intensiviert und aus den unterschiedlichen Sprachen und Varietäten – man denke an das Repertoire der Zuwanderer, speziell der Portugiesen, und der meist deutschschweizerischen Ferienwohnungsinhaber – entwickelte sich in sehr kurzer Zeit das tessinisch basierte Calanca-Kreol, das ich als Erstsprache erworben habe(???).

Va notato a margine, che la politica linguistica che Conceiçao svilupperà in seguito sarà notevolmente influenzata dalla figura del fratello, che come vedremo tra poco, si dedicherà agli studi di linguistica (sembra tra l'altro essere stato lui a suggerire alla sorella di stampare i ritratti di Jakob Jud e Karl Jaberg sulle nuove banconote da 1000 FREURO).

E così siamo già arrivati al secondo aspetto rilevante della biografia di Abelardo Bernasconi, che è quello centrale per la storia della linguistica e che rende di grandissimo rilievo la sua figura. A differenza della sorella che studierà all'università di San Bernardino (USA), Abelardo deciderà infatti di recarsi a Monaco per studiare con il prof. Krefeld, che aveva conosciuto, nel 2038, nell’area di degustazione del Puzzone di Selma (formaggio tipico della Val Calanca e noto con il nome creolo di Chäs Tzauriu) al Calanca Food Festival (IV Edição). E sarà proprio Bernasconi con le sue indagini svolte sul campo virtuale che permetterà a Krefeld di rivoluzionare la geografia linguistica (sotto il nuovo nome di sociografia linguistica). Il ruolo di Bernasconi sarà tanto centrale che il suo maestro lo definirà spesso "il mio scheuermeier". In questo nostro contributo abbiamo perciò l'intenzione di analizzare in anteprima il carteggio (elettronico) tra Thomas Krefeld e Abelardo Bernasconi, prodotto durante il periodo delle indagini di Bernasconi tra il 2046 e il 2052, quando l'ex studente Abelardo assume il ruolo di collaboratore scientifico (doc e post-doc) della cattedra monacense. Il carteggio consiste di 5'417 mail e 4'800 messaggi spediti tramite cellulare. Non neghiamo che uno degli scopi di questo nostro lavoro è quello di continuare il dialogo avviato dall'amico Krefeld con il suo bell'articolo del 2019 (???).

I materiali di cui ci occuperemo sono utilissimi anche per illustrare la vita quotidiana di ricercatore sul campo di Abelardo Bernasconi e i problemi (e le soluzioni) legati alla raccolta dei dati. Inoltre, essi ci permettono pure di comprendere meglio la genesi e vari aspetti della tesi di dottorato di Bernasconi intitolata "La digitalizzazione dell'informatore: dal biotopo linguistico della campagna alla migrazione in città".

La prima idea di Krefeld, come ben si sa, è quella classica per l'elaborazione di atlanti linguistici di mandare il Bernasconi in giro per la Svizzera meridionale e l'Italia per raccogliere dati sociogeovariazionistici; questa soluzione sembra plausibile, ma purtroppo il ricercatore incontra notevoli difficoltà sul campo, come ad esempio a Frontone (provincia di Pesaro e Urbino):

Frontone è un paesucolo squallido, dove nessuno offre qualcosa da mangiare o un posto per  dormire!!!

Il Prof. Krefeld incoraggia il suo ricercatore a nutrirsi di finocchietto selvatico, che sembra essere molto diffuso nei campi che circondano il paese. Ma il ricercatore si rifiuta di mangiarlo, temendo le proprietà altamente allucinogene della pianta. Krefeld decide allora di fare a meno della rilevazione a Frontone.

L’idea della raccolta di materiale sul campo viene poi definitivamente abbandonata dopo la seconda rilevazione a Toscolano (sul lago di Garda). L'aspirante raccoglitore invia al suo maestro un messaggio che non manca di preoccupare, giustamente, quest'ultimo:

Sono stati bei giorni che mi hanno restituito coraggio e lucidità. Finora in Italia non ho mai trovato una compagnia così piacevole, direi quasi di amici. In tantissimi erano straordinariamente gentili con me. E che bel paese! E che vino!! Per 8 giorni le persone mi hanno contagiato con la loro allegria e quasi anche con la loro resistenza all’alcol, per culminare in una gioiosa serata di giubilo.

Krefeld reagisce velocissimamente ordinando al collaboratore il rientro immediato a Monaco. Nell'attesa che quest'ultimo lo raggiunga, alle cinque di mattina il professore esce per una leggera sessione di allenamento di 45 chilometri di corsa, che serve a schiarirgli le idee sulle possibili soluzioni. Al quarantaduesimo chilometro il problema è risolto: il raccoglitore non si muoverà più da Monaco, ma provvederà alla raccolta dei dati intervistando migranti italofoni a Monaco e consultando Internet. Nella storia della geografia linguistica, questo procedimento passerà alla storia soprattutto in associazione al quadro di riferimento che Krefeld formula per plausibilizzarlo. La teoria del punto monacense (abbreviata come MonaDE, per ricordare che si tratta di Monaco in Germania) è così nata, i dati vengono raccolti sulla base delle varietà presenti a Monaco o da lì raggiungibili tramite internet. Bernasconi accetta questo cambiamento, anche se in precedenza aveva manifestato nel suo diario l'entusiasmo per l'idea del viaggio:

Nel giardino di un ristorante, presso il quale scorreva il fiume, si decise la mia sorte. Che momento felice! Mi chiedesti se fossi disposto a fare inchieste dialettali per un atlante linguistico italiano! Non avrei potuto sognare niente di più bello. Partire! Viaggiare! Conoscere lingue, cose e persone! Essere al servizio della scienza, lavorare con te e in più esser ben pagato! Ero il più felice degli uomini.

La sua piena accettazione del cambiamento metodologico è però confermata dal seguente messaggio, che invia a Krefeld al termine di una lezione sulla sociografia linguistica:

Oggi durante la lezione ho capito una cosa: in Italia non sarei mai diventato linguista.

E, addirittura, per aumentare la produttività del raccoglitore nell'ottenimento dei dati, Krefeld ha il coraggio di fare quanto nessuno mai prima di lui ha osato fare nella fase di raccolta di dati per un atlante linguistico: isola il raccoglitore. Quest'ultimo, ancora una volta, dapprima fatica ad accettare la soluzione, ma dopo alcune settimane scrive al suo maestro quanto segue:

Caro Signor Professore! È passato un bel po’ di tempo da quando mi sono fatto sentire l’ultima volta. Sono isolato dal mio retroterra da parecchio tempo perché nessuno è al corrente del mio indirizzo.

Bernasconi dovrà lavorare costantemente al computer oppure elicitare dati dai migranti italiani che si presentano al suo indirizzo. Per la maggior parte questi ultimi sono corrieri di servizi di fornitura a domicilio di pizza, che vengono intervistati dal raccoglitore mentre fa finta di cercare i soldi per pagare la pizza. Il lavoro non è sempre facile, e il Bernasconi scriverà quanto segue al suo maestro:

Mi è di nuovo capitato un vecchio testardo che non riesce a stare seduto perché gli fa male la gamba storta; perciò mi ruota continuamente attorno e devo impiegare tutti i miei artifici da sirena per non farmelo scappare attraverso uno di quei tanti buchi aperti. Oggi ha incrementato di un bel po’ la nostra raccolta di grida di dolore lanciate dai tribolati informatori: sosteneva che per colpa di questo lavoro avrebbe contratto la febbre.

A volte entra anche in contatto con interlocutori che, incuranti delle domande del questionario che vengono loro rivolte, raccontano ciò che vogliono e aprono al raccoglitore spiragli interessanti (che però non verranno presi in considerazione nell'atlante) sull'antisocietà monacense, come nell'esempio seguente:

…si è confidato con me, raccontandomi che sua moglie è stata guarita da un disturbo mestruale da una strega,tramite telepatia, e che un paio di giorni fa suo figlio si è sparato una pallottola nel corpo, perché qualcuno lo aveva stregato. Perciò devo logicamente dedurre che, per colpa della stregoneria, non posso concludere la 7° rilevazione di novembre; per terminare domani, domenica, le 80 pagine rimanenti, dovrebbe capitarmi proprio lo stregone in persona.

Dal punto di vista metodologico, il professore è severissimo. Per esempio, per quanto riguarda gli strumenti di lavoro, dà indicazioni assolutamente imperative al "suo scheuermeier":

…visto che è una persona ordinata, capirà la mia esigenza. Scriva per favore le Sue annotazioni solo su WordPress. Rispetti fin dall'inizio le norme di formattazione e rinunci a annotazioni fatte con un altro programma, con l'idea di riportarle in un secondo momento in WordPress. Il nostro programma è molto suscettibile e geloso e accetta malvolentieri altri formati. Questo rigore è essenziale per via della conservazione delle Sue annotazioni.

La metodologia di raccolta mediante Internet è, con il suo carattere rivoluzionario, densa di incognite e problemi da risolvere. Si presenta per esempio il problema della grafia in rete, sulla quale Krefeld scrive quanto segue:

Dobbiamo ridurre le osservazioni fonetiche allo stretto necessario: note sulle difficoltà di percezione e sfumature fonetiche che non si deducono dalla trascrizione o che servono a interpretare correttamente la trascrizione. Deve tralasciare tutto il resto, a meno che non abbia un periodo di ozio involontario, nel caso dovesse aspettare un informatore.

E soprattutto la ricerca è densa di pericoli legati all'informatica, sotto forma di virus, troiani, e altri scarafaggi di questo tipo, contro i quali Abelardo lotta quotidianamente:

Perché non dovrei ripeterlo: il mio nemico numero uno sono sempre state le cimici informatiche. Verso di loro ero impotente, e solo di loro avevo paura. […] dovetti presto realizzare che queste bestioline avevano, tra tutti i membri del nostro circolo, una particolare predilezione proprio per il sottoscritto.

Ma con la tenacia tipica dei montanari calanchini, il nostro Abelardo continuerà la sua missione fino al raggiungimento dell'obiettivo. Le sue ultime righe, dedicate all'amicizia con il maestro, mostrano bene il rapporto eccezionale di due personalità più che eccezionali.

Peractum est. Tutto è fatto. È l’ultima volta che mi siedo per redigere il solito rendiconto del lavoro, che, con una lettera, ristabilisco i contatti tra me e il patrio suolo, sul quale mi dovrò fermare, e che non mi è mai mancato qui, in lontananza virtuale, perché ho sempre avuto la possibilità di tornare da Voi e trovarci quella sensazione di patria di cui avevo bisogno […] Perciò adesso, nell’ultima ora in cui viaggio sotto la Vostra bandiera, vorrei ripetere qualcosa che ho già fatto tante volte: ringraziarVi di cuore, perché avete scelto me, perché mi avete dato la Vostra fiducia e l’avete mantenuta fino ad oggi. Fra tutte le cose belle che mi ha dato l’Atlante, la Vostra amicizia è quella che mi è più cara.

Di fronte a tutte le difficoltà incontrate non si può che restare ammirati per quanto il prof. Krefeld, con l'aiuto del 'suo scheuermeier', dottor Bernasconi, è riuscito a raggiungere. L'AISP è una pietra miliare della storia linguistica, per la quale non saremo mai abbastanza grati ai loro autori.

 

Nota dei curatori:

Il presente testo è stato verificato prima della pubblicazione con il programma antiplagio Plague and Play. I curatori hanno dovuto constatare, con loro enorme sorpresa, che il programma ha individuato una serie altissima e inspiegabile di punti critici che ricollegano molti passsaggi di questo testo agli scambi di lettere tra due dei principali protagonisti dello Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz (???).

 

Bibliographie

  • Krefeld 2019b = Krefeld, Thomas (2019): Interview mit der Staatssekretärin für Bildung, Forschung und Innovation, Frau Conceição Bernasconi, vom 1. August 2059, in: Krakenberger, Etna / Kunz, Aline / Natale, Silvia (a cura di), Esercizi di fantalinguistica, Pisa, Pacini, 61-63.
  • Kunz 2018 = Kunz, Aline (2018): Tra la polvere dei libri e della vita: il carteggio Jaberg-Scheuermeier 1919-1925, Alessandria, Edizioni dell'Orso.
La città (occidentale, mediterranea) come addensamento di attività economiche e commerciale nasce sulla scia delle società agricole della mezzaluna fertile (Benevolo 1983) e proscrive la divisione del lavoro già esistente nelle società preurbane, ad es. tra donne e uomini, e fa nascere una stratificazione sociale più differenziata; cf. anche Haller 2005, 126, 130, 169. Gli sviluppi demografici e sociali di città antiche e centri moderni sono delineati ad es. in Benevolo 1983, 27, 143-145. La situazione e la storia architettura di Roma è ampiamente documentata in Benevolo 1983, 177-255, 1030-1033, passim.
L’opera Belliana permette una descrizione grammaticale del romanesco (Tellenbach 1909), mentre lavori lessicografici non cominciano ad apparire a partire dal 1933 (Chiappini). I più recenti dizionari (Ravaro 1994; D’Achille/Giovanardi 2016ss.) prendono in considerazione anche lessemi non letterari. Milano (Cherubini 1839) e Venezia (Boerio 1865) precedono, dunque, Roma di vari decenni.
Tullio De Mauro (2002, 66-68) delinea lo sviluppo del „urbanismo“ tra il 1861, anno della prima unificazione nazionale (senza Roma), e il 1961, in tempi di pieno sviluppo economico, con cifre o con cifre impressionanti. Il numero dei centri urbani con più di 20 mila abitanti cresce da 52 nel 1861 a 140 nel 1931, più di 200 nel 1951 e a 325 nel 1961, pari a 23,7 milioni di persone o al 46,7 % della popolazione nazionale.
Basandosi su studi empirici condotti da Stehl durante gli ani ’80, lo studioso descrive vari livelli di competenza dei parlanti ad es. a Canosa di Puglia (cf. Stehl 2012, 62, 83-104), secondo parametri Coseriani, come architettura o sistema, norma e ‘parole’. Messe a confronto con i livelli di descrizione linguistica, Stehl elabora dei “gradata” (Stehl 2012, 105, 126-131, passim).
Stefinlongo (1985) introduce il termine ‘continuum’, fino allora usato nella geolinguistica e nella creolistica, nelle discussioni intorno a una descrizione (sociolinguistica) di Roma. A rigor di termini, anche un continuum linguistico è costituito di tanti piccoli passi, gradi.
K. Jaberg e J. Jud (1928, 186-193) sono consapevoli della variazione sociale e dei contatti tra basiletti e varietà urbani e regionali, tra persone di diversa estrazione sociale.
P. Trifone (2008) delinea la storia linguistica della capitale partendo dalle prime iscrizioni, e dedica un bello capitolo alla situazione odierna (92-121), con la sua variazione e le varietà nuove (neoromanesco, linguaggio giovanile).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???) – jedoch bereits (???).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???)
Vgl. Langacker 2000, Stathi 2011, (???), Mellado Blanco/Mollica/Schafroth ed. (im Druck).
Das Projektpersonal besteht aus den folgenden Personen: Elmar Schafroth (Projektleiter), Riccardo Imperiale (Projektkoordinator), Tamara Blaich/N.N., Francesca Martulli (Autorinnen), Delia Guido, Anna Wolf (Mitarbeiterinnen), Thorsten Scherff (Informatiker), Susanne Kolb, Luisa Giacoma (externe Lexikografinnen), Sibilla Cantarini (externe Sprachberaterin). Zum DFG-Projekt bei GEPRIS: https://gepris.dfg.de/gepris/projekt/398306818.
Die Datenbank ist unter der URL http://gephri.phil.hhu.de erreichbar. Da das Projekt bis Ende 2021 andauert, ist die Seite ständig in Bearbeitung. Es werden also kontinuierlich neue Datensätze zu einzelnen Phrasemen hinzugefügt.
Ich verwende den Terminus verstehensrelevant im Sinne Busses.: „‚Verstehensrelevantes Wissen‘ ist der Arbeitsbegriff, mit dem ich noch vor jedem Unterscheidungsversuch in ‚sprachlich‘ und ‚außersprachlich‘ alle Faktoren zusammenfassend benenne, die in irgendeiner Weise notwendige oder wesentliche Voraussetzung für das Verstehen einer sprachlichen Äußerung sind, wobei der Terminus ‚Verstehen‘ sich auf die Größe ‚kommunikative Handlung‘ bezieht (die hier immer als situiert, und damit ko- und kontextgebunden aufgefaßt wird) […]“ ((???)). Der Ansatz Busses geht zurück auf Fillmores Semantics of Understanding, einem der Fundamente für dessen Frame-Theorie (vgl. (???)).
Ein weiteres Projekt, Fraseologia multilingue elettronica (FRAME), konzipiert und geleitet von Paola Cotta Ramusino, Fabio Mollica (beide Mailand) und mir, ist einem ähnlichen Ansatz verpflichtet. Es handelt sich dabei um die Erfassung von Phrasemen zu sieben Sprachen (Chinesisch, Deutsch, Englisch, Französisch, Italienisch, Russisch, Spanisch) auf der Basis des onomasiologischen Kriteriums der Zugehörigkeit zum selben semantisches Feld. Die Beschreibung der Phraseme selbst (Kollokationen, Idiome, Vergleichsphraseme, Phraseoschablonen, Formeln und Sprichwörter) erfolgt dann semasiologisch auf der Grundlage der Ergebnisse der Korpusanalysen. Aufgrund des Mehrsprachigkeitsfokus müssen bei diesem Projekt im Hinblick auf die Benutzerfreundlichkeit allerdings Abstriche bei der Exhaustivität der erhobenen Daten in Kauf genommen werden. Zum Projekt vgl. (???), (???).
„Any linguistic pattern is recognized as a construction as long as some aspect of its form or function is not strictly predictable form its component parts or from other constructions recognized to exist“ ((???)).
„Patterns are stored as constructions even if they are fully predictable as long as they occur with sufficient frequency“ ((???)).
Dass die Duden-Werke gerne kommentarlos den marginalen neben den dominanten Sprachgebrauch stellen, sieht man auch hier: das Rad (nicht) von Neuem erfinden ist im (???) genau einmal belegt, das Rad neu erfinden 1.217mal, das Rad nicht neu erfinden 1.104mal.
Korpusbasiert ist auch (???) zum Spanischen. Die Belege stammen dabei vornehmlich aus Belegsammlungen der Autoren.
„Ziel dieses Projekts ist die Erstellung eines lehrwerkunabhängigen Lernmaterials auf CD-ROM zum Bereich ‚Phraseologie‘ im Fremdsprachenunterricht für die Sprachen Deutsch, Slowenisch, Slowakisch und Ungarisch“ (www.ephras.org). Die Netzversion ist eine digitale Behelfsversion, die nicht mehr den heutigen webtechnologischen Qualitätsmaßstäben entspricht.
„Die Ergebnisse der im Projekt geleisteten Analyse der lexikalischen, semantischen, syntaktischen und distributiven Eigenschaften der Idiome sowie ihrer evt. strukturellen und/oder semantischen Veränderungen werden in sogenannten Templates in einer Datenbank erfasst. Pro Idiom gibt es acht dieser „Datenblätter“. Die zugrunde liegende Datenstruktur ist ursächlich für die Möglichkeiten der automatischen und manuellen Auswertung verantwortlich“ (http://www.bbaw.de/forschung/kollokationen/projektdarstellung).
Erstmals wurde dieses Modell in (???) vorgestellt, anhand des Phrasems jemandem ist eine Laus über die Leber gelaufen.
Der Terminus lexikalische Valenz lehnt sich an (???) an. Gemeint sie die Fälle, bei denen die vom Verb regierte Präposition nicht nur „ein Anzeiger der syntaktischen Struktur“ ist, wie bei ringraziare per (‚danken für‘), sondern wo sie „auch lexikalisch-semantische Information [enthält]“ (ib.: 119). Diese Valenzen sind „lexikalisch variabel“, weshalb Schwarze auch von lexikalisch variabler Rektion spricht, z. B. „guardare {in, dietro, sotto, verso} un oggetto“ (in, hinter, unter, in Richtung auf) einen Gegenstand blicken‘). In diesen Fällen „wird die Präposition durch das Verb und durch die thematische Rolle des betreffenden Arguments nicht vollständig festgelegt, sondern sie kann, je nach der Ausdrucksabsicht, innerhalb einer bestimmten Teilmenge der Präpositionen frei gewählt werden“ (ib.: 126).
Nicht alle Wissensaspekte sind für jedes Idiom relevant. In diesem Falle wird die Beschreibungskategorie auf der Benutzeroberfläche nicht angezeigt.
Zur Kritik am Nähe-/Distanz-Modell von Koch/Oesterreicher vgl. (???)).
Bzw. um die Konzeption der diasystematischen Markierungen an sich. (???) sehen ungeklärte Fragen, die „in methodischer Hinsicht, die Ermittlung und Spezifizierung von Markierungen [betreffen] und andererseits, in konzeptioneller Hinsicht, die Ableitung von Varietäten sowie den Status des ‚Standards‘“.
Rimandiamo ovviamente anche a (???), rielaborazione parziale di (???) che compare fra i commentaires del volume II.a dell'(???).
Mette conto ricordare che i materiali dell'ALiR relativi al Piemonte condensano gli esiti delle inchieste dell'(???) (quesiti 4716 Salamandra maculosa [= Salamandra salamandra]; 4885 Salamandra atra) e dell'(???) (carta 456 La salamandra), a cui faremo diretto riferimento nel caso di risposte non presenti nella sintesi dell'ALiR; bisogna infatti considerare che a ogni punto d'inchiesta dell'ALiR, al quale è associato un solo dato, corrispondono più punti dell'ALI e dall'AIS (e dunque una molteplicità di dati).
I tipi raccolti sono in realtà nove. Eviteremo tuttavia di prendere in esame la risposta bianc e ner 'bianco e nero' elicitata a Bellino, da ritenersi inattendibile. Essa nasce da una traduzione parziale dello stimolo del raccoglitore, il quale, di fronte alla reticenza dell'informatore, indica il referente come 'bestia gialla e nera'. A Bellino la denominazione corretta della salamandra è labreno ((???), s. v.; si veda oltre).
Qui e altrove, nell'indicazione dei lessotipi, impieghiamo un'ortografia a base italiana, con l'introduzione dei grafemi <ö>, <ü> e <ë> per rappresentare, rispettivamente, i suoni [ø] / [œ], [y] e [ə]. Abbiamo mantenuto, per il resto, le convenzioni trascrittorie dei diversi autori citati.
Per inciso, i dati dell'(???) registrano la diffusione della base piovana in Valle d’Aosta (ITA 402; unita a leiharda 'lucertola' in ITA 401), nel Canavesano (ITA 21, 28), nel Piemonte pianigiano (ITA 36), nel Friuli centro-orientale (ITA 11).
L'areale che si ricava dall'(???) interessa la Francia sud-occidentale e le valli occitanofone del Piemonte (cfr. (???)).
 L'origine delle forme citate è controversa; l'intera questione è ora riassunta dal (???), v. bòrgno 
Merita almeno citare, quale altro esempio di impronta metereologica, la forma rosada 'rugiada' < *ROSIATA, diffusa tra Lombardia settentrionale e Canton Ticino ((???) ITA 7, 13; SUI 302).
La denominazione trova conferma nella risposta registrata dall'(???) a Briga Marittima (P. 94; quesito 4716), oggi in Francia (La Brigue) e un tempo unita alle frazioni che compongono il comune italiano di Briga Alta (CN); in (???) è lemmatizzata la forma cansënèštr (in riferimento alla salamandra nera [Salamandra atra]), di cui si segnala l'occorrenza in tutta l'area brigasca (tranne che a Carnino).
Una forma pressoché identica, znestru, è attestata dall'(???) a Garessio (P. 88; quesito 4716).
Lessotipo non registrato dall'ALEPO, diffuso nel Piemonte nord-orientale (cfr. per esempio (???) 126, 129, 135, 137; (???) 15, 16, 21 [quesito 4716], (???) ITA 12, 22), che (???) propone di avvicinare a barca, perché, "quando la salamandra tiene alzata la testa e la coda, essa ha una curiosa rassomiglianza con una barca, i cui remi sarebbero rappresentati dalle quattro zampe dell'animale".
Un solo informatore, a Carema, afferma invece che è il piscio dell'orbettino a rendere cieco l'uomo ((???).I.320).
Oltre a (???), che costituisce ancora oggi un'introduzione imprescindibile alle categorie dell'etnoscienza, si vedano per esempio i saggi contenuti in (???) e (???). Una riflessione sulle classificazioni popolari relative ad alcuni zoonimi raccolti dall'ALEPO si trova in (???).
Gentilmente messici a disposizione dalla redazione, che qui ringraziamo.
Una spiegazione che si può addurre è legata alla conformazione della rete dei punti dell'ALiR e alla provenienza dei dati da più fonti, implicanti entrambe una scelta da parte del redattore della carta. Cfr. nota 2.
Ein großes Dankeschön an Christoph Purschke, der mir die Arbeit mit der noch unveröffentlichten (???)-Datenbank ermöglicht und mich dabei tatkräftig unterstützt hat, sowie an Barbara Soukup für die Bereitstellung der noch unveröffentlichten Ergebnisse Ihres FWF-Projekts ELLViA zum Französischen in Wien. Ich danke außerdem Linda Bäumler, Christoph Purschke, Barbara Soukup und Verena Weiland, die erste Versionen dieses Artikels kritisch gelesen haben.
Die Transkriptionen der österreichischen Aussprache stammen, wenn nicht anders angegeben, aus der adaba: – Österreichisches Aussprachewörterbuch / Österreichische Aussprachedatenbank (http://www.adaba.at). Transkriptionen von /r/ als [r] oder [ʀ] habe ich entsprechend den Konventionen des Internationalen Phonetischen Alphabets (IPA) zu [ʁ] adaptiert.
Laut Österreichischem Wörterbuch hat Trottoir einen Bekanntheitsgrad von 67%, Lavoir von 29% und Fauteuil von 90%.
Laut Österreichischem Wörterbuch haben die Wörter in diesem Absatz den folgenden Bekanntheitsgrad: Melange 87%, Jourgebäck 100%, Brötchen 0% [sic!], retour 50%.
Zu seinen Auswirkungen auf die französische Sprache vgl. u.a. (???).
Für diese Wörter gibt das (???) keine regionale Einschränkung an.
Laut (???) „französierende Bildung der Studentensprache (um 1800)“.
Laut (???) „auch rattenkahl, volksetymologische Umdeutungen aus radikal in Anlehnung an Ratte, Ratz(e), wohl in Hinblick auf den unbehaarten Schwanz der Ratte.“
Laut Kramer ((???)) waren die Französischkompetenzen im 17. Jahrhundert im Süden und Westen Deutschlands deutlich besser als im Norden und Osten.
https://fr.wikisource.org/wiki/Correspondance_de_Voltaire/1750/Lettre_2138.
Der Duden online führt von den genannten Gallizismen Couvert/Kuvert, Perron, Barriere im Sinne von ‘Bahnschranke’, Kondukteur und Retourbillet als „schweizerisch, sonst veraltet“ auf, Coupé ‘Eisenbahnabteil‘ als „veraltet“, poste restante als „französische Bezeichnung für: postlagernd“ und Passagier ohne einschränkende Angabe.
Österreichisch faschierte Laibchen entsprechen deutsch Frikadellen, Buletten, Fleischpflanzerl etc. (vgl. Duden online).
In der heutigen Standardaussprache mit /ɛ̃/ zusammengefallen (vgl. (???)).
Laut Eichhoff (???) ist in Deutschland auch die Anfangsbetonung möglich.
Rechtschreibung nach Duden online in einem Wort mit internem Apostroph.
« französisch jalousie, eigentlich = Eifersucht; die Benennung bezieht sich darauf, dass der eifersüchtige Ehemann seiner Frau zwar gestatten wollte, auf die Straße zu sehen, sie aber nicht den Blicken anderer preisgeben wollte; die Eigenart dieser Vorrichtung ist, den Durchblick von innen nach außen, aber nicht von außen nach innen zuzulassen; wohl nach dem Vorbild der typischen Fenstergitter in orientalischen Harems » (Duden online).
Zu den unterschiedlichen Funktionen von Sprachen in der Linguistic Landscape vgl. (???).
* = Wort oder Wortbestandteile nur in anderer Bedeutung.
Duden online liefert zwei Rechtschreibvarianten: <Nougat> und <Nugat>.
Rechtschreibvariante <Soufflé>.
Die Telefon-ID wird aus rechtlichen Gründen bei den Telefonanbietern gespeichert; diese kann aber nur von Behörden angefragt und zu­rück­verfolgt werden. Ansonsten sind die Daten sowohl für Projektleiter*innen als auch für andere Nutzer*innen anonym.
Aussprache im Wiener Deutsch: [lyse] (vs. fr. [lise]). Die Schüler*innen dieser Bildungseinrichtung sagen Lycée français de Vienne (das neben einem lycée auch eine école maternelle, eine école primaire, ein collège und eine prépa umfasst).
Bei fünf sehr ausführlich beschrifteten importierten Lebensmittelpackungen habe ich die Schrift auf einem Foto nicht in sämtliche Wörter und Ausdrücke zerlegt, sondern nur in Markennamen und Zutatenliste (Beispiele 16, 17, 27, 28 und 64 in Abb. 7), da diese Items ansonsten ein überproportionales Gewicht bekommen hätten.
Gesamtzahl der Items: 17 108 (davon derzeit 61% ausgewertet; n=10 381). Anzahl der Items in der Josefstadt: 2 391 (davon 52% ausgewertet; n=1 254) (Stand: Dezember 2019).
Die übrigen Schilder im Datensatz lassen sich keiner bestimmten Sprache zuordnen (z.B. Zahlen, Einzelbuchstaben).
Im Duden online findet sich Creme allerdings nur in Bedeutungen wie ‘Salbe’, ‘Süßspeise’ etc., allerdings nicht als ‘crème fraîche’ oder ‘(saure) Sahne’ wie im dokumentierten Kompositum Cremespinat.
Als österreichisch markiert in der Bedeutung ‘Milchkaffee, der zur Hälfte aus Milch besteht und im Glas serviert wird’; in anderen Bedeutungen auch gesamtdeutsch.
Das Adjektiv ist auf dem Foto abgeschnitten, findet sich aber auf Fotos auf Google Maps wieder.
In Lehre und Forschung hat Thomas Krefeld zahlreiche Szenarien dieser Art von Siebenbürgen über Sizilien, Calabrien, Neapel, Friaul, den gesamten Alpenraum und bis zuletzt nach Lateinamerika in den Blick genommen. An dieser Stelle sei nur auf eine knappe Auswahl aus seinem viel größeren Œuvre verwiesen (???)(Krefeld 2004)(???)(???)(???)(???)(???)(???)(???)
Einen guten Überblick über die Tradition und Funktion des Banquetts im England der Frühen Neuzeit gibt der Blogeintrag "What exactlely was the tudor and stuart banquet" (URL)
Der Begriff Devise soll hier im Sinne von Guy de Tervarent verwendet werden: "Réservant au mot devise sa signification courante d’inscription lapidaire, nous écrivons ‚devise‘ lorsqu’il s’agit d’une figure dont quelques mots expliquaient le sens et dont la personne qui l’avait choisie ornait ses vêtements, sa demeure ou prétendait s’en faire une règle de vie. Cette mode vit le jour, au XVe siècle, inspirée, semble-t-il, par les ordres de chevalerie. […] Lorsque les armées françaises passèrent en Italie, à la fin du XVe siècle, la mode gagna la péninsule, où elle fit fureur et fut poussée jusqu’au ridicule. Les Italiens appelaient ces ‚devises‘ ‚imprese‘, entreprises, parce qu’ils s’en targuaient dans leurs entreprises de guerre et d’amour." (???)
"Wer in Pamphylien und dem gebirgigen Theile Ciliciens von einem Eber isst, der einen Salamander verschlungen hat, muss sterben […]. Auch Wasser und Wein, in welchen ein Salamander umgekommen ist, ja selbst, wenn er nur davon gesoffen hat, wird tödtlich." (???) Zu einem differenzierteren Befund kommt Plinius im weiteren Verlauf seines Werks: "Unter allen giftigen Thieren ist der Salamander das scheusslichste; denn die übrigen beissen oder stechen doch nur jedesmal ein Individuum und überliefern nicht gleichzeitig mehrere dem Tode, nicht zu gedenken, dass sie, wie man angiebt, in Folge des Bewusstseins einen Menschen verletzt zu haben umkommen und nicht wieder zur Erde gelangen; der Salamander hingegen kann ganze Völker, wenn sie sich nicht vor ihm in Acht nehmen, tödten. Kriecht er nämlich auf einen Baum, so vergiftet er alles Obst, und tödtet die, welche dasselbe essen, durch seine erkältende dem Aconit nicht nachstehende Kraft. Ja, wenn er auch nur mit seinem Fusse ein Stück Holz berührt hat und man kocht damit eine Brotrinde, so wird diese zu Gift; fällt er in einen Brunnen, so wird das Wasser vergiftet; berührt sein Geifer irgend eine Stelle des menschlichen Körpers, selbst nur die äusserste Spitze des Fusses, so gehen am ganzen Leibe die Haare aus. Und dennoch wird ein so giftiges Geschöpf von einigen Thieren, z.B. von den Schweinen, ohne Nachtheil verzehrt, was beweist, dass hier jene Art von Zwietracht das Gift bezwingt. Es ist sehr wahrscheinlich, dass das Gift des Salamanders von allen Thieren, welche denselben fressen, vernichtet wird […]." (???)
"Ich habe von Vielen erfahren, aus dem menschlichen Rückenmarke erzeuge sich eine Schlange [diese Vorstellung entstammt dem in Antike und Mittelalter verbreiteten Volksglauben, aus der Wirbelsäule von Verstorbenen würde im Verwesungsprozess eine Schlange entstehen, JH/SDS/DM]. Sehr viele Thiere, selbst vierfüßige, erzeugen sich auf eine verborgene, uns unbekannte Weise; so kommt der Salamander, ein Thier von der Gestalt einer Eidechse und sternartig gezeichnet, niemals anders als bei heftigem Regen zum Vorschein und verschwindet, wenn es wieder heiter wird." (???)
"Er [der Salamander] ist so kalt, dass durch seine Berührung das Feuer, ebenso wie vom Eise auslöscht. Von dem milchartigen Schleime, der aus seinem Munde fliesst, gehen bei Berührung jeglichen Teiles des menschlichen Körpers alle Haare aus, die berührte Stelle selbst verändert die Farbe und hinterlässt ein Maal." (???). Als Mittel gegen die enthaarende Wirkung des Salamanders preist Plinius das Schildkrötenblut: "Das Fleisch der Meerschildkröten mit dem der Frösche hilft vortrefflich gegen die Salamander; überhaupt ist kein Thier dem Salamander mehr zuwider als die Schildkröte. Durch das Blut stellt man die Haare auf Glatzen wieder her […]." (???)
"Wenn die Angabe der Magier, dass der Salamander das einzige Thier sei, welches das Feuer auslösche und daher bei Feuersbrünsten gute Dienste leiste, wahr wäre, so würde man längst in Rom die Erfahrung gemacht haben. Auch Sextius stellt die Richtigkeit dieser Angabe in Abrede; ferner sagt er, man mache den Salamander nach Entfernung der Eingeweide, Füsse und des Kopfs in Honig ein und benutze ihn so als ein Mittel zum Liebesreiz." (???)
"Der Physiologus sagt vom Salamander, wenn er in den Feuerofen kommt, verlöscht der ganze Ofen; sogar wenn er in den Heizofen für das Bad kommt, löscht der Heizofen aus. Wenn nun die Salamander-Echse das Feuer durch ihre natürliche Anlage löscht, wie können jetzt noch Leute bezweifeln, daß die drei Jünglinge im Feuerofen [vgl. Daniel 3] keinen Schaden erlitten, sondern im Gegenteil den Ofen abkühlten? Denn es steht geschrieben [Jesaia 43,2]: "Und selbst wenn du durchs Feuer gehst, wird die Flamme dich nicht verbrennen." Schön spricht der Physiologus über den Salamander. Es ist beim Propheten Daniel eine bewundernswerte Geschichte geschrieben über die drei edlen Brüder, die wegen einer Verleumdung in den Feuerofen geworfen wurden, wie sie ein solches Loblied im Feuerofen sangen, daß man sie nur bewundern kann. Sie sind dessen würdig. Denn die heiligen Apostel [Apostelgeschichte 9, 40] haben Tote erweckt und größere Taten vollbracht als diese Gerechten, und Berge haben sie ins Meer versetzt [1. Korinther 13,2]." (???)
"Der Salamander ist ein ganz kalter Vogel, kälter als alle Vögel. Er wohnt im Feuer des Ätna, und dort zieht er seine Jungen auf und verbrennt nicht. Man jagt ihn auf folgende Weise. Der Jäger nimmt geeignetes trockenes Material, etwa Heu, und entzündet weit weg vom Ätna Feuer und legt eine gerade Spur, bis er ganz nahe ans Feuer kommt. Und das Material entzündet sich und wird vom Feuer verzehrt und macht so einen feurigen Weg. Und so folgen die Jungen dem Weg des Feuers, und wenn sie weit weg sind von dem ihnen vertrauten Feuer und wenn die Nahrung des Heus verzehrt ist, erlischt das Feuer, und da sie nicht mehr zur ihnen notwendigen Kraft des Feuers zurückkehren können, werden sie vom Jäger erjagt." (???) Vgl. auch die mittelalterliche Rezeption, die ebenfalls zum Teil davon ausgeht, der Salamander – verstanden als Allegorie des Feuers – sei ein Tier in Vogelgestalt.
"[Gervasius] nennt […] die erstaunliche Eigenschaft des Salamanders, im Feuer zu leben und sich von diesem zu ernähren, obwohl das Feuer für gewöhnlich zerstörerisch wirkt. Der Salamander ist Teil der regelhaften Natur, weicht aber von ihrer gewohnten Ordnung ab: Feuer zerstört nicht, sondern ernährt. Das Beispiel ist von Augustinus übernommen [De civitate Dei XXI. 4]. Schriftautorität und hohes Alter der Information sind damit gegeben. Direkt im Anschluss erscheint das dritte Kriterium gesicherter Information: Gervasius selbst sah vor Kurzem in Rom einen Riemen aus Salamanderhaut, den der Kardinal Peter von Capua dorthin mitgebracht habe. Das etwas schmutzig gewordene Material wurde ins Feuer gehalten, und die Zuschauer konnten selbst sehen, wie es vom Feuer nicht nur nicht zerstört, sondern vielmehr gereinigt wurde […]. Gervasius fügt ein analoges Beispiel hinzu, das einen 'sicheren Beleg' dafür gibt, dass nicht alles, was brennt, auch verzehrt wird: die Berge Siziliens – gemeint ist der Vulkan Ätna. Vom Feuer dieser Berge gibt es alte Berichte, und man kann sich heute jederzeit davon überzeugen, dass sie immer noch brennen (und auch weiterhin brennen werden). Nach diesem aktualisierenden, staunenmachenden und zugleich Beweise liefernden Beispiel schließt Gervasius wieder an die Augustinus-Stelle an und nennt als weiteren Beleg, dass auch die Seelen durch Schmerz nicht verzehrt werden, weil sie unsterblich sind. Das Wunderbare ('mirabile') wird hier als Signum Gottes verständlich zu machen versucht und damit in die Nähe des Wunders ('miraculum') gerückt. Die Bildung einer Analogie zwischen der Unsterblichkeit der Seele und der Feuerresistenz des Salamanders beglaubigt diese nicht nur, sondern lässt überdies verbreitetes theologisches Wissen […] im Lichte des Wunderbaren erscheinen. Dieses Wissen wird dadurch selbst ‚mirabilisiert‘." (???)
"Quivi àe montagne ove à buone vene d‘acciaio e d'andanico; e in queste montagne è un'altra vena, onde si fa la salamandra. La salamandra nonn-è bestia, come si dice, che vive nel fuoco, ché neuno animale puote vivere nel fuoco; ma dirovi come si fa la salamandra. Uno mio compagno ch'à nome Zuficar – èe un Turchio – istede in quella contrada per lo Grande Kane signore III anni, e facea fare queste salamandre; e disselo a·mme, e era persona che·lle vide assai volte, e io ne vidi de le fatte. Egli è vero che quella vena si cava e stringesi insie[me] e fa fila come di lana; e poscia la fa seccare e pestare in grandi mortai di covro; poscia la fanno lavare e la terra sì·ccade, quella che v'è apiccata, e rimane le file come di lana; e questa si fila e fassine panno da tovaglie. Fatte le tovaglie, elle sono brune; mettendole nel fuoco diventano bianche come nieve; e tutte le volte che sono sucide, si pongono nel fuoco e diventano bianche come neve. E queste sono le salamandre, e l'altre sono favole. Anco vi dico che a Roma à una di queste tovaglie che 'l Grande Kane mandò per grande presenti, perché 'l sudario del Nostro Signore vi fosse messo entro." (???)
Knecht zufolge hatte Franz' Mutter, Louise de Savoie, die Medaille in Auftrag gegeben.
"Nel 1503 eseguì le medaglie con i ritratti di Pierre Briçonnet e di Thomas Bohier. Nel medesimo tempo sembra che egli avesse legato le sue sorti alla casa di Valois-Angouléme [sic]. Le sue ultime opere sono le medaglie del futuro Francesco I, di Luisa di Savoia e di Margherita d'Angoulême, datate al 1504. Dopo quest'anno non si hanno più sue notizie." (???)
"Concernant François Ier, la salamandre, rapprochée du serpent, a aussi un sens dynastique: elle a été rapprochée de la guivre figurant sur les armes des Visconti, dont le roi affirmait avoir hérité le duché de Milan. La salamandre a également été mise en relation avec un autre emblème des Visconti: un lion entouré de feu, tenant une épée et deux seaux d’eau, susceptibles de permettre au lion d’éteindre le feu comme le fait la salamandre. Celle-ci évoque également la famille maternelle du roi: ainsi, son grand-père Philippe, comte de Bresse et duc de Savoie, avait-il adopté l’emblème d’un serpent changeant de peau. Elle est aussi souvent représentée avec une queue qui forme un nœud en forme de huit, image là encore traditionnellement associée à la maison de Savoie." (???). Der menschenfressende oder aber -gebärende Biscione der Visconti taucht auch im Wappen von Franz’ Vater Charles d'Angoulême auf, der ein Enkel der Valentina Visconti und ihres Gatten Ludwig, Herzog von Orléans und Graf von Blois, aus dem Hause Valois war.
Mit den historischen Bedingungen und der varietätenlinguistischen Modellierung dieser Normierungsbemühungen haben sich zahlreiche Studien beschäftigt, vgl. u.a. (???), (???), (???), (???), (???), (???) und (???), (???)
Zum System der dépôts de mendicité im 18. und 19. Jahrhundert (???): "Le constat est fait, à la veille de la Révolution, que l'existence de dépôts de mendicité […] n'a pas fait disparaître la présence de mendiants et de vagabonds dans les villes et les campagnes. Aussi, l'Assemblée Nationale Constituante décide-t-elle de supprimer l'institution et d'évacuer les dépôts. Théoriquement, car certains subsistèrent. Des mendiants furent reconduits aux frontières. Mais d'autres restèrent. En 1798, le Directoire concède l'entretien des dépôts restants à des entrepreneurs privés. La même année […], le ministère de l'Intérieur dresse la liste des 'travaux à établir dans les dépôts de mendicité'. Mais, Napoléon décide de revenir aux dépôts de mendicité d'État. Le décret du 5 juillet 1808, impose la création d'ateliers de charité et d'un dépôt de mendicité dans chaque département. L'ouverture de 59 dépôts est décidée, dont celle de 37 établissements est rapidement effective. La circulaire du 19 décembre 1808 établit un programme modèle et un certain nombre de normes. Chaque dépôt se composera de quatre divisions ou départements, pour les hommes, les femmes, les garçons et les filles. Chaque division possèdera son atelier, son promenoir, sa salle de bains. Deux infirmeries recevront les hommes ou les femmes. Il y aura des salles spécialisées et isolées pour les vénériens, les galeux et les 'personnes attaquées de folie'."
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OIMap e le parole migranti

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OIMap

OIMap85 è uno strumento per visualizzare la distribuzione – e la dinamica – areale degli italianismi, ovvero un mapping tool, attualmente in fase di progettazione. Altri esempi di visualizzazione promettenti sono AdIS, diretto da Th. Krefeld e S. Lücke, e WOLD, curato da M. Haspelmath e U. Tadmor. OIMap è finalizzato alla rappresentazione cartografica delle dinamiche del contatto linguistico rivelate dai dati dell'OIM (Osservatorio degli italianismi nel mondo: http://www.italianismi.org), progetto dell'Accademia della Crusca diretto da L. Serianni e M. Heinz in collaborazione con un gruppo di lavoro internazionale (http://www.accademiadellacrusca.it/it/attivita/oim-osservatorio-italianismi-mondo).

Mentre gli elenchi di unità lessicali presenti in un dizionario o in una banca dati forniscono informazioni sfaccettate in maniera condensata, le mappe permettono di capire meglio la distribuzione geografica e le tendenze dinamiche delle relazioni di contatto tra le lingue. OIMap si basa attualmente su un software tool libero per la cartografia digitale (http://batchgeo.com) e intende delineare la direzione del contatto linguistico. Raffinando le opzioni di ricerca sarà inoltre possibile ottenere l’origine dialettale degli elementi presi in prestito. Pertanto, si potranno individuare varietà dialettali che hanno contribuito con un numero relativamente alto di prestiti al lessico di una, due o di tutte e tre le lingue riceventi. Se prendiamo il caso del veneziano (o, con un numero in confronto più basso di unità lessicali, il genovese), emerge un quadro più chiaro delle dinamiche areali. Facendo i conti risulta per es. che una maggioranza assoluta (per il genovese: 7 su 9) o relativa (per il veneziano: 15 su 45) degli elementi di prestito “migra” esclusivamente verso una sola lingua (rispettivamente il francese e il tedesco).

Per molte lingue esistono già delle liste elettroniche di italianismi, seppure non tutte pubblicate e disponibili finora, quindi l’integrazione del materiale esistente nella banca dati OIM dovrebbe presto portare a un progresso sostanziale. In breve saranno disponibili raccolte di italianismi in spagnolo, portoghese, catalano, polacco e ungherese; sono già avviati i lavori per altre lingue come il maltese, il macedone, il neogreco, il russo e il cinese mandarino. Con l’incrementazione della banca dati e l’aumentare del numero delle lingue riceventi diventerà possibile creare un’interfaccia con lo strumento OIMap. Il suo proposito è quello di creare una mappa delle varie regioni o macroaree linguistiche, indicando la migrazione lessicale che parte dall’italiano e dalle sue varietà.

La risorsa è accessibile attualmente cliccando il seguente link:
https://de.batchgeo.com/map/896aab31a2a4205702c37b310db708fd

Bibliographie

  • Heinz 2017 = Heinz, Matthias (Hrsg.) (12017): Osservatorio degli italianismi nel mondo: punti di partenza e nuovi orizzonti. Atti dell'incontro OIM (Firenze, 20 giugno 2014), Firenze, Accademia della Crusca.
  • Heinz 2017b = Heinz, Matthias (2017): Dal DIFIT all'OIM: sfide lessicografiche e prospettive di implementazione, in: Heinz 2017, Firenze, 21-38, enthalten in Id 1111.
  • Krefeld/Lücke 2012 = Krefeld, Thomas / Lücke, Stephan (2012): Atlante linguistico digitale dell’Italia e della Svizzera meridionale (AdIS) (Link).
  • OIM = Heinz, Matthias / Serianni, Luca (Hrsgg.) (2014ss): Osservatorio degli italianismi nel mondo (OIM), Firenze, Accademia della Crusca (Link).
  • Pizzoli 2017 = Pizzoli, Lucilla (2017): Per un dizionario degli italianismi nel mondo: rilancio di un progetto, in: Testi e linguaggi, vol. 11, 171-182.
  • Stammerjohann u.a. 2008 = Stammerjohann, Harro / Arcaini, Enrico / Cartago, Gabriella / Galetto, Pia / Heinz, Matthias / Mayer, Maurice / Rovere, Giovanni / Gesine, Seymer (2008): Dizionario di italianismi in francese, inglese, tedesco, Firenze, Accademia della Crusca.
  • WOLD = Haspelmath, Martin / Uri, Tadmor (Hrsgg.): World Loanword Database (WOLD), 2009-, Als Abkürzung ist die Sigle WOLD üblich. (Link).
La città (occidentale, mediterranea) come addensamento di attività economiche e commerciale nasce sulla scia delle società agricole della mezzaluna fertile (Benevolo 1983) e proscrive la divisione del lavoro già esistente nelle società preurbane, ad es. tra donne e uomini, e fa nascere una stratificazione sociale più differenziata; cf. anche Haller 2005, 126, 130, 169. Gli sviluppi demografici e sociali di città antiche e centri moderni sono delineati ad es. in Benevolo 1983, 27, 143-145. La situazione e la storia architettura di Roma è ampiamente documentata in Benevolo 1983, 177-255, 1030-1033, passim.
L’opera Belliana permette una descrizione grammaticale del romanesco (Tellenbach 1909), mentre lavori lessicografici non cominciano ad apparire a partire dal 1933 (Chiappini). I più recenti dizionari (Ravaro 1994; D’Achille/Giovanardi 2016ss.) prendono in considerazione anche lessemi non letterari. Milano (Cherubini 1839) e Venezia (Boerio 1865) precedono, dunque, Roma di vari decenni.
Tullio De Mauro (2002, 66-68) delinea lo sviluppo del „urbanismo“ tra il 1861, anno della prima unificazione nazionale (senza Roma), e il 1961, in tempi di pieno sviluppo economico, con cifre o con cifre impressionanti. Il numero dei centri urbani con più di 20 mila abitanti cresce da 52 nel 1861 a 140 nel 1931, più di 200 nel 1951 e a 325 nel 1961, pari a 23,7 milioni di persone o al 46,7 % della popolazione nazionale.
Basandosi su studi empirici condotti da Stehl durante gli ani ’80, lo studioso descrive vari livelli di competenza dei parlanti ad es. a Canosa di Puglia (cf. Stehl 2012, 62, 83-104), secondo parametri Coseriani, come architettura o sistema, norma e ‘parole’. Messe a confronto con i livelli di descrizione linguistica, Stehl elabora dei “gradata” (Stehl 2012, 105, 126-131, passim).
Stefinlongo (1985) introduce il termine ‘continuum’, fino allora usato nella geolinguistica e nella creolistica, nelle discussioni intorno a una descrizione (sociolinguistica) di Roma. A rigor di termini, anche un continuum linguistico è costituito di tanti piccoli passi, gradi.
K. Jaberg e J. Jud (1928, 186-193) sono consapevoli della variazione sociale e dei contatti tra basiletti e varietà urbani e regionali, tra persone di diversa estrazione sociale.
P. Trifone (2008) delinea la storia linguistica della capitale partendo dalle prime iscrizioni, e dedica un bello capitolo alla situazione odierna (92-121), con la sua variazione e le varietà nuove (neoromanesco, linguaggio giovanile).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???) – jedoch bereits (???).
Vgl. (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???), (???)
Vgl. Langacker 2000, Stathi 2011, (???), Mellado Blanco/Mollica/Schafroth ed. (im Druck).
Das Projektpersonal besteht aus den folgenden Personen: Elmar Schafroth (Projektleiter), Riccardo Imperiale (Projektkoordinator), Tamara Blaich/N.N., Francesca Martulli (Autorinnen), Delia Guido, Anna Wolf (Mitarbeiterinnen), Thorsten Scherff (Informatiker), Susanne Kolb, Luisa Giacoma (externe Lexikografinnen), Sibilla Cantarini (externe Sprachberaterin). Zum DFG-Projekt bei GEPRIS: https://gepris.dfg.de/gepris/projekt/398306818.
Die Datenbank ist unter der URL http://gephri.phil.hhu.de erreichbar. Da das Projekt bis Ende 2021 andauert, ist die Seite ständig in Bearbeitung. Es werden also kontinuierlich neue Datensätze zu einzelnen Phrasemen hinzugefügt.
Ich verwende den Terminus verstehensrelevant im Sinne Busses.: „‚Verstehensrelevantes Wissen‘ ist der Arbeitsbegriff, mit dem ich noch vor jedem Unterscheidungsversuch in ‚sprachlich‘ und ‚außersprachlich‘ alle Faktoren zusammenfassend benenne, die in irgendeiner Weise notwendige oder wesentliche Voraussetzung für das Verstehen einer sprachlichen Äußerung sind, wobei der Terminus ‚Verstehen‘ sich auf die Größe ‚kommunikative Handlung‘ bezieht (die hier immer als situiert, und damit ko- und kontextgebunden aufgefaßt wird) […]“ ((???)). Der Ansatz Busses geht zurück auf Fillmores Semantics of Understanding, einem der Fundamente für dessen Frame-Theorie (vgl. (???)).
Ein weiteres Projekt, Fraseologia multilingue elettronica (FRAME), konzipiert und geleitet von Paola Cotta Ramusino, Fabio Mollica (beide Mailand) und mir, ist einem ähnlichen Ansatz verpflichtet. Es handelt sich dabei um die Erfassung von Phrasemen zu sieben Sprachen (Chinesisch, Deutsch, Englisch, Französisch, Italienisch, Russisch, Spanisch) auf der Basis des onomasiologischen Kriteriums der Zugehörigkeit zum selben semantisches Feld. Die Beschreibung der Phraseme selbst (Kollokationen, Idiome, Vergleichsphraseme, Phraseoschablonen, Formeln und Sprichwörter) erfolgt dann semasiologisch auf der Grundlage der Ergebnisse der Korpusanalysen. Aufgrund des Mehrsprachigkeitsfokus müssen bei diesem Projekt im Hinblick auf die Benutzerfreundlichkeit allerdings Abstriche bei der Exhaustivität der erhobenen Daten in Kauf genommen werden. Zum Projekt vgl. (???), (???).
„Any linguistic pattern is recognized as a construction as long as some aspect of its form or function is not strictly predictable form its component parts or from other constructions recognized to exist“ ((???)).
„Patterns are stored as constructions even if they are fully predictable as long as they occur with sufficient frequency“ ((???)).
Dass die Duden-Werke gerne kommentarlos den marginalen neben den dominanten Sprachgebrauch stellen, sieht man auch hier: das Rad (nicht) von Neuem erfinden ist im (???) genau einmal belegt, das Rad neu erfinden 1.217mal, das Rad nicht neu erfinden 1.104mal.
Korpusbasiert ist auch (???) zum Spanischen. Die Belege stammen dabei vornehmlich aus Belegsammlungen der Autoren.
„Ziel dieses Projekts ist die Erstellung eines lehrwerkunabhängigen Lernmaterials auf CD-ROM zum Bereich ‚Phraseologie‘ im Fremdsprachenunterricht für die Sprachen Deutsch, Slowenisch, Slowakisch und Ungarisch“ (www.ephras.org). Die Netzversion ist eine digitale Behelfsversion, die nicht mehr den heutigen webtechnologischen Qualitätsmaßstäben entspricht.
„Die Ergebnisse der im Projekt geleisteten Analyse der lexikalischen, semantischen, syntaktischen und distributiven Eigenschaften der Idiome sowie ihrer evt. strukturellen und/oder semantischen Veränderungen werden in sogenannten Templates in einer Datenbank erfasst. Pro Idiom gibt es acht dieser „Datenblätter“. Die zugrunde liegende Datenstruktur ist ursächlich für die Möglichkeiten der automatischen und manuellen Auswertung verantwortlich“ (http://www.bbaw.de/forschung/kollokationen/projektdarstellung).
Erstmals wurde dieses Modell in (???) vorgestellt, anhand des Phrasems jemandem ist eine Laus über die Leber gelaufen.
Der Terminus lexikalische Valenz lehnt sich an (???) an. Gemeint sie die Fälle, bei denen die vom Verb regierte Präposition nicht nur „ein Anzeiger der syntaktischen Struktur“ ist, wie bei ringraziare per (‚danken für‘), sondern wo sie „auch lexikalisch-semantische Information [enthält]“ (ib.: 119). Diese Valenzen sind „lexikalisch variabel“, weshalb Schwarze auch von lexikalisch variabler Rektion spricht, z. B. „guardare {in, dietro, sotto, verso} un oggetto“ (in, hinter, unter, in Richtung auf) einen Gegenstand blicken‘). In diesen Fällen „wird die Präposition durch das Verb und durch die thematische Rolle des betreffenden Arguments nicht vollständig festgelegt, sondern sie kann, je nach der Ausdrucksabsicht, innerhalb einer bestimmten Teilmenge der Präpositionen frei gewählt werden“ (ib.: 126).
Nicht alle Wissensaspekte sind für jedes Idiom relevant. In diesem Falle wird die Beschreibungskategorie auf der Benutzeroberfläche nicht angezeigt.
Zur Kritik am Nähe-/Distanz-Modell von Koch/Oesterreicher vgl. (???)).
Bzw. um die Konzeption der diasystematischen Markierungen an sich. (???) sehen ungeklärte Fragen, die „in methodischer Hinsicht, die Ermittlung und Spezifizierung von Markierungen [betreffen] und andererseits, in konzeptioneller Hinsicht, die Ableitung von Varietäten sowie den Status des ‚Standards‘“.
Rimandiamo ovviamente anche a (???), rielaborazione parziale di (???) che compare fra i commentaires del volume II.a dell'(???).
Mette conto ricordare che i materiali dell'ALiR relativi al Piemonte condensano gli esiti delle inchieste dell'(???) (quesiti 4716 Salamandra maculosa [= Salamandra salamandra]; 4885 Salamandra atra) e dell'(???) (carta 456 La salamandra), a cui faremo diretto riferimento nel caso di risposte non presenti nella sintesi dell'ALiR; bisogna infatti considerare che a ogni punto d'inchiesta dell'ALiR, al quale è associato un solo dato, corrispondono più punti dell'ALI e dall'AIS (e dunque una molteplicità di dati).
I tipi raccolti sono in realtà nove. Eviteremo tuttavia di prendere in esame la risposta bianc e ner 'bianco e nero' elicitata a Bellino, da ritenersi inattendibile. Essa nasce da una traduzione parziale dello stimolo del raccoglitore, il quale, di fronte alla reticenza dell'informatore, indica il referente come 'bestia gialla e nera'. A Bellino la denominazione corretta della salamandra è labreno ((???), s. v.; si veda oltre).
Qui e altrove, nell'indicazione dei lessotipi, impieghiamo un'ortografia a base italiana, con l'introduzione dei grafemi <ö>, <ü> e <ë> per rappresentare, rispettivamente, i suoni [ø] / [œ], [y] e [ə]. Abbiamo mantenuto, per il resto, le convenzioni trascrittorie dei diversi autori citati.
Per inciso, i dati dell'(???) registrano la diffusione della base piovana in Valle d’Aosta (ITA 402; unita a leiharda 'lucertola' in ITA 401), nel Canavesano (ITA 21, 28), nel Piemonte pianigiano (ITA 36), nel Friuli centro-orientale (ITA 11).
L'areale che si ricava dall'(???) interessa la Francia sud-occidentale e le valli occitanofone del Piemonte (cfr. (???)).
 L'origine delle forme citate è controversa; l'intera questione è ora riassunta dal (???), v. bòrgno 
Merita almeno citare, quale altro esempio di impronta metereologica, la forma rosada 'rugiada' < *ROSIATA, diffusa tra Lombardia settentrionale e Canton Ticino ((???) ITA 7, 13; SUI 302).
La denominazione trova conferma nella risposta registrata dall'(???) a Briga Marittima (P. 94; quesito 4716), oggi in Francia (La Brigue) e un tempo unita alle frazioni che compongono il comune italiano di Briga Alta (CN); in (???) è lemmatizzata la forma cansënèštr (in riferimento alla salamandra nera [Salamandra atra]), di cui si segnala l'occorrenza in tutta l'area brigasca (tranne che a Carnino).
Una forma pressoché identica, znestru, è attestata dall'(???) a Garessio (P. 88; quesito 4716).
Lessotipo non registrato dall'ALEPO, diffuso nel Piemonte nord-orientale (cfr. per esempio (???) 126, 129, 135, 137; (???) 15, 16, 21 [quesito 4716], (???) ITA 12, 22), che (???) propone di avvicinare a barca, perché, "quando la salamandra tiene alzata la testa e la coda, essa ha una curiosa rassomiglianza con una barca, i cui remi sarebbero rappresentati dalle quattro zampe dell'animale".
Un solo informatore, a Carema, afferma invece che è il piscio dell'orbettino a rendere cieco l'uomo ((???).I.320).
Oltre a (???), che costituisce ancora oggi un'introduzione imprescindibile alle categorie dell'etnoscienza, si vedano per esempio i saggi contenuti in (???) e (???). Una riflessione sulle classificazioni popolari relative ad alcuni zoonimi raccolti dall'ALEPO si trova in (???).
Gentilmente messici a disposizione dalla redazione, che qui ringraziamo.
Una spiegazione che si può addurre è legata alla conformazione della rete dei punti dell'ALiR e alla provenienza dei dati da più fonti, implicanti entrambe una scelta da parte del redattore della carta. Cfr. nota 2.
Ein großes Dankeschön an Christoph Purschke, der mir die Arbeit mit der noch unveröffentlichten (???)-Datenbank ermöglicht und mich dabei tatkräftig unterstützt hat, sowie an Barbara Soukup für die Bereitstellung der noch unveröffentlichten Ergebnisse Ihres FWF-Projekts ELLViA zum Französischen in Wien. Ich danke außerdem Linda Bäumler, Christoph Purschke, Barbara Soukup und Verena Weiland, die erste Versionen dieses Artikels kritisch gelesen haben.
Die Transkriptionen der österreichischen Aussprache stammen, wenn nicht anders angegeben, aus der adaba: – Österreichisches Aussprachewörterbuch / Österreichische Aussprachedatenbank (http://www.adaba.at). Transkriptionen von /r/ als [r] oder [ʀ] habe ich entsprechend den Konventionen des Internationalen Phonetischen Alphabets (IPA) zu [ʁ] adaptiert.
Laut Österreichischem Wörterbuch hat Trottoir einen Bekanntheitsgrad von 67%, Lavoir von 29% und Fauteuil von 90%.
Laut Österreichischem Wörterbuch haben die Wörter in diesem Absatz den folgenden Bekanntheitsgrad: Melange 87%, Jourgebäck 100%, Brötchen 0% [sic!], retour 50%.
Zu seinen Auswirkungen auf die französische Sprache vgl. u.a. (???).
Für diese Wörter gibt das (???) keine regionale Einschränkung an.
Laut (???) „französierende Bildung der Studentensprache (um 1800)“.
Laut (???) „auch rattenkahl, volksetymologische Umdeutungen aus radikal in Anlehnung an Ratte, Ratz(e), wohl in Hinblick auf den unbehaarten Schwanz der Ratte.“
Laut Kramer ((???)) waren die Französischkompetenzen im 17. Jahrhundert im Süden und Westen Deutschlands deutlich besser als im Norden und Osten.
https://fr.wikisource.org/wiki/Correspondance_de_Voltaire/1750/Lettre_2138.
Der Duden online führt von den genannten Gallizismen Couvert/Kuvert, Perron, Barriere im Sinne von ‘Bahnschranke’, Kondukteur und Retourbillet als „schweizerisch, sonst veraltet“ auf, Coupé ‘Eisenbahnabteil‘ als „veraltet“, poste restante als „französische Bezeichnung für: postlagernd“ und Passagier ohne einschränkende Angabe.
Österreichisch faschierte Laibchen entsprechen deutsch Frikadellen, Buletten, Fleischpflanzerl etc. (vgl. Duden online).
In der heutigen Standardaussprache mit /ɛ̃/ zusammengefallen (vgl. (???)).
Laut Eichhoff (???) ist in Deutschland auch die Anfangsbetonung möglich.
Rechtschreibung nach Duden online in einem Wort mit internem Apostroph.
« französisch jalousie, eigentlich = Eifersucht; die Benennung bezieht sich darauf, dass der eifersüchtige Ehemann seiner Frau zwar gestatten wollte, auf die Straße zu sehen, sie aber nicht den Blicken anderer preisgeben wollte; die Eigenart dieser Vorrichtung ist, den Durchblick von innen nach außen, aber nicht von außen nach innen zuzulassen; wohl nach dem Vorbild der typischen Fenstergitter in orientalischen Harems » (Duden online).
Zu den unterschiedlichen Funktionen von Sprachen in der Linguistic Landscape vgl. (???).
* = Wort oder Wortbestandteile nur in anderer Bedeutung.
Duden online liefert zwei Rechtschreibvarianten: <Nougat> und <Nugat>.
Rechtschreibvariante <Soufflé>.
Die Telefon-ID wird aus rechtlichen Gründen bei den Telefonanbietern gespeichert; diese kann aber nur von Behörden angefragt und zu­rück­verfolgt werden. Ansonsten sind die Daten sowohl für Projektleiter*innen als auch für andere Nutzer*innen anonym.
Aussprache im Wiener Deutsch: [lyse] (vs. fr. [lise]). Die Schüler*innen dieser Bildungseinrichtung sagen Lycée français de Vienne (das neben einem lycée auch eine école maternelle, eine école primaire, ein collège und eine prépa umfasst).
Bei fünf sehr ausführlich beschrifteten importierten Lebensmittelpackungen habe ich die Schrift auf einem Foto nicht in sämtliche Wörter und Ausdrücke zerlegt, sondern nur in Markennamen und Zutatenliste (Beispiele 16, 17, 27, 28 und 64 in Abb. 7), da diese Items ansonsten ein überproportionales Gewicht bekommen hätten.
Gesamtzahl der Items: 17 108 (davon derzeit 61% ausgewertet; n=10 381). Anzahl der Items in der Josefstadt: 2 391 (davon 52% ausgewertet; n=1 254) (Stand: Dezember 2019).
Die übrigen Schilder im Datensatz lassen sich keiner bestimmten Sprache zuordnen (z.B. Zahlen, Einzelbuchstaben).
Im Duden online findet sich Creme allerdings nur in Bedeutungen wie ‘Salbe’, ‘Süßspeise’ etc., allerdings nicht als ‘crème fraîche’ oder ‘(saure) Sahne’ wie im dokumentierten Kompositum Cremespinat.
Als österreichisch markiert in der Bedeutung ‘Milchkaffee, der zur Hälfte aus Milch besteht und im Glas serviert wird’; in anderen Bedeutungen auch gesamtdeutsch.
Das Adjektiv ist auf dem Foto abgeschnitten, findet sich aber auf Fotos auf Google Maps wieder.
In Lehre und Forschung hat Thomas Krefeld zahlreiche Szenarien dieser Art von Siebenbürgen über Sizilien, Calabrien, Neapel, Friaul, den gesamten Alpenraum und bis zuletzt nach Lateinamerika in den Blick genommen. An dieser Stelle sei nur auf eine knappe Auswahl aus seinem viel größeren Œuvre verwiesen (???)(Krefeld 2004)(???)(???)(???)(???)(???)(???)(???)
Einen guten Überblick über die Tradition und Funktion des Banquetts im England der Frühen Neuzeit gibt der Blogeintrag "What exactlely was the tudor and stuart banquet" (URL)
Der Begriff Devise soll hier im Sinne von Guy de Tervarent verwendet werden: "Réservant au mot devise sa signification courante d’inscription lapidaire, nous écrivons ‚devise‘ lorsqu’il s’agit d’une figure dont quelques mots expliquaient le sens et dont la personne qui l’avait choisie ornait ses vêtements, sa demeure ou prétendait s’en faire une règle de vie. Cette mode vit le jour, au XVe siècle, inspirée, semble-t-il, par les ordres de chevalerie. […] Lorsque les armées françaises passèrent en Italie, à la fin du XVe siècle, la mode gagna la péninsule, où elle fit fureur et fut poussée jusqu’au ridicule. Les Italiens appelaient ces ‚devises‘ ‚imprese‘, entreprises, parce qu’ils s’en targuaient dans leurs entreprises de guerre et d’amour." (???)
"Wer in Pamphylien und dem gebirgigen Theile Ciliciens von einem Eber isst, der einen Salamander verschlungen hat, muss sterben […]. Auch Wasser und Wein, in welchen ein Salamander umgekommen ist, ja selbst, wenn er nur davon gesoffen hat, wird tödtlich." (???) Zu einem differenzierteren Befund kommt Plinius im weiteren Verlauf seines Werks: "Unter allen giftigen Thieren ist der Salamander das scheusslichste; denn die übrigen beissen oder stechen doch nur jedesmal ein Individuum und überliefern nicht gleichzeitig mehrere dem Tode, nicht zu gedenken, dass sie, wie man angiebt, in Folge des Bewusstseins einen Menschen verletzt zu haben umkommen und nicht wieder zur Erde gelangen; der Salamander hingegen kann ganze Völker, wenn sie sich nicht vor ihm in Acht nehmen, tödten. Kriecht er nämlich auf einen Baum, so vergiftet er alles Obst, und tödtet die, welche dasselbe essen, durch seine erkältende dem Aconit nicht nachstehende Kraft. Ja, wenn er auch nur mit seinem Fusse ein Stück Holz berührt hat und man kocht damit eine Brotrinde, so wird diese zu Gift; fällt er in einen Brunnen, so wird das Wasser vergiftet; berührt sein Geifer irgend eine Stelle des menschlichen Körpers, selbst nur die äusserste Spitze des Fusses, so gehen am ganzen Leibe die Haare aus. Und dennoch wird ein so giftiges Geschöpf von einigen Thieren, z.B. von den Schweinen, ohne Nachtheil verzehrt, was beweist, dass hier jene Art von Zwietracht das Gift bezwingt. Es ist sehr wahrscheinlich, dass das Gift des Salamanders von allen Thieren, welche denselben fressen, vernichtet wird […]." (???)
"Ich habe von Vielen erfahren, aus dem menschlichen Rückenmarke erzeuge sich eine Schlange [diese Vorstellung entstammt dem in Antike und Mittelalter verbreiteten Volksglauben, aus der Wirbelsäule von Verstorbenen würde im Verwesungsprozess eine Schlange entstehen, JH/SDS/DM]. Sehr viele Thiere, selbst vierfüßige, erzeugen sich auf eine verborgene, uns unbekannte Weise; so kommt der Salamander, ein Thier von der Gestalt einer Eidechse und sternartig gezeichnet, niemals anders als bei heftigem Regen zum Vorschein und verschwindet, wenn es wieder heiter wird." (???)
"Er [der Salamander] ist so kalt, dass durch seine Berührung das Feuer, ebenso wie vom Eise auslöscht. Von dem milchartigen Schleime, der aus seinem Munde fliesst, gehen bei Berührung jeglichen Teiles des menschlichen Körpers alle Haare aus, die berührte Stelle selbst verändert die Farbe und hinterlässt ein Maal." (???). Als Mittel gegen die enthaarende Wirkung des Salamanders preist Plinius das Schildkrötenblut: "Das Fleisch der Meerschildkröten mit dem der Frösche hilft vortrefflich gegen die Salamander; überhaupt ist kein Thier dem Salamander mehr zuwider als die Schildkröte. Durch das Blut stellt man die Haare auf Glatzen wieder her […]." (???)
"Wenn die Angabe der Magier, dass der Salamander das einzige Thier sei, welches das Feuer auslösche und daher bei Feuersbrünsten gute Dienste leiste, wahr wäre, so würde man längst in Rom die Erfahrung gemacht haben. Auch Sextius stellt die Richtigkeit dieser Angabe in Abrede; ferner sagt er, man mache den Salamander nach Entfernung der Eingeweide, Füsse und des Kopfs in Honig ein und benutze ihn so als ein Mittel zum Liebesreiz." (???)
"Der Physiologus sagt vom Salamander, wenn er in den Feuerofen kommt, verlöscht der ganze Ofen; sogar wenn er in den Heizofen für das Bad kommt, löscht der Heizofen aus. Wenn nun die Salamander-Echse das Feuer durch ihre natürliche Anlage löscht, wie können jetzt noch Leute bezweifeln, daß die drei Jünglinge im Feuerofen [vgl. Daniel 3] keinen Schaden erlitten, sondern im Gegenteil den Ofen abkühlten? Denn es steht geschrieben [Jesaia 43,2]: "Und selbst wenn du durchs Feuer gehst, wird die Flamme dich nicht verbrennen." Schön spricht der Physiologus über den Salamander. Es ist beim Propheten Daniel eine bewundernswerte Geschichte geschrieben über die drei edlen Brüder, die wegen einer Verleumdung in den Feuerofen geworfen wurden, wie sie ein solches Loblied im Feuerofen sangen, daß man sie nur bewundern kann. Sie sind dessen würdig. Denn die heiligen Apostel [Apostelgeschichte 9, 40] haben Tote erweckt und größere Taten vollbracht als diese Gerechten, und Berge haben sie ins Meer versetzt [1. Korinther 13,2]." (???)
"Der Salamander ist ein ganz kalter Vogel, kälter als alle Vögel. Er wohnt im Feuer des Ätna, und dort zieht er seine Jungen auf und verbrennt nicht. Man jagt ihn auf folgende Weise. Der Jäger nimmt geeignetes trockenes Material, etwa Heu, und entzündet weit weg vom Ätna Feuer und legt eine gerade Spur, bis er ganz nahe ans Feuer kommt. Und das Material entzündet sich und wird vom Feuer verzehrt und macht so einen feurigen Weg. Und so folgen die Jungen dem Weg des Feuers, und wenn sie weit weg sind von dem ihnen vertrauten Feuer und wenn die Nahrung des Heus verzehrt ist, erlischt das Feuer, und da sie nicht mehr zur ihnen notwendigen Kraft des Feuers zurückkehren können, werden sie vom Jäger erjagt." (???) Vgl. auch die mittelalterliche Rezeption, die ebenfalls zum Teil davon ausgeht, der Salamander – verstanden als Allegorie des Feuers – sei ein Tier in Vogelgestalt.
"[Gervasius] nennt […] die erstaunliche Eigenschaft des Salamanders, im Feuer zu leben und sich von diesem zu ernähren, obwohl das Feuer für gewöhnlich zerstörerisch wirkt. Der Salamander ist Teil der regelhaften Natur, weicht aber von ihrer gewohnten Ordnung ab: Feuer zerstört nicht, sondern ernährt. Das Beispiel ist von Augustinus übernommen [De civitate Dei XXI. 4]. Schriftautorität und hohes Alter der Information sind damit gegeben. Direkt im Anschluss erscheint das dritte Kriterium gesicherter Information: Gervasius selbst sah vor Kurzem in Rom einen Riemen aus Salamanderhaut, den der Kardinal Peter von Capua dorthin mitgebracht habe. Das etwas schmutzig gewordene Material wurde ins Feuer gehalten, und die Zuschauer konnten selbst sehen, wie es vom Feuer nicht nur nicht zerstört, sondern vielmehr gereinigt wurde […]. Gervasius fügt ein analoges Beispiel hinzu, das einen 'sicheren Beleg' dafür gibt, dass nicht alles, was brennt, auch verzehrt wird: die Berge Siziliens – gemeint ist der Vulkan Ätna. Vom Feuer dieser Berge gibt es alte Berichte, und man kann sich heute jederzeit davon überzeugen, dass sie immer noch brennen (und auch weiterhin brennen werden). Nach diesem aktualisierenden, staunenmachenden und zugleich Beweise liefernden Beispiel schließt Gervasius wieder an die Augustinus-Stelle an und nennt als weiteren Beleg, dass auch die Seelen durch Schmerz nicht verzehrt werden, weil sie unsterblich sind. Das Wunderbare ('mirabile') wird hier als Signum Gottes verständlich zu machen versucht und damit in die Nähe des Wunders ('miraculum') gerückt. Die Bildung einer Analogie zwischen der Unsterblichkeit der Seele und der Feuerresistenz des Salamanders beglaubigt diese nicht nur, sondern lässt überdies verbreitetes theologisches Wissen […] im Lichte des Wunderbaren erscheinen. Dieses Wissen wird dadurch selbst ‚mirabilisiert‘." (???)
"Quivi àe montagne ove à buone vene d‘acciaio e d'andanico; e in queste montagne è un'altra vena, onde si fa la salamandra. La salamandra nonn-è bestia, come si dice, che vive nel fuoco, ché neuno animale puote vivere nel fuoco; ma dirovi come si fa la salamandra. Uno mio compagno ch'à nome Zuficar – èe un Turchio – istede in quella contrada per lo Grande Kane signore III anni, e facea fare queste salamandre; e disselo a·mme, e era persona che·lle vide assai volte, e io ne vidi de le fatte. Egli è vero che quella vena si cava e stringesi insie[me] e fa fila come di lana; e poscia la fa seccare e pestare in grandi mortai di covro; poscia la fanno lavare e la terra sì·ccade, quella che v'è apiccata, e rimane le file come di lana; e questa si fila e fassine panno da tovaglie. Fatte le tovaglie, elle sono brune; mettendole nel fuoco diventano bianche come nieve; e tutte le volte che sono sucide, si pongono nel fuoco e diventano bianche come neve. E queste sono le salamandre, e l'altre sono favole. Anco vi dico che a Roma à una di queste tovaglie che 'l Grande Kane mandò per grande presenti, perché 'l sudario del Nostro Signore vi fosse messo entro." (???)
Knecht zufolge hatte Franz' Mutter, Louise de Savoie, die Medaille in Auftrag gegeben.
"Nel 1503 eseguì le medaglie con i ritratti di Pierre Briçonnet e di Thomas Bohier. Nel medesimo tempo sembra che egli avesse legato le sue sorti alla casa di Valois-Angouléme [sic]. Le sue ultime opere sono le medaglie del futuro Francesco I, di Luisa di Savoia e di Margherita d'Angoulême, datate al 1504. Dopo quest'anno non si hanno più sue notizie." (???)
"Concernant François Ier, la salamandre, rapprochée du serpent, a aussi un sens dynastique: elle a été rapprochée de la guivre figurant sur les armes des Visconti, dont le roi affirmait avoir hérité le duché de Milan. La salamandre a également été mise en relation avec un autre emblème des Visconti: un lion entouré de feu, tenant une épée et deux seaux d’eau, susceptibles de permettre au lion d’éteindre le feu comme le fait la salamandre. Celle-ci évoque également la famille maternelle du roi: ainsi, son grand-père Philippe, comte de Bresse et duc de Savoie, avait-il adopté l’emblème d’un serpent changeant de peau. Elle est aussi souvent représentée avec une queue qui forme un nœud en forme de huit, image là encore traditionnellement associée à la maison de Savoie." (???). Der menschenfressende oder aber -gebärende Biscione der Visconti taucht auch im Wappen von Franz’ Vater Charles d'Angoulême auf, der ein Enkel der Valentina Visconti und ihres Gatten Ludwig, Herzog von Orléans und Graf von Blois, aus dem Hause Valois war.
Mit den historischen Bedingungen und der varietätenlinguistischen Modellierung dieser Normierungsbemühungen haben sich zahlreiche Studien beschäftigt, vgl. u.a. (???), (???), (???), (???), (???), (???) und (???), (???)
Zum System der dépôts de mendicité im 18. und 19. Jahrhundert (???): "Le constat est fait, à la veille de la Révolution, que l'existence de dépôts de mendicité […] n'a pas fait disparaître la présence de mendiants et de vagabonds dans les villes et les campagnes. Aussi, l'Assemblée Nationale Constituante décide-t-elle de supprimer l'institution et d'évacuer les dépôts. Théoriquement, car certains subsistèrent. Des mendiants furent reconduits aux frontières. Mais d'autres restèrent. En 1798, le Directoire concède l'entretien des dépôts restants à des entrepreneurs privés. La même année […], le ministère de l'Intérieur dresse la liste des 'travaux à établir dans les dépôts de mendicité'. Mais, Napoléon décide de revenir aux dépôts de mendicité d'État. Le décret du 5 juillet 1808, impose la création d'ateliers de charité et d'un dépôt de mendicité dans chaque département. L'ouverture de 59 dépôts est décidée, dont celle de 37 établissements est rapidement effective. La circulaire du 19 décembre 1808 établit un programme modèle et un certain nombre de normes. Chaque dépôt se composera de quatre divisions ou départements, pour les hommes, les femmes, les garçons et les filles. Chaque division possèdera son atelier, son promenoir, sa salle de bains. Deux infirmeries recevront les hommes ou les femmes. Il y aura des salles spécialisées et isolées pour les vénériens, les galeux et les 'personnes attaquées de folie'."
Questo testo riprende in parte Heinz 2017, §3.3.
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